Nessun pregiudizio del diritto di difesa, come su quello alla tutela giurisdizionale garantita dall'art. 113 Cost. in caso di scadenza del termine che cade in una giornata non festiva con uffici però chiusi: il soggetto privato ha l'onere di conoscere l'orario dei pubblici uffici per una diligente cura dei suoi interessi.
Corte Costituzionale
(ud. 15/06/1967) 03-07-1967, n. 80
ha pronunciato la seguente
Sentenza
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, prima parte, della L. 27 maggio 1949, n. 260, recante disposizioni in materia di ricorrenze festive, promosso con ordinanza emessa il 20 marzo 1966 dal Tribunale di Campobasso nel procedimento civile vertente tra Titta Adalberto e l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie, iscritta al n. 103 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 175 del 16 luglio 1966.
Udita nella Camera di Consiglio del 1° giugno 1967 la relazione del Giudice Francesco Paolo Bonifacio.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
L'art. 3, prima parte, della L. 27 maggio 1949, n. 260, viene impugnato dal Tribunale di Campobasso perché alla riduzione dell'orario dei pubblici uffici non si accompagna la proroga al giorno successivo dei termini processuali che abbiano a scadere in una giornata dichiarata solennità civile, a differenza di quanto avviene, in forza dell'ultimo comma dell'art. 155 c.p.c., per i termini scadenti in giorno festivo.
La questione non è fondata.
Nel promuoverla il giudice a quo parte dalla premessa che l'anticipata chiusura dei pubblici uffici produce una riduzione del termine assegnato dalla legge processuale per il compimento di determinati atti.
Ma così non e, perché nei termini fissati a giorni, a mesi o ad anni quel che conta è che l'interessato possa svolgere l'attività sottoposta a termine anche nell'ultimo giorno utile: e sul diritto di difesa, come su quello alla tutela giurisdizionale garantita dall'art. 113 Cost., in nessun modo incide l'orario dei pubblici uffici, che il soggetto privato ha l'onere di conoscere per una diligente cura dei suoi interessi.
Persino in relazione a norme la cui legittimità veniva contestata in considerazione della brevità di termini perentori la Corte (si veda da ultimo sent. n. 58 del 1967) ha costantemente affermato che lesione del diritto costituzionalmente garantito si ha solo quando la irrazionale brevità del termine renda meramente apparente la possibilità del suo esercizio, e tale principio, certo a maggior ragione, conferma l'infondatezza della presente questione di legittimità costituzionale.
P.Q.M.
la Corte Costituzionale
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, prima parte, della L. 27 maggio 1949, n. 260, con tenente «disposizioni in materia di ricorrenze festive», sollevata dal Tribunale di Campobasso con ordinanza del 20 marzo 1966, in riferimento agli artt. 24 e 113 Cost.
Così deciso in Roma, in Camera di Consiglio, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1967.