Genitore che accetta di ospitare il figlio agli arresti domiciliari si fa implicitamente carico del suo sostentamento: se il genitore convivente è percettore di un sia pur modesto reddito deve essere provata l'assoluta impossibilità di provvedere aliunde al proprio sostentamento.
Corte di Cassazione
sez. II penale
ud. 10 marzo 2022 (dep. 12 aprile 2022), n. 14008
Presidente Cammino – Relatore Perrotti
Ritenuto in fatto
1. Con l'ordinanza impugnata, il tribunale per il riesame delle misure coercitive di Napoli rigettava l'appello proposto dall'imputato, ex art. 310 c.p.p., avverso l'ordinanza emessa in data 9 settembre 2021 dalla Corte di appello di Napoli, che aveva disatteso la richiesta di autorizzazione dell'istante, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, a svolgere attività lavorativa per provvedere al sostentamento personale. Il provvedimento che rigetta il gravame avverso la negata autorizzazione fonda sul difetto di prova della assoluta indigenza dell'istante, accolto nell'alveo parentale, avendo a suo tempo il genitore dichiarato di possedere un sia pur modesto reddito che gli consentiva di sostenere anche il figlio detenuto presso il domicilio; si evidenzia ancora, sia pur a margine del nucleo fondante della decisione, che il lavoro per cui è stata chiesta l'autorizzazione favorirebbe comunque i rapporti con il pubblico.
2. Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il P. , a ministero del difensore, lamentando la violazione dell'art. 284 c.p.p., comma 3, e la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, per aver ritenuto determinante l'assenza di dimostrazione dell'effettivo stato di indigenza emergente anche dall'ammissione al gratuito patrocinio e dalla assenza di altre fonti di sostentamento, dovendo -peraltro- il genitore provvedere alle esigenze di un "affollato" nucleo familiare.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato e non può trovare accoglimento.
1. Privo di fondamento è il primo motivo di impugnazione in quanto; in tema di autorizzazione dell'imputato sottoposto agli arresti domiciliari ad assentarsi dall'abitazione per svolgere attività lavorativa, la valutazione del giudice in ordine alla situazione di assoluta indigenza dell'istante deve essere improntata, stante l'eccezionalità della previsione, a criteri di particolare rigore, pur non potendo spingersi sino al punto di pretendere una sorta di "prova legale" dello stato di assoluta indigenza del nucleo familiare mediante produzione di una autocertificazione attestante la impossidenza dei redditi necessari a soddisfare le ordinarie esigenze di vita (Sez. 2, n. 12618 del 12/02/2015, Rv. 262775): nel caso di specie, il Tribunale ha rilevato che al sostentamento dell'istante ben poteva provvedere il genitore convivente, percettore di un sia pur modesto reddito, non essendo altrimenti dimostrato (se non con la indicazione dei criteri di ammissione al patrocinio a spese dello Stato) l'assoluta impossibilità di provvedere aliunde al proprio sostentamento, giacché l'art. 284 c.p.p., comma 3, richiede il riconoscimento di una "situazione di assoluta indigenza" da valutare in termini di "indispensabilità" e di "assolutezza", sicché deve escludersi che possano valere come termini di raffronto, i presupposti, del tutto diversi, di ammissione al patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti (Sez. 2, n. 53646, del 22/9/2016, Rv. 268852; Sez. 3, n. 3649 del 17/11/1999, Rv. 215522).
2. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso, non apparendo affatto illogica o contraddittoria la motivazione del tribunale che annette alla dichiarazione di disponibilità del genitore ad accogliere il figliolo presso il proprio domicilio una implicita assunzione di responsabilità nel farsi carico del sostentamento della progenie indigente. Il punto nodale non è dunque la dimostrazione di possidenze reddituali dell'istante, quanto piuttosto la consapevole assunzione di responsabilità (anche patrimoniale) che ha sostenuto la dichiarata disponibilità del genitore e del nucleo familiare a farsi carico del mantenimento del congiunto astretto al domicilio. Sotto tale profilo non si evincono le denunciate violazioni di legge o i vizi esiziali di motivazione denunziati con i motivi di ricorso.
3. Al rigetto del ricorso, segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.