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Manca traduzione dell'ordinanza cautelare, riesame sana a meno che .. (Cass, 14588/06)

27 aprile 2006

Ordinanza cautelare per indagato alloglotta non tradotta: i termini per l'esercizio dei diritti difensivi decorrono dal momento in cui l'atto tradotto ha raggiunto il suo scopo. Al riguardo, può ritenersi che l'eventuale proposizione della richiesta di riesame sani la nullità conseguente all'omessa traduzione, sul rilievo che, in tal caso, sarebbe stato raggiunto lo scopo tipico dell'atto, sempre che la richiesta di riesame non sia stata presentata solo per dedurre la mancata traduzione dell'ordinanza cautelare.

 

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Sent., (data ud. 20/03/2006) 27/04/2006, n. 14588

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSINI Gian Giulio - Presidente

Dott. MANNINO Saverio - Consigliere

Dott. CONTI Giovanni - Consigliere

Dott. ROSSI Agnello - Consigliere

Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sul ricorso proposto da:

A.M., nato a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 3 maggio 2005 emessa dal Tribunale di Milano;

visti gli atti, l'ordinanza denunciata e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Fidelbo Giorgio;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. VIGLIETTA Gianfranco, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di Milano, in funzione di Giudice del riesame, confermava il provvedimento con cui il G.i.p. presso il Tribunale di Vigevano aveva applicato, all'esito della convalida dell'arresto, la custodia cautelare nei confronti di A.M., ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza per i reati di detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente (D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 e 4), di detenzione, porto e ricettazione di un'arma da fuoco con matricola abrasa (L. n. 110 del 1975, art. 23, comma 2 e 4; L. n. 895 del 1967, artt. 2 e 4; art. 648 c.p.) e di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.).

2. Ha proposto ricorso per Cassazione l'indagato con un unico motivo, in cui ha dedotto, riproponendo la medesima questione sollevata davanti al tribunale del riesame, la violazione dell'art. 143 c.p.p., sostenendo che l'omessa traduzione dell'ordinanza cautelare in una lingua a lui nota ne abbia determinato la nullità ex art. 178 c.p.p., lett. c).

Motivi della decisione

3. In base a quanto ritenuto dalla stessa ordinanza impugnata, devono assumersi come circostanze pacifiche che l'indagato non conoscesse la lingua italiana e che, sebbene assistito nel corso dell'udienza di convalida da un interprete di lingua araba, non gli sia stata mai tradotta l'ordinanza cautelare in una lingua a lui nota, nè per iscritto, nè oralmente.

Nel respingere, su tali premesse di fatto, l'eccezione di nullità dell'ordinanza cautelare, per la mancata traduzione in una lingua nota all'indagato, il Tribunale ha tenuto presente la sentenza delle Sez. un., 24 settembre 2003, n. 5052, Zalagaitis - invocata dal ricorrente -, mettendo in rilievo come il profilo del diritto di difesa, che può risultare compromesso in caso di omessa traduzione del provvedimento coercitivo, è legato esclusivamente alla necessità di assicurare la integrità del termine di impugnazione in relazione all'instaurazione del procedimento del riesame ai sensi dell'art. 309 c.p.p., termine che può decorrere solo in quanto si sia realizzata una puntuale ed effettiva conoscenza del contenuto dell'ordinanza, assicurato dalla sua traduzione.

4. In particolare, attraverso i principi fissati dalla citata decisione delle Sezioni unite, in applicazione di quanto stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 10 del 1993, l'autorità giudiziaria ha l'obbligo di consentire la conoscenza degli atti di natura penale che coinvolgono il diritto di difesa dello straniero che non conosca la lingua italiana e, con specifico riferimento all'ordinanza cautelare, si è ritenuto che la traduzione, di regola, deve essere notificata unitamente all'atto originario in lingua italiana, quando la non conoscenza della lingua sia accertata sin dal primo contatto del soggetto con l'autorità giudiziaria, ovvero in sede di interrogatorio di garanzia o, ancora, in sede di udienza di convalida oppure, infine, all'atto dell'ingresso in carcere ex art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis, con la conseguenza che l'inosservanza di tali criteri determina la nullità degli atti a norma degli artt. 178 e 180 c.p.p., (nullità di ordine intermedio).

Tuttavia, con riferimento a quest'ultimo punto, deve osservarsi che l'ordinanza cautelare ha una sua struttura, definita dalle norme processuali, rispetto alla quale la mancata traduzione non può incidere sulla validità dell'atto, ma semmai sulla sua efficacia, con riferimento al momento della produzione degli effetti. Ne consegue che qualora sia dimostrato che lo straniero interessato dall'ordinanza non ne abbia avuta una comprensione adeguata, a causa della scarsa conoscenza della lingua italiana, sorge il dovere della traduzione del provvedimento, con l'ulteriore conseguenza che i termini per l'esercizio dei diritti difensivi decorrono dal momento in cui l'atto tradotto ha raggiunto il suo scopo. Da ciò deriva che alla proposizione del ricorso per il riesame viene attribuita una capacità sanante, nel senso che viene coperto ogni precedente difetto degli atti che ne sono la premessa, ritenendo che sia stato raggiunto lo scopo tipico di tali atti, sulla base del generale principio secondo cui "il conseguimento dello scopo elide la legittimazione a far valere una non conformità del procedimento al modello legale" (Sez. 4^, 12 novembre 2005, n. 6684, Hachimi; Sez. 5^, 6 ottobre 2004, n. 16185, Fusha).

5. Ed è proprio seguendo tale orientamento che l'ordinanza impugnata è giunta ad escludere l'ipotesi della nullità, ritenendo che l'omessa traduzione sia stata sanata dalla proposizione dell'istanza al tribunale del riesame.

Tuttavia, una tale conclusione non può essere accolta. L'ordinanza del Tribunale partendo da premesse sicuramente condivisibili, approda ad una scelta che finisce per escludere ogni tutela al diritto effettivo di difesa dell'indagato - straniero, in quanto porta alle estreme conseguenze il principio secondo cui la proposizione dell'istanza di riesame gioca un effetto di sanatoria assoluta, estendendo tale effetto anche al caso in cui il ricorso sia stato presentato solo per dedurre la mancata traduzione e, quindi, la non completa conoscenza del provvedimento coercitivo. In questo modo, infatti, lo stesso principio del raggiungimento dello scopo subisce un'applicazione formale, scollegata dal concreto ed effettivo esercizio del diritto di difesa.

Nel caso in esame l'indagato, con il ricorso davanti al tribunale del riesame (ed anche con il ricorso davanti a questa Corte) ha sempre e solo dedotto la mancata traduzione dell'ordinanza cautelare, per cui non è possibile sostenere che la presentazione dell'istanza abbia avuto come presupposto la piena conoscenza del provvedimento. In sostanza, l'indagato ha attivato un mezzo di tutela che gli consentiva di contestare la mancata traduzione, pregiudizievole per la sua difesa, impedendogli la possibilità di censurare l'esistenza dei presupposti, dell'adeguatezza della misura e delle esigenze cautelari.

Le conclusioni cui giunge il Tribunale vanno in direzione contraria rispetto alle finalità della sentenza "Zalagaitis" e dell'orientamento che sopra si è riportato, secondo cui il rispetto di un diritto non deve prescindere dalla valutazione in concreto della sua possibile estrinsecazione in relazione alla situazione in cui tale garanzia produce i suoi effetti: in questo caso, ad una valutazione attenta alla concretezza dell'esercizio del diritto, si sostituisce una delibazione del tutto formale.

D'altra parte, non può accogliersi completamente la richiesta del ricorrente, in quanto, per le ragioni che sopra si sono illustrate, la mancata traduzione dell'ordinanza cautelare non incide sulla perfezione e validità dell'atto, ma sulla sua efficacia, con riferimento al momento produttivo degli effetti. In tali casi, ciò che si verifica è una sorta di restituzione nel termine, per consentire l'eventuale impugnazione sulla base di una piena conoscenza dell'ordinanza cautelare. In sostanza, l'annullamento dell'ordinanza del Tribunale di Milano, oggetto del ricorso in questa sede, è funzionale a consentire la traduzione del provvedimento cautelare e la sua, eventuale, impugnazione. Per queste ragioni gli atti devono essere trasmessi al g.i.p. presso il Tribunale di Vigevano.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Vigevano per la traduzione dell'ordinanza applicativa della misura cautelare.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 20 marzo 2006.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2006