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Troppe chiacchiere e occhi lucidi bastano per sospetto uso di stupefacenti (Cass. 21875/18)

17 maggio 2018, Cassazione penale

Il ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l’effetto conseguente all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope legittima invito a sottoporsi a esami ospedalieri: il rifiuto è reato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 27 febbraio – 17 maggio 2018, n. 21875
Presidente / Relatore Dovere

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Palermo ha confermato la pronuncia emessa nei confronti di P.A.  dal Tribunale di Palermo, con la quale questi era stato giudicato responsabile del reato di cui all’art. 187, co. 8 Cod. str., ovvero di essersi rifiutato di sottoporsi agli accertamenti dello stato di alterazione psico-fisica da assunzione di sostanze stupefacenti, e condannato alla pena ritenuta equa, con la sospensione della patente di guida per un anno e la sospensione condizionale della pena.

2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato con atto sottoscritto personalmente.

2.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge, in relazione alla previsione dell’art. 187, co. 8 cod. str. perché la richiesta di recarsi presso la struttura sanitaria pubblica gli era stata indirizzata senza che precedentemente fosse stato sottoposto ad accertamenti a cura del personale sanitario ausiliario della Polizia. Ad avviso del ricorrente si tratta di una condizione necessaria per la legittimità della richiesta e quindi perché possa configurarsi il rifiuto penalmente rilevante.
Aggiunge che il fatto per il quale è stato giudicato è stato depenalizzato, poiché il d.l. n. 92/2008 ha innovato l’art. 186, co. 7 ma non l’art. 187, co. 8 Cod. str..

2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge in relazione al diniego di riconoscere la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen..

2.3. Con un terzo motivo lamenta che la Corte di Appello non abbia inflitto una pena prossima al minimo edittale.

Considerato in diritto

3. Il ricorso è infondato.

3.1. Il primo motivo è infondato. Il ricorrente assume che la disciplina di cui all’art. 187 Cod. str. non contempla la richiesta all’interessato di "recarsi direttamente" presso una struttura sanitaria pubblica e che in ogni caso egli non era stato previamente sottoposto agli accertamenti del personale ausiliario della Polizia.
Orbene, l’art. 187, comma 2 Cod. str. dispone che, al fine di acquisire elementi utili per motivare l’obbligo di sottoposizione agli accertamenti di cui al comma 3, gli organi di Polizia stradale di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, secondo le direttive fornite dal Ministero dell’interno, nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l’integrità fisica, possono sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili.

Quando gli accertamenti forniscono esito positivo ovvero quando si ha altrimenti ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l’effetto conseguente all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, i conducenti, nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l’integrità fisica, possono essere sottoposti ad accertamenti clinico-tossicologici e strumentali ovvero analitici su campioni di mucosa del cavo orale prelevati a cura di personale sanitario ausiliario delle forze di polizia. Nei casi previsti in cui non sia possibile effettuare il prelievo a cura del personale sanitario ausiliario delle forze di polizia ovvero qualora il conducente rifiuti di sottoporsi a tale prelievo, gli agenti di polizia stradale di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, fatti salvi gli ulteriori obblighi previsti dalla legge, accompagnano il conducente presso strutture sanitarie fisse o mobili afferenti ai suddetti organi di polizia stradale ovvero presso le strutture sanitarie pubbliche o presso quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate, per il prelievo di campioni di liquidi biologici ai fini dell’effettuazione degli esami necessari ad accertare la presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope. Le medesime disposizioni si applicano in caso di incidenti, compatibilmente con le attività di rilevamento e di soccorso.

Le strutture sanitarie di cui al comma 3, su richiesta degli organi di Polizia stradale di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, effettuano altresì gli accertamenti sui conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche, ai fini indicati dal comma 3; essi possono contestualmente riguardare anche il tasso alcoolemico previsto nell’articolo 186.


Come è agevole osservare, la disciplina prevede il ricorso a metodiche di accertamento diverse, alcune delle quali utilizzabili in via progressiva, altre già in presenza del solo ragionevole motivo di ritenere lo stato di alterazione pisco-fisica da assunzione di sostanze stupefacenti o in caso di incidente stradale.

In primo luogo le forze di polizia possono svolgere accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili; il solo presupposto è che ci si proponga di acquisire elementi utili per motivare l’obbligo di sottoposizione agli accertamenti di cui al comma 3, ovvero accertamenti clinico-tossicologici e strumentali ovvero analitici su campioni di mucosa del cavo orale prelevati a cura di personale sanitario ausiliario delle forze di polizia. A loro volta, tali accertamenti presuppongono o l’esito positivo degli accertamenti non invasivi o che ricorra il ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l’effetto conseguente all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Infine, le forze di polizia possono accompagnare il conducente presso strutture sanitarie fisse o mobili afferenti ai suddetti organi di polizia stradale ovvero presso le strutture sanitarie pubbliche o presso quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate, per il prelievo di campioni di liquidi biologici ai fini dell’effettuazione degli esami necessari ad accertare la presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope; l’evenienza presuppone che non sia possibile effettuare il prelievo a cura del personale sanitario ausiliario delle forze di polizia ovvero che il conducente rifiuti di sottoporsi a tale prelievo o, ancora, che si tratti di conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche.
Pertanto, per legittimare l’accompagnamento del conducente presso le strutture sanitarie pubbliche per il prelievo volto ad accertare lo stato di alterazione da assunzione di sostanze stupefacenti è necessario che non sia stato possibile ricorrere al personale sanitario ausiliario ovvero, in alternativa, che il conducente abbia opposto il rifiuto di sottoporsi a quel prelievo, oppure - ed ancora - che si tratti di conducenti coinvolti in incidenti stradali e per tal motivo sottoposti alle cure mediche - e solo che si verifichi tale evenienza; in tal caso, sul piano prasseologico, l’ipotesi dell’accompagnamento può cedere il passo alla mera richiesta ai sanitari di eseguire anche l’accertamento finalizzato all’indagine penale; accade, ovviamente, quando il conducente sia già stato accompagnato presso il presidio sanitario per le necessità di cura.
È quindi erronea la tesi che vorrebbe limitata la possibilità di eseguire il prelievo a cura del personale sanitario solo al caso di mancanza di quello ausiliario delle forze dell’ordine.
Nella vicenda in esame gli operanti, avendo avuto il ragionevole motivo di ritenere che il P. si fosse posto alla guida in stato di alterazione psico-fisica da stupefacenti (era eccessivamente loquace, aveva gli occhi lucidi, e ammise di aver fatto uso di tali sostanze e una modica quantità fu rinvenuta), invitarono lo stesso a sottoporsi agli accertamenti clinici presso un ospedale.

Ancorché la sentenza utilizzi il termine “invitavano” non vi è alcun dubbio che dalla disciplina anche qui rammentata discenda un vero e proprio obbligo giuridico del conducente di sottoporsi agli accertamenti, solo che gliene venga fatta legittima richiesta. Tanto che l’elusione di tale obbligo, con il rifiuto, risulta penalmente sanzionato.

In conclusione, al P. venne legittimamente richiesto di adempiere l’obbligo giuridico di sottoporsi all’accertamento a cura del personale sanitario di un ospedale; rifiutando di adempiere a tale obbligo egli commise il reato per il quale è stato giudicato responsabile.

3.2. Il ricorrente asserisce che il rifiuto in parola non è previsto dalla legge come reato e richiama a conforto la clausola di sussidiarietà che apre il testo del comma 8 dell’art. 187: "salvo che il fatto costituisca reato". La non felice formula legale legittimamente può far ipotizzare che la fattispecie descritta al comma 8 non integri reato; ma il rinvio alle sanzioni dell’art. 186, comma 7, ovvero alle sanzioni di cui all’art. 186, co. 2 lett. c), risolve qualsiasi dubbio, venendo in considerazione le pene dell’arresto e dell’ammenda e quindi la natura di illecito penale della condotta in argomento.

3.3. Il secondo motivo non è consentito.
La Corte di Appello ha escluso che il fatto commesso dal P. fosse di particolare tenuità, secondo la previsione dell’art. 131-bis cod. pen. e il ricorrente si è limitato a rilevare che le Sezioni Unite hanno ritenuto tale disposizione compatibile con il reato di cui all’art. 186, co. 7 Cod. str., similare a quello del quale qui ci si occupa, e a segnalare che i termini edittali non sono ostativi e il P. non è delinquente abituale. Si tratta di valutazioni di merito che il ricorrente vorrebbe avallate da questa Corte, nonostante si tratti di dominio del giudice di merito.

3.4. Il terzo motivo non è consentito; esso non coglie alcuno dei vizi di cui all’art. 606 cod. proc. pen. ma si concreta in affermazioni che esprimono valutazioni del ricorrente, antagoniste rispetto a quelle dei giudici di merito.

4. In conclusione, il ricorso va rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.