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Silenzio all'interrogatorio è un diritto, non una colpa (Cass. 23656/22)

17 giugno 2022, Cassazione penale

La facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio è un diritto dell'imputato e quindi non può mai costituire causa ostativa alla riparazione.

Il silenzio al momento dell'interrogatorio, per qualsiasi motivo tenuto, è una scelta dell'indagato insindacabile e costituzionalmente garantita.

 

Cassazione penale

sez. III, ud. 4 maggio 2022 (17 giugno 2022.), n. 23656
Presidente Di Nicola – Relatore Socci

Ritenuto in fatto

1. La Corte di appello di Napoli, in sede di rinvio per l'annullamento del precedente provvedimento con sentenza della Corte di Cassazione del 15 novembre 2018, sez. 4, n. 3235, con ordinanza del 9 settembre 2021, ha rigettato l'istanza di S.S. per il diritto ad un'equa riparazione per l'ingiusta detenzione subita, in relazione ai delitti di cui agli art. 110,624 e 625 c.p. e artt. 110,56 e 129 c.p. Il ricorrente era stato assolto con sentenza, irrevocabile il 20 giugno 2009, del Tribunale di Torre Annunziata per non aver commesso il fatto.

2. Ricorre per cassazione S.S. , deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 c.p.p., comma 1, disp. att..

2. 1. Violazione di legge (art. 314 c.p.p. e D.Lgs. n. 188 del 2021, art. 4) e vizio di motivazione relativamente alla riconosciuta colpa grave, ostativa al riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione. L'ordinanza impugnata ritiene sussistente la condizione ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione in quanto individua condotte del ricorrente configuranti la colpa grave, nell'essersi avvalso della facoltà di non rispondere, nel corso dell'interrogatorio di garanzia.

La Corte di Appello compie un evidente salto logico considerando il silenzio del ricorrente, all'interrogatorio, una menzogna; il silenzio non costituisce una menzogna, ma solo un silenzio.

Per l'ordinanza impugnata il ricorrente avrebbe mentito, circa la sua assenza dal luogo della minaccia. Invece, la sentenza di assoluzione è frutto di un fisiologico sviluppo dell'istruttoria dibattimentale. infatti, il riconoscimento fotografico dell'imputato, ritenuto sufficiente a configurare la gravità indiziaria per l'arresto, mostrava i suoi limiti di certezza nell'esame dibattimentale della persona offesa, con la contemporanea ricognizione diretta degli imputati detenuti.

Con le nuove disposizioni normative (D.Lgs. n. N. 188 del 2021, art. 4) l'esercizio da parte dell'imputato della facoltà di non rispondere non incide sul diritto alla riparazione. Inoltre, la condotta nell'interrogatorio dovrebbe rilevare solo per il mantenimento della custodia cautelare dopo l'atto, non per il momento genetico della custodia cautelare, prima dell'interrogatorio.

La custodia cautelare è stata determinata dall'omessa esecuzione, da parte degli inquirenti, della ricognizione di persona. Del resto, al momento dell'interrogatorio il ricorrente non poteva certamente ricordarsi cosa stesse facendo in un giorno a caso di un mese a caso dell'anno (omissis). Anche se avesse protestato la sua innocenza, nell'interrogatorio di garanzia, nessuna incidenza avrebbe potuto avere sulla custodia cautelare, trattandosi sostanzialmente di affermare, da parte dell'indagato, il principio della presunzione di innocenza.

Ha chiesto pertanto l'annullamento dell'ordinanza impugnata.

3. La Procura Generale della Corte di Cassazione, Sostituto Procuratore Generale (omissis), ha presentato, ex art. 611 del c.p.p., richieste scritte chiedendo il rigetto del ricorso con la condanna alle spese.

Considerato in diritto

4. Il ricorso è fondato e deve accogliersi con l'annullamento dell'ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli.

L'ordinanza rileva la sussistenza di cause ostative alla riparazione nella condotta del ricorrente caratterizzata da colpa grave, che ha concorso a determinare la custodia cautelare nei suoi confronti.

La condotta ostativa sarebbe costituita dal silenzio dell'indagato nell'interrogatorio davanti al G.I.P. (facoltà di non rispondere). Per la Corte di appello egli era l'unica persona a conoscenza del suo alibi (ovvero del fatto che si trovava altrove al momento della consumazione del reato): "deliberò in tal modo consapevolmente di sottrarre al giudice della cautela informazioni veridiche, dirimenti per la decisione cautelare ed a cautela informazioni veridiche, dirimenti per la decisione cautelare ed a conoscenza di lui solo, sicché il giudice non avrebbe potuto in alcun modo apprendere aliunde".

La facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio è un diritto dell'imputato e la stessa, in quanto tale, non può mai costituire causa ostativa alla riparazione. Ciò era già evidente dal sistema legislativo vigente all'epoca, in considerazione dei principi costituzionali del diritto di difesa e del principio di non colpevolezza (art. 24 e 27, costituzione: "L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva").

Ora con il D.Lgs. n.188 del 8 novembre 2021, art. 4, che ha modificato il comma 1 dell'art. 314 c.p.p.), Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva UE 2016/343 del Parlamento Europeo e del Consiglio, il principio è, anche, espressamente consacrato proprio in relazione al procedimento di riparazione: "L'esercizio da parte dell'imputato della facoltà di cui all'art. 64, comma 3, lettera B) non incide sul diritto alla riparazione di cui al primo periodo". Per l'art. 64 c.p.p., comma 3, lettera B), l'indagato ha facoltà di non rispondere ad alcuna domanda, ma comunque il procedimento seguirà il suo corso.

Il comportamento del ricorrente, nel caso in giudizio, è risultato conforme alle disposizioni normative suddette e, quindi, per il suo silenzio al momento dell'interrogatorio (per qualsiasi motivo tenuto: è una scelta dell'indagato insindacabile e costituzionalmente garantita, art. 27 costituzione) non può rigettarsi l'istanza di riparazione per ingiusta detenzione, non costituendo il silenzio una "colpa" ostativa.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli - Sezione per i minorenni - per nuovo giudizio.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati significativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.