La procedura di riconoscimento in Italia della sentenza emessa dallo Stato richiedente non può mai essere attivata su richiesta dell'interessato, poiché ciò avverrebbe in violazione di norme inderogabili, relative al rispetto della sovranità degli Stati (art. 10 Cost.): la decisione quadro 2002/584/GAI sul mandato di arresto europeo riconosce allo Stato di esecuzione la facoltà di rifiutare la consegna di tipo esecutivo del cittadino o del residente al fine di consentire l'esecuzione della pena detentiva nello Stato di esecuzione.
Il sistema esecutivo, delineato dalla decisione-quadro 2008/909 , si fonda essenzialmente sul consenso dello Stato di condanna all'esecuzione in altro Stato dell'U.E. di una pena detentiva inflitta in base ad una sentenza di condanna emessa dalle sue autorità giudiziarie. Consenso - manifestato nell'invio del certificato - che presuppone il rispetto da parte dello Stato di esecuzione delle regole definite nella Decisione-quadro.
Quindi è principio inderogabile, a tutela del principio di sovranità dello Stato di condanna, che lo Stato di esecuzione non possa dare alla sentenza straniera un'esecuzione diversa da quella concordata in via generale con lo strumento normativo della Decisione-quadro.
Corte di cassazione
Sez. Feriale Num. 34817 Anno 2023
Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO
Data Udienza: 08/08/2023 - deposito 09/08/2023
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
- ZA, n. **/1988 in Tunisia - CUI **
avverso la sentenza della Corte d'appello di Torino in data 18/07/2023;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Alessandro Cimmino, che ha chiesto l'inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 18.07.2023, la Corte d'appello di Torino dichiarava la sussistenza delle condizioni per l'accoglimento della richiesta di consegna di AZ in esecuzione del MAE emesso dall'AG Francese in data 4.05.2023 per l'esecuzione di sentenza di condanna del 9.03.2023 dalla Corte d'appello di Chambery che ha inflitto la pena detentiva di 1 anno per i reati di furto e lesioni personali aggravate commesso il 24.032021 a Bassens e Chambery, nonché in esecuzione di un ulteriore MAE, emesso in data 17.05.2023 dall'AG Francese per l'esecuzione della sola sentenza emessa dal Tribunale di Chambery il 9.06.2022 di condanna alla pena di 14 mesi di reclusione per il reato di lesioni personali con uso di un'arma, commesso a Chambery in data 27.08.2020; disponeva, diversa- mente, non farsi luogo alla consegna del predetto quanto alla sentenza emessa dal tribunale di Chambery in data 18.12.2022 con cui è stata revocata la sospensione condizionale della pena disposta per mesi 6 di reclusione nei confronti del consegnando, con sentenza in data 6.12.2021 del tribunale di Chambery, per il reato di lesioni personali e per uso illecito di sostanze stupefacenti, fatti commessi a Chambery in data 9.10.2021, revocando, in relazione a tale titolo, la misura cautelare della custodia in carcere, disponendo le liberazione dell'Amara Zayan, fermo lo stato detentivo per gli ulteriori reati,
2. Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo un unico, articolato, motivo, di seguito sommariamente indicato.
2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di violazione di legge ed il cor- relato vizio di motivazione.
In sintesi, si censura la sentenza impugnata per il mancato erroneo ricono- scimento delle tre sentenze penali emesse dalla AG Francese in relazione alle quali sono stati emessi i due MAE parzialmente accolti dalla Corte d'appello di Torino che ha disposto la consegna dell'Amara Zayan alla Francia per l'esecuzione di tre delle quattro sentenze pronunciate nei suoi confronti.
Premesso che si tratterebbe di soggetto radicato nel territorio dello Stato dal 2008 (la compagna è qui residente; l'istante avrebbe svolto per molto tempo attività lavorativa in Italia, come risulta dalla copia della visura camerale della ditta individuale dal medesimo aperta nel 20:13 e cessata nel 2023), la difesa ri- chiama il D.Igs. 161/2010 che recepisce la decisione quadro 2008/909/GAI in materia di reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene deten- tive, ai fini della loro esecuzione nell'UE, decreto applicabile al caso di specie trat- tandosi di sentenze emesse dalla Francia. In particolare, ricorda la difesa, l'art. 10, co. 2, del medesimo D.lgs. prevede che la Corte d'appello procede al ricono- scimento quando ricorrono congiuntamente le condizioni di cui al co. 1, lett. c), d) e) ed f), ed il Ministro della giustizia abbia dato il consenso all'esecuzione in Italia delle sentenze di condanna emesse nei confronti di una persona che non abbia la cittadinanza italiana. Nella specie, sostiene la difesa, l'Amara non è cittadino ita- liano né dell'UE, ma aveva fatto richiesta di poter scontare la pena pronunciata dalle AAGG Francesi in Italia, sicché era necessario che la Corte d'appello avrebbe dovuto chiedere al Ministro della Giustizia il parere in merito all'esecuzione in Ita- lia. La sentenza, sul punto, sarebbe carente di motivazione, essendosi i giudici di appello limitati a dare atto che non vi è traccia della presenza dell'Amara sul ter- ritorio nazionale nel periodo 2012/2022 e che l'Amara ha dichiarato di essere stato
in Francia quasi quattro anni e di essere rientrato in Italia alla fine del 2021 e che dal 2011 al 2023 è stato in Francia e Tunisia non essendovi lavoro in Italia. Diver- samente, il ricorrente avrebbe provato di aver aperto in Italia una ditta individuale per lavori edilizi nel 2013, cessata nel 2023, sicché anche se si è recato in Tunisia o in Francia, il suo punto di riferimento lavorativo sarebbe sempre il territorio italiano. Conclude la difesa del ricorrente sostenendo, infine, che la Corte d'ap- pello, cui era stata chiesta l'acquisizione di copia delle sentenze francesi, avrebbe dovuto attivare la procedura per il riconoscimento della sentenza pronunciata dalla Francia per scontare la pena in Italia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e, in parte, perché proposto per motivi non consentiti dalla legge.
2. Anzitutto, a norma dell'art. 22, co. 1, I. 22 aprile 2005, n. 69, avverso la sentenza pronunciata dalla Corte d'appello a norma dell'art. 17, è possibile pro- porre ricorso per cassazione solo per i motivi, contestualmente enunciati, di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'articolo 606 del codice di procedura penale. Ne consegue, quindi, che le censure di vizio di motivazione ex art. 606, lett. e), cod. proc. pen., sollevate dalla difesa del ricorrente, sono inammissibili in quanto proposte per motivi non consentiti.
3. Nel resto, con riferimento ai motivi proponibili in questa sede, le doglianze sono prive di pregio.
4. La Corte d'appello, ricevute le due richieste di mandato di arresto europeo c.d. esecutivo, identificato il ricorrente che ha dichiarato di non acconsentire alla consegna e di non rinunciare alla garanzia del principio di specialità ed acquisiti i chiarimenti richiesti all'AG Francese in ordine alla impossibilità di scorporare la pena per il reato di uso illecito di sostanze stupefacenti, non punibile in Italia, relativamente alla sentenza 6.12.2021 del tribunale di Chambery di condanna per tale reato e per quello di lesioni personali, ha disposto la consegna del cittadino extracomunitario ricorrente in esecuzione dei due emarginati MAE emessi dall'AG Francese, fatta eccezione per quello relativo alla sentenza emessa dal tribunale di Chambery in data 28.12.2022 che revocava il beneficio della sospensione condizionale della pena per mesi 6 con sentenza 6.12.2021, revocando in relazione a tale decisione la misura cautelare detentiva, fermo lo stato detentivo per gli ulte- riori titoli.
Dal medesimo provvedimento risulta: a) che il MAE in data 4.05.2023 è stato emesso dall'AG Francese in relazione a sentenza di condanna esecutiva per fatti che costituiscono reato anche per l'ordinamento penale italiano (furto e lesioni personali aggravate); b) che il processo penale si è celebrato in absentia, ma nel MAE è espressamente attestato il diritto dell'interessato ad ottenere un nuovo giu- dizio con riesame nel merito che può portare all'annullamento della sentenza; c) che in relazione a tale titolo ricorre il presupposto della doppia punibilità e non ricorrono i presupposti di rifiuto obbligatorio di consegna; d) che in relazione al MAE in data 17.05.2023, sussiste il requisito della doppia punibilità per i soli reati di lesioni personali ma non per l'uso illecito di sostanze stupefacenti, non penal- mente rilevante in Italia; e) che, pertanto, come anticipato, la Corte d'appello, ha rifiutato la consegna, in esecuzione del predetto MAE, quanto alla sentenza del Tribunale di Chambery 28.12.2022 con cui è stata revocata la sospensione condi- zionale della pena in relazione a mesi 6 di reclusione, pena inflitta dal medesimo tribunale con sentenza in data 6.12.2021, stante l'impossibilità di scindere il con- tenuto della condanna per la condotta di uso illecito di sostanze stupefacenti; f) che, pertanto, la consegna in relazione al MAE emesso in data 17.05.2023 è stata disposta solo per il reato di lesioni personali aggravate giudicato con la sentenza del Tribunale di Chambery in data 9.06.2022, di condanna a 14 mesi di reclusione; g) che anche per i fatti oggetto di tale ultimo MAE il processo penale si è celebrato in absentia, ma nel provvedimento è espressamente attestato il diritto dell'inte- ressato ad ottenere un nuovo giudizio con riesame nel merito che può portare all'annullamento della sentenza; h) che, in relazione ai titoli per i quali sussiste la doppia punibilità, non ricorrono i presupposti per il rifiuto facoltativo della consegna ex art. 18-bis, I. 69 del 2005, essendo stato emesso il MAE al fine di eseguire sentenze di condanna, non versandosi pertanto nell'ipotesi del co. 1 della norma in questione, riferita a mandato processuale; i) che, ancora, non ricorrono le con- dizioni del co. 2 del predetto art. 18-bis, atteso che la procedura passiva di con- segna riguarda un cittadino non appartenente ad un paese UE, essendo di nazionalità tunisina, non potendosi dunque questione di radicamento; I) che, con par- ticolare riferimento a tale ultima questione, i giudici di appello hanno evidenziato come non emerga alcuna circostanza specific:a e non pretestuosa da cui possa evincersi l'effettività di un radicamento sul territorio nazionale, rilevandosi che all'udienza di convalida dell'arresto, il ricorrente ha dichiarato una residenza in Italia (precisamente in via della casa comunale 490, in Alessandria, come risulta dal certificato di residenza storico allegato, ciò comprovando il suo stato di senza fissa dimora), riferendo in termini del tutto generici di svolgere una non meglio precisata attività lavorativa a Domodossola, senza indicare il datore di lavoro né fornire indicazioni concrete sull'ubicazione del cantiere presso il quale lavorerebbe e dove asseriva di trattenersi anche a dormire; m) che, inoltre, il ricorrente non ha indicato la sussistenza di elementi familiari radicati sul territorio nazionale, di- chiarando di essere celibe e essere separato dalla madre di suo figlio, che peraltro risulterebbe risiedere in Francia, avendo peraltro spontaneamente dichiarato di essere stato in Francia quasi quattro anni e di essere rientrato in Italia alla fine del 2021, ulteriormente dichiarando all'udienza dinanzi alla Corte d'appello di es- ser stato dal 2011 al 2023 in Tunisia e Francia, non essendovi lavoro in Italia, peraltro attestando la documentazione prodotta dalla difesa rapporti lavorativi di breve durata e risalenti (come in effetti risulta dalla documentazione allegata al ricorso, da cui risulta un breve periodo alle dipendenze di una ditta di Pozzuoli dal 15.02 al 18.05.2023, altro breve periodo alle dipendenze di due ditte dell'alessan- drino dal 2.05 al 31.07.2022 e dal 9.03 al 17.03.2022, oltre a due risalenti periodi lavorativi alle dipendenze di tre ditte di Alessandria dal 24.01.2011 al 23.07.2012, dal 14.06 al 14.07.2010, dal 18.02.2009 al 30.03.2010 e dal 17.11.2008 al 12.02.2009), ritenuti dalla Corte d'appello inidonei a registrare il preteso collegamento con lo Stato italiano.
5. In merito all'eccezione difensiva fondata sul mancato rispetto del dispo- sto dell'art. 10, co. 2, D. Igs. 161 del 2010 per l'erroneo mancato riconoscimento delle sentenze penali emesse dall'AG Francese, si osserva quanto segue.
Questa Corte, in analoga fattispecie (Sez. 6, n. 26236 del 15/06/2023, Zol- tan, non massinnata), nel dichiarare inammissibile analoga impugnazione con cui veniva eccepita la violazione di legge in relazione agli artt. 10 e 12 del decreto legislativo n. 161 del 7 settembre 2010, ha già evidenziato che la procedura di riconoscimento in Italia della sentenza emessa dallo Stato richiedente non può mai essere attivata su richiesta dell'interessato, poiché ciò avverrebbe in violazione di norme inderogabili, relative al rispetto della sovranità degli Stati (art. 10 Cost.). La decisione quadro 2002/584/GAI sul mandato di arresto europeo riconosce allo Stato di esecuzione la facoltà di rifiutare la consegna di tipo esecutivo del cittadino o del residente al fine di consentire l'esecuzione della pena detentiva nello Stato di esecuzione. E, in tale disciplina, si innestano le disposizioni della decisione qua- dro 2008/909/GAI, applicabili, nella misura in cui siano compatibili con le disposi- zioni della decisione quadro 2002/584/GAI sul mandato di arresto europeo, «all'e- secuzione delle pene, nel caso in cui uno Stato membro si impegni ad eseguire la pena nei casi rientranti nell'art. 4, paragrafo 6, della detta decisione quadro, o qualora, in virtù dell'art. 5, paragrafo 3, della stessa decisione quadro, abbia posto la condizione che la persona sia rinviata per scontare la pena nello Stato membro interessato, in modo da evitare l'impunità della persona in questione» (art. 25).
6. È bene evidenziare che, al di fuori della suddetta ipotesi, la decisione quadro 2008/909/GAI richiede pur sempre il consenso dello Stato che ha emesso la sentenza da porre in esecuzione, non potendo lo Stato di esecuzione autonomamente "appropriarsi" del titolo straniero (cfr. art. 4, par. 5). Il sistema esecu-tivo, delineato dalla sopra indicata decisione-quadro del 2008, si fonda essenzial mente sul consenso dello Stato di condanna all'esecuzione in altro Stato dell'U.E. di una pena detentiva inflitta in base ad una sentenza di condanna emessa dalle sue autorità giudiziarie. Consenso - manifestato nell'invio del certificato - che presuppone il rispetto da parte dello Stato di esecuzione delle regole definite nella Decisione-quadro.
Quindi è principio inderogabile, a tutela del principio di sovranità dello Stato di condanna, che lo Stato di esecuzione non possa dare alla sentenza straniera un'esecuzione diversa da quella concordata in via generale con lo strumento nor- mativo della Decisione-quadro (Sez. 6, n. 47445 del 19/11/2019, Zarotti. Rv. 277565 — 02). Ai sensi dell'art. 12 del d. lgs. 161/2010, quindi, quando il Ministero della giustizia riceve da un altro Stato membro dell'Unione europea, ai fini dell'esecuzione in Italia, una sentenza di condanna corredata dal certificato tra- dotto in lingua italiana, la trasmette senza ritardo al Presidente della Corte di appello competente ai sensi dell'art. 9. La trasmissione della sentenza di condanna può essere richiesta allo Stato di emissione anche dal Ministro della giustizia, purché ricorrano le condizioni di cui all'art. 10.
7. Orbene, nel caso in esame, è pacifico che il provvedimento impugnato è stato emesso a seguito di due MAE esecutivi e che i giudici di appello si sono pronunciati facendo coerente applicazione della disciplina introdotta dalla I. n. 69 del 2005, senza procedere all'applicazione delle disposizioni di cui al D.Igs. n. 161 del 2010, segnatamente dell'invocato art. 10, non vertendosi nel caso in esame nell'ipotesi di riconoscimento della sentenza penale straniera, in assenza di una richiesta del Ministro della Giustizia in proposito né, del resto, essendo stata avan- zata dall'AG Francese direttamente (come sarebbe stato possibile ex art. 3, co. 3, D. Igs. n. 161 del 2010).
In ogni caso, se è ben vero che, a norma dell'art. 10, cc). 2, D. Igs. n. 161 del 2010, la Corte di appello è tenuta al riconoscimento quando ricorrono congiuntamente le condizioni di cui al comma 1, lettere c), d), e), ed f), è tuttavia altrettanto indubbio, da un lato, che, affinché il riconoscimento della sentenza penale straniera abbia luogo, non soltanto è necessario che il Ministro della giustizia abbia dato il consenso all'esecuzione in Italia della sentenza di condanna emessa nei confronti di una persona che non ha la cittadinanza italiana, al sensi dell'articolo 12, comma 2 (come nel caso dell'attuale ricorrente); dall'altro, è altrettanto necessario che vi sia il consenso dello Stato richiedente a che la pena venga eseguita nello Stato UE in cui il condannato si trova.
8. Nella specie, si osserva, non solo non risulta che il Ministro della Giustizia abbia dato tale consenso, ma anche - e soprattutto - da un lato, che non ricorrevano le condizioni affinché la Corte d'appello dovesse chiedere al Ministro della Giustizia il parere in merito al riconoscimento delle sentenze penali francesi ai fini dell'esecuzione della pena in Italia, atteso che l'AG Francese non aveva chiesto il riconoscimento delle sentenze penali emesse nei confronti dell'interessato (ma aveva esclusivamente avviato la procedura di consegna passiva emettendo due MAE esecutivi, attivando quindi esclusivamente la procedura di cui alla I. n. 69 del 2005) e, dall'altro, nessun consenso all'esecuzione della pena in Italia era stato manifestato dall'AG Francese, sicché qualsiasi iniziativa da parte della Corte d'appello (nella specie, una richiesta al Ministro della Giustizia italiano di manifestare il consenso all'esecuzione della pena in Italia) sarebbe stata illegittima, essendo, come già detto, principio inderogabile, a tutela del principio di sovranità dello Stato di condanna, che lo Stato di esecuzione non possa dare alla sentenza straniera un'esecuzione diversa da quella concordata in via generale con lo strumento normativo della Decisione-quadro.
9. Il ricorso deve, conclusivamente, essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione del ricorso.
10. Seguono, infine, gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, I. n. 69 del 2005.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle am- mende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge n. 69/2005.
Così deciso, 1'8 agosto 2023