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Reddito sbagliato per patrocinio a spese dello stato: e i dolo? (Cass. 21577/16)

24 maggio 2016, Cassazione penale

Il reato di falso è un reato commissivo proprio, che si sostanzia nell’omessa attestazione di un fatto vero.

Il reato di  falsa dichiarazione del reddito rilevante ai fini del patrocinio a spese dello stato viene integrato anche quando il reddito reale sia comunque inferiore alla soglia di ammissibilità al beneficio stesso.

Va verificato il dolo di chi dichiari un reddito diverso da quello reale quando quello dichiarato risulti dall'ISEE:

 

Corte di Cassazione

sez. IV Penale, sentenza 21 aprile – 24 maggio 2016, n. 21577
Presidente Blaiotta – Relatore Tanga

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza n. 977/15 del 26/05/2015, la Corte di Appello di Catanzaro, in riforma della sentenza emessa dal Gip del Tribunale di Lamezia Terme in data 14/05/2013, appellata dal P.G., dichiarava B.F. colpevole del reato ascritto e, concesse circostanze attenuanti generiche, la condannava alla pena di mesi otto di reclusione ed € 400 di multa in relazione al reato di cui all'art. 95 DPR 30/5/2002 n. 115.
2. Avverso tale sentenza d'appello, propone ricorso per cassazione B.F., a mezzo dei proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto dì cui all'art.173, comma 1, disp. att. c.p.p.):
I) violazione di legge posto che la ricorrente avrebbe avuto comunque diritto al patrocinio a spese dello stato; l'inutilità del falso che non raggiunge lo scopo di far acquisire all'imputato un vantaggio che non gli spetta (perché appunto comunque avrebbe diritto al sostegno dello Stato) imporrebbe l'assoluzione perché il fatto non sussiste;
II) violazione di legge e vizi motivazionali. Deduce che l'art. 3, comma 3, D.P.R. n.917 del 22/12/1986 afferma che non fanno parte della base imponibile i trattamenti pensionistici previsti per invalidità civile e l'articolo 76, comma 1, D.P.R. 115/2002 prevede che, per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il reddito da considerare è quello imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito ed afferma che il richiedente deve indicare il reddito suo e dei suoi familiari conviventi: ne consegue che nella valutazione dei redditi familiari conviventi rileva solo il reddito imponibile;
III) omessa motivazione. Deduce che era stata richiesta l'assoluzione (per mancanza dell'elemento soggettivo) osservando che B.F., ben poteva essere stata tratta in inganno dalla certificazione ISEE che aveva ricevuto dal patronato ma la Corte di Appello non ha preso in considerazione tali motivi di difesa e non ha motivato sul rigetto dell'assoluzione per mancanza dell'elemento soggettivo;
IV) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla mancata applicazione della normativa sul danno di lieve entità di cui all'art. 131-bis c.p.. Deduce che l'assenza totale di un danno per lo Stato ed i presupposti che hanno portato alla falsa dichiarazione integrano un comportamento, al più di leggerezza o di ignoranza, che rientra perfettamente nella previsione della legge sopra richiamata;
V) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all'eccessività del trattamento sanzionatorio. Deduce che la Corte non ha ritenuto di motivare circa la quantificazione della pena inflitta.

Considerato in diritto

3. I ricorso è fondato nei limiti e termini di cui appresso.
4. Occorre premettere che, con la sentenza n. 6591 del 27 novembre 2008, le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito la sussistenza dei reato di falsità di cui all'articolo 95 del T.U.S.G. (D.P.R. 115/2002), nell'ipotesi in cui la dichiarazione sostitutiva della situazione reddituale dei richiedente il gratuito patrocinio sia affetta da falsità, anche quando il reddito reale sia comunque inferiore alla soglia di ammissibilità al beneficio stesso.

4.1. Passando poi alla struttura del reato, le Sez. Un. citate -nel precisare che il falso è un reato commissivo proprio che si sostanzia nell'omessa attestazione di un fatto vero- affermano che, nella materia in esame, "...la punibilità del reato di pura condotta si rapporta, ben oltre il pericolo di profitto ingiusto, al dovere di lealtà del singolo verso le istituzioni". L'innocuità del falso in un atto pubblico, inoltre, non va di per sé valutata con riferimento all'uso che si intende fare del documento stesso, che non è necessario a integrare la condotta incriminata. Nel caso in esame, l'articolo 95 del T.U.S.G. non condiziona la rilevanza dell'offesa della pubblica fede al fine patrimoniale dell'atto falso, "Non opera, difatti, specifica addizione di qualifica all'evento di pericolo, o all'intenzione di risultato dell'agente (dolo specifico), sicché la falsità non può ritenersi innocua secondo parametro dell'evento, men che inutile secondo parametro del dolo.... È dunque esclusa qualsiasi esenzione categorica di legge (innocuità), fuori del parallelo con quanto è dovuto nella dichiarazione IRPEF".

4.2. Mette conto, ancora, rammentare che l'articolo 79, comma 1, lett. c), del T.U.S.G. prevede che la dichiarazione attestante la sussistenza delle condizioni reddituali necessarie per l'ammissione al beneficio deve fare esclusivo riferimento alle modalità stabilite dal precedente articolo 76, che a sua volta fa rinvio alla dichiarazione dei redditi ai fini Irpef.

5. Ciò doverosamente premesso, è possibile procedere all'esame delle doglianze odierne.

6. In ordine al motivo sub I) si osserva:

6.1. Alla stregua di quanto riportato ai punti 4. e 4.1. che precedono, il motivo risulta infondato e, pertanto, se ne impone il rigetto.

7. In ordine al motivo sub IV) si osserva:

7.1. La questione non risulta sottoposta al vaglio del giudice di merito (che si è pronunciato ben dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. 28/2015) e il motivo dedotto in questa sede di legittimità va, perciò, dichiarato inammissibile.

7.2. Per completezza, comunque, si rammenta che dalla motivazione della sentenza impugnata emergono elementi, quali l'inflizione di una pena pecuniaria superiore al minimo edittale, indicativi di un apprezzamento sulla gravità dei fatti addebitati che consentono di ritenere non astrattamente configurabili i presupposti per la richiesta di applicazione dell'art. 131-bis c.p. (sez. 4, n.44136 del 27.10.2015; Sez. 3, n. 15449 dell'8.4.2015).

8. In ordine al motivo sub V) si osserva:

8.1. Nella specie la riduzione di pena operata a seguito della concessione delle attenuanti generiche è stata pari al massimo consentito (1/3) ed, inoltre, la valutazione dei vari elementi rilevanti ai fini della dosimetria della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio (se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all'art. 133 c.p., come nel caso di specie) è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Ciò che qui deve senz'altro escludersi (sez. 2, n.45312 del 03/11/2015; sez. 4 n.44815 del 23/10/2015). Ne viene l'inammissibilità del motivo in questione.

9. In ordine ai motivi sub II) e III), da trattarsi congiuntamente poiché tra loro teleologicamente avvinti, si osserva:

9.1. Le pensioni, gli assegni le indennità di accompagnamento e assegni erogati ai ciechi civili, ai sordomuti e agli invalidi civili vanno, effettivamente, ritenuti "redditi esenti" ai fini dell'imponibile Irpef.

9.2. In vero, inoltre, ai sensi dell'art.76, comma 1, T.U.S.G. "Può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a...." ma il successivo comma 3 specifica "Ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF)".

9.3. Nel caso di specie, tuttavia, occorre tener conto di due peculiari contingenze. Da un lato il reddito di cui si discute non era ostativo alla ammissione della ricorrente al patrocinio a spese dello Stato. Dall'altro era stato rilasciato un certificato ISEE a cura del patronato.

9.4. In tale situazione appare congruamente prospettato il dubbio in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, quanto meno sotto il profilo del dolo eventuale che, come ritenuto dalle S.U., richiede, oltre alla previsione dell'evento, l'accertamento di "una presa di posizione volontaristica", di un "atteggiamento psichico che indichi una qualche adesione all'evento per il caso che esso si verifichi quale conseguenza non voluta della propria condotta". In altri termini, occorre "comprendere se l'agente, dopo avere tutto soppesato, dopo avere considerato il fine perseguito e l'eventuale prezzo da pagare, si sia consapevolmente determinato ad agire comunque, ad accettare l'eventualità della causazione dell'offesa", esprimendo così "una scelta razionale", il più possibile "assimilabile alla volontà" (cfr. SS.UU., sentenza n° 38343 dei 18/09/2014).

9.5. Non avendo la Corte territoriale fornito adeguata motivazione sul punto (di esclusiva competenza del giudice del merito), malgrado l'asserita doglianza già sottoposta al suo vaglio dalla ricorrente, la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Catanzaro per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Catanzaro.