Occhi rossi e test delle urne bastano al fine di ritenere provato il reato i guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
Corte di Cassazione
sez. IV Penale, sentenza 26 febbraio ? 21 aprile 2015, n. 16678
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Caltanisetta ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Nicosia che aveva dichiarato R. F. responsabile del reato di cui all'articolo 187, comma 1, in relazione all'articolo 186 comma 2 lettera a) Cod. str., per essersi posto alla guida di un'autovettura dopo aver assunto sostanze stupefacenti del tipo cannabinoidi.
Ad avviso della Corte distrettuale la pronuncia di condanna merita conferma perché lo stato di alterazione psicofisica del R. risulta dimostrato dal test sul campione di urine prelevato all'imputato; test che, essendo pienamente utilizzabile a fini terapeutici e diagnostici, in presenza di ragioni di urgenza, è a maggior ragione idoneo a far ritenere che l'imputato nel momento in cui venne colto alla guida del veicolo era sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione R. F., a mezzo del difensore avvocato N. B., deducendo con unico motivo violazione di legge avendo la Corte distrettuale ritenuto possibile dedurre la prova del reato in questione da un documento privo di sottoscrizione leggibile e mancante del secondo test di conferma, la cui necessità viene indicata nel documento medesimo. Pertanto la sentenza impugnata sarebbe erronea in quanto fondata su una certificazione non rispondente alle prescrizioni di cui all'articolo 187 commi 2 e 2bis Cod. str.
Considerato in diritto
3. Il ricorso è infondato, nei termini di seguito precisati.
Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 187 cod. strada, non è sufficiente che l'agente si sia posto alla guida del veicolo subito dopo aver assunto droghe ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione (Sez. 4, n. 39160 del 15/05/2013 - dep. 23/09/2013, P.G. in proc. Braccini, Rv. 256830). Infatti, il reato in parola è integrato dalla condotta di guida in stato d'alterazione psico-fisica determinato dall'assunzione di sostanze e non già dalla condotta di guida tenuta dopo l'assunzione di sostanze stupefacenti, sicché ai fini del giudizio di responsabilità, è necessario provare non solo la precedente assunzione di sostanze stupefacenti ma che l'agente abbia guidato in stato d'alterazione causato da tale assunzione (Sez. 4, n. 41796 del 11/06/2009 - dep. 30/10/2009, P.G. in proc. Giardini, Rv. 245535).
Per tali motivi la giurisprudenza di legittimità richiede che per la configurabilità del reato è necessario sia un accertamento tecnico-biologico, sia che altre circostanze provino la situazione di alterazione psico-fisica.
Nel caso di specie l'analisi sulla quale si impernia la pronuncia impugnata é documentata da un certificato che dà indicazioni unicamente della positività ai cannabbinoidi. Il test in questione, come riportato in calce al documento in parola, richiede di essere confermato da un ulteriore analisi per poter dare certezza dell'esito sul piano medico-legale. Tuttavia, il concorso con tale esito di una significativa sintomatologia - che nella specie è accertata in assenza di contestazione da parte dell'imputato - vale a dare ragionevole certezza processuale. A tale riguardo va rimarcato che la sentenza di primo grado dà atto che quando venne fermato il R. si presentava ai militari con occhi notevolmente lucidi e con le pupille dilatate e manifestava altresì un certo tremore e nervosismo. Pertanto, trattandosi di sentenze conformi, la possibile integrazione delle motivazioni rende evidente che la pronuncia di condanna non è fondata unicamente sul certificato della quale la difesa discute l'utilizzabilità ma altresì sulla sintomatologia percepita dei militari nel momento stesso in cui l'imputato venne controllato alla guida dei veicolo e dalla sicura presenza nell'organismo dei medesimo di tracce dimostrative dell'assunzione di sostanze stupefacenti. Il dato lamentato dalla difesa, ovvero la illeggibilità della sottoscrizione apposta in calce al documento, tale da non potersi risalire all'autore dello stesso, è del tutto privo di rilievo considerato che non vi è dubbio alcuno circa il fatto che l'analisi venne condotta presso il laboratorio di analisi chimico-cliniche dell'azienda ospedaliera Umberto I di Enna e che a tale struttura va riferita all'emissione dei certificato.
5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.