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MAE, sufficiente la segnalazione SIS (Cass. 16868/18)

16 aprile 2018, Cassazione penale

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Arresto di iniziativa della PFG in esecuzione MAE: difensore non ha diritto a 24 ore per preparare udienza di convalida. 

In tema di mandato di arresto europeo, l'unico rimedio proponibile avverso i provvedimenti relativi a misure caute/ari personali emesse per l'esecuzione di un mandato di arresto europeo è il ricorso per cassazione, e solo per violazioen di legge.

La legge  sancisce l'equipollenza al mandato dell'inserimento della relativa segnalazione nel S.I.S., così come avvenuto nel caso in esame, a patto che contenga la relazione sui fatti addebitati; le indicazioni complete circa le disposizioni di legge applicabili da parte dell'A.G. emittente; i dati segnaletici e le informazioni concernenti l'identità e la nazionalità del consegnando; il tutto corredato di traduzione in lingua italiana (L. n. 69 del 2005, art. 6).

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

 Sent., (ud. 20/03/2018) 16-04-2018, n. 16868

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLONI Giacomo - Presidente -

Dott. TRONCI Andrea - rel. Consigliere -

Dott. AGLIASTRO Mirella - Consigliere -

Dott. CRISCUOLO Anna - Consigliere -

Dott. CALVANESE Ersilia - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

R.A. nato il (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 09/01/2018 della CORTE APPELLO di PALERMO;

sentita la relazione svolta dal Consigliere TRONCI ANDREA;

sentite le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore CANEVELLI PAOLO, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;

sentito il difensore.

Svolgimento del processo

1. Con istanza depositata il 19.01.2018, il difensore di fiducia di R.A. formalizzava istanza di riesame avverso il provvedimento del precedente 9 gennaio, con cui il consigliere delegato dal presidente della Corte d'appello di Palermo aveva convalidato l'arresto del prevenuto, eseguito dalla p.g. in quanto destinatario di m.a.e. emesso dalla competente A.G. tedesca, per il reato di furto con strappo. All'esito dell'udienza conseguentemente fissata, il Tribunale distrettuale della cautela dichiarava la propria incompetenza, atteso che "unico rimedio proponibile avverso i provvedimenti relativi a misure cautelari personali emesse per l'esecuzione di un mandato di arresto europeo è il ricorso per cassazione", trasmettendo quindi gli atti relativi a questa Corte.

2. Fermo quanto sopra, va dato atto che, con l'istanza anzidetta, il difensore ricorrente si limitava, in primo luogo, ad eccepire la "violazione del combinato disposto dalla L. 22 aprile 2005, n. 69, artt. 10 e 13" e, secondariamente, a dedurre la pretesa "insussistenza delle esigenze cautelari ex art. 274 c.p.p., e adeguatezza di altre misure cautelari meno gravi".

2.1 Successivamente, con memoria depositata il 26.01.2018 e qualificata come "motivi aggiunti", il difensore medesimo esplicitava le ragioni a fondamento delle proprie doglianze, in precedenza oggetto di mera enunciazione, così rappresentate ed integrate:

a) l'audizione del R., pur tempestivamente avvenuta l'(OMISSIS) c.a. ad ore 16.00, avuto riguardo alla data del suo arresto, eseguito il giorno precedente alle ore 15.30, non sarebbe stata tuttavia preceduta da notifica entro le 24 ore precedenti, così come prescritto dalla L. n. 69 del 2005, art. 10, comma 2, poichè effettuata alle ore 11.18 dello stesso (OMISSIS), con conseguente violazione del diritto di difesa, anche in rapporto alla possibilità di documentare adeguatamente le condizioni di salute del ricorrente, asseritamente incompatibili con il regime carcerario;

b) il provvedimento impugnato sarebbe comunque divenuto inefficace, a mente della stessa legge, art. 13, comma 3, per via del mancato inoltro del m.a.e. da parte dell'Autorità richiedente, non potendosi riconoscere valore equipollente alla segnalazione del ricercato inserita nel S.I.S., per via della sua incompletezza;

c) quanto precede sarebbe altresì di ostacolo all'effettivo apprezzamento della esatta tipologia del reato commesso, in funzione della valutazione circa la ricorrenza dei "requisiti di pena edittale per procedere ad una misura custodiale così grave". In ogni caso, "il pericolo di fuga poteva prevenirsi con misure alternative", non avendo alcun rilievo la circostanza che il R., cittadino italiano con residenza nel comune di (OMISSIS), sia stato tratto in arresto al rientro dalla (OMISSIS), atteso che il dato avrebbe potuto essere correttamente valorizzato in chiave cautelare ove il prevenuto fosse stato in procinto di espatriare.

Motivi della decisione

1. La complessiva infondatezza del ricorso proposto ne comporta il rigetto.

2. Si premette che, giusta il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, "In tema di mandato di arresto europeo, in virtù del rinvio recettizio operato dalla L. n. 69 del 2005, art. 9, comma 7, all'art. 719 c.p.p., unico rimedio proponibile avverso i provvedimenti relativi a misure caute/ari personali emesse per l'esecuzione di un mandato di arresto europeo è il ricorso per cassazione" (così, da ultimo, Sez. 6, sent. n. 24891 dell'11.06.2015, Rv. 263816), che - come recita la norma testè richiamata - può essere formalizzato solo per violazione di legge.

3. Venendo quindi ai motivi sopra illustrati, sub a) e b) - tenuto conto, a fronte di un possibile rilievo di assoluta genericità delle censure elevate ai sensi della L. n. 69 del 2005, artt. 10 e 13, prima dell'esplicitazione di cui alla memoria del 26.01.2018, che la loro intelligibilità è assicurata dalla circostanza che esse erano state già prospettate in sede di convalida dell'arresto, risultando quindi debitamente affrontate dal provvedimento impugnato - è agevole osservare quanto segue.

4. Insussistente è la dedotta violazione del diritto di difesa, per via dell'avvenuta notifica al difensore del provvedimento di fissazione della data della convalida dell'arresto, in difetto del rispetto del termine di 24 ore di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 10, comma 2: ciò per la semplice e decisiva ragione dell'estraneità della norma richiamata alla sub-procedura di cui trattasi.

Il provvedimento impugnato è esplicito nel significare l'inapplicabilità della disposizione anzidetta alla fattispecie in esame e tale affermazione, in quanto corretta in diritto, non può che essere tenuta ferma in questa sede, al di là dell'opportunità di chiarirne le ragioni alla base.

La L. n. 69 del 2005, art. 10, comma 2, inerisce all'ipotesi specifica in cui sia stata la stessa Corte d'appello competente, ricevuto per il tramite del Ministro della giustizia il m.a.e. emesso dall'A.G. dello Stato membro, ad adottare la misura coercitiva ritenuta confacente al caso: ciò che comporta la necessità di far luogo all'audizione del consegnando entro cinque giorni dall'esecuzione della misura, previo avviso al difensore - appunto, almeno entro le 24 ore precedenti - della data fissata per l'anzidetto adempimento. E', dunque, di immediata evidenza che l'ipotesi testè descritta differisce radicalmente da quella disciplinata dalla legge medesima, artt. da 11 a 13, di arresto effettuato ad iniziativa della polizia giudiziaria: in tale evenienza, infatti - così come stabilisce con chiarezza l'art. 13, comma 1, appena menzionato - il presidente della Corte d'appello (ovvero il magistrato da lui delegato) deve provvedere a far luogo all'audizione del soggetto entro 48 ore dalla ricezione del verbale d'arresto, termine che, per giurisprudenza del tutto consolidata, segna ad un tempo il limite entro cui deve intervenire la convalida dell'arresto medesimo (cfr., per tutte, Sez. 6, sent. n. 27357 del 19.06.2013, Rv. 256567).

Consegue che l'esistenza di specifiche indicazioni in ordine all'iter procedurale da seguire, in uno con la scansione temporale particolarmente serrata che ne scandisce le cadenze - assai più ristrette rispetto all'ipotesi di cui alla stessa L. n. 69 del 2005,artt. 9 e 10, in cui l'adempimento qui invocato si rapporta ad un termine di cinque giorni - vale ad escludere con certezza che il rinvio ai succitati artt. 9 e 10, che pure compare nella parte finale del della L. n. 69 del 2005, art. 13, comma 2, debba essere inteso così come vorrebbe l'odierno ricorrente.

Si consideri del resto, a maggior supporto di quanto precede, che mentre l'art. 13, comma 1, su cui ci si è soffermati in precedenza, delinea i semplificati tratti procedurali che devono essere osservati e di cui si è detto, il secondo comma formula il rinvio che qui interessa con ben circoscritto riferimento alla pronuncia dell'ordinanza di convalida che il presidente della Corte d'appello è tenuto ad emettere, una volta escluso che nell'esecuzione dell'arresto sia stato compiuto un errore di persona, ovvero che sia stato eseguito al di fuori dei casi consentiti dalla legge.

Conforta appieno il convincimento del Collegio la precedente giurisprudenza di questa Corte, che ha appunto chiarito che, "In tema di mandato di arresto europeo, per la convalida dell'arresto di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 11, non è imposto alcun termine specifico per procedere ad avvisare il difensore dell'arrestato della fissazione della relativa udienza" (così Sez. 6, sent. n. 17918 del 28.04.2009, Rv. 243537; cfr. altresì, sia pur sulla scorta di un diverso approccio sistematico, Sez. F., sent. n. 34958 del 04.09.2008, Rv. 240718).

E' appena il caso di osservare, da ultimo, che le considerazioni svolte rivestono valenza assorbente rispetto alla generica enunciazione di una conseguente pretesa impossibilità di documentare l'incompatibilità dello stato di salute del R. (per ragioni imprecisate) con la detenzione inframuraria, come pure riguardo alla parimenti asserita impossibilità della verifica della tipologia di reato, l'una e l'altra per di più del tutto estranee ai termini dell'originario ricorso.

5. Non ha alcun pregio neppure l'ulteriore violazione di legge eccepita, ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 13, comma 3, in ragione della mancata trasmissione del mandato di arresto europeo entro il termine di dieci giorni, a tal fine previsto dalla medesima disposizione ora citata.

Il provvedimento impugnato ha puntualmente osservato che lo stesso art. 13, cui il difensore qui si richiama, sancisce l'equipollenza al mandato dell'inserimento della relativa segnalazione nel S.I.S., così come avvenuto nel caso in esame. E se è vero che detta equipollenza richiede che la segnalazione contenga le indicazioni di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 6, è altrettanto vero che qui il ricorrente si è limitato genericamente ad enunciare l'assenza "delle allegazioni previste dal medesimo articolo, commi 3, 4 e 7", senza alcuna specificazione ulteriore.

Osserva al riguardo il Collegio che dette allegazioni concernono la copia del titolo proprio dell'ordinamento interno dello Stato richiedente, posto a fondamento del m.a.e.; la relazione sui fatti addebitati; le indicazioni complete circa le disposizioni di legge applicabili da parte dell'A.G. emittente; i dati segnaletici e le informazioni concernenti l'identità e la nazionalità del consegnando; il tutto corredato di traduzione in lingua italiana. Ciò che il provvedimento impugnato attesta di fatto esistente, là dove rileva con chiarezza che "la segnalazione risulta effettuata nelle forme richieste", peraltro dando atto delle generalità dell'odierno ricorrente, con esclusione di errori di persona, nonchè del reato dallo stesso commesso nella Repubblica Federale di Germania, con la precisazione della pena massima astrattamente irrogabile ai sensi delle disposizioni ivi vigenti.

Tanto premesso, non è poi inutile ricordare essere del tutto consolidato, nella giurisprudenza di legittimità, il principio secondo cui eventuali difetti di allegazione, ex art. 6 cit., sono irrilevanti ove la documentazione trasmessa valga comunque a consentire il controllo dell'A.G. italiana, nei ristretti termini in cui lo stesso deve essere circoscritto: il che viepiù fa risaltare la già rilevata genericità della doglianza difensiva.

6. Quanto al motivo residuo, in tema di adeguatezza di meno gravi misure cautelari, esso, oltre ad essere connotato dalla chiara assenza di un reale confronto con le ragioni in proposito rappresentate dal provvedimento impugnato, è da ritenersi inammissibile alla luce della radicale genericità già ravvisabile a monte, per via della mancata formulazione delle ragioni alla base della doglianza, esplicitate solo con la già citata memoria e che l'ordinanza impugnata non consente di affermare che fossero state avanzate già in sede di convalida, come nel caso delle censure di rito di cui sopra.

7. All'anticipato rigetto segue la statuizione di legge, in punto di spese del grado.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 20 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2018