Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Pensili in cella e calcolo dello spazio minimo (Cass. 34150/24)

10 settembre 2024, Cassazione penale

I mobili pensili in cella non rilevano nella determinazione della superficie utile, a condizione che siano posizionati in modo tale da non impedire che l'area sottostante sia fruibile come area di libero movimento: non è il fatto che siano mobili pensili a segnarne l'irrilevanza ai fini della determinazione dell'area utile al movimento, ma il modo con cui sono collocati e quindi la concreta incidenza sull'area di movimento della persona.

Una dimensione della cella o, meglio, uno spazio vivibile inferiore a 3 metri quadrati, costituisce una forte presunzione di violazione che può essere superata dalla presenza di fattori compensativi, individuati nella breve durata della detenzione, nelle dignitose condizioni carcerarie, nella sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella mediante lo svolgimento di adeguate attività.

Nel caso di disponibilità di uno spazio individuale fra i tre e i quattro metri quadrati, d'altro canto, la valutazione deve essere di carattere complessivo e generale così che i medesimi fattori concorrono, unitamente ad altri di carattere negativo, alla valutazione unitaria delle condizioni di detenzione richiesta in relazione all'istanza presentata ai sensi dell'art. 35-ter ord. pen.: come stabilito dalle Sezioni Unite nella medesima pronuncia, ai fini del computo dello spazio individuale disponibile devono essere considerati, e detratti, gli arredi e i mobili fissi, quali i letti a castello ovvero gli armadi e le scaffalature, che, essendo ancorati al pavimento, riducono e ostacolano il movimento all'interno della cella.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

(data ud. 31/05/2024) 10/09/2024, n. 34150

Composta da:

Dott. DI NICOLA Vito - Presidente

Dott. MONACO Marco Maria - Relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A. nato a R il (Omissis)

avverso l'ordinanza del 08/02/2024 del Tribunale di Sorveglianza di Roma

udita la relazione svolta dal Consigliere Marco Maria Monaco;

lette le conclusioni del Sost. Proc. Sabina Passafiume per l'inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma, con ordinanza in data 8/2/2024, depositata il 16/2/2024, ha rigettato il reclamo proposto avverso il provvedimento con il quale il Magistrato di Sorveglianza di Roma il 6/2/2023 ha respinto la richiesta presentata da A.A. ai sensi dell'art. 35-ter ord. pen. in relazione ai periodi di detenzione dal 2/12/2019 al 15/6/2020 e ha dichiarato inammissibili le ulteriori e successive istanze.

2. A.A. ha presentato istanza per ottenere il rimedio risarcitorio di cui all'art. 35-ter ord. pen. con riferimento ai periodi di carcerazione patiti presso la casa circondariale di R, di V e di V dal 27/12/2019 al 15/6/2020.

Il Magistrato di Sorveglianza di Roma ha respinto la richiesta e la difesa ha proposto reclamo avverso il provvedimento emesso censurando, nello specifico, il mancato computo dei pensili appesi al muro al fine di determinare lo spazio calpestabile netto per ogni detenuto della cella, il fatto che la doccia era fruibile solo 2/3 volte alla settimana, la presenza di topi (R), l'esiguo numero di ore d'aria (V) e il fatto che il carcere è noto per essere duro (V).

Nel corso del procedimento la difesa ha presentato ulteriori istanze lamentando la violazione dell'art. 3 Cedu.

Il Tribunale ha fatto riferimento alle relazioni pervenute dagli istituti e ha respinto il reclamo relativo alla richiesta originaria valorizzando rispettivamente che i mobili fissi impegnano la parte superiore della parete, che le docce sono disponibili in orari prestabiliti, che vengono forniti prodotti per l'igiene personale e la pulizia delle camere e che sono stati effettuati periodicamente interventi di derattizzazione e disinfestazione.

Le ulteriori istanze, ritenute non direttamente collegate e riferibili alla richiesta originaria e al reclamo, sono state dichiarate inammissibili.

3. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso il condannato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.

3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta conclusione che lo spazio calpestabile per ogni detenuto era di circa 3,66 mq, in ciò omettendo di detrarre gli armadietti fissi assegnati a ciascun detenuto che, seppure appesi al muro, sono a una distanza da terra (40 cm quello "lungo" 150 cm i tre "piccoli") tale da ridurre lo spazio calpestabile del pavimento.

3.2. Vizio di motivazione quanto alla ritenuta tardività della memoria depositata il 13/1/2023, alle censure relative al limitato tempo d'aria concesso al detenuto durante periodo di detenzione subito a Velletri e alla richiesta di effettuare una C.T.U.

3.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al combinato disposto degli artt. 3 Cedu e 69, comma 6, cod. proc. pen. quanto alla mancata motivazione in ordine alla presenza di eventuali fattori compensativi, comunque necessari anche nel caso in cui lo spazio calpestabile della cella sia per ogni detenuto superiore a 3 mq ma inferiore a 4 mq.

4. In data 30 aprile 2024 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte con le quali il Sost. Proc. Sabina Passafiume ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.

2. Nel primo motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta conclusione che lo spazio calpestabile per ogni detenuto era di circa 3,66 mq, in ciò omettendo di detrarre gli armadietti fissi assegnati a ciascun detenuto che, seppure appesi al muro, sono a una distanza da terra (40 cm quello "lungo" 150 cm i tre "piccoli") tale da ridurre lo spazio calpestabile del pavimento.

La doglianza è fondata.

2.1. Il rimedio di cui all'art. 35-ter ord. pen. è stato oggetto di una recente sentenza nella quale le Sezioni Unite hanno delineato i caratteri dell'istituto introdotto dal legislatore a tutela dei diritti dei detenuti e i criteri cui fare riferimento al fine di accertare la violazione degli stessi.

Con specifico riferimento alle dimensioni della cella le Sezioni Unite hanno ribadito che una dimensione della cella o, meglio, uno spazio vivibile inferiore a 3 metri quadrati, costituisce una forte presunzione di violazione che può essere superata dalla presenza di fattori compensativi, individuati nella breve durata della detenzione, nelle dignitose condizioni carcerarie, nella sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella mediante lo svolgimento di adeguate attività.

Nel caso di disponibilità di uno spazio individuale fra i tre e i quattro metri quadrati, d'altro canto, la valutazione deve essere di carattere complessivo e generale così che i medesimi fattori concorrono, unitamente ad altri di carattere negativo, alla valutazione unitaria delle condizioni di detenzione richiesta in relazione all'istanza presentata ai sensi dell'art. 35-ter ord. pen. (Sez. Un., n. 6551 del 24/09/2020, dep. 2021, Commisso, Rv. 280433-01; Sez. 1, Sentenza n. 16116 del 27/01/2021, Fragapane, Rv. 281356-01).

Come stabilito dalle Sezioni Unite nella medesima pronuncia, ai fini del computo dello spazio individuale disponibile devono essere considerati, e detratti, gli arredi e i mobili fissi, quali i letti a castello ovvero gli armadi e le scaffalature, che, essendo ancorati al pavimento, riducono e ostacolano il movimento all'interno della cella.

2.2. Il tema posto con l'attuale ricorso presenta degli aspetti peculiari in quanto si riferisce al rilievo da attribuire o meno ai mobili pensili, ossia alle strutture infisse alla parete e sollevate da terra, nel calcolo delle soglie di spazio individuale minimo inframurario al di sotto delle quali il trattamento penitenziario assume carattere inumano e degradante.

La questione, cioè, è se e in che termini si debba considerare la porzione di volume compresa tra la parte inferiore del pensile e la proiezione dell'area della base di questo sul pavimento della cella in termini di limitazione della disponibilità di spazio individuale.

Il tema, che appare di sicuro rilievo, è stato già recentemente affrontato in diverse pronunce da questa Corte che ha fornito delle specifiche e opportune indicazioni che appare opportuno richiamare e ribadire (Sez. 1, n. 25953 del 16/4/2024, Sciorilli, n.m.; Sez. 1, n. 13024 del 20/12/2023, dep. 2024, Ministero della Giustizia, n.m.).

Come evidenziato, la ricerca della soluzione deve prendere le mosse dalla comune premessa dell'attribuzione di attitudine discriminante, per la ricomprensione nel calcolo dello spazio in questione, al fattore rappresentato dalla comoda calpestabilità dell'area sottostante al pensile, intesa come possibilità di esercitare su di essa il normale movimento, al fine di valutare se l'arredo c.d. aggettante deve essere assimilato o meno agli arredi fissi, anziché a quelli amovibili (Sez. U, n. 6551 del 24/09/2020, dep. 2021, Commisso, Rv. 280433-01).

In questa prospettiva, quindi, risulta corretto il rilievo contenuto in Sez. 1, n. 37642 del 19/05/2023, Sciuto, n.m., che ha escluso dal novero del libero movimento, e quindi dallo spazio utile, quello sottostante ad un mobile infisso all'altezza di 120 cm dal suolo, e in Sez. 1, n. 29846 del 21/02/2023, Esposito Montefusco, n.m., che ha reputato insufficiente, sempre al fine del libero movimento, la mera circostanza che un armadietto fosse sollevato da terra (cfr. anche Sez. 1, n. 46346 del 24/05/2023, Palmulli, n.m., e Sez. 1, n. 31614 del 27/04/2022, Tineo, sempre non massimata, hanno imposto di calcolare lo spazio occupato dalle "bilancette", che sono armadietti sovrastanti arredi già poggiati al suolo e rientranti, quindi, nella medesima colonna occupante un'area già detratta).

Tali recenti pronunce, d'altro canto, sviluppano i principi elaborati da Sez. 1, n. 33837 del 7/3/2019, Zindato, n.m., che, nel ribadire come "la ratio della individuazione di uno spazio disponibile minimo si rimett(a) a un principio di libertà di movimento all'interno della camera di permanenza", ha statuito che "la detrazione va eseguita escludendo gli arredi tendenzialmente fissi che occupino un'area calpestabile sottratta alla indicata fruizione libera e non anche... quelle strutture che risultino in sostanza pensili e non abbiano una incidenza determinante sulla fruizione degli spazi stessi".

Sullo punto, pertanto, va confermato quanto esposto in Sez. 1, n. 20786 del 26/04/2022, Molè, n.m., che - riprendendo il ragionamento svolto da Sez. 1, n. 12344 del 06/03/2020, Derbali, n.m., e da Sez. 1, n. 27005 del 29/04/2021, Solinas, n.m. - ha ritenuto che i mobili pensili non rilevano nella determinazione della superficie utile, a condizione che siano posizionati in modo tale da non impedire che l'area sottostante sia fruibile come area di libero movimento, così che, in conclusione, "non è... il fatto che siano mobili pensili a segnarne l'irrilevanza ai fini della determinazione dell'area utile al movimento, ma appunto il modo con cui sono collocati e quindi la concreta incidenza sull'area di movimento della persona".

2.3. Nel caso di specie il Tribunale di sorveglianza non si è conformato ai principi indicati.

Nell'ordinanza impugnata, infatti, vi è un mero riferimento al fatto che i pensili sono "apposti nella parte superiore della parete, sono distanziati dal pavimento e non invadono lo spazio calpestabile a disposizione dei detenuti" lasciando così intendere che secondo il Tribunale lo spazio proiettato al suolo di questi arredi non sarebbe mai detraibile dal calcolo e che non sia quindi necessario verificare in concreto se l'area sottostante è, o meno, fruibile per il libero movimento.

Da tale accertamento, che appunto il Tribunale ha omesso di effettuare, invece, come visto in precedenza, non si può prescindere. Ciò soprattutto in situazioni come quella in esame in cui lo stesso giudice della sorveglianza ha dato atto che l'armadietto lungo è fissato al muro a 40 cm da terra e quelli piccoli sono a 150 cm da terra.

2.4. Il vizio rilevato impone l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio affinché il Tribunale di sorveglianza di Roma, libero nell'esito, proceda a un nuovo giudizio sul punto conformandosi ai principi indicati.

3. Le doglianze esposte negli altri motivi in termini generici, comunque condivisa la corretta la conclusione del Tribunale per cui in materia di impugnazioni la facoltà del ricorrente di presentate motivi nuovi è limitata dalla necessaria riferibilità degli stessi alle censure oggetto dei motivi principali, sono assorbite.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Sorveglianza di Roma.

Così deciso il 31 maggio 2024.

Depositata in Cancelleria il 10 settembre 2024.