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Katana è arma anche se non affilata (Cass. 37375/19)

9 settembre 2019, Cassazione penale

La katana, cioè la spada usata anticamente dai samurai, ed in uso agli ufficiali dell'esercito giapponese fino al termine della seconda guerra mondiale è arma anche se non munita di lame affilate.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 28 febbraio – 9 settembre 2019, n. 37375

Presidente Casa – Relatore Liuni

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 12/10/2018 il Tribunale del riesame di Roma, adito ai sensi dell'art. 324 cod. proc. pen. dall'indagato Fe. An. Pa., rigettava l'istanza di riesame del decreto di convalida del sequestro emesso dal GIP del medesimo Tribunale con ordinanza del 21/9/2018, riguardante una "katana" giapponese per il reato contravvenzionale di cui all'art. 697 cod. pen.

Il Tribunale del riesame riteneva sussistente il fumus del contestato reato, in quanto la katana - tipica spada usata anticamente dai samurai, ed in uso agli ufficiali dell'esercito giapponese fino al termine della seconda guerra mondiale -è un tipo speciale di spada che, conformemente alla sua naturale destinazione e sebbene nella specie non munita di lame affilate, è diretta all'offesa alla persona, tant'è vero che il Pa. l'aveva usata per minacciare il De Ch. (infatti viene provvisoriamente contestato anche il reato di minaccia).
Pertanto, vertendosi in tema di reato riguardante le armi con conseguente obbligatorietà della confisca e sussistendo altresì la finalità probatoria del sequestro per la necessità di dimostrare l'offensività della spada, il vincolo reale sulla katana veniva confermato.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del Pa., avv. ENM, denunciando il vizio di violazione di legge ai sensi dell'art. 606, lett. b) cod. proc. pen., con riguardo all'art. 697 cod. pen.
Secondo il ricorrente, il collegio del riesame ha errato nell'inquadrare la katana tra le armi, proprie o improprie, la cui detenzione deve essere denunciata all'Autorità, poiché negli stessi decreti di sequestro e di convalida si dà atto che trattasi di una katana di cm 80 con lama non tagliente e relativo fodero con incisioni giapponesi, da considerare quindi come un oggetto di arredamento o da uso scenico, essendo priva del requisito dell'offensività.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

Non sussiste il denunciato vizio di violazione della legge penale, in quanto il Tribunale del riesame ha correttamente apprezzato il fumus dell'art. 697 cod. pen., ravvisando nell'oggetto in sequestro non un accessorio di arredamento, bensì un'arma vera e propria - a prescindere dalle sue condizioni di efficienza quanto alla lama - ed in effetti secondo la sua tipica funzione essa è stata brandita dall'indagato in danno del malcapitato De Ch..
Da ciò emerge con evidenza la caratteristica tipica della katana, concepita come strumento di offesa alla persona e perciò in uso fino a tempi recenti agli ufficiali dell'esercito giapponese.
Va aggiunto che emerge con pienezza sia la funzione probatoria del sequestro in atto, dovendosi provare in giudizio la natura offensiva della spada, sia la finalità di preservare la katana in vista della futura confisca, obbligatoria in materia di armi.
2. In conclusione, il ricorso è inammissibile, conseguendone la condanna del Pa. al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma indicata in dispositivo alla cassa delle ammende, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., non risultando l'assenza di profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro tremila alla cassa delle ammende.