Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Sequestro conservativo non va revocato con patteggiamento (Cass. 22062/11)

1 giugno 2011, Casszione penale

Il codice di procedura penale prevede che nei soli casi di pronunzia irrevocabile di assoluzione o non luogo a procedere il sequestro conservativo perde efficacia e non se il sequestro conservativo è stato disposto nell'ambito di procedimento penale che si è concluso con sentenza irrevocabile di applicazione di pena ex art. 444 cod. proc. pen..

Alla pronunzia della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti non consegue la caducazione del sequestro conservativo già disposto:  ma la conversione del sequestro in pignoramento, che può avvenire soltanto in seguito alla pronuncia di sentenza che abbia dichiarato l'esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile e costituisca perciò titolo esecutivo, si verifica solo all'esito del passaggio in giudicato della sentenza del giudice civile che, sulla base della certezza del danno acquisita nel processo penale, abbia proceduto alla liquidazione di esso, realizzando i presupposti per la conversione della garanzia reale nell'atto esecutivo.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

(ud. 21/01/2011) 01-06-2011, n. 22062

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Mariastefania - Presidente

Dott. ZAMPETTI Umberto - Consigliere

Dott. MAZZEI Antonella - Consigliere

Dott. PIRACCINI Paola - Consigliere

Dott. LA POSTA Lucia - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

1) G.L. N. IL (OMISSIS);

avverso l'ordinanza n. 87/2009 GIP TRIBUNALE di PERUGIA, del 03/02/2010;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;

lette le conclusioni del P.G. Dott. MONETTI Vito che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 3.2.2010 il Gip del tribunale di Perugia, quale giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza, avanzata da G.L., con la quale veniva chiesto dichiararsi l'inefficacia del sequestro conservativo disposto sui beni del predetto nel procedimento concluso con la sentenza di applicazione della pena del 26.11.2008, divenuta irrevocabile.

Il giudice premetteva che andava affermata la giurisdizione del giudice penale, tenuto conto che l'istante poneva in discussione la sussistenza del presupposto della conversione del sequestro conservativo, disposto in sede di giudizio di cognizione, in pignoramento secondo quanto previsto dall'art. 320 cod. proc. pen., preclusa - ad avviso dell'istante - dalla circostanza che il giudizio si era concluso con una sentenza di applicazione di pena che non prevedeva nè la condanna a pena pecuniaria, nè la condanna al risarcimento del danno.

Quindi, rammentata la disciplina dell'art. 317 cod. proc. pen. che prevede la perdita di efficacia del sequestro conservativo nei soli casi di pronuncia di assoluzione o non luogo a procedere, e ripercorsa la decisione di questa Corte (Sez. 1, n. 25950, 29/05/2008, rv. 240466) - richiamata sia dall'istante che dalla intervenuta parte civile (fallimento Perugia Calcio s.p.a.) - rilevava come l'applicazione dell'art. 320 cod. proc. pen., nei sensi indicati dall'istante, porterebbe nel caso di sentenza di applicazione di pena a conseguenze aberranti. Evidenziava, altresì, che era stata affermata dalla giurisprudenza di legittimità la possibilità di adozione del sequestro conservativo anche nel caso in cui il giudice penale pronuncia condanna solo generica al risarcimento del danno in favore della parte civile rimettendo al giudice civile la quantificazione del danno.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione G. L., a mezzo del difensore di fiducia.

Afferma, in specie, il ricorrente che la questione sottoposta al giudice dell'esecuzione in relazione all'efficacia del sequestro conservativo disposto sui beni nell'ambito del processo penale, concluso con la sentenza irrevocabile di patteggiamento, pone soltanto due interpretazioni alternative del disposto dell'art. 320 c.p.p., comma 1: quella secondo cui il sequestro conservativo perde efficacia a seguito della sentenza di applicazione di pena non contenendo alcuna indicazione in ordine al risarcimento del danno ad al quantum dello stesso; quella per la quale il sequestro conservativo penale si converte comunque in pignoramento, nonostante la mancanza di espressa previsione in tale senso.

Di tali due diverse soluzioni, ad avviso del ricorrente, sarebbero espressione rispettivamente la pronuncia di questa Corte che ha affermato, secondo la massima, che la conversione del sequestro conservativo in pignoramento non si verifica se la sentenza di condanna irrevocabile non contiene la determinazione dell'ammontare del risarcimento, rinviando la determinazione del quantum al giudice civile (Sez. 6, n. 42698, 10/07/2008, Fabris) e la decisione secondo la quale l'art. 320 comma 1 cod. proc. pen. non prevede espressamente la sentenza ex art. 444 cod. prc. pen. come produttiva di tale conversione ma si impone l'interpretazione estensiva (Sez. 1, n. 22468, 16/05/2007, Brunengo; Sez. 1, n. 25950, 29/05/2008, Serraiocco).

Tanto premesso, la decisione impugnata deve ritenersi viziata (affetta da inesistenza, nullità o abnormità) atteso che, non accogliendo nessuna delle predette soluzioni, il giudice ha sostenuto, in violazione dei principi processuali, la sopravvivenza di una misura cautelare, quale è il sequestro conservativo, oltre la conclusione del giudizio di cognizione e con efficacia a tempo indeterminato.

Sostiene, quindi, il ricorrente che l'unica interpretazione corretta è quella dalla quale deriva l'inefficacia del sequestro, posto che la conversione in pignoramento è esclusa dalla mancanza di un titolo esecutivo in ordine all'an ed al quantum del preteso risarcimento del danno. Peraltro, la automatica conversione del sequestro in pignoramento determinerebbe l'incompetenza funzionale del giudice dell'esecuzione penale, come è stato affermato da questa Corte.

Con un secondo motivo di ricorso si deduce il vizio di motivazione del provvedimento impugnato che ha assunto una soluzione interpretativa "eccentrica" non sorretta da motivazione adeguata e logica.

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato e, conseguentemente, deve essere rigettato.

Come correttamente ha ribadito il giudice dell'esecuzione, la disciplina dell'art. 317 c.p.p., comma 4, prevede che nei soli casi di pronunzia irrevocabile di assoluzione o non luogo a procedere il sequestro conservativo perde efficacia e che nella specie non si versa in tale ipotesi, atteso che il sequestro conservativo è stato disposto nell'ambito di procedimento penale che si è concluso con sentenza irrevocabile di applicazione di pena ex art. 444 cod. proc. pen.. Ed invero, in più occasioni questa Corte ha escluso che alla pronunzia della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti consegua la caducazione del sequestro conservativo in precedenza disposto (Sez. 1^, n. 22468, 16/05/2007, Brunengo; Sez. 1, n. 25950, 29/05/2008, Serraiocco).

E' noto che i presupposti per l'emissione del provvedimento che dispone il sequestro conservativo, in ogni stato e grado di merito del processo penale, sono quelli indicati all'art. 316 cod. proc. pen., commi 1 e 2 e la funzione è quella di creare un vincolo sui beni a garanzia del pagamento della pena pecuniaria, delle spese processuali e di ogni altra somma dovuta all'erario, ovvero dell'adempimento delle obbligazioni civili che derivano dal reato cui si riferisce il procedimento penale, con la costituzione, altresì, di un privilegio a favore di detti crediti. Va ricordato, inoltre, che la misura del sequestro conservativo, proprio in ragione della peculiarità della sua natura e della sua ratio, in presenza dei presupposti, è revocabile solo in caso di offerta di idonea cauzione, ai sensi dell'art. 319 cod. proc pen..

Si tratta, quindi, di una garanzia a tutela di interessi di natura patrimoniale e civilistica inserita nel processo penale, con funzione cautelare servente ed accessoria a detti interessi. Pertanto, la disposizione dell'art. 317 cod. proc. pen., comma 4 che prevede i casi In cui il sequestro conservativo perde efficacia non può che essere letta ed interpretata alla luce dei presupposti e della ratio della misura cautelare appena richiamati.

Nella giurisprudenza penale è considerato dato pacifico che il sequestro conservativo esplica una funzione cautelare a tutela dei diritti derivanti dalle statuizioni civili di condanna al risarcimento del danno anche in forma generica, ai sensi dell'art. 539 cod. proc. pen., nonchè dalle statuizioni della futura sentenza civile di condanna al pagamento della somma liquidata quale ammontare del risarcimento (Sez. 3, n. 26105, 06/05/2009, Valle; Sez. 6, n. 1614, 27/04/1995, Saladino).

In detti casi - è stato affermato (Sez. 6, n. 42698, 10/07/2008, Fabris) - la conversione del sequestro in pignoramento, che secondo l'art. 686 c.p.p., comma 1 e l'art. 474 c.p.p., comma 2, n. 1, può avvenire soltanto in seguito alla pronuncia di sentenza che abbia dichiarato l'esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile e costituisca perciò titolo esecutivo, si verifica solo all'esito del passaggio in giudicato della sentenza del giudice civile che, sulla base della certezza del danno acquisita nel processo penale, abbia proceduto alla liquidazione di esso, realizzando i presupposti per la conversione della garanzia reale nell'atto esecutivo (Cass. civ., Sez. 3, 03/09/2007 n. 18536; Sez. 3, 29/04/2006 n. 10029).

Pertanto, pur non operando una conversione immediata del sequestro conservativo in pignoramento, il sequestro mantiene il suo effetto di garanzia.

Non diversamente deve ritenersi che, a seguito della sentenza di applicazione della pena, il sequestro conservativo penale non viene meno ma segue l'azione civile.

Tanto, invero, risulta evidente alla luce della disciplina in tema di sequestro conservativo del codice di procedura civile che consente di individuare i rapporti con il sequestro conservativo disposto in sede penale e di rilevare come la perdita di efficacia del sequestro conservativo sia prevista sempre come conseguenza o del definitivo accertamento dell'insussistenza del diritto al risarcimento fatto valere, cui si collega strumentalmente l'azione cautelare, ovvero all'inerzia della parte nel portare avanti la sua pretesa sostanziale.

Occorre, quindi, ricordare che, ai sensi del combinato disposto dell'art. 669-ter c.p.c., comma 3, e art. 669-quater c.p.c., comma 6, nella ipotesi di azione civile esercitata o trasferita in sede penale, la competenza a conoscere della richiesta di sequestro conservativo, avanzata dalla parte, spetta al giudice civile del luogo in cui deve essere eseguito il provvedimento cautelare, competente per materia o valore, salva l'applicazione dell'art. 316 cod. proc. pen., comma 2. E' agevole, allora, desumere che nella predetta ipotesi il richiedente può tanto rivolgersi al giudice penale competente per il merito come al giudice civile territorialmente competente per materia o valore (Sez. 3, n. 199, 10/01/2003, rv. 559576).

Inoltre, gli artt. 669-octies e 669-nonies cod. proc. civ. disciplinano i limiti di efficacia del provvedimento cautelare in relazione all'inizio della causa di merito ed alla estinzione della stessa, con le ulteriori precisazioni previste dall'art. 669-decies che al comma 1 dispone che "nel corso dell'istruzione, il giudice istruttore della causa di merito può, su istanza di parte, modificare o revocare con ordinanza il provvedimento cautelare anche se emesso anteriormente alla causa se si verificano mutamenti nelle circostanze" ed al comma 2 aggiunge che "se la causa di merito è devoluta alla giurisdizione di un giudice straniero o ad arbitrato, ovvero se l'azione civile è stata esercitata o trasferita nel processo penale, i provvedimenti previsti dal presente articolo devono essere richiesti al giudice che ha emanato il provvedimento cautelare".

Risulta evidente, quindi, che non può ricondursi un effetto estintivo del sequestro conservativo a vicende processuali quale è il cd. patteggiamento che, a norma dell' art. 444 c.p.p., comma 2, - in ragione della scelta dell'imputato (ovverosia del soggetto che con riguardo all'azione di risarcimento rappresenta la parte "convenuta") - forzatamente estromette dal processo penale la parte civile imponendole, anche in deroga all'art. 75 c.p.p., comma 3, di proseguire l'azione risarcitoria nella sede propria, fermo il diritto di essere ristorata delle spese processuali sopportate sulla base di un giudizio di "soccombenza virtuale" suscettibile di essere ribaltato nell'eventuale giudizio di danno.

Ciò che in questo caso si verifica è "il venir meno della competenza di un'autorità giudiziaria in seguito al verificarsi di una determinata condizione espressamente prevista in via generale dalla legge" e "la competenza così sottratta al giudice penale è una competenza originariamente spettante al giudice cui viene ora restituita, dopo essergli stata sottratta in seguito al verificarsi di un'altra condizione egualmente prevista in via generale dalla legge, quale l'avvenuto esercizio dell'azione civile per le restituzioni ed il risarcimento del danno da reato nel processo penale, in forza dell'art. 74 nuovo codice" (C. cost. n. 443 del 1990).

Il diritto di azione e difesa della parte civile sarebbe gravemente compromesso se si negasse in siffatta situazione la perdurante efficacia del sequestro conservativo legittimamente ottenuto dalla parte civile, ai sensi dell'art. 316 cod. proc. pen., a garanzia dei propri crediti prima d'essere costretta a riassumere la sua pretesa nel giudizio civile.

Se è vero, dunque, che - come sostenuto dal ricorrente - il sequestro conservativo si converte ope legis in pignoramento, ai sensi dell'art. 320 c.p.p., comma 1, solamente in forza di condanna al pagamento di una pena pecunia ria o di condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile che ne costituiscono il titolo, la circostanza, tuttavia, che il sequestro conservativo non possa "ancora" convertirsi di diritto in pignoramento non implica affatto che esso non mantenga la funzione di garanzia sua propria, quando il processo penale, lungi dall'essersi concluso con una sentenza irrevocabile di proscioglimento o di non luogo a procedere, è stato definito con una sentenza irrevocabile con la quale è stata applicata la pena, ex art. 444 cod. proc. pen..

Naturalmente, non può per ciò solo ritenersi che il sequestro conservativo conservi effetti giuridici illimitati nel tempo, stante la natura "cautelare" della misura che, come si è detto, è legittima solo in quanto funzionale e collegata ad una pronunzia sul merito della domanda risarcitoria. Deve, quindi, ritenersi che -in analogia con quanto dispone il codice di procedura civile nel caso di azioni cautelari "ante causam" o di azioni cautelari collegate a domande per le quali sopravviene un difetto di giurisdizione (art. 669-nonies c.p.p., u.c.) - in caso di applicazione di pena, il sequestro conservativo è destinato a divenire inefficace soltanto ove l'azione risarcitoria, già esercitata in sede penale, non venga Iniziata nei termini previsti dall'art. 669-octies cod. proc. civ..

Conseguentemente, nell'ipotesi in esame, pur non operando la conversione automatica del sequestro conservativo, ai sensi dell'art. 320 cod. proc. pen., per mancanza della condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, tuttavia, non può essere posta nel nulla la funzione di garanzia del sequestro conservativo; tale funzione può e deve essere mantenuta ai fini dell'azione civile se, come nella specie, essa risulta tempestivamente riassunta nella sede propria.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2011