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Permanenza non volontaria no deroga al principio di specialità in ambito estradizionale (Cass. 14164/20)

8 maggio 2020, Cassazione penale

In ambito estradizionale, la deroga al principio di specialità, costituita dal mancato allontanamento dal territorio dello Stato di consegna della persona che venga liberata, opera a condizione che la situazione in cui venga a trovarsi, in conseguenza del provvedimento di rilascio, sia tale da far assumere al comportamento un preciso significato di accettazione del procedimento per i fatti estranei alla richiesta e al provvedimento di estradizione e anteriori alla consegna.

 

Corte di Cassazione

sezione I Penale

Num. 14164 Anno 2020

Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

Data Udienza: 27/04/2020 deposito 8 maggio 2020


SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DCW nato a TARANTO il **

avverso l'ordinanza del 05/07/2019 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO

udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE SANTALUCIA; lette/sentite le conclusioni del PG (che ha chiesto l'annullamento con rinvio)

Ritenuto in fatto

1. La Corte di appello di Lecce - sezione distaccata di Taranto - ha rigettato, in funzione di giudice dell'esecuzione, la richiesta di WDC, diretta ad ottenere la sospensione dell'ordine di carcerazione in quanto illegittimo per la parte di pena concernente fatti di reato commessi in epoca antecedente il 15 luglio20110 per difetto del consenso dello Stato estero all'estradizione, non essendo stata mai richiesta alla Spagna, Stato estradante, l'estensione dell'estradizione.

Dopo aver precisato che la richiesta, benché reiterativa di altre precedenti dichiarate inammissibili, meritava un esame nel merito in quanto l'originario provvedimento, che per primo dichiarò l'inammissibilità, non affrontò la questione in effetti proposta, la Corte di appello ha osservato che per i fatti di reato anteriori alla consegna e non oggetto del provvedimento di estradizione non può operare l'invocato principio di specialità in quanto il richiedente, nei quarantacinque giorni successivi alla rimessione in libertà, avvenuta il 27 febbraio 2014 per effetto del provvedimento della Corte di appello, non si allontanò dal territorio italiano, tanto da essere poi tratto in arresto a titolo definitivo in data 9 dicembre 2015 in forza del provvedimento di cumulo del 23 aprile 2015.

2. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso il difensore di WDC, che ha dedotto difetto di motivazione. La Corte di appello è incorsa in errore perché il ricorrente fu sì rimesso in libertà ma solo provvisoriamente; se pur rimesso in libertà, dunque, non avrebbe potuto allontanarsi dal territorio dello Stato italiano. Egli era peraltro sottoposto alla misura della sorveglianza speciale per la durata di anni tre e a ben due procedimenti penali e non era in possesso di documenti validi per l'espatrio. Infatti la misura della sorveglianza speciale era stata disposta con obbligo di soggiorno nel Comune di Taranto, ed essa non è mai stata espiata per intero per le numerose interruzioni che si sono succedute.

Siccome la liberazione non fu definitiva, non può ritenersi che la permanenza nel territorio dello Stato fu frutto di una libera scelta, perché era facilmente prevedibile il ripristino della misura cautelare ove la scelta fosse stata diversa. Opera quindi nel caso di specie il principio di specialità, e il provvedimento impugnato deve essere annullato.

3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata.

Considerato in diritto

1. Il ricorso merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte.

2. La deroga al principio di specialità, costituita dal mancato allontanamento dal territorio dello Stato di consegna della persona che venga liberata, opera a condizione che la situazione in cui venga a trovarsi, in conseguenza del provvedimento di rilascio, sia tale da far assumere al comportamento un preciso significato di accettazione del procedimento per i fatti estranei alla richiesta e al provvedimento di estradizione e anteriori alla consegna.

In tal senso si è già espressa più volte la giurisprudenza di legittimità, con l'affermazione che "non ricorre la condizione di fatto derogatoria del principio di specialità nel caso in cui l'estradato non lasci il territorio dello Stato entro 45 giorni dalla scarcerazione per ritenuta cessazione delle esigenze cautelari ovvero per decorrenza dei termini massimi di carcerazione preventiva, giacché in tale ipotesi non può dirsi che la liberazione abbia avuto carattere definitivo e che la permanenza nel territorio dello Stato sia stata frutto di una libera scelta" - Sez. 1, n. 22747 del 13/05/2009, Canavesio e altro, Rv. 241700 -; o, ancora, con la statuizione che è da escludere la condizione del mancato allontanamento dal territorio dello Stato "qualora il soggetto sia stato scarcerato per ritenuta cessazione delle esigenze cautelari, giacché in tale ipotesi non può dirsi che la liberazione abbia avuto carattere definitivo e che la permanenza nel territorio dello Stato sia stata frutto di una libera scelta, attesa la facile prevedibilità di un ripristino della misura cautelare ove la scelta fosse stata diversa" - Sez. 5, n. 6825 del 23/01/2007, P.G. in proc. Melli ed altri, Rv. 235631 -.

3. Occorre, come emerge dai precedenti giurisprudenziali richiamati, che possa individuarsi nel mancato allontanamento una libera scelta dell'interessato; su questa premessa si rileva la carenza di motivazione dell'ordinanza impugnata, nella parte in cui si limita ad attestare che il ricorrente, rimesso in libertà il 27 febbraio 2014 - perché la pena inflitta con la sentenza di condanna per i reati satellite era pari al periodo di custodia cautelare già sofferto -, non si allontanò dal territorio dello Stato. Non specifica, infatti, se nei confronti del ricorrente fossero stati emessi altri provvedimenti limitativi della libertà e quindi d'impedimento ad una libera determinazione di permanenza sul territorio dello Stato.

4. Il ricorrente, a tal proposito, ha addotto, con le opportune allegazioni, che in quel periodo era stato nuovamente messo in esecuzione, dopo numerose interruzioni per sopravvenute carcerazioni, un provvedimento di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. per anni tre con obbligo di soggiorno nel Comune di Taranto, disposto dal Tribunale di quella città il 10 gennaio 2002, poi confermato in appello il 3 febbraio 2004; ed ha evidenziato che, in conseguenza di tale misura e della pendenza di altri procedimenti penali, era comunque sprovvisto, al momento della rimessione in libertà, di documenti validi per l'espatrio.

Sulla base delle prospettazioni e allegazioni di ricorso occorre allora accertare quale fosse la posizione del ricorrente al momento della cessazione del titolo cautelare di cui al provvedimento di rimessione in libertà del 27 febbraio 2014, se in particolare fossero in esecuzione altri provvedimenti che gli impedissero di lasciare il territorio dello Stato, dovendo valere, in tal caso, il principio di diritto secondo cui "costituisce violazione del principio di specialità (art. 14 della Convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 3 dicembre 1957 e resa esecutiva in Italia con legge 30 gennaio 1963 n. 300, e art. 5 n. 2 dell'Accordo aggiuntivo, ratificato con legge 11 dicembre 1984 n. 969, disposizioni che, ai sensi dell'art. 696, prevalgono sull'art. 721 cod. proc. pen.) l'esecuzione della pena, inflitta con una sentenza di condanna definitiva per un reato commesso anteriormente all'estradizione e diverso da quello cui l'estradizione stessa si riferisce, nei confronti di un soggetto che nei quarantacinque giorni successivi alla scarcerazione per decorrenza del termine massimo di custodia cautelare, relativo al delitto per il quale é avvenuta la consegna all'Italia, non abbia lasciato il territorio dello Stato in conseguenza della sottoposizione alla misura del divieto di espatrio con conseguente annotazione sulla carta d'identità" - Sez. 1, n. 21344 del 12/04/2005, Forcieri ed altro, Rv. 231802 -.

4. L'ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata, con rinvio alla Corte di appello di Lecce - sezione distaccata di Taranto - per nuovo giudizio da condursi in conformità ai principi di diritto illustrati.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto.