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Sospensione condizionale e giudice dell'esecuzione (Cass. 23746/20)

10 agosto 2020, Cassazione penale

Revoca della sospensione condizionale: una volta acclarata una causa di revoca, il giudice dell’esecuzione può revocare il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso in violazione dell’art. 164 c.p., comma 4, in presenza di cause ostative, a meno che tali cause non fossero documentalmente note al giudice della cognizione, dovendo - lo stesso giudice - per svolgere la corrispondente, doverosa verifica acquisire il fascicolo del giudizio di cognizione.

Il giudice dell’esecuzione, investito della richiesta del pubblico ministero di revoca, ai sensi dell’art. 674 c.p.p., comma 1 bis, e art. 168 c.p., comma 4, della sospensione condizionale della esecuzione della pena, è onerato, in via preliminare e necessaria, del compito di accertare se i precedenti penali ostativi risultassero documentalmente al giudice della cognizione all’atto della concessione della sospensione condizionale, dovendo in tal senso esercitare, anche di ufficio, i poteri istruttori previsti dall’art. 666 c.p.p., comma 5, e provvedere all’acquisizione, in originale o in copia, del fascicolo processuale del giudizio deciso con la sentenza di concessione del beneficio oggetto della richiesta di revoca.

Per provocare la revoca della sospensione condizionale le due sentenze di condanna, per la loro entità, per la progressione con cui sono state emesse e per l’eventuale concorrenza di altre sentenze di condanna irrevocabili, devono determinare effettivamente l’integrazione della causa ostativa alla sospensione condizionale della pena.

La reiterazione del beneficio della sospensione condizionale della pena è ammissibile, in caso di nuova condanna, soltanto se tra quest’ultima e la prima condanna a pena sospesa non sopravvengano condanne intermedie, poiché, in caso contrario, l’accertata proclività a delinquere del condannato dimostra che lo stesso è stato immeritevole della fiducia in lui riposta e non consente una nuova prognosi favorevole circa la sua futura condotta.

Corte di Cassazione

sez. I Penale

sentenza 15 luglio – 10 agosto 2020, n. 23746
Presidente Iasillo – Relatore Siani

Ritenuto in fatto

1. Con l’ordinanza in epigrafe, resa il 17 settembre 2019, il Tribunale di Messina, in funzione di giudice dell’esecuzione, decidendo sulla richiesta del Procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale, in sede di rinvio dopo la sentenza di annullamento per vizio del contraddittorio emessa dalla Corte di cassazione (Sez. 1, n. 15543 del 02/10/2018, dep. 2019), ha disposto la revoca della sospensione condizionale della pena concessa ad C.A. con la sentenza dello stesso Tribunale in data 1 ottobre 2014, irrevocabile il 16 ottobre 2015, con cui all’imputato era stata irrogata la pena di mesi otto di reclusione ed Euro 900,00 di multa, per il reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, accertato in (omissis) .
A base del provvedimento è stato osservato che si era determinato, nel caso di specie, il caso della revoca obbligatoria della sospensione condizionale, poiché C. , nei termini stabiliti dall’art. 163 c.p., relativi alla sentenza del 18 settembre 2009, irrevocabile il 16 dicembre 2009, di condanna a pena detentiva, condizionalmente sospesa, aveva commesso un altro delitto accertato il 16 dicembre 2010, per il quale la sentenza del 1 dicembre 2014, irrevocabile il 16 ottobre 2015 ha irrogato la pena detentiva, pure condizionalmente sospesa: in relazione a tale seconda sospensione condizionale è stata decisa la revoca.
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore di C. chiedendone l’annullamento sulla scorta di un unico motivo con cui si denuncia la violazione dell’art. 168 c.p., comma 3, e art. 164 c.p..

Il ricorrente lamenta che il giudice dell’esecuzione, pur avendo revocato la seconda sospensione condizionale, così ritenendo che la stessa non avrebbe dovuto essere accordata, non aveva dato atto di avere preventivamente appurato se effettivamente, mediante l’esame del fascicolo processuale, i precedenti ostativi risultassero documentalmente al giudice della cognizione che aveva concesso il beneficio.

Al riguardo, la difesa richiama l’elaborazione giurisprudenziale maturata fino alla pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, segnalando che essa si è collocata in perfetta coerenza con gli approdi ermeneutici raggiunti in tema di revoca dell’indulto: nel caso concreto - si sottolinea - non emerge, nè dal testo del provvedimento, nè dagli atti l’espletamento della verifica richiesta.

3. Il Procuratore generale ha chiesto annullarsi con rinvio l’ordinanza impugnata, poiché il giudice dell’esecuzione ha proceduto alla revoca della sospensione condizionale della pena irrogata con la sentenza sopra indicata senza nulla dire in merito all’accertamento della circostanza che il giudice della cognizione non avesse avuto la possibilità di conoscere la causa ostativa: e invece soltanto l’accertamento di tale possibilità, nel caso di specie mancato, avrebbe consentito al giudice dell’esecuzione di revocare il beneficio.

Considerato in diritto

1. La Corte ritiene che il ricorso sia fondato, con le specificazioni che seguono.

2. Il ragionamento seguito nell’ordinanza impugnata, al di là dell’indifferenziato richiamo dei casi di revoca obbligatoria di cui all’art. 168 c.p., ha mirato a revocare la sospensione condizionale della pena irrogata con la seconda delle sentenze riportate da C. e prese in considerazione dal giudice dell’esecuzione, ossia la sentenza emessa dal Tribunale di Messina in data 1 ottobre 2014, irrevocabile il 16 ottobre 2015, con cui il medesimo imputato del reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, accertato in (omissis) - era stato ritenuto responsabile del delitto e condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 900,00 di multa, con il suddetto beneficio.
La condanna pregiudicante la concessione della sospensione condizionale e legittimante la sua revoca è stata individuata dal giudice dell’esecuzione nella sentenza emessa dal Tribunale di Messina in data 18 settembre 2009, irrevocabile il 16 dicembre 2009, con cui era stata applicata, ex art. 444 c.p.p. e ss., a C. - per il medesimo reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, commesso in (omissis) - la pena di mesi quattro di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa, pena pure condizionalmente sospesa.

3. Essendo stata così ritenuta, nella sostanza, l’ipotesi di revoca di cui all’art. 168, comma 3, in relazione all’art. 164 c.p., comma 4, per essere stata - la sospensione condizionale della pena - concessa più di una volta, in assunta violazione dei limiti fissati dall’art. 163 c.p., fondatamente la doglianza articolata dal ricorrente deduce che non sussiste motivazione circa la verifica della mancata conoscenza del precedente (presupposto come) ostativo da parte del giudice della cognizione che aveva concesso il nuovo beneficio sospensivo.

3.1. Una volta acclarata la causa di revoca nei sensi suindicati, occorre pertanto rilevare che il giudice dell’esecuzione non ha dato atto di avere effettuato - nell’applicazione dell’art. 168, comma 3, in relazione all’art. 164 c.p. - il controllo richiesto dall’ormai consolidata elaborazione ermeneutica.
In particolare, va richiamato il condiviso principio di diritto, affermato dal consesso più autorevole della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il giudice dell’esecuzione può revocare il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso in violazione dell’art. 164 c.p., comma 4, in presenza di cause ostative, a meno che tali cause non fossero documentalmente note al giudice della cognizione, dovendo - lo stesso giudice - per svolgere la corrispondente, doverosa verifica acquisire il fascicolo del giudizio di cognizione (Sez. U, n. 37345 del 23/04/2015, Longo, Rv. 264381; v., altresì e fra le altre, Sez. 1, n. 13390 del 05/03/2020, Iacopino, n. m.; Sez. 1, n. 19457 del 16/01/2018, Signoretto, Rv. 272832).

Pare utile specificare, sull’argomento, che l’orientamento qui riaffermato opera il riferimento quale criterio discretivo rilevante in senso ostativo alla possibilità di revoca - non alla mera conoscibilità della causa impediente, bensì alla conoscenza concreta, come documentalmente risultante dagli atti, essendosi già condivisibilmente precisato che il giudice dell’esecuzione, investito della richiesta del pubblico ministero di revoca, ai sensi dell’art. 674 c.p.p., comma 1 bis, e art. 168 c.p., comma 4, della sospensione condizionale della esecuzione della pena, è onerato, in via preliminare e necessaria, del compito di accertare se i precedenti penali ostativi risultassero documentalmente al giudice della cognizione all’atto della concessione della sospensione condizionale, dovendo in tal senso esercitare, anche di ufficio, i poteri istruttori previsti dall’art. 666 c.p.p., comma 5, e provvedere all’acquisizione, in originale o in copia, del fascicolo processuale del giudizio deciso con la sentenza di concessione del beneficio oggetto della richiesta di revoca (così Sez. U, n. 37345 del 2015, cit.).

3.2. L’ordinanza impugnata, dunque, pur avendo di fatto disposto la revoca in applicazione della disciplina prevista dall’art. 168, comma 3, e dall’art. 164 c.p., non ha dato atto di avere effettuato il controllo ex actis, necessariamente richiesto per la verifica del presupposto dell’applicazione della disciplina succitata e del relativo esito.
Già a causa tale carenza - evidenziata con l’atto di impugnazione - il provvedimento emesso è restato decisivamente vulnerato sotto il profilo dell’iter seguito, con il corrispondente vizio della sua motivazione; ragione per la quale esso deve essere annullato, con rinvio al Tribunale di Messina.

4. Peraltro, al giudice del rinvio, oltre all’osservanza del principio suindicato, non potrà non competere di verificare, in via ancora preliminare, se le due sentenze di condanna alle pene detentive e pecuniarie suindicate - per la loro entità, per la progressione con cui sono state emesse e per l’eventuale concorrenza di altre sentenze di condanna irrevocabili rese nei confronti di C. - determinino effettivamente l’integrazione della causa ostativa alla sospensione condizionale della pena per cui è stata avanzata dal P.m. la richiesta di revoca.

4.1. Si nota, invero, che sia nella richiesta formulata dal P.m., sia nel provvedimento impugnato, non è svolta alcuna riflessione in ordine al rilievo che le due pene per le quali è stato concesso il beneficio della sospensione condizionale, cumulate fra loro, non superano il limite di cui all’art. 163 c.p..

Quando, sotto speculare profilo, si valutano le condizioni stabilite dall’art. 168, comma 1, per la revoca di diritto, non occorre obliterare l’incipit della disposizione e che giova riportare: "Salva la disposizione dell’art. 164, u.c....". Da esso si deve, invero, trarre il corollario che la seconda sentenza di condanna a pena detentiva per delitto commesso nel quinquennio costituisce, ai sensi dell’art. 168 c.p., comma 1, n. 1, condizione di revoca di diritto della sospensione condizionale della pena sempre che, in relazione alla pena irrogata con questa seconda condanna, non sia stata nuovamente concessa la sospensione condizionale, alla stregua del richiamato art. 164 c.p., u.c..
In corrispondenza di tale considerazione e con riferimento alla situazione qui dedotta, si osserva che, nell’emettere la seconda sentenza di condanna a pena detentiva che, cumulata con la prima pena, non eccede i limiti di cui all’art. 163 c.p., il giudice può concedere, al lume dell’art. 164 c.p., comma 4, la sospensione condizionale per la seconda volta.
È, del resto, consolidato il principio di diritto secondo cui una condanna a pena detentiva condizionalmente sospesa non può costituire titolo per la revoca della sospensione condizionale concessa con una precedente sentenza di condanna, perché in tal caso opera il disposto dell’art. 168 c.p., comma 1, che fa salva la previsione dell’art. 164 stesso codice, u.c., (Sez. 1, n. 43020 del 14/10/2008, Grasso, Rv. 241832; Sez. 1, n. 3416 del 10/11/2000, dep. 2001, Lo Faro, Rv. 218445). Ciò, naturalmente, salvo l’ulteriore caso in cui la seconda sospensione della pena venga ad essere anch’essa assoggettata a revoca per effetto di una condanna successiva (atteso che la condanna a pena condizionalmente sospesa può dar luogo alla revoca della sospensione condizionale concessa con una condanna precedente solo se la seconda sospensione venga ad essere anch’essa soggetta a revoca per effetto di una condanna successiva Sez. 1, n. 34934 del 06/03/2012, Lettiera, Rv. 253438).

4.2. Infine - e ciò, in via di principio, potrebbe rilevare per la fattispecie in esame (ove sussistano altri titoli condannatori a carico di C. ) - la reiterazione del beneficio della sospensione condizionale della pena è ammissibile, in caso di nuova condanna, soltanto se tra quest’ultima e la prima condanna a pena sospesa non sopravvengano condanne intermedie, poiché, in caso contrario, l’accertata proclività a delinquere del condannato dimostra che lo stesso è stato immeritevole della fiducia in lui riposta e non consente una nuova prognosi favorevole circa la sua futura condotta (Sez. 6, n. 1647 del 12/11/2019, dep. 2020, Antonelli, Rv. 278100; Sez. 1, n. 41478 del 25/10/2011, Rostas, Rv. 251553).

5. Alla stregua dei richiamati principi, dunque, incomberà al giudice del rinvio il compito di accertare, anzitutto, l’effettività della situazione ostativa alla concessione della seconda sospensione condizionale dell’esecuzione della pena che ha formato oggetto della richiesta di revoca - e, in ipotesi di acclarata illegittimità della suddetta seconda sospensione condizionale, competerà allo stesso giudice la verifica della conoscenza o meno da parte del giudice della cognizione dei precedenti, in thesi preclusivi, secondo la dialettica stabilita dal Sez. U, n. 37345 del 2015, cit.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Messina per nuovo giudizio.