Il diritto alla controprova costituisce espressione fondamentale del diritto di difesa: a patto che venga tempestivamente dedotta la questione e la nullità di ordine generale (art. 178 lett. c) cod. proc. pen. va annullata la sentenza che per asserita decadenza nega ad una parte il diritto a citare testimoni ex art. 468/4 c.p.p.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 settembre – 23 ottobre 2017, n. 48600
Presidente Conti – Relatore Villoni
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Caltanissetta ha ribadito la responsabilità, affermata dal Tribunale di Caltanissetta in data 15/01/2015, di C.D. in ordine al reato di cui agli artt. 570, comma 1, n. 2 e 99, comma 1 cod. pen., confermando la condanna alla pena ritenuta di giustizia e le statuizioni in favore della costituita parte civile, Cr.Lu. .
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato che deduce i seguenti motivi di censura.
Mancanza della motivazione in ordine alle ragioni della ritenuta inammissibilità della richiesta di ammissione di prova per testimoni ai sensi dell’art. 468, comma 4 cod. proc. pen.
Violazione di legge in relazione allo stesso art. 468, comma 4 cod. proc. pen. per violazione del diritto alla difesa, essendo stati i testimoni indicati per essere ascoltati sul capo d’imputazione a prova contraria rispetto a quelli indicati dalla Procura, mentre la richiesta è stata rigettata in quanto non articolata in alcun modo rispetto alla contraria prova accusatoria.
Mancata assunzione di prova decisiva in relazione ai testimoni non ammessi e che avrebbero potuto riferire sulle condizioni economiche dell’imputato.
Violazione di legge in ordine all’erronea applicazione dell’art. 570 cod. pen., essendo comunque emerso dall’istruttoria lo stato di disoccupazione e indigenza dell’imputato.
Mancanza assoluta di motivazione e violazione di legge in ordine alla denegata concessione della sospensione condizionale della pena, di cui sussistevano le condizioni.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
2. Con tre motivi di ricorso variamente articolati, il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata e del procedimento di primo e secondo grado per violazione del diritto di difesa in relazione alla mancata ammissione dei propri testimoni a prova contraria.
Più in particolare premette che durante il processo di primo grado la difesa aveva avanzato richiesta ai sensi dell’art. 468, comma 4 cod. proc. pen. di escutere i testimoni indicati nella propria lista sul capo d’imputazione, implicitamente (il ricorso dice: chiaramente) a prova contraria rispetto a quelli indicati dalla Procura; la richiesta era stata, però, rigettata in quanto "non articolata in alcun modo rispetto alla contraria prova accusatoria", quest’ultima consistente nello esame della parte offesa Cr.Lu. sui fatti di cui al capo di imputazione e del Sovr. Polizia di Stato, D.A. per riferire sull’attività d’indagine.
Deduce conclusivamente il ricorrente che con l’indicazione dei testi da sentire sui fatti di cui al capo d’imputazione, la difesa intendeva porsi in specifica correlazione critico - funzionale con la prova dedotta dal PM, che a sua volta non aveva indicato le specifiche circostanze da provare.
3. Va preliminarmente rilevato che pur avendo l’imputato dedotto tempestivamente la questione e la nullità di ordine generale (art. 178 lett. c) cod. proc. pen. con riferimento all’intervento nel processo) ad essa correlata con l’atto di appello (ne dà atto la stessa sentenza impugnata a pag. 2 della motivazione), nessuna motivazione è stata svolta sul punto dalla Corte territoriale, integrando tale omissione una nullità ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. c) cod. proc. pen. per inosservanza di norme processuali con riferimento all’art. 597 cod. proc. pen., che impone l’annullamento della decisione impugnata, atteso pure il carattere sostanzialmente pregiudiziale della questione stessa.
4. Con riferimento al merito della questione e al diritto per la parte di articolare prova contraria rispetto alle circostanze indicate nelle liste testimoniali presentate ex adverso (art. 468, comma 4 cod. proc. pen.), la giurisprudenza di questa Corte di legittimità, dopo una pronuncia che legava indissolubilmente l’esercizio della facoltà al deposito della propria lista nel termine indicato a pena di inammissibilità dall’art. 468, comma 1 (Sez. 6, sent. n. 17222 del 22/01/2010, Martelli, Rv. 246998), anche sulla scia di una più risalente pronuncia riferita al giudizio dinanzi al Pretore (Sez. 6, sent. n. 9500 del 04/07/1995, Zadnich, Rv. 202275), si è attestata sulla diversa posizione che “il termine perentorio per il deposito della lista testimoniale è stabilito, a pena di inammissibilità soltanto per la prova diretta e non anche per la prova contraria, dal momento che “l’opposta soluzione vanificherebbe il diritto alla controprova, il quale costituisce espressione fondamentale del diritto di difesa” (Sez. 5, sent. n. 9606 del 03/11/2011, Cazzador, Rv. 252158; Sez. 5, sent. n. 2815 del 12/11/2013, Cambi, Rv. 258878; Sez. 5, sent. n. 41662 del 14/04/2016, Noronha Evando, Rv. 267863).
È tuttavia necessario, a tal fine, che la parte faccia specifica richiesta di prova contraria sui fatti oggetto delle prove a carico, non essendo sufficiente un generico riferimento alle prove a discarico indicate nella lista depositata” (Sez. 6, sent. n. 26048 del 17/05/2016, Gandini, Rv. 266976).
Secondo tale giurisprudenza, pertanto, il diritto alla controprova, assicurato in via generale dall’art. 495, comma 2 cod. proc. pen., può essere esercitato senza l’osservanza del termine di decadenza e soprattutto senza le formalità di cui allo art. 468, comma 1 cod. proc. pen. (in primis il deposito della lista), che vuol dire che la parte (pubblica o privata) può limitarsi semplicemente a dedurre i propri testimoni a prova contraria sulle circostanze costituenti oggetto della deposizione dei testimoni di parte avversa.
Tutto ciò premesso, risulta evidente l’erroneità della decisione adottata dal giudice di primo grado, atteso che la difesa dell’imputato aveva depositato tempestivamente la lista dei propri testimoni, i quali, a prescindere dall’omessa indicazione specifica dell’oggetto dell’esame, avrebbero comunque potuto essere assunti a prova contraria previo esercizio del diritto meramente potestativo in tal senso spettante all’imputato.
Non può non rilevare, inoltre, la circostanza che l’oggetto della deposizione dei testimoni indicati dal PM appariva anch’esso generico (v. supra), come tale ammissibile, secondo una risalente quanto ancor valida pronuncia di questa Corte di Cassazione sul tema, solo ove “il capo di imputazione indichi in qualche modo le modalità del fatto, i mezzi usati, il tipo di conseguenze” (Sez. 5, sent. n. 9534 del 06/07/ 1992, PM in proc. Trottini, Rv. 192254 in fattispecie in cui l’indicazione di parte dei testimoni verteva sul fatto di cui all’imputazione ritenuta come ammissibile e parte, invece, sugli accertamenti eseguiti ritenuta per contro generica e quindi inammissibile poiché non contenente “la minima, necessaria, precisazione su chi abbia effettuato tali accertamenti e sul tipo, oggetto, risultato degli stessi”).
La necessità di assicurare pariteticamente a tutte le parti l’esercizio del diritto alla prova ed alla controprova imponeva, pertanto, al giudice di dichiarare ammissibile anche la lista testimoniale della difesa, senza considerare, inoltre, la facoltà spettante alla parte di poterli dedurre semplicemente a controprova delle circostanze oggetto dell’esame dei testimoni avversi in un momento successivo col solo limite temporale costituito del completamento della fase di assunzione probatoria (art. 523, comma 1 cod. proc. pen.).
5. Per tutto quanto esposto, la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte territoriale per nuovo giudizio.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Caltanissetta.