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PEC via SNT con allegato sbagliato, che fare? (Cass. 20201/20)

30 ottobre 2020, Cassazione penale

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Errore nell'allegato spedito via PEC dagli uffici giudiziari col sistema SNT va provato non attraverso la mera deduzione della incompletezza o non corrispondenza all’originale scansionato, ma procedendo ad una verifica a posteriori, presso l’ufficio che ha proceduto alla notificazione dell’atto, delle operazioni compiute e dei contenuti del messaggio e degli allegati, attività consentita e possibile per il difensore della parte interessata.

 

Corte di Cassazione

sez. II Penale

sentenza 10 settembre – 30 ottobre 2020, n. 30201
Presidente Verga – Relatore Di Paola

Ritenuto in fatto

1. La Corte d’appello di Catanzaro con sentenza in data 28 maggio 2019 confermava la condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal Tribunale di Cosenza, in data 8 novembre 2016, nei confronti di B.G. , in relazione ai delitti di truffa e sostituzione di persona.

2.1. Propone ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, deducendo con unico motivo di ricorso la violazione di norme processuali previste a pena di nullità, in relazione all’art. 178 c.p.p., lett. c), art. 179 c.p.p., art. 601 c.p.p., commi 3, 5 e 6, in relazione all’art. 429 c.p.p., comma 1, lett. f); al difensore di fiducia dell’imputato era stato notificato, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, decreto di citazione a giudizio in appello relativo al presente procedimento, allegando atti riguardanti un processo diverso in cui non risultava imputato il B. ; tale avviso non aveva dunque portato a conoscenza dell’imputato l’esistenza del giudizio in grado di appello, risultando omessa la citazione dell’imputato con conseguente nullità dell’intero giudizio e della sentenza impugnata.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

Dalla lettura degli atti del giudizio di appello (indispensabili per l’esame della questione, rispetto alla quale la Corte di Cassazione accerta i fatti processuali necessari per la decisione: Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304; Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F., Rv. 273525) risulta che il 14 febbraio 2019, alle ore 12.03 al difensore di fiducia dell’imputato fu tempestivamente notificato il decreto di citazione a giudizio in appello per l’udienza del 28 maggio 2019 dinanzi alla Corte d’appello di Catanzaro, allegando il decreto al documento estratto dal sistema di notifiche e comunicazioni telematiche in uso agli uffici giudiziari (SNT).

Il ricorrente, a sostegno del proprio ricorso, ha allegato una copia della ricevuta del messaggio di posta elettronica ricevuto, nella stessa data e nel medesimo orario dagli uffici della Corte d’appello di Catanzaro, con cui si dava atto dell’invio dell’avviso relativo al medesimo procedimento, indicando come allegati al messaggio un file pdf (B.G. .pdf) e il file relativo all’avviso (Xmlinetr. 1 Mod. 7 - reg. generale 2017-001051 - Corte di appello 662795.xml), e una copia del decreto di citazione a giudizio in appello relativo ad un diverso procedimento, a carico di altro imputato, per altro reato, per l’udienza del 23 aprile 2019, in cui il difensore dell’imputato era lo stesso difensore dell’odierno ricorrente.

La copia del decreto di citazione allegato dalla difesa reca in calce l’annotazione che di quel decreto fu presa visione, anche per notifica, da un delegato del difensore di fiducia (che sottoscrisse l’atto).

La deduzione del ricorrente non è idonea a superare le indicazioni che si traggono dalla lettura degli atti estratti dal Servizio di notifiche telematiche (SNT), mancando la prova positiva che all’avviso notificato al difensore fossero allegati atti diversi da quelli indicati come allegati e riferibili ad altro processo, e risultando di nessun valore probatorio l’allegazione della copia del differente decreto di citazione (che non sarebbe pervenuto a conoscenza del difensore con il servizio telematico, come dedotto nel ricorso, ma secondo le ordinarie procedure di comunicazione, come attestato dall’annotazione riportata in calce di cui si è detto).

È stato affermato, a questo riguardo che "in tema di notificazione tramite posta elettronica certificata (c.d. pec), la specifica procedura del "Sistema di Notificazioni Telematiche" (SNT) per gli atti processuali, che permette di allegare un documento previamente scansionato - non più soggetto a modifiche dopo l’invio - ed il controllo sulla corretta indicazione dell’indirizzo del destinatario, offre adeguate garanzie di affidabilità che non possono essere superate dalla mera, generica, deduzione della incompletezza o non corrispondenza dell’atto ricevuto all’originale scansionato. (Fattispecie in cui uno dei difensori dell’imputato aveva dedotto l’omessa notifica del decreto di citazione a giudizio per l’appello, allegando una stampa dell’archivio della propria posta elettronica e dell’avviso di udienza ad esso allegato, che riportava una data di udienza successiva a quella fissata)" (Sez. 3, n. 56280 del 24/10/2017 - dep. 18/12/2017, Zaurrini, Rv. 272421).

In particolare, è stato puntualmente osservato (pag. 6 della motivazione del citato precedente) che, pur non potendosi escludere l’errore umano nella procedura attraverso il sistema SNT di allegazione al messaggio del documento relativo al contenuto dell’avviso notificando, la prova di tale errore va fornita non attraverso la mera deduzione della "incompletezza o non corrispondenza all’originale scansionato", ma procedendo "ad una verifica a posteriori, presso l’ufficio che ha proceduto alla notificazione dell’atto, delle operazioni compiute e dei contenuti del messaggio e degli allegati", attività consentita e possibile per il difensore della parte interessata.

Nella specie, il ricorrente non si è fatto carico di svolgere tali accertamenti, limitandosi alle allegazioni documentali su indicate, del tutto inidonee a fornire la prova dell’omessa allegazione, al messaggio ricevuto dal difensore, del documento contenente le indicazioni relative al processo a carico del proprio assistito.

2. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro duemila a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.