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Video di bambini in bagno sono reato? (Cass. 16134/23)

17 aprile 2023, Cassazione penale

Riprendere bambini in bagno costituisce il reato produzione di materiale pedopornografoco, dato che la pedopornografia non richiede necessariamente un'interazione consapevole fra l'autore della condotta e il minore raffigurato, ben potendo esaurirsi nella rappresentazione di movimenti in cui i minori assumono posizioni che si concretizzavano in atteggiamenti lascivi ed eroticamente eccitanti, seppur assunti involontariamente ed inconsapevolmente.

L'unica condotta che la giurisprudenza ritiene non criminalizzabile è quella della riproduzione dei minori in spiaggia senza riferimenti a condotte lascive o allusive.

 

Cassazione penale

sez. III, ud. 20 dicembre 2022 (dep. 17 aprile 2023), n. 16134
Presidente Aceto – Relatore Macrì

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 28 settembre 2021 la Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza in data 11 maggio 2013 del GUP del Tribunale di Napoli, ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti dell'imputato per i reati di cui all'art. 600-ter, comma 3, c.p. e di cui all'art. 600-quater, comma 2, c.p., perché estinti per prescrizione e ha rideterminato in anni 2, mesi 8 di reclusione ed Euro 13.333 di multa la pena inflitta per il residuo reato dell'art. 600-ter, comma 1, c.p., consistente nella produzione di materiale pedopornografico avente a oggetto gli inconsapevoli minori, figli di amici, posizionando una telecamera nel bagno di casa e un'altra nel bagno della barca.

2. La difesa dell'imputato ricorre per cassazione sulla base di due motivi. Con il primo deduce la violazione di legge perché i fatti risalivano al giugno 2012, in data anteriore alla novella della L. n. 172 del 2012, ma i Giudici avevano deciso, applicando la nozione di pedopornografia normata nel comma 7 dell'art. 600-ter c.p., aggiunto dalla novella. Sostiene in altri termini che all'epoca della consumazione del reato/ l'esibizione delle parti intime, degli organi genitali e della zona pubica non era punita.

Con il secondo lamenta il vizio di motivazione perché la pena era stata quantificata nella parte dispositiva in anni 2, mesi 8 di reclusione ed Euro 13.333 di multa, mentre nella parte motiva in anni 2, mesi 7 di reclusione ed Euro 12.500 di multa.

Considerato in diritto

3. Il ricorso è infondato.

4. Prima della L. 1 ottobre 2012, n. 172, che ha ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa del 2007 per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale (Convenzione di Lanzarote) e ha introdotto, per quanto qui d'interesse, il comma 7 dell'art. 600-ter c.p. che reca la definizione di pedopornografia, l'interpretazione giurisprudenziale era ancorata alla nozione di pedopornografia che si ricavava dal Protocollo Opzionale alla Convenzione sui diritti dell'infanzia, sulla vendita dei bambini, la prostituzione e la pornografia rappresentante bambini, stipulato a New York il 6 settembre 2000 e ratificato dall'Italia con L. 11 marzo 2002, n. 46, secondo cui si intendeva per pornografia minorile "qualsiasi rappresentazione, con qualsiasi mezzo, di un bambino dedito ad attività sessuali esplicite, concrete o simulate, o qualsiasi rappresentazione degli organi sessuali a fini soprattutto sessuali", nonché nell'art. 1 della Decisione Quadro del Consiglio n. 2004/68/GAI del 22 dicembre 2003, secondo cui s'intendeva per "pornografia infantile" il materiale pornografico che ritraeva o rappresentava visivamente: i) un bambino reale implicato o coinvolto in una condotta sessualmente esplicita, fra cui l'esibizione lasciva dei genitali o dell'area pubica; o li) una persona reale che sembra essere un bambino implicata o coinvolta nella suddetta condotta di cui al punto i); o iii) immagini realistiche di un bambino inesistente implicato o coinvolto nella suddetta condotta.

Entrambe le definizioni, quindi, sottolineavano due elementi essenziali della pornografia: quello della rappresentazione di una figura umana e quello dell'atteggiamento sessuale della figura rappresentata.

Considerata però l'ampiezza della nozione di pedopornografia, la giurisprudenza di legittimità aveva affermato che il minore doveva essere implicato o coinvolto in una condotta sessualmente esplicita, quale poteva essere anche la semplice esibizione lasciva dei genitali o della regione pubica, per cui non aveva valenza penale la condotta del soggetto che, trovandosi sulla spiaggia, si era limitato a fotografare insistentemente alcuni minori in costume da bagno, per l'appunto in assenza di esibizioni lascive o di atteggiamenti sessualmente allusivi (Sez. 3, n. 10981 del 04/03/2010, Khan, Rv. 246351-01; n. 5874 del 09/01/2013, Liberati, Rv. 254420-01; n. 3110 del 20/11/2013, dep. 2014, C., Rv. 259317-01).

Invece, integravano il reato le condotte di chi aveva ripreso, con una telecamera nascosta, immagini sessualmente allusive di minori intenti a cambiarsi e a farsi la doccia nello spogliatoio (Sez. 3, n. 42964 del 10/06/2015, B., Rv. 265157-01) e di chi aveva fotografato di nascosto i genitali di un minore (Sez. 3, n. 29563 del 10/07/2020, L., Rv. 280099 - 01), poiché il "materiale prodotto" non presupponeva necessariamente un'interazione consapevole fra l'autore della condotta e il minore raffigurato, ben potendo essere individuato nella rappresentazione di movimenti in cui i minori assumevano posizioni che si concretizzavano in atteggiamenti lascivi ed eroticamente eccitanti, seppur assunti involontariamente ed inconsapevolmente. Inoltre, si riteneva non necessario il compimento di atti lascivi sulla persona (Sez. 3, n. 21392 del 03/03/2010, G., Rv. 247600-01, che ha confermato la sentenza di condanna dell'imputato che aveva prodotto book fotografici con nudi di minorenni, perché tali condotte non solo mercificano il corpo umano, ma invadono la sfera sessuale e la connotano di significati erotici distorcenti, sfruttati dai produttori e utilizzatori di tali documenti).

Come diffusamente spiegato da Sez. U, n. 51815 del 31/05/2018, M., Rv. 274087, in motivazione al par. 2, la nozione di pedopornografia recepita dalla novella del 2012 è più severa.

Ma sul punto va rimarcato che questa Sezione con la successiva sentenza n. 36710 del 05/07/2019, G., Rv. 287732-01 ha affermato che l'attuale definizione di pedopornografia, che include in tale concetto anche la rappresentazione statica della nudità del minore, purché finalizzata a scopi sessuali, e non solo la sua partecipazione a scene, esibizioni o spettacoli a sfondo sessuale, in quanto sostanzialmente riproduttiva dell'art. 20 della Convenzione di Lanzarote del 25 ottobre 2007, entrata in vigore il 1 luglio 2010, è applicabile anche ai fatti commessi prima dell'entrata in vigore di tale disposizione, ben potendo le norme convenzionali essere utilizzate per l'interpretazione della disciplina interna.

5. I Giudici di merito non hanno accertato se l'imputato fosse affetto anche da parafilie, che consistono in devianze sessuali e secondo la giurisprudenza non incidono sulla capacità d'intendere e di volere se non accompagnate da un disturbo depressivo maggiore (tra le più recenti, Sez. 3, n. 39762 del 21/09/2021, P., Rv. 282222-03), ma non è revocabile in dubbio che la condotta tenuta dal ricorrente, il quale aveva collocato delle telecamere nascoste nel bagno di casa e della barca per riprendere i minori nudi nella loro intimità, integri il reato contestato, anche nella meno severa accezione di pedopornografia seguita prima del 2012. Infatti, come detto, l'unica condotta che la giurisprudenza ritiene non criminalizzabile è quella della riproduzione dei minori in spiaggia senza riferimenti a condotte lascive o allusive.

6. La difesa ha sollevato poi un problema di corrispondenza tra la parte motiva e quella dispositiva in ordine al trattamento sanzionatorio.

Ritiene il Collegio che prevalga il dispositivo che reca una pena legale, perché dalla motivazione non si desume che sia stato compiuto un errore materiale da rettificare (Sez. 2, n. 35424 del 13/07/2022, Raimondi, Rv. 283516-01), ma si desume esattamente il contrario, e cioè una motivazione sintetica errata per giustificare la pena del dispositivo. Infatti, la Corte territoriale è partita dalla pena base per il reato più grave (quello oggi residuo), dal primo Giudice quantificata in anni 6 di reclusione ed Euro 25.000 di multa, cui ha applicato la riduzione per le generiche nella massima entità solo per la pena detentiva, giungendo così alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 20.000 di multa, ulteriormente ridotta per il rito ad anni 2, mesi 8 di reclusione ed Euro 13.333 di multa. Ha correttamente espunto gli aumenti per la continuazione relativi ai reati per cui si era maturata la prescrizione.

7. Il ricorso va in definitiva rigettato. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.