L'esito di una indagine genetica effettuata senza rispetto delle linee guida e con imprecisioni in procedimento penale è privo, non solo di valore probante, ma anche del mero valore indiziante, che pure la giurisprudenza di legittimità assegna nelle ipotesi in cui l’analisi sul DNA non dia risultati assolutamente certi.
TRIBUNALE DI TRENTO
sentenza n. 681/22
18 ottobre 2022 - deposito 30 dicembre 2022
Svolgimento del processo
Con decreto di citazione diretta ex art. 550 c.p.p. EP era tratto in giudizio innanzi al Tribunale di Trento in composizione monocratica, per rispondere del reato in rubrica. L’imputato, difeso di fiducia, è rimasto assente al processo, pur avendone conoscenza, avendo ricevuto notifica personale in data 17.02.22
All’udienza del 10.01.22 vista la mancata conoscenza del procedimento secondo l’interpretazione fornita dalle SS.UU il giudice disponeva nuove ricerche per notifica personale all’imputato ex art. 420 quater, comma 1 c.p.p.
Alla successiva udienza del 04.04.22, si dava atto della notifica effettuata a mani proprie all’imputato, che nominava difesone di fiducia, che formulava istanza di rinvio per munirsi di procura speciale e chiedeva di essere autorizzato a chiedere ai RIS di Parma, quanto indicato nell’allegato al verbale di udienza.
All’udienza 15.06.22 la difesa formulava istanza di rinvio dando atto che il Ris non aveva ottemperato alle richiesta dalla stessa avanzate dopo l’autorizzazione del giudice alla scorsa udienza, il giudice provvedeva in conformità assegnando termine sino al 20.07.22 per la produzione di quanto richiesto.
Alla successiva udienza del 22.07.22 la difesa formulava istanza di rito abbreviato a consulenza tecnica sulle analisi effettuate dai RIS di Parma, e il giudice ammetteva il rito in assenza di richiesta di prova contraria da parte del PM che depositava il fascicolo vista l’ammissione del rito.
All’udienza del 18.10.22 escusso il consulente, le parti concludevano come in epigrafe e il giudice emetteva il dispositivo letto in udienza.
Motivi della decisione
1.La lettura degli atti processuali e della relazione del consulente tecnico nominato dal difensore dell’imputato, confermata nel corso dell’udienza, consentono di formulare giudizio assolutorio a favore di PE, con la formula indicata in dispositivo.
In particolare, dalla CNR in atti dei CC Legione Carabinieri Trentino-Alto Adige, Stazione di Lavis, emerge che in data 19.02.18 SU sporgeva querela di furto della propria autovettura, Skoda Fabia ***, che aveva parcheggiato in garage la sera prima e che quella mattina non aveva più trovato. L’autovettura veniva trovata nella medesima giornata in Roncafort, Trento, con a bordo un armadio blindato e due fucili da caccia con munizioni.
Su autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria veniva effettuato l’esame dattiloscopico e biologico sulla vettura e sul materiale reperito nelle vicinanze del mezzo.
Tali esami, consentivano l’estrazione di DNA su due mozziconi di sigarette: uno posizionato a circa 9 metri dal luogo di ritrovamento della vettura e uno posizionato a circa 33 metri, tra i filari delle vigne.
Il DNA inizialmente era privo di riscontri.
Successivamente, in data 15.02.20 i CC del Ris di Parma, riferivano che era stato inserito nel sistema il DNA dell’odierno imputato e che tale operazione aveva consentito di accertare una concordanza tra il suo DNA e quello estrapolato da uno dei mozziconi di sigaretta trovato nei pressi della vettura di S, ovvero il mozzicone che si trovava a 30 metri dal mezzo.
Tale concordanza, veniva tuttavia messa in discussione dal consulente della difesa, il dr. Fabio Boscolo, il quale, all’esito di un esame chiaro, preciso e dettagliato in ordine all’analisi critica dallo stesso effettuata sugli accertamenti biomolecolari effettuati dai CC del RIS di Parma, riferiva: “Le conclusioni sono quindi a questo punto un riassunto di quanto ci siamo detti finora. Il primo elemento è che secondo me ci sono tre diverse categorie di elementi che inficiano l’attendibilità di questa indagine basata sul DNA. Il primo è dovuto al fatto che non c’è prova agli atti della concordanza tra il genotipo dell’Imputato e quello ottenuto dall’indagine tecnica 957, agli atti non c’è.
Poi il secondo aspetto di questo primo elemento di criticità è che ci troviamo nel caso di un cold hit e quindi di qualche cosa che è per sé stesso anche nella migliore delle ipotesi non ha forza probatoria sufficiente per sostenere un’accusa ma va integrato con ulteriori elementi di prova.
Il terzo elemento è che manca la trattazione biostatistica di questo presunto cold hit, non l’abbiamo visto, non c’è. E mentre le linee guida internazionali dicono che è tassativamente necessaria un’analisi biostatistica della forza probatoria, della concordanza del profilo genetico utilizzando il calcolo della likelihood ratio, cioè del rapporto di verosimiglianza. Alcuni soggetti usano ancora la random match probability, RMP, che non è più ammessa da anni come metodo per la valutazione biostatistica.
Secondo elemento che parimenti è esiziale per le tesi dell’Accusa dal punto di vista tecnico è il fatto che il DNA presente sul mozzicone di sigaretta reperto 6 era fortemente degradato e le analisi sono state svolte al di fuori della certificazione ISO IEC 17025 sia perché sono stati annoverati segnali che erano più bassi della soglia stocastica sia perché la variabilità dell’intensità del segnale tra le molecole a più basso peso che quelle più alte era una variabilità maggiore di quella ammessa dal protocollo di certificazione.
Il terzo e ultimo elemento è quello che riguarda la riferibilità di quel mozzicone di sigaretta ai fatti reato per cui si procede penalmente” (pag. 28 verbale stenotipico dell’ud. del 18.10.22).
2. Tanto premesso in fatto, ritiene questo Giudice di far proprie le risultanze della relazione in atti, come brillantemente illustrate dal CTP nel corso dell’esame, considerato che le stesse appaiono pienamente condivisibili in ragione della metodologia utilizzata e del rigore scientifico con cui è stata condotta l’analisi critica, rigore che – per vero – non si riscontra nelle analisi effettuate dai CC del RIS di Parma, che non sembrano aver rispettato le metodologie prescritte dai protocolli di certificazione in materia (ISO IEC 17025), il cui rispetto è elemento imprescindibile per poter ritenere attendibile la risultanza di un esame effettuato sul DNA e del successivo confronto.
Va, dunque, in conclusione affermato che l’esito dell’indagine genetica effettuata nel presente procedimento penale è privo, non solo di valore probante, ma anche del mero valore indiziante, che pure la giurisprudenza di legittimità assegna nelle ipotesi in cui l’analisi sul DNA non dia risultati assolutamente certi (cfr. cass. n.8434 del 05/02/2013).
Per le modalità e le imprecisioni con cui sono state effettuate, infatti, si ritiene che a tale elemento indiziante manchino i requisiti di gravità e precisione richiesti dall’art. 192 c.p.p..
A quanto già esposto si aggiunga che il mozzicone in questione si trovava comunque a più di trenta metri dalla vettura rubata e che non sono state trovate tracce biologiche dell’imputato all’interno della vettura, dovendosi dunque escludere che vi siano elementi per ricondurre il furto al prevenuto nei confronti del quale va emessa sentenza assolutoria ex art. 530, comma 1 c.p.p.
Si fissa in gg. 45 il termine di deposito della sentenza, in ragione del complessivo numero di processi definiti.
P.Q.M.
Visto l’art. 530 c.p.p.;
assolve PE dal reato a lui ascritto pe non aver commesso il fatto.
Motivazione gg. 45
Trento, 18 ottobre 2022 Il giudice (Marta Schiavo)