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Plurime domande estradizionali per idem factum, ma una sola misura cautelare (Cass. 36577/23)

20 settembre 2022, Cassazione penale

Domande estradizionali sono diverse, ma stesso titolo di reato e fatto: in assenza di una specifica normativa convenzionale o di diritto estradizionale interno secondo le pertinenti disposizioni del codice di rito, viene in rilievo il principio generale del divieto di plurime contestazioni cautelari con applicazione della medesima misura coercitiva per "uno stesso fatto" ai sensi del disposto di cui all'art. 297 c.p.p., comma 3, non ricorrendo formali preclusioni alla sua applicazione in sede estradizionale, stante il generale richiamo operato ex art. 714 c.p.p., comma 2, alle disposizioni del titolo I del libro IV del codice di rito.

Deve infatti considerarsi, sotto il profilo del computo dei termini custodiali, che sebbene le domande di estradizione siano diverse, i fatti costituenti oggetto del relativo petitum sono gli stessi e su tali fatti il decorso massimo della misura coercitiva di tipo custodiale è già spirato nella precedente procedura, già conclusasi con esito positivo.

 

Cassazione penale
Sez. VI, Sent., (data ud. 16/09/2022) 27/09/2022, n. 36577
 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VILLONI Orlando - Presidente -

Dott. CALVANESE Ersilia - Consigliere -

Dott. APRILE Ercole - Consigliere -

Dott. DE AMICIS Gaetano - rel. Consigliere -

Dott. D’ARCANGELO Fabrizio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A., nato il (Omissis);

avverso la ordinanza del 23/06/2022 emessa dalla Corte di appello di Torino;

esaminati gli atti e letti il ricorso e la ordinanza impugnata;

udita la relazione del Consigliere, Gaetano De Amicis;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Angelillis Ciro, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;

udite le conclusioni del difensore, Avv. TAR, che ha chiesto l'accoglimento dei motivi del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 23 giugno 2022 la Corte di appello di Torino ha rigettato l'istanza di cessazione della misura cautelare proposta nell'interesse del cittadino ucraino A.A. ai sensi dell'art. 714 c.p.p., in relazione all'ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti dal Consigliere delegato della predetta Corte di appello in data 30 marzo 2022, a seguito dell'arresto estradizionale operato ai sensi degli artt. 716 e 717 c.p.p. per la esecuzione di un ordine di cattura emesso dalle Autorità ucraine (Tribunale distrettuale di Pecherskyi) il 2 aprile 2020 con riferimento al reato di omicidio commesso ai danni di B.B. in data 6 settembre 2009 e a quello di formazione ed utilizzazione di un falso passaporto biometrico ucraino nel 2015, al fine di viaggiare tra la Finlandia, il Belgio, la Germania e l'Italia.

2. Avverso la su indicata decisione hanno proposto ricorso per cassazione i difensori dell'estradando, censurando con il primo motivo vizi della motivazione in relazione ad alcuni atti del procedimento, nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto che l'evento omicidiario oggetto di una precedente richiesta di estradizione e di un precedente periodo custodiale non fosse lo stesso per il quale si procede nell'ambito del presente giudizio.

Si assume, sotto tale profilo, che da una serie di elementi (rappresentati, in particolare, dalla decisione della Corte di cassazione del 7 luglio 2011, dal verbale di trascrizione della decisione con la quale la Direzione investigativa di Kiev aveva disposto l'annullamento della precedente indagine in relazione allo stesso fatto e dal certificato di detenzione prodotto dalla difesa) emergerebbe l'identità della vicenda omicidiaria per la quale il ricorrente era stato già stato sottoposto alla misura della detenzione cautelare.

2.1. Con un secondo motivo, inoltre, si censura la erronea applicazione della legge penale per la mancata declaratoria di inefficacia della misura cautelare ai sensi degli artt. 714 e 717 cit., atteso l'intervenuto decorso del termine massimo di mesi diciotto per l'esaurimento del procedimento dinanzi all'Autorità giudiziaria. Si prospetta, al riguardo, l'applicabilità al procedimento estradizionale del divieto posto dall'art. 297 c.p.p., comma 3, sì come richiamato dall'art. 714 cit., dovendosi la custodia cautelare limitare ad un termine predefinito al fine di impedire, a seguito di plurime richieste estradizionali, la reiterazione all'infinito di misure cautelari prive di un termine invalicabile.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito indicate.

2. Il provvedimento impugnato pone in dubbio che il fatto di reato sia lo stesso per il quale il ricorrente è stato già sottoposto a misura cautelare custodiale nell'ambito della precedente procedura estradizionale ed afferma che la pregressa carcerazione, in ogni caso, non potrebbe rilevare, trattandosi di due diverse richieste di estradizione processuale.

Da una sommaria disamina degli atti processuali, e in particolare dalla documentazione allegata alla domanda proposta dallo Stato richiedente, emerge, tuttavia, che le circostanze di tempo, luogo e azione relative al reato di omicidio oggetto della richiesta sono le stesse per le quali il nostro Paese ha già concesso l'estradizione a seguito della sentenza n. 26588 emessa da questa Suprema Corte in data 1 aprile 2011 nei confronti dell'odierno ricorrente.

Va inoltre considerato che alla consegna già disposta dall'Italia nell'ambito della precedente procedura estradizionale ha fatto seguito un provvedimento di archiviazione emesso dalle Autorità dello Stato richiedente in data 19 ottobre 2011.

Successivamente, come pure emerge dagli atti del procedimento, sono state svolte ulteriori attività d'indagine ed acquisiti nuovi elementi di prova a carico del ricorrente: la fattispecie in esame, pertanto, non è quella del rinnovo della domanda di estradizione ex art. 707 c.p.p. (che presuppone la pronuncia di una sentenza contraria all'estradizione), ma quella, del tutto diversa, di una nuova domanda presentata per gli stessi fatti di reato sui quali lo Stato richiedente aveva già ottenuto l'estradizione e proceduto nei confronti del medesimo indagato, senza tuttavia esercitare in seguito l'azione penale.

Ne consegue che le domande estradizionali sono diverse, ma il titolo di reato e il fatto per il quale si procede (quanto meno in relazione all'evento omicidiario quale oggetto della richiesta presentata in sede cautelare) sono gli stessi.

Per tale fatto di reato, inoltre, risulta che l'estradando, oltre dieci anni fa, ha già sofferto il periodo massimo di custodia cautelare nel corso della procedura di estradizione instaurata a seguito della precedente domanda (segnatamente, dal 21 dicembre 2009 al 3 settembre 2011, come lo stesso provvedimento impugnato afferma nella motivazione).

A tale riguardo, in assenza di una specifica normativa convenzionale o di diritto estradizionale interno secondo le pertinenti disposizioni del codice di rito, viene in rilievo il principio generale del divieto di plurime contestazioni cautelari con applicazione della medesima misura coercitiva per "uno stesso fatto" ai sensi del disposto di cui all'art. 297 c.p.p., comma 3, non ricorrendo formali preclusioni alla sua applicazione in sede estradizionale, stante il generale richiamo operato ex art. 714 c.p.p., comma 2, alle disposizioni del titolo I del libro IV del codice di rito, fatta eccezione esclusivamente per quelle, non rilevabili nel caso di specie, di cui agli artt. 273 e 280 c.p.p.: deve infatti considerarsi, sotto il profilo del computo dei termini custodiali, che sebbene le domande di estradizione siano diverse, i fatti costituenti oggetto del relativo petitum sono gli stessi e su tali fatti il decorso massimo della misura coercitiva di tipo custodiale è già spirato nella precedente procedura, già conclu Sas i con esito positivo.

Ne discende la declaratoria di cessazione dell'efficacia della misura custodiale applicata nei confronti del ricorrente, con la sua rimessione in libertà se non detenuto per altra causa, ferma restando la possibilità, nella ricorrenza di tutte le necessarie condizioni del caso, di valutare i presupposti per l'eventuale applicazione di una diversa misura cautelare di tipo non custodiale.

3. Più in generale, tuttavia, occorre considerare, specie ai fini delle valutazioni richieste per il controllo sulla sussistenza di eventuali ragioni ostative alla concessione dell'estradizione ex art. 714 c.p.p., comma 3, che il provvedimento di cattura emesso dalle Autorità richiedenti in data 2 aprile 2020, sulla cui base è stata avanzata la nuova domanda di estradizione, sembra essere stato superato, come prospettato in una memoria difensiva prodotta in sede di giudizio incidentale dinanzi alla Corte territoriale il 27 maggio 2022, da una sentenza successivamente emessa dal medesimo Tribunale distrettuale di Pecherskyi in data 29 agosto 2020, che avrebbe annullato la decisione della Polizia nazionale dell'Ucraina relativamente alla chiusura delle indagini preliminari e all'inserimento del ricorrente nella lista dei ricercati.

Di tali ulteriori sviluppi procedimentali, non adeguatamente approfonditi nell'ordinanza impugnata, la domanda di estradizione non fa alcuna menzione: si tratta, evidentemente, di aspetti rilevanti ai fini delle sopra indicate valutazioni, e sulla cui concreta incidenza in relazione al prosieguo della nuova procedura estradizionale la Corte di appello dovrà chiedere ulteriori informazioni e chiarimenti alle Autorità richiedenti, non avendo compiutamente risposto alle deduzioni difensive sul punto formulate neanche nelle precedenti ordinanze cautelari del 8 giugno 2022 e del 22 aprile 2022 - sì come menzionate nella successiva ordinanza qui impugnata - avuto riguardo alla circostanza di fatto, pur essa dedotta dalla difesa nella richiamata memoria, che un documento di verifica della Polizia nazionale ucraina (Dipartimento dell'informazione e del supporto analitico) datato 4 aprile 2022 fa riferimento all'inserimento dell'estradando nell'elenco dei ricercati sulla base di un atto recante la data del 27 marzo 2020, dunque emesso in epoca antecedente rispetto alla richiamata sentenza del 29 agosto 2020.

4. Sulla base delle su esposte considerazioni l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, con la relativa declaratoria di cessazione dell'efficacia della misura custodiale in essere e la conseguente rimessione in stato di libertà del ricorrente, se non detenuto per altra causa.

La Cancelleria curerà l'espletamento degli incombenti di cui all'art. 626 c.p.p. e art. 203 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata, dichiarando cessata l'efficacia della misura custodiale in atto e per l'effetto dispone la rimessione in libertà del ricorrente, se non detenuto per altro.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 626 c.p.p. e dell'art. 203 disp. att. c.p.p..
Conclusione
Così deciso in Roma, il 16 settembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2022