L'omesso interrogatorio previsto per le ordinanze di custodia cautelare emesse dopo il 25 agosto 2024 prima di decidere sulla richiesta del pubblico ministero costituisce nullità di ordine generale per violazione del diritto di difesa, ai sensi dell'art. 178, lett. e), cod. proc. pen., deve essere qualificata come a regime cosiddetto intermedio violando, infatti, il principio del contraddittorio, vulnerando il concreto esercizio del diritto di difesa, poiché priva l'imputato del diritto di essere interrogato dal giudice sui fatti che formano oggetto d'imputazione, di conoscere gli elementi di prova a suo carico e, ove possibile, le relative fonti, di esporre le proprie difese prima di essere attinto dalla misura cautelare.
Questa nullità va tempestivamente eccepita con il primo atto utile e non è santa dall'essersi l'indagato avvalso del diritto al silenzio; non può nemmeno essere esclusa nemmeno se il giudice emittente affermi una inestente circostanza derogatrice.
Lo scrutinio del riesame ricomprende merito e sussistenza delle esigenze cautelari, e tale principio non può che mantenere intatta tutta la sua evidente validità anche quando tale sussistenza costituisca un elemento negativo della fattispecie processuale.
Quanto al diritto al silenzio in sede di interrogatorio (anticipato o posticipato che sia), l'interessato deve essere necessariamente posto nelle condizioni di svolgere appieno le proprie difese e rimane, poi, rimesso alle sue incensurabili determinazioni discrezionali individuare le modalità concrete dell'esercizio - o del mancato esercizio - di questo diritto, apprezzando insindacabilmente gli spazi defensionali che le diverse opzioni potrebbero offrirgli. L'iniziale omissione dell'imprescindibile incombente non potrebbe certo costringere l'indagato a controdedurre puntualmente rispetto all'imputazione provvisoria, rinunciando a priori alle proprie legittime strategie, a pena di vedere caducato il proprio diritto ad eccepire la nullità.
Corte di Cassazione
Seziopne II penale
Sentenza 5548/25
Data udienza 9.01.2025 – deposito 11 febbraio 2025
SENTENZA
suI ricorso proposto da
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecce nel procedimento a carico di
MC, nato a Brindisi il */1970
avverso l'ordinanza dell'0S/10/2024 del Tribunale di Lecce
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Alessandro Leopizzi;
lette le richieste del Sostituto Procuratore generale Ettore Pedicini, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata;
letta la nota dell'avv. LDN, per il ricorrente, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Lecce, in funzione di Tribunale del riesame, ha annullato l'ordinanza del Giudice per leindagini preliminari del Tribunale di Brindisi in data
12 settembre 2024, revocando la misura cautelare della custodia in carcere applicata a CM in relazione ai reati di cui agli artt. 416 e 81-110-624 cod. pen.
2. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi, deducendo un unico motivo di impugnazione, con cui contesta, sotto il profilo della violazione di legge (in relazione agli artt. 177, 291, comma 1-quater, e 292, comma 3-bis, cod. proc. pen.) e del vizio di motivazione, l'affermata nullità dell'ordinanza applicativa, fatta discendere dal mancato svolgimento dell'interrogatorio preventivo, in conseguenza della ritenuta insussistenza del pericolo di fuga.
3. Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell'art. 611, comma 1, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è, nel suo complesso, infondato.
2. In primo luogo, occorre rilevare come non sia consentita la deduzione di vizi di motivazione, essendo il ricorso incentrato su una questione di puro diritto.
Invero, il vizio di motivazione denunciabile nel giudizio di legittimità è solo quello attinente alle questioni di fatto. Peraltro, laddove le problematiche in iure siano comunque esattamente risolte, anche se in maniera immotivata o con motivazione contraddittoria o illogica, le relative doglianze resterebbero ugualmente inammissibili, dal momento che l'interesse all'impugnazione deriva solo dalla errata soluzione di una questione giuridica, non già dalla eventuale erroneità degli argomenti posti a fondamento giustificativo della soluzione comunque corretta di una tale questione (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027-05, che afferma che, quando la soluzione adottata dal giudice non sia giuridicamente corretta, è necessario dedurre come motivo di ricorso (..)
3. Quanto alla dedotta 'violazione della legge processuale, l'imputazione provvisoria, allo stato, ha per oggetto, per quanto attiene al ricorrente, la partecipazione (priva di funzioni dirigenziali o organizzative e comunque apicali), ad un'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti e ricettazioni di autovetture, nonché di estorsioni mediante il sistema del cosiddetto "cavallo di ritorno", e la realizzazione, in concorso con altri sodali, di sette delittisatellite, tutti perpetrati nell'arco di otto giorni.
3.1. L'ordinanza genetica aveva ravvisato un concreto pericolo di fuga, in relazione alla posizione di CM (uno dei membri più attivi dell'organizzazione criminale), valorizzando
- gli accertati contatti con esponenti di organizzazioni di tipo mafioso, che avrebbero potuto offrire appoggi logistici all'indagato, così da permettergli di sottrarsi all'esecuzione di misure cautelari;
- l'ausilio prestato dal ricorrente e da altro associato a un cittadino albanese destinatario di misure restrittive, onde favorirne la latitanza;
- l'elevato numero di contestazioni e la gravità dei fatti di reato, con la concreta prospettiva della futurairrogazione di una pena sicuramente consistente. Il Tribunale ha reputato questi elementi come probatoriamenteneutri e,
comunque, privi di una definitiva pregnanza inferenziale. In particolare,
- il riferimento al mero titolo di reato risulta del tutto generico e, ex /ege, non è di per sé solo sintomatico rispetto alla specifica esigenza cautelare;
- altri coindagati, componenti del sodalizio o comunque orbitanti attorno ad esso, avevano in effetti riportato condanne per il delitto di cui all'art. 416-bis cod. pen., ma non emergono rapporti attuali o quantomeno recenti, tali da lasciar fondatamente desumere che queste labili relazioni garantirebbero un effettivo aiuto in un'eventuale latitanza;
- l'assistenza prestata in territorio italiano alla latitanza di uno straniero non implica necessariamente la disponibilità di concreti legami con ambienti criminali esteri, né si rilevano altre circostanze rilevanti sul punto.
3.2. Il Tribunale del riesame si è, dunque, confrontato esplicitamente con tutti gli elementi posti dal Giudice per le indagini preliminari a fondamento dell'applicazione della misura per quanto attiene alla suddetta esigenza cautelare e li ha superati, singolarmente e complessivamente, all'esito di un serrato confronto critico, connotato da maggiore persuasività e credibilità razionale. Il ribaltamento delle conclusioni a cui si era pervenuti nell'ordinanza applicativa è, pertanto, sorretto da un percorso motivazionale tale da ottemperare appieno all'irrigidimento dei paradigmi minimi dell'onere argomentativo in caso di revirement rispetto alla precedente decisione.
D'altronde, il Procuratore della Repubblica non muove specifiche censure in ordine alla consistenza e alla tenuta logica dell'apparato motivazionale su cui riposa l'overturning, articolando, invece, deduzioni di ordine schiettamente procedimentale.
4. Secondo l'Ufficio ricorrente, infatti, apparirebbe dirimente il fatto che l'ordinanza applicativa, che ha individuato quale unica esigenza cautelare quella di cui all'art. 274, lett. b), cod. proc. pen., non abbia pretermesso di motivare sul punto. La correttezza del mancato espletamento dell'interrogatorio preventivo discenderebbe, quindi, dal concreto pericolo di fuga ravvisato dal Giudice per le indagini preliminari e argomentato in termini non tautologici o apodittici.
Seconde questa opzione esegetica, qualora un discorso giustificativo di tal fatta non fosse successivamente condiviso dal giudice dell'impugnazione cautelare, non verrebbe meno, in ogni caso, la ritualità della procedura. In particolare, in base al principio di tassatività delle nullità, sarebbe insostenibile la tesi per cui il Tribunale, andando di contrario avviso, potrebbe rilevare un vizio strutturale dell'ordinanza. Il provvedimento impugnato, nello specifico, avrebbe esteso analogicamente un'ipotesi di nullità che la lettera del codice e la stessa ratio del sistema cautelare ricollegherebbero esclusivamente all'omessa valutazione della specifica questione. Opinando diversamente, si afferma nel ricorso, si perverrebbe a una condizione di permanente incertezza sulla stabilità del provvedimento applicativo, suscettibile di annullamento in base a mere divergenze interpretative sull'efficacia dimostrativa del quadro investigativo ovvero a mutamenti degli orientamenti giurisprudenziali.
Peraltro, in concreto, non potrebbe ravvisarsi nessun effettivo vulnus alle garanzie difensive, dal momento che, nel successivo interrogatorio di garanzia, ritualmente espletato, l'indagato si era avvalso del diritto al silenzio, nonostante il maggior tempo a sua disposizione per dispiegare le proprie strategie.
5. Questi profili di censura risultano infondati, ai limiti dell'inammissibilità.
5.1. Nel testo vigente ratione temporis, l'art. 291 cod. proc. pen., prevede, al comma 1-quater (inserito dall'art. 2, comma 1, lett. e), I. 9 agosto 2024, n. 114), che: «fermo il disposto dell'articolo 289, comma 2, secondo periodo, prima di disporre la misura, il giudice procede all'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini preliminari con le modalità indicate agli articoli 64 e 65, salvo che sussista taluna delle esigenze cautelari di cui all'articolo 274, comma 1, lettere a) e b), oppure l'esigenza cautelare di cui all'articolo 274, comma 1, lettera e), in relazione ad uno dei delitti indicatiall'articolo 407, comma 2, lettera a), o all'articolo 362, comma 1-ter, ovvero a gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale».
Il successivo art. 292 - come modificato dalla lett. f), del medesimo art. 2, comma 1, I. n. 114 del 2024, che ha inserito il comma 3-bis - prevede poi una specifica sanzione per l'inosservanza del nuovo modulo procedimentale:
«L'ordinanza è nulla se non è preceduta dall'interrogatorio nei casi previsti dall'articolo 291, comma 1-quater [...]».
5.2. La novella codicistica è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 10 agosto 2024, n. 187 ed è quindi entrata in vigore, in parte qua, ai sensi dell'art. 10 disp. prel. cod. civ., il successivo 25 agosto.
La regola del contraddittorio anticipato deve ritenersi applicabile a tutte le richieste di misura cautelare pendenti a tale data, come sottolineato condivisibilmente dai primi commentatori e in ossequio ai principi processuali del tempus regit actum e del favor rei. Se, con ogni evidenza, il nuovo regime offre una più ampia tutela all'indagato, risulta del pari non revocabile in dubbio che l'actus da prendere in considerazione sia l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, anche avuto riguardo alla specifica topografia della modifica legislativa, che è andata a incidere sull'art. 291 cod. proc. pen., recante disposizioni sul «procedimento applicativo» che il giudicante deve seguire, a seguito dell'impulso derivante dalla richiesta di misura del pubblico ministero. Peraltro, depone in tal senso anche l'esegesi del massimo consesso nomofilattico, secondo cui, allorché si succedano nel tempo diverse discipline e non sia espressamente regolato, con disposizioni transitorie, il passaggio dall'una all'altra, occorre far riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato (Sez. U, n. 27614 del 29/03/2007, Lista, Rv. 236537-01, che, nell'impossibilità di postulare una nozione indifferenziata di atto processuale, vieppiù se isolatamente considerato, focalizza le proprie riflessioni sulle sue «dimensioni temporali», in relazione alle quali si deve modulare la formula tempus regit actum. Cfr. anche Sez. U, n. 44895 del 17/07/2014, Pinna, Rv. 260926-01, in tema di interrogatorio di garanzia e di struttura del rapporto cautelare, la cui vicenda processuale si compone di fasi autonome).
L'ordinanza che ha disposto la misura coercitiva - atto che non si esaurisce nel suo puntuale adempimento, ma dispiega i propri effetti nel tempo ed è sempre suscettibile di successivo controllo, a presidio della libertàpersonale, anche in ordine ai presupposti applicativi (salvo il cosiddetto giudicato cautelare) - è stata emessa il 12 settembre 2024. La /ex superveniens, pertanto, governa la fattispecie processuale oggetto del motivo di impugnazione.
5.3. L'inversione dell'ordinaria sequenza procedimentale "misura interrogatorio" non era sconosciuta all'ordinamento: il legislatore aveva già valorizzato un momento di conoscenza anticipata delle ragioni difensive, a fronte della potenziale invasività dello strumento caute'lare e delle sue conseguenze indirette anche in danno di terzi soggetti, anticipando l'espletamento dell'incombente con riferimento all'applicazione di misure nel procedimento in materia di responsabilità amministrativadegli enti (art. 47, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231) e alla sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio (art. 289, comma 2, cod. proc. pen., come modificato dall'art. 7, I. 16 aprile 2015, n. 47).
La recente riforma - prevedendolo come ordinaria forma procedimentale, ma senza generalizzarlo completamente,anzi con assai ampia casistica derogatoria - ha esteso questo modello "a contraddittorio anticipato" a tutti i casi in cui non risulti necessario che il provvedimento cautelare sia adottato "a sorpresa". Accanto all'intervento sulle cadenze ordinarie del procedimento applicativo, si è, dunque, tenuto conto di situazioni rispetto alle quali non era possibile l'interlocuzione preventiva con l'indagato, tra cui, lo si ripete, il pericolo di fuga (cfr. Relazione illustrativa al d.d.l. A.S. 808, § 2.2). D'altronde, la garanzia costituzionale del diritto di difesa non esclude che il legislatore possa darvi attuazione in modo diverso, tenuto conto dei diversi contesti procedimentali (Sez. U, n. 17274 del 26/03/2020, Salvati,Rv. 279281-01. Cfr., altresì, Corte cost., sentt. n. 77 del 24/03/1997 e n. 32 del 10/02/1999, e Sez. U, n. 3 del 28/01/1998, Budini, Rv. 21058, nonché la citata Sez. U, Pinna, che rimarcano il ruolo dell'interrogatorio di garanzia, consacrato quale diritto inviolabile, ex art. 13 Cost., del cittadino invincu/is).
È stata così mutuata dai consimili istituti già presenti nell'ordinamento la duplice funzione di consentire al (potenziale) destinatario della misura di fare valere le proprie ragioni prima dell'adozione (eventuale) del provvedimento e di regolare conseguentemente l'obbligo motivazionale del giudice emittente, tenuto da subito a confrontarsi con le deduzioni difensive. Non si tratta, nondimeno, di una palmare riproduzione delle precedenti disposizioni, dal momento che il novum normativo si connota per non marginali peculiarità: l'ambito rigidamente circoscritto in relazione solo a talune specifiche esigenze cautelari e la differenza - che non pare meramente lessicale, richiamandosi fasi diverse del momento deliberativo - tra le due previsioni, in base alle quali il giudice procede, per quanto attiene alla citata misura interdittiva, «prima di decidere sulla richiesta del pubblico ministero», mentre, secondo la Novella, «prima di disporre la misura».
Non a caso, l'ordinanza cautelare che dovrà contenere, sempre a pena di nullità, ai sensi del comma 2-ter dell'art. 292 cod. proc. pen., come interpolato dalla Novella, anche «una specifica valutazione degli elementi esposti dalla persona sottoposta alle indagini nel corso dell'interrogatorio».
In tal modo, risulta tratteggiata una fattispecie processuale complessa, nella quale il contatto anticipato con il (possibile) destinatàrio del provvedimento restrittivo costituisce un elemento fondante, e non solo cronologicamente antecedente, l'esercizio del potere cautelare, in quanto concorre a confermare - ovvero, al contrario, a obliterare - il convincimento interinale del giudicante, discendente da una illustrazione unilaterale dei fatti di causa e delle conseguenze da trarne in punto di diritto; d'altronde, qualora il giudice per le indagini preliminari fosse già pervenuto alla determinazione di rigettare la richiesta del pubblico ministero, non potrebbe certo razionalmente presumersi, sulla scorta della stessa lettera della legge ed anche a tutela del segreto investigativo, la permanenza del dovere di procedere comunque all'interrogatorio.
Questo schema procedimentale si arricchisce di un ulteriore requisito negativo: il giudizio di (in)sussistenza di esigenze cautelari ostative, quale fattore preclusivo rispetto all'attivazione del contraddittorio preliminare, anche a prescindere da.Ile specifiche richieste e indicazioni sul punto da parte del pubblico ministero. Invero, il principio della domanda cautelare preclude al giudice la possibilità di mutare il fatto posto a fondamento della imputazione provvisoria ovvero di disporre misure più gravi di quelle richieste, ma non impedisce, anche in sede di impugnazione de libertate, di dare al fatto una diversa qualificazione giuridica né di ravvisare gli indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari perragioni diverse o ulteriori rispetto a quelle prospettate dall'organo di accusa (Sez. 1, n. 36255 del 30/06/2023, Adalil, non mass.; Sez. 1, n. 28525 del 08/9/2020, Signore, Rv. 279643-01; Sez. 3, n. 43731 dell'S/9/2016, Borovikov, Rv. 267935- 01; Sez. 3, n. 29966 del 1/4/2014, C., Rv. 260253-01). Anzi, si è condivisibilmente ritenuto che sia precipuo compito del giudice la valutazione della sussistenza dei presupposti - gravi indizi ed esigenze cautelari - a prescindere dagli specifici contenuti della richiesta; ogni ipotetica previsione di nullità, infatti, riguarda solo l'ordinanza applicativa, ai sensi dell'art. 292, comma 2, cod. proc. pen., e non la richiesta del pubblico ministero (Sez. 1, n. 36255 del 2023, cit.; Sez. 6, n. 51066 del 03/10/2017, La Selva, non mass.; Sez. 2, n. 6325 del 21/11/2006, dep. 2007, Chaoui, Rv. 235826-01).
5.4. Il riesame di una misura cautelare personale, secondo la consolidata opinione in letteratura e in giurisprudenza, che il Collegio intende ribadire, è un mezzo di impugnazione con effetto interamente devolutivo, preordinato alla verifica dei presupposti legittimanti l'adozione del provvedimento cautelare (Sez. U, n. 26 del 05/07/1995, Galletto, Rv. 202015-01; Sez. 2, n. 7327 del 16/12/2023, Cannalire, non mass.; Sez. 4, n. 12995 del 05/02/2016, Uda, Rv. 266294-01; Sez. 5, n. 5664 del 24/11/1999, dep. 2000, Frroku, Rv. 216240-01).
Il tribunale, pertanto, può annullare o riformare in senso favorevole all'imputato il provvedimento impugnato anche per motivi diversi da quelli enunciati nell'atto di impugnazione, così come può confermarlo per ragioni diverse da quelleindicate nella motivazione dell'ordinanza cautelare (Sez. 5, n. 40061 del 12/07/2019, Valorosi, Rv. 278314-03; Sez. 6, n. 18853 del 15/03/2018, Puro, Rv. 273384-01). Tale impugnazione permette all'indagato di ottenere un pieno controllo giurisdizionale sulla legittimità, sulla coerenza con le emergenze investigative e sull'adeguatezza del provvedimento applicativo; la funzione di strumento per rimuovere gli effetti pregiudizievoli del provvedimento impugnato e,soprattutto, la natura di "puro gravame" implicano, infatti, la disamina dell'intera vicenda storica e processuale da parte del giudice dell'impugnazione cautelare di merito, nel cui sindacato rientra inequivocabilmente la completa verificaex post, nella pienezza della giurisdizione di merito e secondo la meccanica delineata dall'art. 309, comma 9, cod. proc. pen., della sussistenza di tutti i presupposti richiesti dalla legge per l'applicazione della misura, senza particolari vincoli -salva l'immodificabilità in deterius - sul piano della cognizione e della decisione (cfr. Sez. 1, n. 4172 del 17/06/1996, Grieco, Rv. 205493-01, secondo cui il riesame è diretto al controllo dei presupposti formali e sostanziali della misura cautelare e con esso sono, quindi, deducibili - e rilevabili di ufficio - i vizi genetici del provvedimento coercitivo. Secondo Sez. 3, n. 37608 del 09/06/2021, Costagliola, Rv. 282023-01, in tema di misure reali, il cosiddetto effetto devolutivo del riesame deve essere inteso nel senso che il tribunale è tenuto a valutare, indipendentemente dalla prospettazione del ricorrente, ogni aspetto relativo ai presupposti del sequestro).
5.5. Il tribunale potrebbe, in astratto, anche intervenire sul merito cautelare, avvalendosi dei propri poteri di integrazione dell'apparato motivazionale, sanando le carenze argomentative del provvedimento gravato (Sez. 3, n. 3038 del 14/11/2023, dep. 2024, Emme Ci Tex Sri, Rv. 285747-01; Sez. 6, n. 10590 del 13/12/2017, dep. 2018, Liccardo, Rv. 272596-01). Questo potere-dovere, tuttavia, non opera in caso di motivazione mancante o apparente, quale quella che consiste in vuote formule di stile, priva di qualsiasi riferimento contenutistico e di enucleazione degli specifici elementi reputati indizianti (Sez. 5, n. 643 del 06/12/2017, dep. 2018,Pohl, Rv. 271925-01; Sez. 2, n. 46136 del 28/10/2015, Campanella, Rv. 265212-01).
Nel caso di specie, tuttavia, non si tratta di riempire di contenuti un passaggio motivazionale meramente tautologico, ma di individuare le conseguenze di una radicale e demolitoria rilettura ad opera del Tribunale del riesame dei dati informativi che avevano fondato l'affermazione di sussistenza del pericolo di fuga da parte del Giudice per le indagini preliminari.
Venuta meno - retrospettivamente ma ex tunc, stante il rapporto di compenetrazione tra il provvedimento genetico e il suo successivo riesame - la sussistenza del pericolo di fuga, emerge una causa originaria e strutturale di nullità dell'ordinanza applicativa. Come accennato, infatti, secondo il comma 3-bis dell'art. 292 cod. proc. pen., recentementeintrodotto, «l'ordinanza è nulla se non è preceduta dall'interrogatorio nei casi previsti dall'articolo 291, comma 1-quater». Al contrario di quanto ipotizzato dalla Procura ricorrente, non siamo in presenza di alcuna impropria estensione analogica di una norma di stretta interpretazione da parte del Tribunale: la sanzione processuale è espressa (e, pertanto, pienamente rispettosa dei limiti imposti all'interprete dall'art. 177 cod. proc. pen.). Se viene ritenuta insussistente la specifica esigenza cautelare legittimante la disciplina speciale, risulta inevitabilmente priva di fondamento giuridico anche la deroga all'ordinaria anticipazione del contraddittorio.
Mutuando le riflessioni a suo tempo espresse in tema di obbligo del giudice per le indagini preliminari di procedere all'interrogatorio dell'indagato, prima di decidere sulla richiesta del pubblico ministero di applicazione di una misura personale cautelare interdittiva, la nullità di ordine generale per violazione del diritto di difesa, ai sensi dell'art. 178, lett. e), cod. proc. pen., deve essere qualificata come a regime cosiddetto intermedio (cfr. Sez. 6, n. 2412 del 24/05/2000, Corea, Rv. 217318-01, che aveva puntualizzato in motivazione: «La norma non prevede alcuna specifica sanzione in caso di inadempimento. Ciò non significa tuttavia che l'obbligo possa essere impunemente disatteso. La sua inosservanza viola, infatti, il principio del contraddittorio, vulnera il concreto esercizio del diritto di difesa, poiché priva l'imputato del diritto di essere interrogato dal giudice sui fatti che formano oggetto d'imputazione, di conoscere gli elementi di prova a suo carico e, ove possibile, le relative fonti, di esporre le proprie difese prima di essere attinto dalla misura cautelare»).
Questa nullità, peraltro tempestivamente eccepita con il primo atto utile, non potrebbe essere esclusa solo perché il giudice emittente aveva affermato - in maniera non corretta, come emerso dagli esiti della catena impugnatoria - la sussistenza di una circostanza derogatrice. Sostenendo che un passaggio argomentativo purchessia (che non esondi nel puro espediente retorico) valga a superare ogni possibilità di contestazione da parte dell'indagato, si finirebbe per sterilizzare irragionevolmente il perimetro cognitivo del giudice del riesame ed espropriare l'indagato di una basilare garanzia attribuitagli dalla legge, in conformità con i principi costituzionali.
La nuova norma, invero, al contrario della disciplina dell'interrogatorio di garanzia "posticipato" ex art. 294 cod. proc. pen., costruisce un'architettura procedimentale che postula testualmente, come prerequisito per l'emissione della misura personale, l'interlocuzione preventiva con il suo destinatario, salve le (pur ampie) deroghe pure previste. Non si verte, in questo caso, come nel distinto schema di cui agli artt. 302 e 306 cod. proc. pen., intorno a una causa di inefficacia della misura (sopravvenuta rispetto all'emissione e all'applicazione del vincolo cautelare e che opera suldiverso piano della persistenza della misura stessa), ma viene, invece, in rilievo l'accertata inesistenza originaria di un presupposto fisiologicamente legittimante il titolo cautelare. E, come detto, la verifica dei presupposti che consentono l'adozione della misura costituisce esattamente l'oggetto della richiesta di riesame (cfr. Sez. U, Galletto, cit.; Sez. U, n. 7 del 17/04/1996, Moni, Rv. 205255-01; Sez. 6, n. 11735 del 25/01/2024, Tavella, Rv. 286202-01; Sez. 2, n. 54267 del 12/10/2017, Cirino, Rv. 271366-01; Sez. 4, n. 12995 del 05/02/2016, Uda, Rv. 266294-01; Sez. 3, n. 809 del 17/02/2000, Demo, Rv. 216065-01).
Non è mai stato revocato in dubbio, peraltro, che lo scrutinio del riesame ricomprendesse anche la sussistenza delle esigenze cautelari (cfr., ex pluribus, Sez. 3, n. 43571 del 13/06/2023, Borgate, Rv. 285220-01; Sez. 3, n. 15980 del 16/04/2020, Rafanelli, Rv. 278944-02), e tale principio non può che mantenere intatta tutta la sua evidente validità anche quando tale sussistenza costituisca un elemento negativo della fattispecie processuale.
5.6. La fondatezza di tali conclusioni prescinde dai successivi concreti seguiti procedimentali e non può essere contraddetta dalla indubitabile possibilità di avvalersi del diritto al silenzio in sede di interrogatorio (anticipato o posticipato che sia). L'interessato deve essere necessariamente posto nelle condizioni di svolgere appieno le proprie difese e rimane, poi, rimesso alle sue incensurabili determinazioni discrezionali individuare le modalità concrete dell'esercizio - o del mancato esercizio - di questo diritto, apprezzando insindacabilmente gli spazi defensionali che le diverse opzioni potrebbero offrirgli. L'iniziale omissione dell'imprescindibile incombente non potrebbe certo costringere l'indagato a controdedurre puntualmente rispetto all'imputazione provvisoria, rinunciando a priori alle proprie legittimestrategie, a pena di vedere caducato il proprio diritto ad eccepire la nullità (cfr. Sez. 6, n. 26929 del 15/03/2018, Cecchini, Rv. 273416- 01, in tema di misura interdittiva ex art. 289, comma 2, cod. proc. pen.).
Poiché sussiste un'originaria causa di nullità dell'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari (apprezzata all'esito della verifica, di legalità e di merito, del corretto uso del potere cautelare, in sede di riesame), l'interrogatorio preliminare assume un ruolo non altrimenti surrogabile. Non appare, pertanto, in termini neppure la giurisprudenza che afferma, in relazione all'applicazione di una misura cautelare interdittiva disposta in accoglimento dell'appello del pubblico ministero, la non necessità del previo interrogatorio dell'indagato, in virtù del contraddittorio già sviluppatosi nel procedimento di impugnazione (cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 14958 del 05/03/2019, drlando, Rv. 275538-01. Sulla infungibilità dell'interrogatorio di garanzia, mezzo del tutto tipico, indispensabile per la difesa dell'indagato e non sostituibile con altre procedure di audizione del sottoposto in vinculis, cfr. le citate Sez. U, Pinna e Sez. U, Budini).
6. Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
PQM
rigetta il ricorso.
Così deciso il 9 gennaio 2025.