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Nessuna perquisizione se lede funzione difensiva (Cass. 45637/15)

17 novembre 2015, Cassazione penale

Le garanzie previste dalla legge a garanzia della libertà del difensore non sono volte a tutelare chiunque eserciti la professione legale ma solo colui che rivesta la qualità di difensore in forza di specifico mandato conferitogli nelle forme di legge, essendo essenzialmente apprestate in funzione di garanzia dei diritto di difesa dell'imputato.

Tali guarentigie, infatti, non introducono un principio immunitario di chiunque eserciti la professione legale, ma sono applicabili unicamente se devono essere tutelate la funzione difensiva o l'oggetto della difesa

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 settembre – 17 novembre 2015, n. 45637
Presidente Mannino – Relatore Amoresano

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza in data 17/04/2015 il Tribunale di Genova rigettava la richiesta di riesame, proposta nell'interesse di D.G., indagato per i reati di cui agli artt.323, 479 cod.pen. ed altro, avverso il decreto di convalida di sequestro probatorio, emesso dal P.M. il 16/03/2015.
Premetteva il Tribunale che il P.M. aveva convalidato il sequestro di documentazione, operato di iniziativa dei Corpo Forestale dello Stato il 12/03/2015 nell'ambito di una indagine avente ad oggetto i reati di falso ed abuso di ufficio in relazione all'autorizzazione, data dal Comune di Castigliane Chiavarese, di un intervento in zona vincolata sul presupposto che si trattasse di riqualificazione ambientale.
Il sequestro preventivo disposto poi dal G.i.p. non era oggetto dell'impugnazione, per cui andava valutata soltanto la pertinenza della documentazione sequestrata alle indagini e la sussistenza di motivazione sulle finalità probatorie.
Quanto alla pertinenza alle indagini la verifica andava effettuata, in sede cautelare, sul piano astratto, e non c'era dubbio che non emergesse alcuna discrasia tra quanto sequestrato ed i reati contestati.
Il P.M. aveva, poi, adeguatamente motivato in ordine alla pertinenza del materiale sequestrato alle indagini ed alla necessità di mantenere il vincolo sullo stesso (gli oggetti risultati estranei alle indagini stesse erano stati invece restituiti).
Infondata era l'eccezione di nullità per violazione dell'art.103 cod.proc.pen..
Tale nullità si configura, infatti, soltanto quando la perquisizione sia stata disposta nei confronti di un difensore che svolga il suo patrocinio nell'ambito di un procedimento penale e non anche quando (come nel caso di specie) si proceda nei confronti di un soggetto indagato che rivesta incidentalmente la qualità di avvocato. La garanzia riguarda invero l'esercizio del mandato difensivo e non si risolve certo in una immunità per determinati soggetti.
L'eccezione difensiva non poteva trovare accoglimento neppure in relazione all'avv.M., nominato difensore dal G. in sede di perquisizione e che aveva lo studio presso lo stesso immobile, dal momento che i locali di sua pertinenza non erano stati oggetto di perquisizione.

2. Ricorre per cassazione D.G., a mezzo del difensore, denunciando la violazione deli'art.103, commi 3 e 4, cod.proc.pen.

Il sequestro probatorio, di iniziativa del Corpo Forestale dello Stato, fu eseguito sia presso l'abitazione, sia presso lo studio professionale di awocato del G., condiviso con il difensore di fiducia avv.P. M., nominato nell'immediatezza della perquisizione domiciliare.

Inoltre l'avv.G., indagato quale membro della Commissione edilizia e della Commissione Paesaggistica comunale, aveva anche un mandato difensivo conferitogli dal Comune di Castigliane Chiavarese con delibera di Giunta dei 5/7/2012.

Ciononostante, la perquisizione ed ìl sequestro non sono stati eseguiti, come prescrive l'art.103 cod.proc.pen., personalmente dal P.M., né previo decreto motivato di autorizzazione dei G.i.p.

Il Tribunale ha rigettato l'eccezione, richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione, relativa però a fattispecie completamente diverse.

Secondo la giurisprudenza di legittimità la ratio delle garanzie di cui all'art.103 cod.proc.pen. è quella di impedire alla p.g., in special modo se sprovvista di un decreto dei P.M., di procedere a perquisizione in uno studio legale e prendere cognizione, anche se solo informalmente, di atti rilevanti per l'esercizio del diritto di difesa.

Dei resto, sarebbe irragionevole, a differenza di quanto ritiene il Tribunale, una differenziazione di disciplina, sussistendo l'esigenza di evitare interferenze nel rapporto tra difensore e imputato sia in relazione allo stesso procedimento, in cui si svolge il mandato difensivo, che in relazione ad altri procedimenti.

Con il secondo motivo denuncia la violazione degli artt.235, comma 1, e 101 Cost..

Attraverso la singolare interpretazione fornita in relazione all'art.103  c.p.p. il Tribunale ha esercitato una potestà riservata dalla legge ad organi amministrativi (Presidente Consiglio dell'Ordine), ha violato il principio del Giudice naturale precostituito per legge; ha violato il principio per cui il giudice è soggetto soltanto alla legge.
Con il terzo motivo denuncia la mancanza e la mera apparenza della motivazione.
II Tribunale, nell'adottare il criterio ermeneutico in precedenza evidenziato, è incorso peraltro in un palese travisamento dei fatto, affermando che i locali di pertinenza dello studio professionale dell'avv. M. (nominato difensore) non siano stati oggetto di perquisizione.
Tanto in palese contrasto con le emergenze dei verbale di perquisizione e sequestro.
Con il quarto motivo denuncia la mancanza di motivazione in ordine alla eccepita nullità del provvedimento di convalida per violazione dell'art.178 lett.b) cod.proc.pen.
Con il quinto motivo solleva eccezione di incostituzionalità dell'art.103, commi 3 e 4, cod.proc.pen, per contrasto con gli artt.3, 25, comma 1, 24, comma 2, e 101 Cost., ove si accolga l'interpretazione, data dal Tribunale, della norma.
Con il sesto motivo, infine, solleva questione pregiudiziale UE ex art.267 par.3 TFUE sull'interpretazione dell'art.48 dei diritti fondamentali, come attuato dalla direttiva n.2013/48/UE dei Parlamento europeo e dei Consiglio dei 22/10/2013, ove si voglia interpretare l'art.103 nel senso riduttivo e sostanzialmente "abrogans" indicato dal Tribunale.
2.1.Con memoria, pervenuta in cancelleria il 9/7/2015, si ripropone la questione di legittimità costituzionale deli'art.103, commi 3 e 4, cod.proc.pen.

Considerato in diritto

1. II ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
2.Secondo la giurisprudenza prevalente di questa Corte, le guarentigie previste dall'art.103 cod.proc.pen. non sono volte a tutelare chiunque eserciti la professione legale ma solo colui che rivesta la qualità di difensore in forza di specifico mandato conferitogli nelle forme di legge, essendo essenzialmente apprestate in funzione di garanzia dei diritto di difesa dell'imputato; pertanto esse non possono trovare applicazione qualora gli atti di cui all'art.103 cod.proc. pen  - ispezioni, perquisizioni, sequestri - debbano essere compiuti nei confronti di esercente la professione legale sottoposto ad indagine (Cass. sez. 5 n.12155 del 05/12/2011, Rv.252147).
Tali guarentigie, infatti, non introducono un principio immunitario di chiunque eserciti la professione legale, ma sono applicabili unicamente se devono essere tutelate la funzione difensiva o l'oggetto della difesa (Cass. sez.2 n.32909 del 16/05/2012).

2.1. Il Tribunale, pur aderendo al richiamato indirizzo interpretativo, nel rigettare l'eccezione di nullità (in relazione al fatto che nello studio, in cui venne eseguita la perquisizione, svolgeva attività professionale anche l'avv.M., nominato difensore di fiducia dall'indagato), ha sbrigativamente ed apoditticamente ritenuto che i locali di pertinenza dell'avv. M. non fossero stati oggetto di perquisizione.

Venendo eccepita la violazione di norme processuali la Cassazione è giudice anche del fatto, per cui è consentito l'accesso agli atti.

Dal verbale, redatto dalla p.g. in data 12/03/2015, dopo aver dato atto che l'indagato G. nominava suo difensore di fiducia l'avv. P. M. del foro di Genova "esercente la propria attività professionale presso il medesimo studio", si procedeva ad individuare "le pertinenze e le dotazioni informatiche utilizzate in toto o in parte dall'avv. G. ( e cioè la sala ad uso segreteria, la stanza ad uso archivio, la stanza ad uso sala riunioni ed ufficio personale dell'avv. G. e la sala praticanti).

Pur precisandosi che i locali estranei all'utilizzo dell'avv.G. erano stati liberi ad ogni utilizzo da parte degli avvocati ivi operanti, è del tutto evidente che la perquisizione venne eseguita, non solo nell'ufficio personale dell'avv. G., ma anche in locali utilizzati anche dagli altri avvocati esercenti l'attività professionale in quello studio, tra cui l'avv.Maggì.

Tanto emerge chiaramente dalle stesse caratteristiche dei locali perquisiti che non potevano che essere "comuni" (archivio, sala riunioni); dei resto nel verbale si dà atto che la perquisizione venne eseguita in pertinenze utilizzate "in toto o in parte" dall'avv. G..

Vi è stato, quindi, sul punto il "travisamento della prova", che si ha quando venga utilizzata un'informazione inesistente ovvero venga omesso l'esame di elementi probatori offerti dalle parti (cfr. Cass. Pen. Sez. 4 n.14732 dell'1.3.2011; conf. Cass. Pen. Sez. 2 n.22565 del 9.6.2006; Cass. Pen. Sez. 4 n.26.18 del 7.11.2006; Cass. Sez. 2 n.19850 dei 24.5.2006; Cass. Pen. Sez. 3 n.39729 dei 18.6.2009; Cass. Pen. Sez. 3 n.37756 dei 7.7.2011). In particolare, nell'ipotesi di omessa valutazione di una prova esistente agli atti, il vizio è riconducibile, per i provvedimenti cautelare reali, ex art.125, comma 3, cod.proc.pen. alla violazione di legge, risolvendosi in mancanza di motivazione sul punto.

Per di più il Tribunale non ha tenuto conto che l'indagato G. era stato nominato difensore di fiducia dei Comune di Castiglione Chiavarese, con delibera dei 5/07/2012 nel giudizio davanti al TAR Liguria proprio in relazione all'intervento di riqualificazione ambientale, per il quale era stato instaurato il procedimento penale.

2.2. Sotto entrambi i profili indicati ricorrevano, pertanto, i presupposti per applicare le guarentigie di cui all'art.103 cod.proc.pen.; dalla omissione deriva la nullità della perquisizione e del sequestro.

L'ordinanza impugnata, nonché il provvedimento di convalida dei sequestro probatorio, emesso dal P.M. in data 16/03/2015, vanno pertanto annullati senza rinvio, con restituzione di quanto sequestrato all'avente diritto.

L'accoglimento, sul punto, del ricorso assorbe ogni altra doglianza e rende irrilevanti la questione di legittimità costituzionale dell'art.103, commi 3 e 4, cod.proc.pen. e la questione pregiudiziale UE ex art.267, par.3, TFUE sull'interpretazione dell'art.48 Carta UE dei diritti fondamentali.

P.Q.M.

Annulla, senza rinvio, il provvedimento impugnato, nonché il decreto di convalida dei sequestro probatorio emesso dal P.M. in data 16/03/2015 ed ordina la restituzione di quanto in sequestro all'avente diritto.