Esiste sempre l’obbligo del giudice di accertare la colpa concorrente della persona offesa o del terzo, in quanto sussiste sempre l’interesse dell’imputato all’accertamento dell’eventuale concorso alla produzione dell’evento, considerati i riflessi negativi che il mancato accertamento potrebbe avere sia sotto l’aspetto dell’entità del risarcimento sia sotto quello della misura della pena da irrogare in relazione ai principi fissati dall’art. 133 c.p.
In tema di omicidio e lesioni cosiddette stradale, il giudice di merito, una volta riconosciuto il concorso di colpa della persona offesa, adempie il dovere di motivazione in ordine alla graduazione delle colpe concorrenti, di cui è impossibile determinare con certezza le diverse percentuali, dando atto di aver preso in considerazione le modalità del sinistro e di aver raffrontato le condotte dei soggetti coinvolti.
Corte di Cassazione
sez. IV Penale, sentenza 5 – 15 aprile 2019, n. 16229
Presidente Menichetti - Relatore Ferranti
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 26.10.2016 la Corte di appello di Roma, confermava la sentenza del Tribunale di Latina, che ha condannato C.M. alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, in ordine al reato di omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, commesso in (omissis) , oltre alle statuizioni civili nei confronti delle costituite parti civili.
2.All’imputato si rimprovera, per colpa generica e specifica, di avere cagionato la morte di Co.Ga. , ciò in quanto, in qualità di conducente del propria autovettura Volkswagen Tuareg tg (…), percorrendo la via (omissis) , all’altezza dell’intersezione con Via (omissis) , viaggiando ad una velocità superiore al limite consentito di 50 Kmh e comunque tale da non consentire il tempestivo arresto del veicolo (D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 140, comma 1, art. 141, commi 1, 2 e 3, e art. 142, comma 1), non riusciva ad evitare l’impatto con l’autovettura Fiat Uno, guidata da Co. , proveniente da Via (omissis) che si immetteva in Via (omissis) , si che a seguito dello scontro e a causa delle lesioni gravissime riportate, decedeva il (omissis) .
3. Avverso la sentenza propone ricorso l’imputato, a mezzo del difensore lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1) quanto segue.
I) Vizio per contraddittoria e illogica motivazione in relazione alla errata valutazione e ricostruzione del fatto. Lamenta che non si è dato il giusto rilievo nel determinismo causale alla circostanza che il Co. non aveva rispettato il segnale di stop e che a tal proposito il Giudice di merito sia in primo che secondo grado aveva giustificato tale condotta rilevando che il segnale non era visibile perché coperto dalla vegetazione. L’impatto è avvenuto nella corsia di marcia dell’imputato e non vi è prova che quest’ultimo viaggiasse a velocità sostenuta. Lamenta che non è stata disposta una perizia di ufficio ma ci si è avvalsi della CT del PM e delle difesa.
II) Omessa e mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale mediante una perizia in contraddittorio tra le parti che avrebbe consentito di accertare che il C. era esente da qualsiasi responsabilità penale in quanto non poteva prevedere che il Co. non osservasse l’obbligo di precedenza e di stop invadendo la propria corsia di marcia. La condotta della vittima si è posta come causa eccezionale e atipica imprevista e imprevedibile che da sola ha prodotto l’evento.
III) riduzione della pena detentiva in relazione al grado di colpa della persona offesa che non è stata quantificata e che non può non incidere sulla individuazione dell’entità della pena irrogata.
IV) Eccessività della provvisionale concessa dal Giudice di merito; abnorme e da riformulare la condanna alla refusione delle spese di lite per ciascun difensore della parte civile.
Considerato in diritto
1. Non sono fondati il primo e il secondo motivo di ricorso.
1.1 Al riguardo, occorre rilevare che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità "deve essere limitato soltanto a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l’adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali" (in tal senso, "ex plurimis", Cass. Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep. 10.01.1996, Rv. 203272).
Tale principio, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, è stato altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite le quali hanno precisato che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997, dep.02/07/1997, Rv. 207945).
E la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e), per effetto della L. 20 febbraio 2006, n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasto preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17905 del 23.03.2006, dep. 23.05.2006, Rv. 234109).
Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1769 del 23/03/1995, dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). E la illogicità, quale vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu acuii, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. Un., sent. 30/4/1997, Dessimone).
1.2 Nel caso di specie, i Giudici di merito - dopo aver ritenuto provata la colpa dell’imputato, consistita nella inosservanza delle regole normative e di comportamento prescritte per la corretta circolazione stradale, hanno ritenuto sussistente il nesso di causalità tra la suddetta condotta colposa e l’evento realizzato e, applicando il principio della equivalenza delle cause, hanno ritenuto che la violazione della regola cautelare da parte dell’imputato avesse concretizzato il rischio che la suddetta regola mirava ad evitare. L’art. 141, comma 2 recita: "Il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l’arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile". Dalla disposizione emerge che la velocità prudenziale è quella che permette di mantenere il controllo del proprio veicolo e di compiere manovre d emergenza.
Richiamato l’orizzonte dello scrutinio di legittimità, sopra delineato, occorre rilevare che la congiunta lettura di entrambe le sentenze di merito che, concordando nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, valgono a saldarsi in un unico complesso corpo argomentativo (cfr. Cass., Sez. I, n. 8868/2000, Rv. 216906) si evidenzia che i giudici di merito hanno sviluppato un conferente percorso argomentativo, relativo all’apprezzamento del compendio probatorio, che risulta immune da censure rilevabili dalla Corte regolatrice; e che il ricorrente invoca, in realtà, una inammissibile riconsiderazione alternativa della ricostruzione dell’incidente.
1.3 La questione concernente la dedotta condotta concorrente imprudente tenuta dal Co. è stata evidenziata dalla Corte distrettuale (fol. 4) che, sulla base degli accertamenti tecnici compiuti in istruttoria, i rilievi tecnici planimetrici e anche fotografici, ha ritenuto che il Co. si sia immesso nella Via (omissis) senza dare la precedenza al veicolo proveniente dalla sua destra avendo quasi impegnato parte dell’incrocio, fino a immettersi nella corsia nella quale viaggiava la Tuareg, ma ha comunque ritenuto, con una motivazione logica e coerente, la responsabilità dell’imputato, in quanto pur avendo avvistato l’ostacolo non riuscì a frenare a causa dell’elevata velocità superiore ai limiti e non adeguata alle circostanze trattandosi di strada fiancheggiata da case. I Giudici di merito nella ricostruzione dei fatti hanno evidenziato e ricavato l’elevata velocità anche dalla circostanza che l’autovettura condotta dalla persona offesa, nel lato oggetto dell’impatto si è deformata al punto da rientrare al 50% della sagoma e che la marcia della Tuareg si arrestò dopo l’impatto solo a 50 m, nonostante l’abbattimento del segnale stradale (fol 3).
1.4 La Corte distrettuale ha fatto corretta applicazione del principio in materia di interruzione del nesso di causa secondo cui le cause sopravvenute idonee ad escludere il rapporto di causalità sono sia quelle che innescano un processo causale completamente autonomo rispetto a quello determinato dalla condotta dell’agente, sia quelle che, pur inserite nel processo causale ricollegato a tale condotta, si connotino per l’assoluta anomalia ed eccezionalità, collocandosi al di fuori della normale, ragionevole probabilità. Sez. 4, Sentenza n. 53541 del 26/10/2017 Ud. (dep. 27/11/2017) Rv. 271846 – 01.
2. Il terzo motivo è fondato per le ragioni appresso specificate. Invero la Corte territoriale ha ritenuto congrua la pena irrogata dal primo giudice che dopo aver concesso le attenuati generiche si è attestato sul minimo edittale (fol 4).
Va rilevato però che è mancata sia da parte del Giudice di primo grado che della Corte di Appello la quantificazione del concorso di colpa. Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare che in tema di reati colposi inerenti alla circolazione stradale, il giudice del merito ha il dovere di quantificare l’apporto causale alla verificazione dell’evento attribuibile alla persona offesa e quello addebitabile al prevenuto. Quanto precede: sia ai fini della determinazione della giusta (al caso di specie adeguata) pena, dato che, ai sensi di quanto dispone l’art. 133 c.p., nn. 2 e 3, nell’esercizio del potere discrezionale attribuito al giudice hanno influenza la gravità del danno cagionato e il grado della colpa; sia al fine di soddisfare le legittime aspettative della parte civile, se presente, la quale ha diritto di sentire quantificare, ancorché sotto il solo profilo dell’an debeatur, la misura del risarcimento del danno ad essa spettante (Sez. 4, sent. n. 11127 del 6/10/1988, Ballanza, Rv. n. 179738).
In termini sostanzialmente coincidenti si è affermato che esiste sempre l’obbligo del giudice di accertare la colpa concorrente della persona offesa o del terzo, in quanto sussiste sempre l’interesse dell’imputato all’accertamento dell’eventuale concorso alla produzione dell’evento, considerati i riflessi negativi che il mancato accertamento potrebbe avere sia sotto l’aspetto dell’entità del risarcimento sia sotto quello della misura della pena da irrogare in relazione ai principi fissati dall’art. 133 c.p. (Sez. 4, sent. n. 4477 del 20/1/1987, Barretta, Rv. 175636). Più in generale, proprio in fattispecie concernente un incidente stradale, è stata precisata (Sez. 4 n. 38559 del 27/06/2017; Sez. 4, sent. n. 22632 del 15/05/2008, PC e RC in proc. Gilio, Rv.239896) la rilevanza della c.d. graduazione delle colpe concorrenti, inquadrandola nell’ambito dei principi del sistema penale vigente.
Orbene, nel caso di specie, entrambi i giudici di merito implicitamente hanno affermato il concorso di colpa della persona offesa nella causazione del sinistro, ma non ne hanno esplicitato, come pur avrebbero dovuto, il percorso logico e motivazionale nella determinazione del trattamento sanzionatorio. E la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare (Sez. 4, sent. n. 31346 del 18/06/2013, Lobello ed altri, Rv. 256287) che, in tema di omicidio e lesioni cosiddette stradale, il giudice di merito, una volta riconosciuto il concorso di colpa della persona offesa (come per l’appunto è implicitamente avvenuto nel caso di specie), adempie il dovere di motivazione in ordine alla graduazione delle colpe concorrenti, di cui è impossibile determinare con’ certezza le diverse percentuali, dando atto di aver preso in considerazione le modalità del sinistro e di aver raffrontato le condotte dei soggetti coinvolti: orbene, detto raffronto nel caso di specie non risulta essere stato svolto.
Ne consegue che, limitatamente ai punti concernenti la graduazione del concorso di colpa della persona offesa e la sua incidenza nella determinazione della pena la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio alla Corte di Appello di Roma per nuovo esame.
3. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile. Merita precisare che per la liquidazione della provvisionale non è necessaria la prova dell’ammontare del danno, ma, come risulta dalle decisioni dei giudici di merito, è sufficiente la certezza dello stesso, sino all’ammontare della somma liquidata a titolo di provvisionale. È principio consolidato nella giurisprudenza della Corte che in tema di provvisionale, la determinazione della somma assegnata è riservata insindacabilmente al giudice di merito, che non ha l’obbligo di espressa motivazione quando, per la sua non particolare rilevanza, l’importo rientri nell’ambito del danno prevedibile.(Sez. 4, Sentenza n. 20318 del 10/01/2017 Ud.(dep. 28/04/2017) Rv. 269882 - 01).
Generico e inammissibile, per difetto di specificità, il punto del quarto motivo avverso la statuizione della sentenza relativa alla condanna alla rifusione delle spese di parte civile che non allega le ragioni concernenti la manifesta e oggettiva illegalità del quantum liquidato a proprio carico, e ciò tanto più in quanto la liquidazione del giudice si è attestata nell’ambito dei valori medi di cui alle tabelle allegate al D.M. n. 55 del 2014 (cfr. Sez. 5 n. 5053 del 27.11.2015 rv 266053-01).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo esame Ala Corte di appello di Roma. Rigetta nel resto il ricorso.