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Senza equo processo niente MAE (CGUE, C-216/18)

25 luglio 2018, Corte di giustizia dell'Unione europea

Se sussiste un rischio reale di violazione del diritto fondamentale dell’interessato a un giudice indipendente e, quindi, del suo diritto fondamentale a un equo processo, come enunciato all’articolo 47, secondo comma, della Carta, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può  astenersi, a titolo eccezionale, dal dare seguito a un mandato d’arresto europeo.

Il requisito dell’indipendenza dei giudici attiene al contenuto essenziale del diritto fondamentale a un equo processo, che riveste importanza cardinale quale garanzia della tutela dell’insieme dei diritti derivanti al singolo dal diritto dell’Unione e della salvaguardia dei valori comuni agli Stati membri enunciati all’articolo 2 TUE, segnatamente, del valore dello Stato di diritto.

L’Unione è, infatti, un’Unione di diritto in cui i singoli hanno il diritto di contestare in sede giurisdizionale la legittimità di ogni decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione di un atto dell’Unione nei loro confronti.

Nell’ambito dell’esercizio dell’azione penale o dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza privative della libertà, o ancora nel contesto del procedimento penale di merito, i quali non rientrano nell’ambito di applicazione della decisione quadro MAE e del diritto dell’Unione, gli Stati membri restano soggetti all’obbligo di rispettare i diritti fondamentali sanciti dalla CEDU o dal loro diritto nazionale, compresi il diritto a un equo processo e le garanzie che ne derivano.

Corte di giustizia dell'Unione europea

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

25 luglio 2018 (*) - C-216/18 PPU

«Rinvio pregiudiziale – Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale – Mandato d’arresto europeo – Decisione quadro 2002/584/GAI – Articolo 1, paragrafo 3 – Procedure di consegna tra Stati membri – Condizioni di esecuzione – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47 – Diritto a un giudice indipendente e imparziale»

Nella causa C‑216/18 PPU,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla High Court (Alta Corte, Irlanda), con decisione del 23 marzo 2018, pervenuta in cancelleria il 27 marzo 2018, nel procedimento riguardante l’esecuzione di mandati d’arresto europei emessi nei confronti di

LM,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta (relatore), M. Ilešič, J. L. da Cruz Vilaça, J. Malenovský, E. Levits e C. G. Fernlund, presidenti di sezione, A. Borg Barthet, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev, S. Rodin, F. Biltgen, C. Lycourgos et E. Regan, giudici,

avvocato generale: E. Tanchev

cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale

vista la domanda del giudice del rinvio del 23 marzo 2018, pervenuta in cancelleria il 27 marzo 2018, di assoggettare il rinvio pregiudiziale al procedimento d’urgenza, ai sensi dell’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte,

vista la decisione della Prima Sezione del 12 aprile 2018 di accogliere detta domanda,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1° giugno 2018,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il Minister for Justice and Equality, da M. Browne, in qualità di agente, assistita da S. Ní Chúlacháin, BL, R. Farrell, SC, e K. Colmcille, BL;

–        per LM, da C. Ó Maolchallann, solicitor, M. Lynam, BL, S. Guerin, SC, e D. Stuart, BL;

–        per il governo spagnolo, da M. A. Sampol Pucurull, in qualità di agente;

–        per il governo ungherese, da M. Z. Fehér, in qualità di agente;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M. K. Bulterman, in qualità di agente;

–        per il governo polacco, da Ł. Piebiak, B. Majczyna e J. Sawicka, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da J. Tomkin, H. Krämer, B. Martenczuk, R. Troosters e K. Banks, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 giugno 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 (GU 2009, L 81, pag. 24) (in prosieguo: la «decisione quadro 2002/584»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito dell’esecuzione, in Irlanda, di mandati d’arresto europei emessi dai giudici polacchi nei confronti di LM (in prosieguo: l’«interessato»).

 Contesto normativo

 Il Trattato UE

3        L’articolo 7 TUE dispone quanto segue:

«1.      Su proposta motivata di un terzo degli Stati membri, del Parlamento europeo o della Commissione europea, il Consiglio, deliberando alla maggioranza dei quattro quinti dei suoi membri previa approvazione del Parlamento europeo, può constatare che esiste un evidente rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2. Prima di procedere a tale constatazione il Consiglio ascolta lo Stato membro in questione e può rivolgergli delle raccomandazioni, deliberando secondo la stessa procedura.

Il Consiglio verifica regolarmente se i motivi che hanno condotto a tale constatazione permangono validi.

2.      Il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità su proposta di un terzo degli Stati membri o della Commissione europea e previa approvazione del Parlamento europeo, può constatare l’esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2, dopo aver invitato tale Stato membro a presentare osservazioni.

3.      Qualora sia stata effettuata la constatazione di cui al paragrafo 2, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può decidere di sospendere alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in questione dall’applicazione dei trattati, compresi i diritti di voto del rappresentante del governo di tale Stato membro in seno al Consiglio. Nell’agire in tal senso, il Consiglio tiene conto delle possibili conseguenze di una siffatta sospensione sui diritti e sugli obblighi delle persone fisiche e giuridiche.

Lo Stato membro in questione continua in ogni caso ad essere vincolato dagli obblighi che gli derivano dai trattati.

(…)».

 La Carta

4        Il titolo VI della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), denominato «Giustizia», comprende l’articolo 47, rubricato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», che dispone quanto segue:

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.

(...)».

5        Le spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17) precisano, quanto all’articolo 47, secondo comma, della Carta, che tale disposizione corrisponde all’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»).

6        L’articolo 48 della Carta, intitolato «Presunzione di innocenza e diritti della difesa» dispone quanto segue:

«1.      Ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata.

2.      Il rispetto dei diritti della difesa è garantito ad ogni imputato».

 La decisione quadro 2002/584

7        I considerando da 5 a 8, 10 e 12 della decisione quadro 2002/584 sono del seguente tenore:

«(5)      (...) [L]’introduzione di un nuovo sistema semplificato di consegna delle persone condannate o sospettate, al fine dell’esecuzione delle sentenze di condanna in materia penale o per sottoporle all’azione penale, consente di eliminare la complessità e i potenziali ritardi inerenti alla disciplina attuale in materia di estradizione. (...)

(6)      Il mandato d’arresto europeo previsto nella presente decisione quadro costituisce la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di riconoscimento reciproco che il Consiglio europeo ha definito il fondamento della cooperazione giudiziaria.

(7)      Poiché l’obiettivo di sostituire il sistema multilaterale di estradizione creato sulla base della convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957 non può essere sufficientemente realizzato unilateralmente dagli Stati membri e può dunque, a causa della dimensione e dell’effetto, essere realizzato meglio a livello dell’Unione, il Consiglio può adottare misure, nel rispetto del principio di sussidiarietà menzionato all’articolo 2 [UE] e all’articolo 5 [CE]. La presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

(8)      Le decisioni relative all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo devono essere sottoposte a un controllo sufficiente, il che implica che l’autorità giudiziaria dello Stato membro in cui la persona ricercata è stata arrestata dovrà prendere la decisione relativa alla sua consegna.

(...)

(10)      Il meccanismo del mandato d’arresto europeo si basa su un elevato livello di fiducia tra gli Stati membri. L’attuazione di tale meccanismo può essere sospesa solo in caso di grave e persistente violazione da parte di uno Stato membro dei principi sanciti all’articolo 6, paragrafo 1, [UE divenuto, in seguito a modifica, articolo 2 TUE], constatata dal Consiglio [europeo] in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, [UE divenuto, in seguito a modifica, articolo 7, paragrafo 2, TUE], e con le conseguenze previste al paragrafo 2 dello stesso articolo [divenuto, in seguito a modifica, articolo 7, paragrafo 3, TUE].

(...)

(12)      La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi sanciti dall’articolo 6 [UE] e contenuti nella [Carta], segnatamente il capo VI. Nessun elemento della presente decisione quadro può essere interpretato nel senso che non sia consentito rifiutare di procedere alla consegna di una persona che forma oggetto di un mandato d’arresto europeo qualora sussistano elementi oggettivi per ritenere che il mandato d’arresto europeo sia stato emesso al fine di perseguire penalmente o punire una persona a causa del suo sesso, della sua razza, religione, origine etnica, nazionalità, lingua, opinione politica o delle sue tendenze sessuali oppure che la posizione di tale persona possa risultare pregiudicata per uno di tali motivi.

(...)».

8        L’articolo 1 di tale decisione quadro, intitolato «Definizione del mandato d’arresto europeo ed obbligo di darne esecuzione», prevede quanto segue:

«1.      Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

2.      Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.

3.      L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 [UE] non può essere modificat[o] per effetto della presente decisione quadro».

9        Gli articoli 3, 4 e 4 bis di detta decisione quadro indicano i motivi di non esecuzione obbligatoria e facoltativa del mandato d’arresto europeo.

10      Intitolato «Ricorso all’autorità centrale», l’articolo 7 della stessa decisione quadro così prevede:

«1.      Ciascuno Stato membro può designare un’autorità centrale o, quando il suo ordinamento giuridico lo prevede, delle autorità centrali per assistere le autorità giudiziarie competenti.

2.      Uno Stato membro può, se l’organizzazione del proprio sistema giudiziario interno lo rende necessario, affidare alla (alle) propria (proprie) autorità centrale (centrali) la trasmissione e la ricezione amministrativa dei mandati d’arresto europei e della corrispondenza ufficiale ad essi relativa.

Lo Stato membro che voglia avvalersi delle facoltà descritte nel presente articolo comunica al Segretariato generale del Consiglio le informazioni relative all’autorità centrale (alle autorità centrali) designata(e). Dette indicazioni sono vincolanti per tutte le autorità dello Stato membro emittente».

11      L’articolo 15 della stessa decisione quadro, intitolato «Decisione sulla consegna», prevede quanto segue:

«1.      L’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide la consegna della persona nei termini e alle condizioni stabilite dalla presente decisione quadro.

2.      L’autorità giudiziaria dell’esecuzione che non ritiene le informazioni comunicatele dallo Stato membro emittente sufficienti per permetterle di prendere una decisione sulla consegna, richiede urgentemente le informazioni complementari necessarie segnatamente in relazione agli articoli 3, 4, 5 e 8 e può stabilire un termine per la ricezione delle stesse, tenendo conto dell’esigenza di rispettare i termini fissati all’articolo 17.

(...)».

 Diritto irlandese

12      La decisione quadro 2002/584 è stata recepita nell’ordinamento giuridico irlandese mediante lo European Arrest Warrant Act 2003 (legge del 2003 sul mandato d’arresto europeo).

13      L’articolo 37, paragrafo 1, della legge del 2003 sul mandato d’arresto europeo prevede:

«Nessuno sarà consegnato in base alla presente legge ove:

(a)      la sua consegna sia incompatibile con gli obblighi gravanti sullo Stato in forza:

(i)      della [CEDU], o

(ii)      dei protocolli della [CEDU]

(b)      la sua consegna integri una violazione di una disposizione della Costituzione (...)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

14      Il 1º febbraio 2012, il 4 giugno 2012 e il 26 settembre 2013, le autorità giudiziarie polacche hanno emesso tre mandati d’arresto europei (in prosieguo: i «MAE») nei confronti dell’interessato, ai fini del suo arresto e della sua consegna a dette autorità giudiziarie per l’esercizio di azioni penali, segnatamente per traffico illecito di stupefacenti e di sostanze psicotrope.

15      Il 5 maggio 2017 l’interessato è stato arrestato in Irlanda, in base a tali MAE, e condotto dinanzi al giudice del rinvio, la High Court (Alta Corte, Irlanda). Egli ha informato tale giudice che non acconsentiva alla propria consegna alle autorità giudiziarie polacche ed è stato incarcerato in attesa di una decisione sulla sua consegna a tali autorità.

16      A sostegno della sua opposizione alla consegna, l’interessato deduce, segnatamente, che tale consegna lo esporrebbe a un rischio reale di flagrante diniego di giustizia in violazione dell’articolo 6 della CEDU. Al riguardo, l’interessato sostiene, in particolare, che le recenti riforme legislative del sistema giudiziario nella Repubblica di Polonia lo privano del suo diritto a un equo processo. Tali riforme pregiudicherebbero in maniera sostanziale le fondamenta della fiducia reciproca tra l’autorità emittente il mandato d’arresto europeo e l’autorità dell’esecuzione di tale mandato, circostanza che rimetterebbe in discussione il funzionamento del meccanismo del mandato d’arresto europeo.

17      L’interessato si fonda, in particolare, sulla proposta motivata della Commissione, del 20 dicembre 2017, presentata a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, del Trattato sull’Unione europea sullo Stato di diritto in Polonia [COM(2017) 835 final] (in prosieguo: la «proposta motivata») e sui documenti a cui questa fa riferimento.

18      Nella proposta motivata, la Commissione illustra anzitutto in maniera dettagliata il contesto e la genesi delle riforme legislative, tratta, poi, due particolari motivi di preoccupazione, ossia, da un lato, l’assenza di controllo di costituzionalità indipendente e legittimo e, dall’altro, i rischi di violazione dell’indipendenza dei giudici ordinari, e invita, infine, il Consiglio a constatare l’esistenza di un rischio evidente di violazione grave da parte della Repubblica di Polonia dei valori di cui all’articolo 2 TUE nonché a rivolgere a tale Stato membro le raccomandazioni necessarie a tal riguardo.

19      La proposta motivata riprende peraltro le constatazioni della Commissione per la democrazia attraverso il diritto del Consiglio d’Europa vertenti sulla situazione nella Repubblica di Polonia e sugli effetti delle recenti riforme legislative sul sistema giudiziario di tale Stato membro.

20      Da ultimo, la proposta motivata indica le gravi preoccupazioni espresse a tal riguardo, nel periodo precedente l’adozione di tale proposta, da varie istituzioni e vari organismi internazionali ed europei come il Comitato dei diritti dell’uomo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, il Consiglio europeo, il Parlamento europeo, la Rete europea dei Consigli di giustizia nonché, a livello nazionale, dal Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia), dal Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale, Polonia), dal Rzecznik Praw Obywatelskich (Mediatore, Polonia), dalla Krajowa Rada Sądownictwa (Consiglio nazionale della magistratura, Polonia) e da associazioni di giudici e avvocati.

21      Sulla base delle informazioni contenute nella proposta motivata e delle constatazioni della Commissione per la democrazia attraverso il diritto del Consiglio d’Europa vertenti sulla situazione nella Repubblica di Polonia e sugli effetti delle recenti riforme legislative sul sistema giudiziario di tale Stato membro, il giudice del rinvio giunge alla conclusione che, a causa dell’effetto combinato delle riforme legislative realizzate nella Repubblica di Polonia dal 2015 riguardanti, segnatamente, il Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale), il Sąd Najwyższy (Corte suprema), il Consiglio nazionale della magistratura, l’organizzazione dei giudici ordinari, la Scuola nazionale della magistratura e il pubblico ministero, in tale Stato membro è stato violato lo Stato di diritto. Il giudice del rinvio fonda tale conclusione sulla constatazione di mutamenti ritenuti particolarmente significativi, come:

–        le modifiche del ruolo costituzionale di tutela dell’indipendenza della magistratura affidato al Consiglio nazionale della magistratura, abbinate alle nomine illegali al Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) da parte del governo polacco e al rifiuto di quest’ultimo di pubblicare determinate decisioni;

–        il fatto che il ministro della Giustizia sia ormai il procuratore generale, che possa svolgere un ruolo attivo nell’azione penale e che rivesta un ruolo disciplinare nei confronti dei presidenti dei tribunali, la qual circostanza ha potenzialmente un effetto dissuasivo su tali presidenti, incidendo, conseguentemente, sull’amministrazione della giustizia;

–        il fatto che il Sąd Najwyższy (Corte suprema) subisca le conseguenze di pensionamenti d’ufficio e delle nomine future, e che le nomine politiche saranno largamente preponderanti nella nuova composizione del Consiglio nazionale della magistratura, e

–        il fatto che l’integrità e l’efficacia del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) siano state notevolmente perturbate in quanto non vi sono garanzie che le leggi in Polonia rispettino la Costituzione polacca, circostanza di per sé sufficiente a incidere sull’insieme del sistema della giustizia penale.

22      In tali circostanze, il giudice del rinvio considera che, in ragione dell’incompatibilità dei poteri «ampi e incontrollati» del sistema giudiziario nella Repubblica di Polonia con quelli concessi in uno Stato democratico retto dal principio dello Stato di diritto, esiste un rischio reale che l’interessato sia trattato arbitrariamente nel corso del processo a suo carico nello Stato membro emittente. Pertanto, la consegna dell’interessato comporterebbe una violazione dei suoi diritti sanciti all’articolo 6 della CEDU e dovrebbe, quindi, essere rifiutata, conformemente al diritto irlandese e all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, in combinato disposto con il considerando 10 di quest’ultima.

23      A tal riguardo, il giudice del rinvio rileva che, nella sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198), la Corte ha statuito, nell’ambito di una consegna che avrebbe potuto comportare una violazione dell’articolo 3 della CEDU, che, qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione accerti carenze sistemiche o generalizzate nelle tutele dello Stato membro emittente, tale autorità deve valutare, in modo concreto e preciso, se esistano motivi seri e comprovati per ritenere che la persona interessata corra un rischio reale di essere sottoposta a un trattamento inumano o degradante in tale Stato membro. In tale sentenza, la Corte avrebbe altresì stabilito una procedura in due fasi che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione dovrebbe applicare in siffatte circostanze. Tale autorità dovrebbe, anzitutto, accertare l’esistenza di carenze generalizzate o sistemiche nelle tutele offerte nello Stato membro emittente e, in seguito, chiedere all’autorità giudiziaria di quest’ultimo ogni informazione complementare necessaria in merito alle tutele del soggetto interessato.

24      Orbene, il giudice del rinvio si chiede se, qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione abbia constatato che il valore comune dello Stato di diritto sancito all’articolo 2 TUE è stato violato dallo Stato membro emittente, e che tale violazione sistemica dello Stato di diritto costituisce, per sua natura, un difetto fondamentale del sistema giudiziario, sia ancora applicabile la necessità di valutare, in modo concreto e preciso, conformemente alla sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198), l’esistenza di motivi seri e comprovati per ritenere che la persona interessata sia esposta a un rischio di violazione del suo diritto a un equo processo, come sancito all’articolo 6 della CEDU, oppure se, in tali circostanze, si possa facilmente ritenere che un’autorità emittente non potrebbe mai fornire alcuna specifica garanzia di un processo equo per tale persona, data la natura sistemica della violazione dello Stato di diritto, cosicché l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può essere tenuta ad accertare l’esistenza di siffatti motivi.

25      Alla luce di quanto precede, la High Court (Alta Corte) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, nonostante le conclusioni cui è pervenuta la Corte di giustizia nella sentenza [del 5 aprile 2016,] Aranyosi e Căldăraru [(C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198)], quando un giudice nazionale accerta l’esistenza di prove concludenti attestanti l’incompatibilità delle condizioni nello Stato membro emittente con il diritto fondamentale a un equo processo, poiché il sistema giudiziario stesso di detto Stato membro non opera più in un contesto di Stato di diritto, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione sia tenuta a compiere ulteriori valutazioni, in modo concreto e preciso, in merito all’esposizione del singolo interessato al rischio di un processo iniquo nel caso in cui il suo processo si svolga all’interno di un sistema che non opera più in un contesto di Stato di diritto.

2)      Se, qualora il criterio che deve essere applicato imponga una valutazione specifica del rischio concreto per la persona ricercata di essere esposta a un flagrante diniego di giustizia e il giudice nazionale abbia accertato la sussistenza di una violazione sistemica dello Stato di diritto, il giudice nazionale, quale autorità giudiziaria dell’esecuzione, sia tenuto a rivolgersi all’autorità giudiziaria emittente per ottenere qualsiasi ulteriore informazione necessaria che possa consentirgli di escludere la sussistenza del rischio di un processo iniquo e, in caso affermativo, quali garanzie sarebbero necessarie con riferimento a un processo equo».

 Sul procedimento d’urgenza

26      Il giudice del rinvio ha chiesto di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.

27      A sostegno di tale domanda, il giudice del rinvio ha richiamato, in particolare, il fatto che l’interessato sia attualmente privato della libertà, in attesa della decisione sulla propria consegna alle autorità polacche, e che la risposta alle questioni sollevate sarà determinante per adottare una siffatta decisione.

28      A tale riguardo, occorre constatare, in primo luogo, che il presente rinvio pregiudiziale verte sull’interpretazione della decisione quadro 2002/584, la quale rientra nei settori di cui al titolo V della terza parte del Trattato FUE, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Di conseguenza, tale rinvio è idoneo a essere sottoposto al procedimento pregiudiziale d’urgenza.

29      In secondo luogo, quanto al criterio relativo all’urgenza, occorre, secondo giurisprudenza costante della Corte, prendere in considerazione la circostanza che l’interessato è attualmente privato della libertà e che il suo mantenimento in detenzione dipende dalla soluzione della controversia principale. Inoltre, la situazione dell’interessato dev’essere valutata quale si presenta alla data dell’esame della domanda diretta ad ottenere che al rinvio pregiudiziale sia applicato il procedimento d’urgenza (sentenza del 10 agosto 2017, Zdziaszek, C‑271/17 PPU, EU:C:2017:629, punto 72 e giurisprudenza citata).

30      Orbene, nella fattispecie, da un lato è pacifico che, a tale data, l’interessato si trovava in detenzione. Dall’altro, il suo mantenimento in detenzione dipende dall’esito del procedimento principale, dal momento che la misura detentiva cui è sottoposto è stata disposta, secondo le indicazioni fornite dal giudice del rinvio, nel contesto dell’esecuzione dei MAE.

31      Alla luce di tali circostanze, in data 12 aprile 2018 la Prima Sezione della Corte ha deciso, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, di accogliere la richiesta del giudice del rinvio di trattare il presente rinvio pregiudiziale con procedimento d’urgenza.

32      È stato inoltre deciso di rinviare la causa dinanzi alla Corte affinché fosse attribuita alla Grande Sezione.

 Sulle questioni pregiudiziali

33      In limine, risulta dalla motivazione della decisione di rinvio e dal riferimento alla sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198), che figura nel testo stesso della prima questione, che le questioni sollevate dal giudice del rinvio vertono sulle condizioni che consentono all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di astenersi, sul fondamento dell’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, dal dare corso a un mandato d’arresto europeo a causa del rischio di violazione, in caso di consegna del ricercato all’autorità giudiziaria emittente, del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice indipendente, come sancito all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, che, come risulta dal punto 5 della presente sentenza, corrisponde all’articolo 47, secondo comma, della Carta.

34      Pertanto, si deve ritenere che, con le sue due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che, qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione chiamata a decidere sulla consegna di una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esercizio dell’azione penale disponga di elementi, come quelli contenuti in una proposta motivata della Commissione, adottata a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, TUE, idonei a dimostrare l’esistenza di un rischio reale di violazione del diritto fondamentale a un processo equo garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, a causa di carenze sistemiche o generalizzate riguardanti l’indipendenza del potere giudiziario dello Stato membro emittente, detta autorità deve verificare, in modo concreto e preciso, se esistano motivi seri e comprovati per ritenere che l’interessato corra un rischio di tal genere in caso di consegna a quest’ultimo Stato. In caso di risposta positiva, il giudice del rinvio chiede alla Corte di precisare le condizioni che una siffatta verifica deve soddisfare.

35      Per rispondere alle questioni sollevate, occorre rammentare che il diritto dell’Unione poggia sulla premessa fondamentale secondo cui ciascuno Stato membro condivide con tutti gli altri Stati membri, e riconosce che questi condividono con esso, una serie di valori comuni sui quali l’Unione si fonda, così come precisato all’articolo 2 TUE. Tale premessa implica e giustifica l’esistenza della fiducia reciproca tra gli Stati membri nel riconoscimento di tali valori e, dunque, nel rispetto del diritto dell’Unione che li attua (sentenza del 6 marzo 2018, Achmea, C‑284/16, EU:C:2018:158, punto 34 e giurisprudenza citata).

36      Tanto il principio della fiducia reciproca tra gli Stati membri quanto il principio del mutuo riconoscimento, che si fonda a sua volta sulla fiducia reciproca tra questi ultimi (v., in tal senso, sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas, C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 49 e giurisprudenza citata), rivestono un’importanza fondamentale nel diritto dell’Unione, dato che consentono la creazione e il mantenimento di uno spazio senza frontiere interne. Più specificamente, il principio della fiducia reciproca impone a ciascuno di tali Stati, segnatamente per quanto riguarda lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, di ritenere, tranne che in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, più in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo (sentenza del 10 novembre 2016, Poltorak, C‑452/16 PPU, EU:C:2016:858, punto 26 e giurisprudenza citata).

37      Quando attuano il diritto dell’Unione, gli Stati membri possono quindi essere tenuti, in forza di tale diritto, a presumere il rispetto dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati membri, con la conseguenza che risulta loro preclusa la possibilità non solo di esigere da un altro Stato membro un livello di tutela nazionale dei diritti fondamentali più elevato di quello garantito dal diritto dell’Unione, ma anche, salvo in casi eccezionali, di verificare se tale altro Stato membro abbia effettivamente rispettato, in un caso concreto, i diritti fondamentali garantiti dall’Unione [parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 192].

38      Emerge dal considerando 6 della decisione quadro 2002/584 che il mandato d’arresto europeo di cui a tale decisione quadro costituisce la prima concretizzazione, nel settore del diritto penale, del principio di riconoscimento reciproco.

39      Come risulta, in particolare, dal suo articolo 1, paragrafi 1 e 2, nonché dai suoi considerando 5 e 7, la decisione quadro 2002/584 è intesa a sostituire il sistema multilaterale di estradizione fondato sulla convenzione europea di estradizione, del 13 dicembre 1957, con un sistema di consegna tra le autorità giudiziarie delle persone condannate o sospettate, ai fini dell’esecuzione di sentenze o dell’esercizio di azioni penali, sistema quest’ultimo che è basato sul principio del riconoscimento reciproco (sentenza del 10 novembre 2016, Kovalkovas, C‑477/16 PPU, EU:C:2016:861, punto 25 e giurisprudenza citata).

40      La decisione quadro 2002/584 è quindi diretta, mediante l’instaurazione di un nuovo sistema semplificato e più efficace di consegna delle persone condannate o sospettate di aver violato la legge penale, a facilitare e ad accelerare la cooperazione giudiziaria allo scopo di contribuire a realizzare l’obiettivo assegnato all’Unione di diventare uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia fondandosi sull’elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri (sentenza del 10 novembre 2016, Poltorak, C‑452/16 PPU, EU:C:2016:858, punto 25 e giurisprudenza citata).

41      Nel settore disciplinato dalla decisione quadro 2002/584, il principio di riconoscimento reciproco, che costituisce, come risulta in particolare dal considerando 6 della stessa, il «fondamento» della cooperazione giudiziaria in materia penale, trova applicazione all’articolo 1, paragrafo 2, di tale decisione quadro, che sancisce la regola secondo cui gli Stati membri sono tenuti a dare esecuzione a ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della medesima decisione quadro. Le autorità giudiziarie dell’esecuzione possono, dunque, in via di principio, rifiutare di eseguire un siffatto mandato solo per i motivi di non esecuzione tassativamente elencati dalla decisione quadro 2002/584 e possono subordinare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo esclusivamente a una delle condizioni tassativamente previste all’articolo 5 di tale decisione quadro. Di conseguenza, mentre l’esecuzione del mandato d’arresto europeo costituisce il principio, il rifiuto di esecuzione è concepito come un’eccezione che deve essere oggetto di interpretazione restrittiva (v., in tal senso, sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas, C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punti 49 e 50 e giurisprudenza citata).

42      Così, la decisione quadro 2002/584 enuncia espressamente i motivi di non esecuzione obbligatoria (articolo 3) e facoltativa (articoli 4 e 4 bis) del mandato d’arresto europeo, nonché le garanzie che lo Stato membro emittente deve fornire in casi particolari (articolo 5) (v. sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas, C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 51).

43      Cionondimeno, la Corte ha ammesso che limitazioni ai principi di riconoscimento e di fiducia reciproci tra Stati membri possano essere apportate «in circostanze eccezionali» (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punto 82 e giurisprudenza citata).

44      In tale contesto, la Corte ha riconosciuto, a determinate condizioni, la facoltà per l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di porre fine alla procedura di consegna istituita dalla decisione quadro 2002/584 qualora una siffatta consegna rischi di comportare un trattamento inumano o degradante del ricercato, ai sensi dell’articolo 4 della Carta (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punto 104).

45      A tal fine, la Corte si è fondata, da un lato, sull’articolo 1, paragrafo 3, di tale decisione quadro, che prevede che quest’ultima non può comportare la modifica dell’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti agli articoli 2 e 6 TUE e, dall’altro, sul carattere assoluto del diritto fondamentale garantito dall’articolo 4 della Carta (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punti 83 e 85).

46      Nel caso di specie, basandosi sulla proposta motivata e sui documenti a cui questa si riferisce, l’interessato si è opposto alla propria consegna alle autorità giudiziarie polacche, facendo valere, in particolare, che una siffatta consegna lo esporrebbe a un rischio reale di flagrante diniego di giustizia a causa della carenza di indipendenza dei giudici dello Stato membro emittente derivante dall’attuazione delle recenti riforme legislative del sistema giudiziario in tale Stato membro.

47      Pertanto, occorre anzitutto verificare se, al pari di un rischio reale di violazione dell’articolo 4 della Carta, un rischio reale di violazione del diritto fondamentale dell’interessato a un giudice indipendente e, quindi, del suo diritto fondamentale a un equo processo, come enunciato all’articolo 47, secondo comma, della Carta, consenta all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di astenersi, a titolo eccezionale, dal dare seguito a un mandato d’arresto europeo, in base all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584.

48      A tal riguardo, si deve sottolineare che il requisito dell’indipendenza dei giudici attiene al contenuto essenziale del diritto fondamentale a un equo processo, che riveste importanza cardinale quale garanzia della tutela dell’insieme dei diritti derivanti al singolo dal diritto dell’Unione e della salvaguardia dei valori comuni agli Stati membri enunciati all’articolo 2 TUE, segnatamente, del valore dello Stato di diritto.

49      L’Unione è, infatti, un’Unione di diritto in cui i singoli hanno il diritto di contestare in sede giurisdizionale la legittimità di ogni decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione di un atto dell’Unione nei loro confronti (sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 31 e giurisprudenza citata).

50      Conformemente all’articolo 19 TUE, che concretizza il valore dello Stato di diritto affermato all’articolo 2 TUE, compete ai giudici nazionali e alla Corte garantire la piena applicazione del diritto dell’Unione in tutti gli Stati membri nonché la tutela giurisdizionale dei diritti spettanti ai soggetti dell’ordinamento in forza di detto diritto (v., in tal senso, sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 32 e giurisprudenza citata, nonché del 6 marzo 2018, Achmea, C‑284/16, EU:C:2018:158, punto 36 e giurisprudenza citata).

51      L’esistenza stessa di un controllo giurisdizionale effettivo destinato ad assicurare il rispetto del diritto dell’Unione è intrinseca ad uno Stato di diritto (sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 36 e giurisprudenza citata).

52      Ne consegue che ogni Stato membro deve garantire che gli organi rientranti, in quanto «giurisdizione», nel senso definito dal diritto dell’Unione, nel suo sistema di rimedi giurisdizionali nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione soddisfino i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva (sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 37).

53      Orbene, affinché sia garantita tale tutela, è di primaria importanza preservare l’indipendenza di detti organi, come confermato dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, che menziona l’accesso a un giudice «indipendente» tra i requisiti connessi al diritto fondamentale a un ricorso effettivo (sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 41).

54      L’indipendenza dei giudici nazionali è essenziale, in particolare, per il buon funzionamento del sistema di cooperazione giudiziaria costituito dal meccanismo del rinvio pregiudiziale di cui all’articolo 267 TFUE, in quanto, conformemente alla costante giurisprudenza della Corte, tale meccanismo può essere attivato unicamente da un organo, incaricato di applicare il diritto dell’Unione, che soddisfi, segnatamente, tale criterio di indipendenza (sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 43).

55      Nei limiti in cui, come rilevato al punto 40 della presente sentenza, la decisione quadro 2002/584 è volta a instaurare un sistema semplificato di consegna tra «autorità giudiziarie» per assicurare la libera circolazione delle decisioni giudiziarie in materia penale nello spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, la salvaguardia dell’indipendenza di tali autorità è essenziale anche nell’ambito del meccanismo del mandato d’arresto europeo.

56      La decisione quadro 2002/584 si basa infatti sul principio secondo cui le decisioni in materia di mandato d’arresto europeo beneficiano di tutte le garanzie proprie delle decisioni giudiziarie, in particolare di quelle risultanti dai diritti fondamentali e dai principi giuridici fondamentali di cui all’articolo 1, paragrafo 3, di detta decisione quadro. Ciò comporta che non soltanto la decisione relativa all’esecuzione del mandato d’arresto europeo ma anche quella concernente l’emissione di un siffatto mandato siano adottate da un’autorità giudiziaria che soddisfi i requisiti inerenti a una tutela giurisdizionale effettiva – tra cui la garanzia di indipendenza – in modo che l’intera procedura di consegna tra Stati membri prevista dalla decisione quadro 2002/584 sia esercitata sotto controllo giudiziario (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2016, Kovalkovas, C‑477/16 PPU, EU:C:2016:861, punto 37 e giurisprudenza citata).

57      Per di più, occorre osservare che, nell’ambito dell’esercizio dell’azione penale o dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza privative della libertà, o ancora nel contesto del procedimento penale di merito, i quali non rientrano nell’ambito di applicazione della decisione quadro 2002/584 e del diritto dell’Unione, gli Stati membri restano soggetti all’obbligo di rispettare i diritti fondamentali sanciti dalla CEDU o dal loro diritto nazionale, compresi il diritto a un equo processo e le garanzie che ne derivano (v., in tal senso, sentenza del 30 maggio 2013, F, C‑168/13 PPU, EU:C:2013:358, punto 48).

58      L’alto grado di fiducia tra gli Stati membri su cui poggia il meccanismo del mandato d’arresto europeo si fonda, dunque, sulla premessa secondo cui i giudici penali degli altri Stati membri, che, a seguito dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo, dovranno esercitare l’azione penale o condurre il procedimento di esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, nonché il procedimento penale di merito, soddisfano i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva, tra cui figurano, segnatamente, l’indipendenza e l’imparzialità di detti giudici.

59      Occorre, quindi, considerare che l’esistenza di un rischio reale che la persona oggetto di un mandato d’arresto europeo subisca, in caso di consegna all’autorità giudiziaria emittente, una violazione del suo diritto fondamentale a un giudice indipendente e, pertanto, del contenuto essenziale del suo diritto fondamentale a un equo processo, garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, autorizza l’autorità giudiziaria dell’esecuzione ad astenersi, a titolo eccezionale, dal dare seguito a tale mandato d’arresto europeo, in base all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584.

60      Pertanto, qualora, come nel procedimento principale, la persona oggetto di un mandato d’arresto europeo faccia valere, per opporsi alla propria consegna all’autorità giudiziaria emittente, l’esistenza di carenze sistemiche o, quanto meno, generalizzate che, a suo avviso, sono idonee a incidere sull’indipendenza del potere giudiziario nello Stato membro emittente e a pregiudicare così il contenuto essenziale del suo diritto fondamentale a un equo processo, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione è tenuta a valutare, quando deve decidere in merito alla consegna dell’interessato alle autorità di detto Stato membro, l’esistenza di un rischio reale che egli subisca una violazione di tale diritto fondamentale (v., per analogia, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punto 88).

61      A tal fine, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, in una prima fase, deve valutare, in base a elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati riguardanti il funzionamento del sistema giudiziario nello Stato membro emittente (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi et Căldăraru, C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punto 89), l’esistenza di un rischio reale di violazione del diritto fondamentale a un equo processo, connesso a una mancanza di indipendenza dei giudici di detto Stato membro, a causa di carenze sistemiche o generalizzate in quest’ultimo Stato. Le informazioni contenute in una proposta motivata recentemente rivolta dalla Commissione al Consiglio in base all’articolo 7, paragrafo 1, TUE costituiscono elementi di particolare rilevanza ai fini di tale valutazione.

62      Una siffatta valutazione deve essere effettuata tenendo conto del livello di tutela del diritto fondamentale garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta (v., per analogia, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punto 88 e giurisprudenza citata).

63      A tal riguardo, quanto al requisito d’indipendenza dei giudici, che attiene al contenuto essenziale di tale diritto, si deve rammentare che tale requisito è intrinseco alla funzione giurisdizionale e implica due aspetti. Il primo aspetto, di carattere esterno, presuppone che l’organo interessato eserciti le sue funzioni in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo gerarchico o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte, con la conseguenza di essere quindi tutelato dagli interventi o dalle pressioni esterne idonei a compromettere l’indipendenza del giudizio dei suoi membri e a influenzare le loro decisioni (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 44 e giurisprudenza citata).

64      Tale indispensabile libertà da siffatti elementi esterni richiede talune garanzie idonee a tutelare le persone che svolgono la funzione giurisdizionale, come l’inamovibilità (sentenza del 19 settembre 2006, Wilson, C‑506/04, EU:C:2006:587, punto 51 e giurisprudenza citata). Il fatto che queste ultime percepiscano una retribuzione di livello adeguato all’importanza delle funzioni che esercitano costituisce parimenti una garanzia inerente all’indipendenza dei giudici (sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 45).

65      Il secondo aspetto, di carattere interno, si ricollega alla nozione di imparzialità e riguarda l’equidistanza dalle parti della controversia e dai loro rispettivi interessi riguardo all’oggetto di quest’ultima. Tale aspetto richiede il rispetto dell’oggettività e l’assenza di qualsiasi interesse nella soluzione della controversia all’infuori della stretta applicazione della norma giuridica (sentenza del 19 settembre 2006, Wilson, C‑506/04, EU:C:2006:587, punto 52 e giurisprudenza citata).

66      Tali garanzie di indipendenza e di imparzialità presuppongono l’esistenza di regole, relative in particolare alla composizione dell’organo, alla nomina, alla durata delle funzioni nonché alle cause di astensione, di ricusazione e di revoca dei suoi membri, che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità di detto organo rispetto a elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti. Per considerare soddisfatta la condizione relativa all’indipendenza dell’organo interessato, la giurisprudenza esige, in particolare, che i casi di revoca dei membri di tale organo siano determinati da espresse disposizioni di legge (sentenza del 9 ottobre 2014, TDC, C‑222/13, EU:C:2014:2265, punto 32 e giurisprudenza citata).

67      Il requisito di indipendenza richiede inoltre che il regime disciplinare di coloro che hanno una funzione giurisdizionale presenti le garanzie necessarie per evitare qualsiasi rischio di utilizzo di un siffatto regime come sistema di controllo politico del contenuto delle decisioni giudiziarie. A tal riguardo, l’emanazione di norme che definiscono, segnatamente, sia i comportamenti che integrano illeciti disciplinari sia le sanzioni concretamente applicabili, che prevedono l’intervento di un organo indipendente conformemente a una procedura che garantisca appieno i diritti consacrati agli articoli 47 e 48 della Carta, in particolare i diritti della difesa, e che sanciscono la possibilità di contestare in sede giurisdizionale le decisioni degli organi disciplinari costituisce un insieme di garanzie essenziali ai fini della salvaguardia dell’indipendenza del potere giudiziario.

68      Se, alla luce dei requisiti richiamati ai punti da 62 a 67 della presente sentenza, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione accerta che esiste, nello Stato membro emittente, un rischio reale di violazione del contenuto essenziale del diritto fondamentale a un equo processo a causa di carenze sistemiche o generalizzate riguardanti il potere giudiziario di tale Stato membro, tali da compromettere l’indipendenza dei giudici di detto Stato, tale autorità deve, in un secondo momento, valutare, in modo concreto e preciso, se, nelle circostanze del caso di specie, esistano motivi seri e comprovati per ritenere che, in seguito alla sua consegna allo Stato membro emittente, il ricercato corra tale rischio (v., per analogia, nell’ambito dell’articolo 4 della Carta, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punti 92 e 94).

69      Tale valutazione concreta è altresì necessaria quando, come nel caso di specie, da un lato, lo Stato membro emittente è stato oggetto di una proposta motivata della Commissione, adottata ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, TUE, diretta ad ottenere che il Consiglio constati l’esistenza di un evidente rischio di violazione grave da parte di detto Stato membro dei valori di cui all’articolo 2 TUE, quali quello dello Stato di diritto, a causa, in particolare, di attentati all’indipendenza dei giudici nazionali e, dall’altro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione ritiene, in particolare sulla base di una siffatta proposta, di disporre di elementi idonei a dimostrare l’esistenza di carenze sistemiche, in relazione a tali valori, sul piano del potere giudiziario di tale Stato membro.

70      Emerge infatti dal considerando 10 della decisione quadro 2002/584 che l’attuazione del meccanismo del mandato d’arresto europeo può essere sospesa solo in caso di grave e persistente violazione da parte di uno Stato membro dei principi sanciti all’articolo 2 TUE, constatata dal Consiglio europeo in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 2, TUE, con le conseguenze previste al paragrafo 3 dello stesso articolo.

71      Risulta, dunque, dalla formulazione stessa di detto considerando che spetta al Consiglio europeo constatare una violazione, nello Stato membro emittente, dei principi sanciti all’articolo 2 TUE, tra cui quello dello Stato di diritto, ai fini della sospensione, nei confronti dello Stato membro, dell’applicazione del meccanismo del mandato d’arresto europeo.

72      Pertanto, soltanto in presenza di una decisione del Consiglio europeo che constati, alle condizioni di cui all’articolo 7, paragrafo 2, TUE, una violazione grave e persistente nello Stato membro emittente dei principi sanciti all’articolo 2 TUE, come quelli inerenti allo Stato di diritto, seguita dalla sospensione da parte del Consiglio dell’applicazione della decisione quadro 2002/584 nei confronti di tale Stato membro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione sarebbe tenuta a rifiutare automaticamente l’esecuzione di ogni mandato d’arresto europeo emesso da detto Stato membro, senza dover svolgere alcuna valutazione concreta del rischio reale, corso dall’interessato, di lesione del contenuto essenziale del suo diritto fondamentale a un equo processo.

73      Pertanto, fintantoché una siffatta decisione non sia adottata dal Consiglio europeo, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può astenersi, sulla base dell’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, dal dare seguito a un mandato d’arresto europeo emesso da uno Stato membro che sia stato oggetto di una proposta motivata a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, TUE, soltanto in circostanze eccezionali in cui detta autorità accerti, in esito una valutazione concreta e precisa del caso di specie, che vi sono motivi seri e comprovati per ritenere che la persona oggetto di tale mandato d’arresto europeo corra, a seguito della sua consegna all’autorità giudiziaria emittente, un rischio reale di violazione del suo diritto fondamentale a un giudice indipendente e, pertanto, del contenuto essenziale del suo diritto fondamentale a un equo processo.

74      Nell’ambito di una tale valutazione, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve, segnatamente, esaminare in quale misura le carenze sistemiche o generalizzate riguardanti l’indipendenza dei giudici dello Stato membro emittente, attestate dagli elementi a sua disposizione, siano idonee ad avere un impatto a livello dei giudici di tale Stato membro competenti a conoscere dei procedimenti cui sarà sottoposto il ricercato.

75      Se da tale esame risulta che dette carenze sono idonee a incidere su tali giudici, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve ancora valutare, alla luce delle specifiche preoccupazioni espresse dalla persona interessata e delle informazioni eventualmente fornite da quest’ultima, se esistano motivi seri e comprovati per ritenere che detta persona corra un rischio reale di violazione del suo diritto fondamentale a un giudice indipendente e, pertanto, del contenuto essenziale del suo diritto fondamentale a un equo processo, tenuto conto della sua situazione personale nonché della natura del reato per cui è perseguita e delle circostanze di fatto poste alla base del mandato d’arresto europeo.

76      Inoltre, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve chiedere all’autorità giudiziaria emittente, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584, ogni informazione complementare che reputi necessaria per la valutazione dell’esistenza di un siffatto rischio.

77      Nell’ambito di un tale dialogo tra l’autorità giudiziaria dell’esecuzione e l’autorità giudiziaria emittente, quest’ultima può, se del caso, fornire all’autorità giudiziaria dell’esecuzione qualsiasi elemento oggettivo, in merito alle eventuali modifiche riguardanti le condizioni di tutela nello Stato membro emittente della garanzia di indipendenza giudiziaria, che sia idoneo ad escludere l’esistenza di tale rischio per la persona interessata.

78      Nel caso in cui le informazioni che l’autorità giudiziaria emittente, dopo avere richiesto, ove necessario, l’assistenza dell’autorità centrale o di una delle autorità centrali dello Stato membro emittente, ai sensi dell’articolo 7 della decisione quadro 2002/584 (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punto 97), ha comunicato all’autorità giudiziaria dell’esecuzione non inducano quest’ultima a escludere l’esistenza di un rischio reale che la persona interessata subisca, in detto Stato membro, una violazione del suo diritto fondamentale a un giudice indipendente e, quindi, del contenuto essenziale del suo diritto fondamentale a un equo processo, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve astenersi dal dare seguito al mandato d’arresto europeo di cui è oggetto tale persona.

79      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato nel senso che, qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, chiamata a decidere sulla consegna di una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esercizio di un’azione penale, disponga di elementi, come quelli contenuti in una proposta motivata della Commissione adottata a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, TUE, idonei a dimostrare l’esistenza di un rischio reale di violazione del diritto fondamentale a un equo processo garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, a causa di carenze sistemiche o generalizzate riguardanti l’indipendenza del potere giudiziario dello Stato membro emittente, detta autorità deve verificare in modo concreto e preciso se, alla luce della situazione personale di tale persona, nonché della natura del reato per cui è perseguita e delle circostanze di fatto poste alla base del mandato d’arresto europeo, e tenuto conto delle informazioni fornite dallo Stato membro emittente, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, di tale decisione quadro, vi siano motivi seri e comprovati di ritenere che, in caso di consegna a quest’ultimo Stato, detta persona corra un siffatto rischio.

 Sulle spese

80      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

L’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, deve essere interpretato nel senso che, qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, chiamata a decidere sulla consegna di una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esercizio di un’azione penale, disponga di elementi, come quelli contenuti in una proposta motivata della Commissione europea, adottata a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, TUE, idonei a dimostrare l’esistenza di un rischio reale di violazione del diritto fondamentale a un equo processo garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, a causa di carenze sistemiche o generalizzate riguardanti l’indipendenza del potere giudiziario dello Stato membro emittente, detta autorità deve verificare in modo concreto e preciso se, alla luce della situazione personale di tale persona, nonché della natura del reato per cui è perseguita e delle circostanze di fatto poste alla base del mandato d’arresto europeo, e tenuto conto delle informazioni fornite dallo Stato membro emittente, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584, come modificata, vi siano motivi seri e comprovati di ritenere che, in caso di consegna a quest’ultimo Stato, detta persona corra un siffatto rischio.