La consegna di una madre di prole in tenera età è subordinata all'esistenza, nel Paese richiedente, di garanzie idonee ad assicurare i contatti dell'estradanda con i figli, con modalità sia pure non corrispondenti a quelle previste dall'ordinamento penitenziario italiano, ma comunque tali da salvaguardare l'integrità psicofisica del minore, del genitore e della stessa famiglia: sono insufficienti, ad esempio, informazioni trasmesse dalle Autorità croate che, a fronte di una madre unica affidataria di una bambina di tre anni appena compiuti, si sono limitate a rappresentare che «l'ordinamento della Repubblica della Croazia attribuisce all'Istituto croato per l'assistenza sociale....compiti in materia di sostegno» per madri in misura cautelare custodiale «di figli minori di anni tre».
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
VI SEZIONE PENALE
SENTENZA 20135/25 – udienza 28 maggio 2025 - deposito 29 maggio 2025
nei confronti di BJ, nata in India il 25/09/1987 avverso la sentenza dell'08/05/2025 della Corte di appello di Bologna; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dalla consigliera Paola Di Nicola Travaglini; sentita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale Perla Lori, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio con rifiuto della consegna o, in subordine, per l'annullamento con rinvio alla Corte di appello di Bologna.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di appello di Bologna ha dichiarato sussistenti le condizioni per la consegna all'Autorità giudiziaria croata di JB, destinataria di mandato di arresto europeo (MAE) emesso dal Tribunale di ** il 20 maggio 2024 in relazione alla misura cautelare applicatagli per il delitto di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina di cinque cittadini pakistani, fatti commessi il 19 luglio 2019.
2. Avverso la sentenza in epigrafe indicata propone ricorso JB, tramite il proprio difensore, con i motivi di seguito articolati.
2.1. Con il primo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 2 e 17 della l. n. 69 del 2005 per lesione del diritto della ricorrente di non subire l'allontanamento dal nucleo familiare, in quanto madre di una figlia di tre anni e unica affidataria della stessa, in assenza di garanzie da parte dell'Autorità giudiziaria croata di consentirle di mantenere un rapporto con la bambina, pur in regime cautelare. Infatti, come risulta dalle generiche informazioni integrative, ricevute sul punto dalla Corte di appello di Bologna, l'assistenza in questo settore è rimessa ai Servizi sociali, così da esservi il rischio concreto di violazione dei diritti fondamentali del rispetto della vita privata e familiare e dell'interesse superiore del minorenne per la separazione tra madre e figlia, per le carenze sistemiche dello Stato emittente che consentirebbero all'Autorità giudiziaria di esecuzione di rifiutare la consegna secondo i principi stabiliti dalla sentenza della Corte di giustizia dell'UE del 21 dicembre 2023, dalla Corte EDU e dalle numerose pronunce della Corte costituzionale.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, in relazione all'art. 5 del Trattato dell'Unione europea, agli artt. 6, 7 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, agli artt. 5 e 8 della Convenzione europea dei diritti umani e all'art. 6 l. n. 69 del 2005 in quanto il provvedimento cautelare emesso dall'Autorità giudiziaria croata manca di determinatezza, non ne specifica né le ragioni a sostegno né la durata, non consente di comprendere quali siano gli atti da compiere necessariamente in presenza della persona richiesta in consegna.
2.3. Violazione di legge in relazione all'art. 19 l. n. 69 del 2005 e art. 125 cod. proc. pen. in quanto la Corte distrettuale ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta, espressamente formulata, di subordinare il mandato all'esecuzione della pena in Italia atteso che JB è cittadina italiana.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato limitatamente al primo motivo. 2. L'art. 18, comma 1, lett. s), I. n. 69 del 2005, e successivamente l'art. 6, comma 5, lett. a), I. n. 117 del 2019 prevedeva il rifiuto di consegna di donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, trasponendosi nella disciplina di recepimento del mandato di arresto europeo il precetto di cui 2 all'art. 275, comma 4, cod. proc. pen. che, nell'ordinamento interno, sancisce il divieto per il giudice di disporre la custodia cautelare in carcere nei confronti di madre di prole di età non superiore a tre anni (limite elevato a sei anni con la l. n. 62 del 2011) se non a fronte di esigenze eccezionali. Si tratta di una norma che trova giustificazione nell'assoluta peculiarità del rapporto tra madre e figli in tenera età (Sez. 6, n.28228 del 06/10/2020, Maltese, Rv. 279626; Sez. 6, n. 8555 del 24/02/2015, G. Rv. 252604).
2.1. La questione è stata sottoposta alla Corte di giustizia dell'Unione Europea, in via pregiudiziale, alla luce della successiva modifica normativa avvenuta con il d. Igs. n. 10 del 2021 - che non contempla più detta causa come ostativa alla consegna - ed è stata decisa con la sentenza del 21 dicembre 2023 (C- 261/22). Detta pronuncia ha affermato che l'Autorità italiana, richiesta di dare esecuzione ad un mandato di arresto europeo, non può rifiutare la consegna solo perché la persona richiesta sia madre di prole con lei convivente in tenera età, essendo onere della parte allegare specifiche circostanze rivelatrici dell'esistenza, nello Stato richiedente, di carenze strutturali e di sistema tali da esporre a concreto rischio la tutela dei diritti dell'infanzia. Si è pervenuti a detta conclusione affermando che l'art. 1, parr. 2 e 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002 per come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, deve essere interpretato alla luce degli artt. 7 e 24, parr. 2 e 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE) nel senso che l'Autorità giudiziaria dell'esecuzione può rifiutare la consegna della persona per la quale è emesso il mandato d'arresto europeo in quanto madre di minorenni in tenera età con lei conviventi se ricorrono due condizioni (§§ 42, 45-50, 57 della menzionata sentenza della CGUE). Innanzitutto, l'Autorità giudiziaria di esecuzione deve disporre di elementi dimostrativi di un rischio concreto di violazione del diritto fondamentale al rispetto della vita privata e familiare del consegnando (art. 7 CDFUE «ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare») e dell'interesse superiore del minorenne (art. 24, parr. 2 e 3, CDFUE «i minori hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere» nonché «di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al [loro] interesse») a causa di carenze sistemiche o generalizzate dello Stato emittente in ordine alle condizioni di d e t e n z i o n e delle madri di minorenni in tenera età e di cura di questi; in secondo luogo che gli interessati, per la loro 3 situazione personale e per la sussistenza di motivi seri e comprovati, corrono detto rischio (da ultimo, Sez. 6, n. 15661 del 07/02/2024, Alves, Rv. 286513).
2.2. Coerente con detto principio, del resto, è la precedente giurisprudenza di questa Corte, che, per il caso di madre di prole di età superiore ai tre anni, qualora quest'ultima comunque necessiti di continua assistenza materiale ed affettiva, impone che la consegna sia subordinata all'esistenza, nel Paese richiedente, di garanzie idonee ad assicurare i contatti dell'estradanda con i figli, con modalità sia pure non corrispondenti a quelle previste dall'ordinamento penitenziario italiano, ma comunque tali da salvaguardare l'integrità psicofisica del minore, del genitore e della stessa famiglia (Sez. 6, n. 41642 del 03/10/2013, Witoszek, Rv. 256277).
2.3. In applicazione di tali principi al caso specifico, deve convenirsi con la difesa ricorrente allorché evidenzia l'insufficienza delle informazioni trasmesse dalle Autorità croate che, a fronte di una madre unica affidataria di una bambina di tre anni appena compiuti (nata l'11/04/2022), si sono limitate a rappresentare che «l'ordinamento della Repubblica della Croazia attribuisce all'Istituto croato per l'assistenza sociale....compiti in materia di sostegno» per madri in misura cautelare custodiale «di figli minori di anni tre» (pag. 3 della sentenza impugnata). Si tratta di informazioni che non rispondono a quanto disposto dalla sentenza sopra citata della CGUE sia in ordine al rischio sistemico dell'Autorità richiedente (elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati, diretti a dimostrare che non vi è un rischio reale di violazione, nello Stato richiedente, di diritti fondamentali per carenze generalizzate inidonee a garantire il rapporto tra madre e figli in tenera età ) ; sia in ordine al rischio individuale circa lo specifico trattamento in concreto riservato dalle Autorità croate alla coppia madre-figlia, peraltro in assenza di altra figura genitoriale, con riguardo alle misure concretamente predisposte per evitare un grave pregiudizio per il loro rispettivo interesse «tenuto conto della loro situazione personale» (così testualmente la sentenza della CGUE sopra menzionata).
2.4. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio affinchè la Corte di merito integri le informazioni trasmesse dall'Autorità croata, prive di qualsiasi concludenza in relazione ai citati diritti fondamentali, suoi e della figlia minorenne, nei termini sopra indicati, richiedendo informazioni suppletive in attuazione dei principi affermati dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nella sentenza del 21 d i dicembre in causa C-261/22.
3. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Nel mandato di arresto in disamina, diversamente da quanto genericamente asserito nel ricorso, sono stati adeguatamente descritti i fatti di reato stante il chiaro riferimento al coinvolgimento di JB nel delitto di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina di cinque cittadini pakistani a bordo di un'auto, in cambio della somma di euro 3500, per la quale la ricorrente era stata tratta in arresto il 19 luglio 2019 alle ore 19. Si tratta di indicazioni della gravità indiziaria sufficientemente dettagliate e significativamente evocative della valutazione operata dall'Autorità giudiziaria dello Stato.
Il ricorso, peraltro, non tiene conto che, a seguito delle modifiche introdotte dalla d. Igs. n. 10 del 2021, non è consentito all'Autorità giudiziaria dello Stato richiesto di sindacare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza con l'effetto della non estensibilità del controllo di questa Corte alle censure di merito che propone. Tali vanno qualificate, infatti, le modalità con le quali di JB è stata ritenuta autrice del reato; l'insufficienza o l'inidoneità degli elementi illustrati per descrivere i fatti; la mancata allegazione delle evidenze probatorie per accertare la base indiziaria che possa giustificare la consegna della ricorrente. Né assume alcuna rilevanza la censura difensiva relativa alla durata della misura cautelare o gli atti da compiere necessariamente in sua presenza, in quanto le garanzie di cui all'art. 6 l. 69 del 2005, come modificato, non riguardano ovviamente un atto a sorpresa, quale è l'emissione di una misura cautelare.
4. Il terzo motivo di ricorso è fondato. Premesso che il mandato di arresto è stato emesso per motivi processuali, perché l'Autorità giudiziaria deve ancora celebrare il processo a carico della ricorrente, la Corte distrettuale ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta di JB, cittadina italiana, di subordinare il mandato all'esecuzione della pena in Italia. Si richiama al riguardo il principio di diritto formulato da questa Corte in base al quale «quando il mandato di arresto europeo è stato emesso ai fini di un'azione penale nei confronti di un cittadino italiano o di una persona che legittimamente ed effettivamente risieda o dimori in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano, l'esecuzione del mandato è subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata sottoposta a processo, sia rinviata nello Stato italiano per scontarvi la pena . . . eventualmente applicata nei suoi confronti nello Stato membro di emissione» (Sez. 6, n. 43252 del 19/10/2023, M., Rv. 285297) previa verifica che ve ne siano i presupposti.
5. Alla luce degli argomenti sopra esposti la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio davanti ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna affinchè riempia le lacune della motivazione sopra evidenziate.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge n. 6 9 del 2005. Così deciso il 28 maggio 2025 - deposito 29 maggio 2025.