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Allegato sbagliato nella notifica con PEC, va provata catena di invio con SNT (Cass. 56280/17)

18 dicembre 2017, Cassazione penale

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Alla PEC va attribuito lo stesso valore legale della raccomandata con ricevuta di ritorno con attestazione dell'orario esatto di spedizione: il sistema, grazie ai protocolli di sicurezza utilizzati, è in grado di garantire la certezza del contenuto non rendendo possibili modifiche al messaggio, sia per quanto riguarda i contenuti che eventuali allegati.

La PEC non offre garanzie sul contenuto del messaggio poichè certifica che una certa trasmissione è avvenuta tra due indirizzi email PEC, ma non certifica (giuridicamente) quello che la busta elettronica conteneva, pur garantendo che durante la trasmissione di un messaggio gli allegati non vengano alterati, con la conseguenza che, nel caso in cui si voglia inviare, insieme al testo dell'email, un file, conferendo allo stesso il valore di originale, sarà necessario utilizzare il sistema di firma digitale sul documento.

Sulla base della documentazione reperibile in tema di notificazione a mezzo PEC e, segnatamente, dei manuali operativi destinati all'utenza, deve operarsi una distinzione tra la posta certificata "ordinaria" e quella utilizzata per le notifiche degli atti processuali, poichè effettivamente la prima non certifica il contenuto dei messaggi e di eventuali allegati mentre la seconda richiede l'utilizzo di un sistema all'uopo specificamente dedicato da parte di soggetti abilitati, il "Sistema Notificazioni Telematiche" (SNT).

Anche le modalità di acquisizione del documento allegato attraverso il sistema SNT, sebbene resti inevitabilmente esposta all'errore umano, offre adeguate garanzie di affidabilità che non possono essere certo superate attraverso la mera deduzione della incompletezza o non corrispondenza all'originale scansionato, dal momento che, almeno per quanto è dato rilevare dalla richiamata documentazione tecnica, sembra comunque possibile procedere ad una verifica a posteriori, presso l'ufficio che ha proceduto alla notificazione dell'atto, delle operazioni compiute e dei contenuti del messaggio e degli allegati.

Risultano del tutto insufficienti le allegazioni al ricorso, costituite, come si è già detto, da una stampa dell'archivio della casella di posta elettronica di uno dei difensori e dell'avviso di udienza che si assume esservi stato allegato, ben potendo i difensori medesimi effettuare opportune verifiche presso la cancelleria della Corte di appello ed ottenere le necessarie attestazioni dalla cancelleria riguardo al documento scansionato ed acquisito al sistema e successivamente notificato a mezzo PEC ed il suo effettivo contenuto.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

(ud. 24/10/2017) 18-12-2017, n. 56280

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIALE Aldo - Presidente -

Dott. DI NICOLA Vito - Consigliere -

Dott. RAMACCI Luca - rel. Consigliere -

Dott. MACRI' Ubalda - Consigliere -

Dott. ANDRONIO Alessandro Maria - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Z.R., nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 22/04/2016 della CORTE APPELLO di LECCE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. CANEVELLI Paolo, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio per prescrizione.

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Lecce, con sentenza del 22/4/2016 ha confermato la decisione con la quale, in data 4/11/2014, il Tribunale di Brindisi aveva affermato la responsabilità penale di Z.R. per il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 3, perchè, in concorso con la defunta moglie, realizzava e gestiva una discarica non autorizzata di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi su fondo di proprietà (in (OMISSIS), data del sequestro dell'area e dei rifiuti).

Avverso tale pronuncia il predetto propone personalmente ricorso per cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p..

2. Con un unico motivo di ricorso deduce l'omessa notifica al difensore ed all'imputato del decreto di citazione a giudizio nell'atto di appello, rilevando che i suoi difensori avrebbero ricevuto a mezzo posta elettronica certificata la notifica per l'udienza dell'8/7/2016, apprendendo tuttavia, in quel giorno, che il processo era stato già celebrato il 22/4/2016 con la partecipazione di un difensore di ufficio senza che fosse stato notificato alcun avviso per quell'udienza.

Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

Rileva il Collegio che al ricorso risulta allegata in copia una comunicazione ai sensi dell'art. 601 c.p.p., comma 5, datata 16/3/2016, sottoscritta dal cancelliere e diretta ai difensori di Z.R. (avvocati F PAPERINO e V PAPERINO, entrambi del Foro di Brindisi) con indicata, quale data di udienza, l'8/7/2016 ed una ricevuta della posta elettronica certificata dell'Avv. F PAPERINO che risulta essere, appunto, uno dei destinatari dell'avviso.

Sulla scorta di tale documentazione allegata in copia viene dedotta in ricorso l'omessa notifica all'imputato ed ai difensori di fiducia.

2. Va rilevato, in primo luogo, che la deduzione è del tutto generica, essendosi il ricorrente limitato a rilevare l'omessa notifica asserendo che i difensori si sarebbero presentati in udienza alla data indicata nel documento allegato (8/7/2016) apprendendo della avvenuta celebrazione del processo alla presenza di un sostituto processuale di ufficio.

Null'altro si aggiunge, in ricorso, che consenta una corretta ricostruzione della vicenda, se non il richiamo a noti principi giurisprudenziali.

3. Dagli atti del procedimento, il cui esame è consentito, stante la natura processuale della questione prospettata, risulta, tuttavia, che la notifica dell'avviso è stata effettuata; diversamente da quanto indicato in ricorso, a mani proprie dell'imputato il 18/3/2016 da personale della Polizia Locale di Fasano, come da relata apposta in calce all'atto notificato, che reca la data dell'udienza del 22/4/2016 (a pagina 1 del ricorso viene invece fatto riferimento alla "omessa notifica del decreto di citazione a giudizio all'imputato ed ai difensori", mentre nell'intestazione del motivo il riferimento all'imputato è aggiunto a penna).

Si rinvengono inoltre, all'interno del fascicolo processuale, oltre al decreto di citazione, recante la data di emissione del 16/3/2016, anche più copie dell'avviso ai difensori, una delle quali, priva di sottoscrizione, reca la data di udienza dell'8/7/2016, corretta a penna in 22/4/2016. L'altra, invece, sottoscritta, con la data dell'8/7/2016, uguale a quella prodotta.

Sono inoltre presenti due attestazioni di verifica della notifica a mezzo PEC ai due difensori, Avv. F PAPERINO ed Avv. V PAPERINO, effettuate mediante due distinte ricerche sul registro informatizzato delle notifiche, in data 22/3/2016 ed in data 20/4/2016.

4. Dall'esame di tali atti, tuttavia, non è dato rilevare quale delle comunicazioni sia stata effettivamente recapitata ai due difensori.

Le due ricerche, anche in data prossima all'udienza, sul registro informatico, inducono comunque a ritenere che la cancelleria abbia verificato, in tempi diversi, che la notifica era andata a buon fine.

Dal verbale di udienza risulta che la Corte di appello ha preliminarmente verificato la regolarità delle notifiche e non risultano effettuate osservazioni da parte del difensore presente.

La documentazione allegata in copia al ricorso, inoltre, riguarda il solo avvocato F PAPERINO, mentre nulla è prodotto che riguardi il secondo difensore, avvocato V PAPERINO.

5. Ciò posto, considerato che l'avviso all'imputato risulta notificato, come si è detto, a mani proprie e recava la data del 22/4/2016, in cui l'udienza è stata effettivamente celebrata, resta da rilevare, sulla scorta di quanto emerso dal fascicolo processuale, la sostanziale inutilità di ciò che è stato prodotto unitamente al ricorso, trattandosi di documentazione, come si è visto, incompleta e che riguarda, peraltro, uno soltanto dei difensori.

6. Pare opportuno, a tale proposito, considerare la particolarità della notifica in questione, effettuata a mezzo posta elettronica certificata.

Va subito detto, a tale proposito, che, in linea generale, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la notifica di atti destinati all'imputato o ad altra parte privata, che possano o debbano essere consegnati al difensore, effettuata a mezzo posta elettronica certificata (PEC), si perfeziona con l'attestazione, apposta in calce all'atto dal cancelliere trasmittente, dell'avvenuto invio del testo originale - la cui mancanza costituisce, peraltro mera irregolarità - mentre non è necessaria la conferma dell'avvenuta ricezione da parte del destinatario (Sez. 2, n. 52517 del 3/11/2016, Russo, Rv. 268816).

Si è altresì affermato che la semplice verifica dell'accettazione dal sistema informatico e della ricezione del messaggio di consegna, ad una determinata data ed ora, dell'allegato notificato è sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica, senza alcuna necessità di ulteriori verifiche in ordine alla sua effettiva visualizzazione da parte del destinatario (Sez. 4, n. 2431 del 15/12/2016 (dep. 2017), Dionigi, Rv. 268877).

7. Come è noto, la posta elettronica certificata offre, di regola, un'attestazione dell'invio e della consegna del documento informatico con indicazione di precisi riferimenti temporali concernenti la comunicazione, mentre non attesta l'effettivo contenuto del messaggio (e l'effettiva lettura dello stesso da parte del destinatario).

Si pone dunque il problema, già considerato da alcune pronunce di questa Corte, del valore legale degli allegati al messaggio di posta elettronica certificata.

8. La già citata sentenza 2431/2017, nel ricordare come vada attribuito alla PEC lo stesso valore legale della raccomandata con ricevuta di ritorno con attestazione dell'orario esatto di spedizione, osserva che detto sistema, grazie ai protocolli di sicurezza utilizzati, è in grado di garantire la certezza del contenuto non rendendo possibili modifiche al messaggio, sia per quanto riguarda i contenuti che eventuali allegati.

In altra occasione (Sez. 2, n. 39027 del 11/7/2017, Casaburi, non massimata) si è analogamente affermato che il sistema della posta elettronica certificata consente di ritenere che le email spedite con tale mezzo abbiano valore legale quanto all'invio e alla consegna al destinatario e garantisce per effetto dei protocolli di sicurezza la certezza in ordine ai contenuti dei messaggi e degli eventuali allegati, dei quali è impossibile la modificazione.

In altra pronuncia (Sez. Sez. 4, n. 43498 del 28/6/2017, Ben Fattoum ed altri, non massimata), riguardante, però, il caso di una comunicazione inviata via PEC dalla difesa dell'imputato alla Corte di appello con richiesta di autorizzazione per comparire all'udienza con mezzi propri e senza scorta, si è poi affermato che la PEC non offre garanzie sul contenuto del messaggio poichè "certifica che una certa trasmissione è avvenuta tra due indirizzi email PEC, ma non certifica (giuridicamente) quello che la busta elettronica conteneva", pur garantendo che durante la trasmissione di un messaggio gli allegati non vengano alterati,con la conseguenza che, nel caso "in cui si voglia inviare, insieme al testo dell'email, un file, conferendo allo stesso il valore di originale, sarà necessario utilizzare il sistema di firma digitale sul documento (cfr. Circolare del 20 gennaio 2014, n. 3 della Ragioneria Gen. Stato)".

9. La questione merita di essere nuovamente affrontata con riferimento al caso in esame, dovendosi stabilire come risolvere casi, quale quello in esame, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC proveniente da un ufficio giudiziario deduca che il documento allegato abbia contenuto diverso da quello che si assume essergli stato trasmesso ovvero - circostanze del tutto analoghe - che gli sia stato recapitato un atto completamente diverso ovvero un file corrotto o comunque non leggibile.

Sulla base della documentazione reperibile in tema di notificazione a mezzo PEC e, segnatamente, dei manuali operativi destinati all'utenza, ritiene il Collegio debba operarsi una distinzione tra la posta certificata "ordinaria" e quella utilizzata per le notifiche degli atti processuali, poichè effettivamente la prima non certifica il contenuto dei messaggi e di eventuali allegati, come osservato nella citata sentenza 43498/17, mentre la seconda richiede l'utilizzo di un sistema all'uopo specificamente dedicato da parte di soggetti abilitati, il "Sistema Notificazioni Telematiche" (SNT).

(utente, che ha accesso al sistema mediante password, per effettuare la notifica di un documento, precedentemente scansionato, lo deve classificare attivando la funzione "Acquisizione Documento", scegliendo, da un menu a tendina, la "Categoria Documentale" di interesse, differente per ogni tipologia di ufficio e, successivamente, la tipologia dell'atto attraverso un elenco ed inserendo i dati relativi al fascicolo dell'atto da notificare (tipo di registro; anno di iscrizione del procedimento, numero di iscrizione del procedimento, ufficio e "data di deposito" del documento), potendo anche inserire altre annotazioni.

(atto da acquisire viene quindi selezionato dal computer e caricato nel sistema, che segnala anche eventuali errori.

Terminata l'acquisizione, il sistema crea al suo interno il fascicolo ed associa l'atto da notificare.

Fino all'invio, i documenti acquisiti possono essere sostituiti, modificati o aggiornati, mentre una volta effettuato l'invio non sono più modificabili.

La procedura descritta può riguardare sia i provvedimenti con firma digitale sia quelli che ne sono privi e l'operatore deve riempire alti campi con ulteriori dati prima di effettuare la notifica. In particolare, il sistema offre alcune opzioni di controllo della corretta indicazione dell'indirizzo del destinatario.

L'attività di notifica può essere poi monitorata e, all'esito della stessa, il sistema produce un documento in formato pdf, detto "Artefatto", che riporta ed attesta le informazioni presenti nel sistema, mentre la relata di notifica è costituita dalla busta di ricezione della PEC.

10. La complessa procedura, appena descritta in maniera estremamente sintetica, rende evidente come anche le modalità di acquisizione del documento allegato attraverso il sistema SNT, sebbene resti inevitabilmente esposta all'errore umano, offra adeguate garanzie di affidabilità che non possono essere certo superate attraverso la mera deduzione della incompletezza o non corrispondenza all'originale scansionato, dal momento che, almeno per quanto è dato rilevare dalla richiamata documentazione tecnica, sembra comunque possibile procedere ad una verifica a posteriori, presso l'ufficio che ha proceduto alla notificazione dell'atto, delle operazioni compiute e dei contenuti del messaggio e degli allegati.

11. Venendo nuovamente al caso in esame, risultano del tutto insufficienti le allegazioni al ricorso, costituite, come si è già detto, da una stampa dell'archivio della casella di posta elettronica di uno dei difensori e dell'avviso di udienza che si assume esservi stato allegato, ben potendo i difensori medesimi effettuare opportune verifiche presso la cancelleria della Corte di appello ed ottenere le necessarie attestazioni dalla cancelleria riguardo al documento scansionato ed acquisito al sistema e successivamente notificato a mezzo PEC ed il suo effettivo contenuto.

12. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità consegue l'onere delle spese del procedimento, nonchè quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 2.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 (duemila) in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2017