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Tanti soldi, ma il reato di riciclaggio dov'è? (Cass. 32112/20)

16 novembre 2020, Cassazione penale

Il mero possesso di una pur ingente somma di denaro non può giustificare ex sè, in assenza di qualsiasi riscontro investigativo, l'addebito di riciclaggio senza che sia in alcun modo stata verificata l'esistenza di un delitto presupposto, anche delineato per sommi capi, attraverso, ad esempio, il riferimento all'esistenza di relazioni tra i ricorrenti ed ambienti criminali, ovvero la precedente commissione di fatti di reato dai quali possa attendibilmente essere derivata la provvista, o l'avvenuto compimento di operazioni di investimento comunque di natura illecita a qualsiasi titolo.

Ai fini della configurabilità del delitto di riciclaggio (al pari di quello di ricettazione) non è necessaria la ricostruzione del delitto presupposto in tutti gli estremi storici e fattuali: ma ciò non esonera il giudice dalla necessità di individuare la tipologia di delitto all'origine del bene da sottoporre a vincolo, in quanto appunto di provenienza delittuosa, non risultando all'uopo sufficiente il richiamo ad indici sintomatici privi di specificità in ordine alla derivazione della disponibilità oggetto di espropriazione e suscettibili esclusivamente di provare un ingiustificato possesso di danaro.

Il mero possesso di una somma di danaro in assenza di qualsivoglia riscontro investigativo circa l'esistenza del delitto presupposto non può giustificare l'addebito di riciclaggio: anche con riguardo all'occultamento della somma sono necessari precisi elementi fattuali che possano ricondurre la provenienza del denaro ad una determinata fattispecie di reato ovvero ad una evasione fiscale penalmente rilevante.

Ai fini della legittimità del sequestro preventivo di cose che si assumono pertinenti al reato di riciclaggio di cui all'art. 648-bis c.p., pur non essendo necessario la specifica individuazione e l'accertamento del delitto presupposto, è tuttavia indispensabile che esso risulti, alla stregua degli elementi di fatto acquisiti e scrutinati, almeno astrattamente configurabile e precisamente indicato, situazione non ravvisabile quando il giudice si limiti semplicemente a supporne l'esistenza, sulla sola base del carattere asseritamente sospetto delle operazioni relative ai beni e valori che si intendono sottoporre a sequestro.


CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sez. II

Sent., (ud. 23/09/2020) 16-11-2020, n. 32112

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirella - Presidente -

Dott. DE SANTIS Anna Maria - rel. Consigliere -

Dott. PACILLI G.A.R. - Consigliere -

Dott. ARIOLLI Giovanni - Consigliere -

Dott. RECCHIONE Sandra - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) S.A., n. a (OMISSIS);

2) C.A., n. a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza resa in data 18/11/2019 dal Tribunale di Messina, Sezione per il riesame delle misure cautelari reali;

Visti gli atti, l'ordinanza impugnata e i ricorsi;

Udita la relazione del Cons. Anna Maria De Santis;

Udita la requisitoria del Sost. Proc.Gen., Dott. Assunta Cocomello, che ha concluso per l'annullamento con rinvio.

Svolgimento del processo

1.Con l'impugnata ordinanza il Tribunale di Messina rigettava la richiesta di riesame avanzata nell'interesse dei ricorrenti avverso il decreto con cui il P.M., in data 19/10/2019, aveva convalidato il sequestro operato dai c.c. della Compagnia Messina Centro, avente ad oggetto la somma di Euro 65.870 in relazione al reato ex art. 648 bis c.p..

Il Tribunale ha ritenuto che la disponibilità ingiustificata di una somma di denaro di considerevole importo, le modalità di occultamento, la condizione di impossidenza dei prevenuti e i precedenti iscritti a loro carico costituiscano elementi convergenti nella dimostrazione della provenienza illecita di quanto sequestrato, integrando il fumus del delitto di riciclaggio, pur in assenza di specifiche circostanze di fatto attestanti la natura del delitto presupposto.

2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore degli indagati, deducendo la violazione dell'art. 253 c.p.p. e art. 648 bis c.p. in quanto il Tribunale cautelare ha omesso di considerare che la giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito che il mero possesso di una somma di danaro in assenza di qualsivoglia riscontro investigativo circa l'esistenza del delitto presupposto non può giustificare l'addebito di riciclaggio e anche con riguardo all'occultamento della somma si è evidenziata la necessità di precisi elementi fattuali che possano ricondurre la provenienza del denaro ad una determinata fattispecie di reato ovvero ad una evasione fiscale penalmente rilevante. L'ordinanza impugnata, secondo la difesa, erra laddove ritiene che l'astratta ipotizzabilità riguardi la provenienza illecita del denaro e il delitto di riciclaggio e non il reato presupposto. Nella specie, tutti i dati indicati dai giudici della cautela, ovvero l'ingente somma sequestrata, le modalità di occultamento, il taglio del denaro, lo stato di impossidenza dei prevenuti e i loro precedenti, seppur sintomatici della possibile provenienza illecita del denaro, non danno conto neppure in astratto da quale delitto presupposto sia derivata la somma in vincolo.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è fondato. Va debitamente premesso che in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali al giudice sono preclusi sia l'accertamento del merito dell'azione penale sia il sindacato sulla concreta fondatezza dell'accusa, sebbene egli debba pur sempre operare uno scrupoloso controllo dei dati fattuali del caso concreto sottoposto al suo esame, secondo il parametro del fumus, tenendo conto delle risultanze processuali e della effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti.

Pertanto,ai fini dell'applicazione delle misure cautelari reali è imprescindibile la verifica delle risultanze processuali al fine di ricondurre alla figura astratta del reato contestato la fattispecie concreta e dare conto della plausibilità di un giudizio prognostico negativo per l'indagato.

Questa Corte ha, inoltre, chiarito che ai fini della legittimità del provvedimento, tenuto conto della fase in cui interviene la convalida e in mancanza di una formale rubrica, può ben farsi riferimento esclusivamente al titolo del reato per cui si procede ed agli atti redatti dalla polizia giudiziaria (Sez. 2, n. 27859 del 30/04/2019, Chianese, Rv. 276727) sebbene ciò non esoneri dalla descrizione della condotta ipotizzata a carico dell'indagato, dalla sua riconduzione ad una fattispecie incriminatrice, dall'individuazione della natura dei beni da vincolare e dalla precisazione della loro relazione con tale ipotesi criminosa, non essendo esaustiva l'indicazione della sola norma violata che non consente di apprezzare compiutamente le esigenze probatorie e la ragione per cui i beni sequestrati sono cose pertinenti al reato (Sez. 6, n. 37639 del 13/03/2019, Bufano, Rv. 277061;Sez. 3, n. 3604 del 16/01/2019, PMT c/ Spinelli, Rv. 275688).

4. Nel caso a giudizio le obiezioni difensive colgono nel segno, attesa la carente declinazione dei principi richiamati dal momento che non risulta nemmeno ipotizzato il reato presupposto del riciclaggio, avendo il collegio cautelare esaurito la verifica del fumus nel rilievo di carattere meramente congetturale circa la plausibile derivazione illecita del danaro sequestrato sulla base della quantità del contante,delle modalità di occultamento e delle condizioni soggettive degli indagati.

Siffatta valutazione, in assenza di concreti elementi di supporto, si pone in contrasto con il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui il mero possesso di una pur ingente somma di denaro non può giustificare ex sè, in assenza di qualsiasi riscontro investigativo, l'addebito di riciclaggio senza che sia in alcun modo stata verificata l'esistenza di un delitto presupposto, anche delineato per sommi capi, attraverso, ad esempio, il riferimento all'esistenza di relazioni tra i ricorrenti ed ambienti criminali, ovvero la precedente commissione di fatti di reato dai quali possa attendibilmente essere derivata la provvista, o l'avvenuto compimento di operazioni di investimento comunque di natura illecita a qualsiasi titolo (in tal senso, Sez. 2 n. 9355/2018, Ndoj, non massimata).

Questa Corte in piena continuità con i richiamati principi, in caso del tutto analogo a quello che ne occupa, ha affermato che, ai fini della configurabilità del reato di riciclaggio, pur non essendo necessaria la ricostruzione del delitto presupposto in tutti gli estremi storici e fattuali, tuttavia occorre che esso sia individuato nella sua tipologia (Sez. 2, n. 29689 del 28/05/2019, Maddaloni, Rv. 277020), rimarcando la necessità che il provvedimento cautelare fornisca anche indicazioni circa le ragioni d'esclusione della clausola di riserva contenuta nell'art. 648 bis c.p. e specifichi la condotta tipica del delitto di riciclaggio oggetto di provvisorio addebito, non potendo essere considerata tale quella del mero possesso di denaro, inidonea ad integrare l'attività diretta alla "sostituzione, al trasferimento, o ad altre operazioni" intese ad occultare la provenienza delittuosa del denaro.

Pur dovendo ribadirsi, in adesione al pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità, che ai fini della configurabilità del delitto di riciclaggio (al pari di quello di ricettazione) non è necessaria la ricostruzione del delitto presupposto in tutti gli estremi storici e fattuali, nondimeno ciò non esonera il giudice dalla necessità di individuare la tipologia di delitto all'origine del bene da sottoporre a vincolo, in quanto appunto di provenienza delittuosa, non risultando all'uopo sufficiente il richiamo ad indici sintomatici privi di specificità in ordine alla derivazione della disponibilità oggetto di espropriazione e suscettibili esclusivamente di provare un ingiustificato possesso di danaro (in termini, Sez. 2, n. 39006 del 13/7/2018, Onaghise, non massimata; Sez. 2, n. 29074 del 22/5/2018, Ndoj,non massimata; Sez. 2, n. 26301 del 24/5/2016, Asia, non massimata; per un'analoga fattispecie in tema di sequestro di denaro ritenuto genericamente di provenienza delittuosa, Sez. 2, n. 26308 del 22/06/2010, Buonaurio, Rv. 247742: "La fattispecie criminosa di ricettazione è configurabile non già con il riferimento, in contestazione, ad una provenienza delittuosa del bene non meglio identificata, poichè è necessario che il delitto presupposto, se pure non giudizialmente accertato, sia specificato").

4.1 Deve, dunque, concludersi che ai fini della legittimità del sequestro preventivo di cose che si assumono pertinenti al reato di riciclaggio di cui all'art. 648-bis c.p., pur non essendo necessario la specifica individuazione e l'accertamento del delitto presupposto, è tuttavia indispensabile che esso risulti, alla stregua degli elementi di fatto acquisiti e scrutinati, almeno astrattamente configurabile e precisamente indicato, situazione non ravvisabile quando il giudice si limiti semplicemente a supporne l'esistenza, sulla sola base del carattere asseritamente sospetto delle operazioni relative ai beni e valori che si intendono sottoporre a sequestro (in tal senso, ex multis Sez. 2, n. 813 del 19/11/2003, dep. 2014, Rv. 228382. Sulla necessaria indicazione, anche in via incidentale, del delitto presupposto anche Sez. 5, n. 527 del 13/9/2016, dep. 2017, Rv. 269017).

Analogamente, nella specie, è del tutto mancante la motivazione relativa all'individuazione degli elementi di fatto in grado di rappresentare a quale delle condotte tipiche indicate dall'art. 648 bis c.p. sia riconducibile il comportamento tenuto dagli indagati, come accertato in sede di indagini.

5.All'accoglimento del ricorso fa seguito l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Messina per nuovo esame

P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Messina competente ai sensi dell'art. 324 c.p.p., comma 5.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2020