Le condizioni di sovraffollamento e carenza di garanzie e servizi all’interno dell’hotspot di Lampedusa costituiscono una violazione dell’art. 3 CEDU (Divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti). La Corte precisa, altresì, che l’eventuale situazione di arrivi contingenti e ravvicinati di cittadini stranieri in Italia non giustifica le condizioni degradanti in cui sono stati trattenuti i ricorrenti.
Il trattenimento dei cittadini stranieri nell’hotspot di Lampedusa ha prodotto la violazione dell’art. 5 CEDU (diritto alla libertà e alla sicurezza); non c’è altresì prova del fatto che la condizione individuale dei ricorrenti sia stata presa in adeguata considerazione o che loro abbiano avuto la possibilità di difendersi in concreto avverso il provvedimento di allontanamento, né la sottoscrizione della relata di notifica né la compilazione del foglio notizie sono state considerate elementi sufficienti a soddisfare la garanzia fornita dall’art. 4 prot. 4 CEDU che vieta le espulsioni collettive, che si assume violato nel caso di specie.
Cote europea dei diritti dell'Uomo
PRIMA SEZIONE
CASO DI J.A. E ALTRI c. ITALIA
(Ricorso n. 21329/18) - 30 marzo 2023
SENTENZA
Art. 3 (sostanziale) - Trattamenti inumani e degradanti - Migranti marittimi tunisini detenuti nel centro hotspot per dieci giorni in condizioni materiali precarie
Art. 5 §§ 1 (f) , 2 e 4 - Privazione arbitraria della libertà per impedire l'ingresso non autorizzato nel paese - Detenzione senza una base giuridica chiara e accessibile e in assenza di una decisione motivata - I richiedenti non sono stati informati dei motivi giuridici della detenzione - Impossibilità di contestare la legittimità della detenzione de facto a causa della mancanza di informazioni sufficienti
Art. 4 P4 - Divieto di espulsione collettiva di stranieri - Allontanamento in Tunisia senza tenere adeguatamente conto della situazione individuale dei richiedenti al momento dell'emissione dei provvedimenti di respingimento e di espulsione
STRASBURGO
30 marzo 2023
La presente sentenza diventerà definitiva nelle circostanze previste dall'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può essere soggetta a revisione editoriale.
Nel caso J.A. e altri contro Italia,
La Corte europea dei diritti dell'uomo (Prima Sezione), riunita in Camera composta da:
Marko Bošnjak, Presidente,
Péter Paczolay,
Krzysztof Wojtyczek,
Lətif Hüseynov,
Ivana Jelić,
Gilberto Felici,
Raffaele Sabato, giudici,
e Liv Tigerstedt, cancelliere aggiunto,
visto il ricorso (n. 21329/18)
il ricorso (n. 21329/18) contro la Repubblica italiana presentato alla Corte ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione") da quattro cittadini tunisini ("i ricorrenti") il 26 aprile 2018;
la decisione di notificare al Governo italiano ("il Governo") le censure relative all'articolo 3, all'articolo 5 §§ 1, 2 e 4 e all'articolo 13 della Convenzione e agli articoli 2 e 4 del Protocollo n. 4 alla Convenzione, e di dichiarare irricevibile il resto del ricorso;
la decisione di non rivelare i nomi dei ricorrenti;
le osservazioni presentate dal Governo resistente e le osservazioni di replica presentate dai ricorrenti;
le osservazioni presentate da L'altro diritto, dall'Organizzazione mondiale contro la tortura e dal Forum tunisino per i diritti economici e sociali (FTDES), organizzazioni che sono state autorizzate a intervenire dal Presidente della Sezione;
dopo aver deliberato in privato il 7 marzo 2023,
pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:
INTRODUZIONE
1. Il caso riguarda la detenzione dei ricorrenti nell'hotspot dell'isola di Lampedusa in Contrada Imbriacola, le loro pessime condizioni di soggiorno e il loro allontanamento forzato in Tunisia. Il Centro di Soccorso e Prima Accoglienza di Lampedusa è stato designato come uno degli hotspot italiani ai sensi dell'articolo 17 del decreto legge n. 13 del 17 febbraio 2017.
I FATTI
2. I ricorrenti sono nati nelle date indicate nella tabella allegata e vivono in Tunisia. Sono stati rappresentati dalle avvocatesse L. Leo e L. Gennari, che esercitano a Roma.
3. Il Governo era rappresentato dal suo agente, sig. L. D'Ascia.
4. I fatti del caso possono essere riassunti come segue.
IL SOGGIORNO DEI RICORRENTI NELL'HOTSPOT DI LAMPEDUSA
5. I ricorrenti sono partiti dalle coste tunisine il 15 ottobre 2017 a bordo di imbarcazioni di fortuna per raggiungere un'imbarcazione più grande che trasportava un centinaio di persone. Dopo poche ore di navigazione, a seguito di un'emergenza in mare, sono stati soccorsi da una nave italiana che li ha portati a Lampedusa il 16 ottobre 2017. Hanno dichiarato di essere stati sottoposti a un controllo medico. Alcuni di loro hanno ricevuto un volantino contenente informazioni generali sui minori non accompagnati e sulle procedure di asilo. I richiedenti hanno dichiarato di non essere riusciti a comprendere appieno il contenuto di tali documenti. Sono stati poi sottoposti alle procedure di identificazione.
6. I ricorrenti sono rimasti nell'hotspot di Lampedusa per dieci giorni, durante i quali sarebbe stato loro impossibile interagire con le autorità. Hanno dichiarato di non essere riusciti a lasciare il centro in modo legale durante questo periodo e di averlo fatto alcune volte passando attraverso un'apertura nella recinzione che circondava il centro. I ricorrenti hanno descritto le condizioni materiali del centro come inumane e degradanti.
IL TRASFERIMENTO DEI RICORRENTI IN TUNISIA
7. La mattina presto del 26 ottobre 2017 i ricorrenti e una quarantina di altre persone sono stati svegliati dalle autorità italiane. È stato detto loro di spogliarsi, sono stati perquisiti e sono stati poi trasferiti in autobus all'aeroporto di Lampedusa.
8. Lì, ai ricorrenti è stato chiesto di firmare alcuni documenti di cui non avrebbero compreso il contenuto o di cui non avrebbero ricevuto copia, e che in seguito hanno scoperto essere provvedimenti di respingimento emessi dalla Questura di Agrigento. I rappresentanti dei ricorrenti hanno presentato una richiesta alla Questura per ottenere una copia di tali documenti. Solo le copie relative ai primi due ricorrenti sono state loro fornite; le richieste presentate per il terzo e il quarto ricorrente il 15 febbraio 2018 e il 26 marzo 2018 sono rimaste senza risposta. I provvedimenti di respingimento emessi nei confronti dei primi due ricorrenti erano datati 26 ottobre 2017.
9. Il Governo ha dichiarato che i provvedimenti di respingimento erano stati regolarmente notificati ai ricorrenti, che avevano firmato una ricevuta e ne avevano ricevuto una copia. Il Governo ha inoltre sottolineato che i provvedimenti di respingimento includevano l'informazione che era possibile impugnare le decisioni in questione dinanzi al Tribunale di Agrigento entro trenta giorni dalla loro notifica.
10. I ricorrenti sono stati quindi nuovamente perquisiti, i loro polsi sono stati bloccati con cinghie di velcro e sono stati loro sottratti i telefoni cellulari. Sono stati trasferiti a Palermo in aereo, e le cinghie sono state rimosse durante il volo e rimesse all'aeroporto di Palermo.
11. Una volta lì, i ricorrenti hanno incontrato un rappresentante del consolato tunisino che ha registrato le loro identità e, lo stesso giorno, il 26 ottobre 2017, sono stati trasferiti forzatamente in Tunisia in aereo.
QUADRO GIURIDICO DI RIFERIMENTO
DIRITTO E PRASSI NAZIONALI
La Costituzione
12. L'articolo 13 della Costituzione italiana recita come segue:
"1. La libertà personale è inviolabile.
2. Nessuno può essere detenuto, ispezionato, perquisito o altrimenti sottoposto a restrizione della libertà personale, se non per provvedimento motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
3. In circostanze eccezionali e in condizioni di necessità e urgenza definite con precisione dalla legge, la polizia può adottare misure provvisorie che saranno sottoposte entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e che, se non convalidate da quest'ultima nelle quarantotto ore successive, saranno considerate revocate e inefficaci.
4. Qualsiasi atto di violenza fisica o mentale nei confronti di persone sottoposte a restrizione della libertà personale è punito.
5. La legge stabilisce la durata massima di qualsiasi misura preventiva di detenzione (carcerazione preventiva)".
Decreto legge n. 416 del 30 dicembre 1989.
13. La disposizione rilevante[1] del decreto legge n. 416, intitolato "Misure urgenti in materia di asilo politico e soggiorno dei cittadini extracomunitari, nonché di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi presenti sul territorio nazionale", convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, recita come segue:
Sezione 1-sexies - Sistema di accoglienza e integrazione
"(1) Gli enti amministrativi locali che svolgono servizi di accoglienza per i rifugiati (titolari di protezione internazionale) e per i minori stranieri non accompagnati ... possono accogliere nelle proprie strutture, purché vi sia disponibilità di spazio, anche richiedenti protezione internazionale ..."
Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286[2].
14. Le relative disposizioni del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, come modificato, tra l'altro, dall'articolo 17 del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, convertito dalla legge n. 46 del 2017, recitano come segue:
Articolo 10 (rifiuto d'ingresso)
"1. La polizia di frontiera rifiuta l'ingresso agli stranieri che cercano di attraversare la frontiera senza soddisfare le condizioni previste dal presente testo unico che disciplina l'ingresso nel territorio dello Stato.
2. Il respingimento e i provvedimenti di allontanamento sono inoltre disposti dal capo della polizia nei confronti degli stranieri
(a) che sono entrati nel territorio dello Stato eludendo i controlli di frontiera, quando sono arrestati al momento dell'ingresso o subito dopo;
(b) o che, nelle circostanze di cui al comma 1, sono stati temporaneamente ammessi a permanere per motivi di pubblica assistenza.
2-bis. Al provvedimento di respingimento di cui al comma 2 si applicano le procedure di convalida e le disposizioni di cui all'articolo 13, commi 5-bis, 5-ter, 7 e 8.[3]
4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 e quelle di cui all'articolo 4, commi 3 e 6, non si applicano alle situazioni previste dalle disposizioni applicabili che disciplinano l'asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato o l'adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari."
Articolo 10-ter (disposizioni relative all'identificazione degli stranieri irregolari trovati sul territorio nazionale o soccorsi durante le operazioni di salvataggio in mare)
"1. Gli stranieri trovati ad attraversare illegalmente le frontiere interne o esterne o entrati nel territorio nazionale a seguito di operazioni di soccorso in mare sono indirizzati, per le esigenze di soccorso e di prima assistenza, ad appositi centri di crisi (punti di crisi) istituiti presso le strutture di cui al decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563, e alle strutture di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 del 18 agosto 2015. All'interno delle stesse strutture sono effettuati i rilievi fotografici e dattiloscopici (fotosegnalamento) ... e sono fornite informazioni sulle procedure di protezione internazionale, sul programma di ricollocazione in altri Stati dell'Unione europea e sulla possibilità di rimpatrio volontario assistito.
2. Il rilevamento delle fotografie identificative e delle impronte digitali è effettuato, in adempimento degli obblighi di cui agli articoli 9 e 14 del regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, anche nei confronti degli stranieri che risultano trovarsi illegalmente sul territorio nazionale.
3. Il ripetuto rifiuto dello straniero di acconsentire agli esami di cui ai paragrafi 1 e 2 costituisce un rischio di fuga che consente di trattenere lo straniero nei centri di cui all'articolo 14. Tale trattenimento è disposto caso per caso. Tale trattenimento è disposto caso per caso, con provvedimento del capo della polizia, ed è valido fino a trenta giorni dalla sua adozione, a meno che la necessità per cui è stato disposto non cessi prima di tale termine. Si applicano le disposizioni dell'articolo 14, paragrafi 2, 3 e 4. In caso di trattenimento di un richiedente asilo ... la convalida del relativo provvedimento è di competenza del tribunale distrettuale in cui ha sede la sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea. ..."
Articolo 14 (esecuzione delle misure di allontanamento)
"1. Quando ... non è possibile assicurare la pronta esecuzione del provvedimento di espulsione, mediante accompagnamento alla frontiera, o del provvedimento di respingimento, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il più vicino Centro di identificazione ed espulsione, tra quelli designati o istituiti con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. A tal fine il capo della polizia richiede il trasferimento degli stranieri presso la Direzione Centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle Frontiere del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno. Tra i motivi che giustificano il trattenimento, oltre al [rischio di fuga], vi è anche la necessità di fornire assistenza allo straniero, di effettuare ulteriori controlli sulla sua identità o nazionalità, di ottenere documenti di viaggio, o per la mancanza di disponibilità di un vettore.
...
2. Lo straniero è trattenuto nella struttura in cui sono garantiti adeguati standard igienici e di vita, con procedure che assicurano la fornitura delle informazioni necessarie sul suo status, l'assistenza e il pieno rispetto della sua dignità ...
2-bis. Lo straniero detenuto può rivolgere richieste o reclami ... al Garante nazionale o ai Garanti regionali o locali del diritto delle persone private della libertà personale.
3. Il questore del luogo in cui si trova il centro trasferisce copia degli atti al giudice di pace competente per la convalida senza ritardo e, comunque, non oltre quarantotto ore dall'adozione del provvedimento.
4. L'udienza di convalida si svolge davanti al giudice in seduta privata con la partecipazione obbligatoria di un avvocato tempestivamente informato. Anche la persona interessata sarà informata tempestivamente e portata nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza. ... Il giudice convalida la decisione entro quarantotto ore con una decisione motivata...
7. Il capo della polizia adotta misure di vigilanza efficaci, attraverso l'utilizzo delle forze dell'ordine, per garantire che lo straniero non si allontani illegalmente dal centro e, in caso di violazione della misura, ripristina il trattenimento adottando un nuovo provvedimento di trattenimento. ..."
Decreto legislativo n. 142 del 18 agosto 2015
15. Tale decreto ha dato attuazione alla direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale (rifusione) (la "direttiva procedure") e alla direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (rifusione) (la "direttiva accoglienza") (si vedano i successivi paragrafi 30-31). Gli articoli pertinenti stabiliscono quanto segue:
Articolo 1 - Obiettivo e applicabilità
"1. Il presente decreto disciplina l'accoglienza dei cittadini di Paesi terzi e degli apolidi richiedenti protezione internazionale nel territorio nazionale, comprese le zone di frontiera e di transito, nonché nelle acque internazionali. [Tali misure si applicano anche ai] loro familiari, inclusi nella richiesta di protezione internazionale.
2. Le misure di accoglienza disciplinate dal presente decreto si applicano a partire dal momento in cui [lo straniero] manifesta l'intenzione di chiedere protezione internazionale.
..."
Articolo 6 - Trattenimento
"1. Il richiedente asilo può essere trattenuto solo ai fini dell'esame della sua richiesta.
2. Il richiedente asilo è trattenuto, ove possibile, in spazi dedicati, nei centri disciplinati dall'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sulla base di una valutazione caso per caso..."
Articolo 8 - Sistema di accoglienza
"1. Il sistema di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale si basa sulla cooperazione degli enti governativi interessati ...
2. Le funzioni di pronto soccorso sono svolte nei centri di cui al successivo articolo 9 ..., mentre le procedure di soccorso e di identificazione degli stranieri entrati illegalmente nel territorio nazionale sono disciplinate dall'articolo 10-ter del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
3. I richiedenti protezione internazionale sono accolti, compatibilmente con le disponibilità di spazio, nelle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione di cui all'articolo 1-sexies del decreto legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39."
Articolo 9 - Misure di prima accoglienza
"1. Al fine di soddisfare le esigenze di prima accoglienza e di assicurare le prime fasi di accertamento della posizione giuridica dello straniero, quest'ultimo è ospitato nei centri governativi di prima accoglienza istituiti con decreto del Ministro dell'Interno ....
4. Il prefetto, su segnalazione del sindaco del comune in cui è ubicato il centro di accoglienza e sentito il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, invia il richiedente asilo presso le strutture di cui al comma 1. Il richiedente asilo è accolto nei centri governativi di prima accoglienza. Il richiedente asilo vi rimarrà per tutto il tempo necessario alla sua identificazione ... alla redazione e all'esame anticipato della domanda di asilo ...
4-bis. Espletate le procedure di cui al comma 4, il richiedente asilo è trasferito nelle strutture di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, compatibilmente con le disponibilità di spazio...".
Articolo 10 § 2 - Procedure di accoglienza
"I migranti possono lasciare il centro durante le ore diurne... ma devono rientrare nel centro di notte. Il richiedente asilo può chiedere al Prefetto un permesso temporaneo di assenza dal centro per un periodo diverso o superiore al periodo sopra indicato, per motivi personali rilevanti o per motivi legati all'esame della sua richiesta di asilo. La decisione di respingere l'autorizzazione richiesta deve essere motivata e notificata all'interessato...".
Articolo 11 - Misure di accoglienza straordinarie
"1. In caso di indisponibilità di posti nei centri di cui all'articolo 9, a causa di numerosi e frequenti arrivi di richiedenti asilo, l'accoglienza può essere organizzata con provvedimento del Prefetto, sentito il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno, in strutture temporanee, appositamente allestite, previa valutazione della situazione sanitaria dell'interessato, anche al fine di valutare particolari esigenze di accoglienza.
...
3. L'accoglienza nelle strutture di cui al comma 1 è limitata al tempo strettamente necessario al trasferimento del richiedente asilo nelle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39 ..."
Articolo 12 § 1 - Condizioni di accoglienza materiale
"Lo schema di gara per la fornitura di beni e servizi attinenti al funzionamento delle strutture disciplinate dall'articolo 6 e dall'articolo 8, commi 2, 9 e 11, è adottato con decreto del Ministero dell'Interno e organizzato in modo da garantire livelli uniformi di accoglienza sul territorio nazionale, in relazione alle specificità di ciascun centro."
Tabella di marcia del Ministero dell'Interno del 28 settembre 2015.
16. Il passaggio rilevante di questa relazione, adottata in risposta all'Agenda europea sulla migrazione, recita come segue:
"A partire da settembre 2015, quattro aree portuali sono state identificate come hotspot (Pozzallo, Porto Empedocle, Trapani e Lampedusa). Ogni hotspot è dotato di strutture di prima accoglienza con una capienza complessiva di 1.500 posti e si propone di effettuarvi la pre-identificazione, la registrazione, lo scatto di fotografie identificative e il rilevamento delle impronte digitali. Entro la fine del 2015 è prevista la realizzazione di altri due hotspot ad Augusta e Taranto, con l'obiettivo di creare 2.500 posti...
Dopo i controlli sanitari, la pre-identificazione, le attività di intelligence e investigative e in base ai risultati ottenuti, i migranti richiedenti protezione internazionale devono essere trasferiti nei relativi hub regionali istituiti sul territorio nazionale. I migranti che devono essere ricollocati sono anch'essi trasferiti negli hub nazionali competenti e i migranti irregolari che non richiedono protezione internazionale sono trasferiti nei Centri di identificazione ed espulsione".
Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale
"Rapporto sulle visite ai Centri di identificazione ed espulsione e agli hotspot italiani (2016-17: primo anno di attività)"
17. Le parti rilevanti di questo rapporto recitano come segue:
"... Le visite all'hotspot [di Lampedusa] sono state effettuate il ... 3 ottobre 2016 e 14 gennaio 2017 ...
Struttura: L'hotspot di Lampedusa si trova nei locali dell'ex Centro di identificazione ed espulsione (CIE) ... Pertanto, mantiene tutte le caratteristiche di un CIE, con sbarre, cancelli e recinzioni metalliche. Le condizioni generali sono malandate e fatiscenti. Gli unici spazi comuni sono rifugi di cemento con panchine di cemento dove i migranti appena arrivati attendono di essere identificati e fotografati...
I dormitori sono costituiti da stanze dotate di dodici letti, alcuni dei quali a castello, e di ulteriori materassi sul pavimento; alcune stanze contengono quindi fino a trentasei letti. Le zone notte sono ampie stanze in cui i letti sono disposti uno accanto all'altro, senza alcun mobile in cui riporre gli effetti personali... I materassi di gommapiuma sono spesso sprovvisti di biancheria da letto (le lenzuola sono di carta e vengono distribuite periodicamente, quindi, se si rompono, le persone rimangono senza)...
I migranti non possono lasciare l'hotspot nemmeno dopo essere stati identificati e aver preso le fotografie e le impronte digitali, contrariamente a quanto avviene, ad esempio, nell'hotspot di Taranto dove, dopo [l'effettuazione di tali misure di identificazione], i migranti ricevono un badge che consente loro di lasciare il centro... Alla domanda sul perché agli ospiti non fosse permesso di lasciare il centro di Lampedusa, il Prefetto ha spiegato che l'isola si basa sulle entrate del turismo e che la loro presenza potrebbe creare problemi. Tuttavia, ha aggiunto, se volevano, potevano uscire attraverso un'apertura nella recinzione...
La delegazione del Garante era presente a uno sbarco [avvenuto nel gennaio 2017] ... Il primo passo [è] la pre-identificazione che consiste nella raccolta dei dati personali degli stranieri.
In primo luogo, gli stranieri sono stati intervistati da mediatori culturali, che collaborano con la polizia e forniscono ai migranti informazioni utili per la compilazione del foglio notizie... I mediatori annotavano le risposte su piccoli fogli prestampati [una sorta di etichetta] dove erano riportate le informazioni da raccogliere (dati anagrafici e nazionalità) - il motivo della fuga [degli stranieri] dal [loro Paese] non era riportato nel modulo prestampato, ma i mediatori lo annotavano comunque come nota [aggiuntiva] a lato del foglio. Questa etichetta è stata compilata per ogni straniero con l'indicazione dei dati generali relativi a ciascuna persona intervistata.
Successivamente, gli stranieri sono stati portati uno alla volta davanti a due agenti di polizia che, con l'aiuto di un mediatore culturale, hanno proceduto a completare la raccolta delle informazioni relative alla pre-identificazione e hanno inserito i dati in un database elettronico. Al termine di questa ulteriore intervista, il mediatore ha consegnato agli stranieri, per la firma, un foglio notizie in bianco in cui la parte superiore era sovrapposta alla piccola [sorta di etichetta] di cui sopra. Gli agenti di polizia procedevano poi all'effettiva compilazione del foglio notizie che era già stato firmato dal migrante.
Pertanto, i migranti firmavano un foglio completamente bianco senza averlo precedentemente compilato e senza avere alcuna garanzia che quanto dichiarato fosse effettivamente compreso e riportato nei documenti come da loro previsto. Va inoltre notato che, almeno nei casi osservati dalla delegazione, l'annotazione del motivo per cui lo straniero è fuggito [dal proprio Paese], aggiunta a lato della piccola etichetta prestampata che veniva incollata sul foglio informativo, era fornita in italiano.
Il Garante nazionale ha immediatamente espresso alle autorità di polizia il suo parere fortemente negativo su questo modo di procedere, segnalando che tale procedura è inaccettabile per le sue chiare implicazioni sul futuro dei migranti e che non può essere giustificata da alcuna esigenza di rapidità e semplificazione. Il Garante nazionale raccomanda quindi di interrompere la prassi che prevede la firma del foglio notizie da parte del migrante e che ogni documento che richieda una firma, compreso il contenuto dei dati eventualmente inseriti dal mediatore culturale, sia in ogni caso scritto in una lingua comprensibile allo straniero. ...
La privazione della libertà dei migranti è considerata ingiustificata e illegittima. Nel ribadire la necessità di stabilire un quadro normativo chiaro sulla natura giuridica degli hotspot, il Garante nazionale raccomanda di interrompere la pratica di privare della libertà personale gli stranieri ospitati nell'hotspot di Lampedusa che sono stati sottoposti a foto identificativa e rilevamento delle impronte digitali e di consentire loro di lasciare il centro.
Anche al termine delle formalità relative al processo di identificazione, i migranti che soggiornano nell'hotspot di Lampedusa non sono autorizzati a lasciare il centro. Ciò comporta una privazione della libertà personale non disciplinata da una fonte primaria di diritto, né sottoposta al vaglio di un'autorità giudiziaria, per cui l'hotspot costituisce una sorta di limbo di protezione giuridica, in cui le persone sono di fatto detenute senza alcuna valutazione giudiziaria e senza la possibilità di ricorrere a un'autorità giudiziaria...
I pasti vengono preparati e confezionati per essere distribuiti nella cucina del centro, che è apparsa alla delegazione pulita e ordinata, ma all'interno del centro non c'è una mensa, né tavoli e sedie da utilizzare durante il pasto...
L'assenza di sale comuni, chiaramente riconducibile alla finalità dell'hotspot di essere una struttura di prima accoglienza in cui offrire ristoro a persone appena sbarcate in un periodo di tempo molto limitato, rivela l'inadeguatezza materiale del centro rispetto all'effettiva durata del soggiorno delle persone. Secondo la delegazione, l'obiettivo è ridurre il tempo di permanenza nell'hotspot a un massimo di due o tre giorni, ma ciò è reso difficile dalla variabilità delle condizioni meteorologiche che incidono sulla praticabilità del trasporto via mare. Sulla base dei dati forniti al Garante nazionale... risulta che sia gli adulti che i minori rimangono nell'hotspot di Lampedusa per una media di quindici giorni. ..."
Relazione al Parlamento italiano 2018
18. I passaggi rilevanti di questa relazione recitano come segue:
"Nonostante la loro specifica previsione in un testo normativo (articolo 10-ter del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), la natura giuridica degli hotspot è ancora incerta ... Se da un lato appaiono come centri di prima accoglienza umanitaria in cui vengono fornite assistenza, informazioni e attività di prima accoglienza ai richiedenti asilo, dall'altro lato nei locali vengono effettuate procedure di pre-identificazione e di polizia consistenti nel rilevamento di fotografie identificative e impronte digitali e in essi iniziano le operazioni di rimpatrio forzato. Tali procedure implicano il divieto per i migranti di lasciare il centro fino alla sua conclusione e l'esecuzione forzata dei respingimenti differiti. ...
Il Garante [sottolinea] il principio che quando sono in gioco possibili limitazioni della libertà personale - come di fatto accade in queste strutture - è necessario, ai sensi dell'articolo 13 della Costituzione e dell'articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che le norme pertinenti, che dovrebbero essere chiare e prevedibili, siano definite dal legislatore... in modo tale da giustificare la privazione della libertà o da impedire la detenzione di fatto delle persone negli hotspot. ...
I migranti sottoposti a specifici accordi di riammissione sono spesso rimpatriati con voli charter a seguito di respingimenti differiti ai sensi dell'articolo 10, comma 2, del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero n. 286/1998. 286/1998. Si tratta di migranti soccorsi in mare che, non avendo espresso la volontà di richiedere la protezione internazionale... dopo essere stati identificati e fotosegnalati negli hotspot, sono considerati irregolari e quindi allontanati. ...
Alcune persone vengono poi... direttamente espulse con la forza sulla base di una decisione dell'autorità di pubblica sicurezza senza alcun intervento dell'autorità giudiziaria. ... In dottrina sono stati sollevati dubbi sulla costituzionalità della mancata previsione [dell'ordinamento giuridico] di un controllo giurisdizionale nonostante il fatto che i respingimenti differiti siano comunemente eseguiti con l'uso della forza e la questione è stata recentemente sottoposta all'esame della Corte Costituzionale con la sentenza n. 275 dell'8 novembre 2017. ..."
Senato della Repubblica - Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani
Rapporto sui Centri di identificazione ed espulsione in Italia (aggiornato a gennaio 2017)
19. Oltre alla situazione dei CIE italiani, il rapporto fa riferimento all'hotspot di Lampedusa, pur specificando che non appartiene alla categoria dei CIE. I passaggi rilevanti del rapporto recitano come segue:
"L'hotspot di Lampedusa
Il centro è stato concepito come centro di prima accoglienza per soggiorni molto brevi, al massimo di quarantotto ore. A seguito dell'introduzione delle nuove procedure previste dall'Agenda europea sulla migrazione, in molti casi i soggiorni si prolungano oltre, dando così origine a una serie di criticità, denunciate in una lettera aperta al ministro dell'Interno dal sindaco Giusi Nicolini: "Sia le caratteristiche strutturali dell'hotspot che i fondi a disposizione... sono inadatti e insufficienti a garantire condizioni di accoglienza dignitose per persone trattenute da oltre trenta giorni e che potrebbero essere trattenute anche a tempo indeterminato...".
Pre-identificazione: Il modo in cui viene effettuata la pre-identificazione è particolarmente preoccupante. ... Il colloquio si svolge in uno spazio aperto, sotto una tettoia con tavoli e panche. Allo straniero viene consegnato il cosiddetto "foglio notizie" che deve essere compilato con i dati personali (nome, cognome, data di nascita, residenza, paternità, nazionalità, luogo di partenza). ...
Questo passaggio fondamentale e necessario per "una prima differenziazione tra, da un lato, i richiedenti asilo e, dall'altro, le persone da ricollocare e i migranti irregolari" - come indicato nella Roadmap del Ministero dell'Interno - avviene quando gli stranieri, soccorsi in mare e appena sbarcati, sono spesso chiaramente ancora sotto shock dopo un viaggio lungo e rischioso. Non si tratta di un vero e proprio colloquio, ma di un semplice questionario formulato in modo estremamente sintetico e comunque di difficile comprensione. ...
Identificazione e registrazione: ... Secondo le disposizioni del Ministero dell'Interno, gli stranieri non possono lasciare l'hotspot finché non hanno completato la procedura di identificazione, né possono presentare domanda di asilo in Italia o accedere al programma europeo di ricollocazione senza aver completato questa procedura. Esiste quindi una lacuna nella prassi attuale rispetto alla disposizione di legge nazionale secondo cui, oltre le quarantotto ore, il trattenimento deve essere convalidato da un'autorità giudiziaria e la relativa decisione deve essere notificata alla persona interessata. La permanenza prolungata e l'impossibilità di lasciare la struttura non sono infatti regolamentate a Lampedusa, per la sua stessa natura di centro di primo soccorso e accoglienza. ... La struttura, poi, è del tutto inadeguata in termini di spazi e servizi offerti per ospitare persone per lunghi periodi, soprattutto nel caso di minori. ..."
Giurisprudenza della Corte Costituzionale
Sentenza n. 105 del 22 marzo 2001
20. In questa sentenza, la Corte Costituzionale ha esaminato la compatibilità degli articoli 13 e 14 del Decreto Legislativo n. 286 del 25 luglio 1998 con l'articolo 13 della Costituzione.
21. Essa ha riconosciuto che le misure che prevedono il trattenimento dello straniero nei centri di prima accoglienza e assistenza, anche se possono essere considerate una mera limitazione della libertà di circolazione e non un trattenimento completo, incidono sulla libertà personale dell'individuo e, pertanto, non possono essere sottratte alle garanzie previste dall'articolo 13 della Costituzione. Anche se il provvedimento di trattenimento è stato emesso dalle autorità, il controllo giurisdizionale deve essere disponibile e tenere conto delle ragioni che hanno portato le autorità a disporre l'esecuzione dell'espulsione non con una semplice intimazione, ma con l'allontanamento forzato alla frontiera, essendo questo il motivo della limitazione della libertà personale dello straniero e allo stesso tempo il fondamento del successivo provvedimento di trattenimento.
Sentenza n. 275 dell'8 novembre 2017
22. In questa sentenza, la Corte Costituzionale ha esaminato la compatibilità dell'articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, con, tra gli altri, l'articolo 13 della Costituzione. La Corte costituzionale ha osservato che esistevano due tipi di cosiddetti "respingimenti differiti", come definiti alle lettere a) e b) di tale paragrafo (si veda il paragrafo 14 sopra).
23. Ha inoltre rilevato che situazioni come quella in esame, in cui un ordine di lasciare il Paese (ordine di respingimento) non era seguito da un allontanamento forzato (rimpatrio forzato), non erano incompatibili con l'articolo 13 della Costituzione.
24. Tuttavia, la Corte costituzionale ha osservato che il respingimento differito eseguito con l'uso della forza richiedeva un intervento legislativo, poiché tale misura incideva sulla libertà personale dell'individuo ai sensi dell'articolo 13 della Costituzione; pertanto, doveva essere disciplinata ai sensi del paragrafo 3 di tale disposizione.
La circolare n. 14106 del 6 ottobre 2015 del Ministero dell'Interno.
25. La parte rilevante di questa circolare afferma quanto segue:
"Nella Roadmap ... sono stati individuati i seguenti hotspot: Lampedusa, Pozzallo, Porto Empedocle e Trapani ...
In base all'attuale procedura, si prevede che tutti i migranti sbarchino in uno degli hotspot in modo da poter effettuare, entro ventiquattro-quarantotto ore, un controllo sanitario e le procedure che consistono nella pre-identificazione ..., nella registrazione e nel rilevamento delle fotografie identificative e delle impronte digitali ..."
La Procedura Operativa Standard 2016 applicabile agli hotspot italiani
26. La parte rilevante di questo documento recita quanto segue:
"... Dal momento dell'ingresso [dei migranti] [nel territorio italiano], il periodo di permanenza nella struttura dovrebbe essere il più breve possibile, in conformità con il quadro giuridico nazionale ..."
DIRITTO E PRATICA INTERNAZIONALE
Unione europea
Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare[4].
27. Le parti rilevanti di questa direttiva sono le seguenti:
Articolo 15 - Trattenimento
"1. A meno che in un caso specifico non possano essere applicate efficacemente altre misure sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere un cittadino di un paese terzo oggetto di procedure di rimpatrio solo per preparare il rimpatrio e/o eseguire il processo di allontanamento, in particolare quando:
(a) sussiste il rischio di fuga, oppure
(b) il cittadino di un Paese terzo interessato evita o ostacola la preparazione del rimpatrio o il processo di allontanamento.
Il trattenimento deve essere il più breve possibile e deve essere mantenuto solo finché le modalità di allontanamento sono in corso ed eseguite con la dovuta diligenza.
2. Il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative o giudiziarie.
Il trattenimento è disposto per iscritto e deve essere motivato in fatto e in diritto.
Quando il trattenimento è stato disposto dalle autorità amministrative, gli Stati membri devono:
(a) prevedono un rapido ricorso giurisdizionale sulla legittimità del trattenimento, che deve essere deciso il più rapidamente possibile dall'inizio del trattenimento;
(b) o concedono al cittadino di un paese terzo interessato il diritto di intraprendere un'azione legale attraverso la quale la legittimità del trattenimento è soggetta a un rapido controllo giudiziario da decidere il più rapidamente possibile dopo l'avvio del relativo procedimento. In tal caso, gli Stati membri informano immediatamente il cittadino di un paese terzo interessato della possibilità di avviare tale procedimento.
Il cittadino di un Paese terzo interessato è rilasciato immediatamente se il trattenimento non è legittimo.
..."
Articolo 18 - Situazioni di emergenza
"1. Nelle situazioni in cui un numero eccezionalmente elevato di cittadini di paesi terzi da rimpatriare comporta un onere imprevisto e gravoso per la capacità delle strutture di trattenimento di uno Stato membro o per il suo personale amministrativo o giudiziario, tale Stato membro può, finché la situazione eccezionale persiste, decidere di concedere periodi per il controllo giudiziario più lunghi di quelli previsti dall'articolo 15, paragrafo 2, terzo comma, e di adottare misure urgenti in materia di condizioni di trattenimento in deroga a quelle previste dall'articolo 16, paragrafo 1, e dall'articolo 17, paragrafo 2.
2. Quando ricorre a tali misure eccezionali, lo Stato membro interessato ne informa la Commissione. Lo Stato membro informa inoltre la Commissione non appena cessano i motivi che hanno portato all'applicazione di tali misure eccezionali".
Sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 6 ottobre 2022 Politsei- ja Piirivalveamet (collocamento in detenzione - rischio di commettere un reato), ECLI:EU:C:2022:753
28. Le parti pertinenti di questa sentenza, pronunciata in seguito a una domanda di pronuncia pregiudiziale del Riigikohus (la Corte suprema dell'Estonia) presentata il 14 aprile 2021 in merito all'interpretazione dell'articolo 15 § 1 della direttiva 2008/115/CE, recitano come segue:
"35. L'articolo 15 § 1 della direttiva 2008/115 prevede esplicitamente due motivi di trattenimento basati, da un lato, sulla presenza di un rischio di fuga come definito all'articolo 3, paragrafo 7, della stessa e, dall'altro, sul fatto che l'interessato evita o ostacola la preparazione della procedura di rimpatrio o di allontanamento.
36. È vero, come ha rilevato l'Avvocato generale ai punti 30-34 delle sue conclusioni, che dall'articolo 15, paragrafo 1, prima frase, della direttiva 2008/115, e in particolare dai termini "in particolare", risulta che questi due motivi non sono esaustivi. Pertanto, gli Stati membri possono prevedere altri motivi specifici di trattenimento, oltre ai due motivi esplicitamente indicati in tale disposizione.
37. Ciò premesso, occorre precisare che la possibilità conferita agli Stati membri di adottare ulteriori motivi di respingimento è strettamente limitata sia dalle esigenze derivanti dalla stessa direttiva 2008/115 sia da quelle derivanti dalla tutela dei diritti fondamentali, e in particolare del diritto fondamentale alla libertà sancito dall'articolo 6 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ("la Carta")
...
40. In secondo luogo, il ricorso al trattenimento ai fini dell'allontanamento dovrebbe essere limitato e soggetto al principio di proporzionalità, come previsto dal considerando 16 della direttiva 2008/115.
41. Va ricordato che la direttiva 2008/115 mira a stabilire un'efficace politica di allontanamento e rimpatrio che rispetti pienamente i diritti fondamentali e la dignità delle persone interessate ...
48. Per quanto riguarda i requisiti che la base giuridica di una limitazione del diritto alla libertà deve soddisfare, la Corte ha osservato, alla luce della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 21 ottobre 2013, Del Río Prada c. Spagna, che una legge nazionale che autorizza una privazione della libertà deve, per soddisfare i requisiti di cui all'articolo 52, paragrafo 1, della Carta, essere sufficientemente accessibile, precisa e prevedibile nella sua applicazione in modo da evitare qualsiasi pericolo di arbitrarietà ....
49. A questo proposito, la Corte ha anche affermato che l'obiettivo delle garanzie relative alla libertà, come quelle sancite sia dall'articolo 6 della Carta che dall'articolo 5 della CEDU, consiste, in particolare, nella protezione dell'individuo dall'arbitrio. Pertanto, se l'esecuzione di una misura che priva una persona della libertà deve essere coerente con l'obiettivo di proteggere l'individuo dall'arbitrio, ciò significa, in particolare, che non può esserci alcun elemento di malafede o inganno da parte delle autorità (sentenze del 15 marzo 2017, Al Chodor, C-528/15, EU:C:2017:213, paragrafo 39, e del 12 febbraio 2019, TC, C-492/18 PPU, EU:C:2019:108, paragrafo 59).
50. Da quanto precede consegue che il trattenimento di un cittadino di un paese terzo sottoposto a una procedura di allontanamento, costituendo una grave ingerenza nel suo diritto alla libertà, è soggetto al rispetto di rigorose garanzie, vale a dire la presenza di una base giuridica, la chiarezza, la prevedibilità, l'accessibilità e la protezione dall'arbitrio (sentenza del 15 marzo 2017, Al Chodor, C-528/15, EU:C:2017:213, punto 40).
...
55. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 deve essere interpretato nel senso che non consente a uno Stato membro di disporre il trattenimento di un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare unicamente sulla base di un criterio generale fondato sul rischio che sia compromessa l'esecuzione effettiva dell'allontanamento, senza che sia soddisfatto uno dei motivi specifici di trattenimento previsti e chiaramente definiti dalla normativa di attuazione di tale disposizione nel diritto nazionale."
Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale (rifusione).
29. Le parti pertinenti di questa direttiva recitano come segue:
Articolo 8 - Informazioni e consulenza nelle strutture di trattenimento
e ai valichi di frontiera
"1. Qualora vi siano indicazioni che i cittadini di paesi terzi o gli apolidi trattenuti in strutture di trattenimento o presenti ai valichi di frontiera, comprese le zone di transito, alle frontiere esterne, possano voler presentare una domanda di protezione internazionale, gli Stati membri forniscono loro informazioni sulla possibilità di farlo. In tali strutture di trattenimento e punti di attraversamento, gli Stati membri adottano disposizioni per l'interpretazione nella misura necessaria a facilitare l'accesso alla procedura di asilo.
2. Gli Stati membri provvedono affinché le organizzazioni e le persone che forniscono consulenza e assistenza ai richiedenti asilo abbiano un accesso effettivo ai richiedenti asilo presenti ai valichi di frontiera, comprese le zone di transito, alle frontiere esterne. Gli Stati membri possono prevedere norme che disciplinano la presenza di tali organizzazioni e persone ai valichi di frontiera e, in particolare, che l'accesso sia subordinato a un accordo con le autorità competenti degli Stati membri. Le limitazioni a tale accesso possono essere imposte solo se, in virtù della legislazione nazionale, sono oggettivamente necessarie per la sicurezza, l'ordine pubblico o la gestione amministrativa dei valichi di frontiera in questione, a condizione che l'accesso non sia in tal modo gravemente limitato o reso impossibile".
Articolo 23 § 2 - Portata dell'assistenza e della rappresentanza legale
"Gli Stati membri provvedono affinché il consulente legale o altro consulente che assiste o rappresenta un richiedente abbia accesso alle aree chiuse, come i centri di trattenimento e le zone di transito, al fine di consultare tale richiedente, conformemente all'articolo 10, paragrafo 4, e all'articolo 18, paragrafo 2, lettere b) e c), della direttiva 2013/33/UE."
Articolo 26 - Trattenimento
"1. Gli Stati membri non trattengono una persona per il solo motivo che si tratta di un richiedente asilo. I motivi e le condizioni del trattenimento e le garanzie a disposizione dei richiedenti trattenuti sono conformi alla direttiva 2013/33/UE.
2. Se un richiedente è trattenuto, gli Stati membri garantiscono la possibilità di un rapido ricorso giurisdizionale in conformità alla direttiva 2013/33/UE."
Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (rifusione)
30. Le parti rilevanti di questa direttiva recitano come segue:
Articolo 8 - Trattenimento
"1. Gli Stati membri non trattengono una persona per il solo motivo che si tratta di un richiedente ai sensi della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale.
2. Quando risulta necessario e sulla base di una valutazione individuale di ciascun caso, gli Stati membri possono trattenere un richiedente, se non è possibile applicare efficacemente altre misure alternative meno coercitive.
3. Un richiedente può essere trattenuto solo:
...
(c) per decidere, nell'ambito di una procedura, sul diritto del richiedente di entrare nel territorio;
...
I motivi del trattenimento sono stabiliti dal diritto nazionale".
Articolo 9 - Garanzie per i richiedenti detenuti
"1. Il richiedente è trattenuto solo per un periodo di tempo il più breve possibile ed è mantenuto in stato di trattenimento solo per il tempo in cui sono applicabili i motivi di cui all'articolo 8, paragrafo 3.
Le procedure amministrative relative ai motivi di trattenimento di cui all'articolo 8, paragrafo 3, sono eseguite con la dovuta diligenza. I ritardi nelle procedure amministrative che non possono essere attribuiti al richiedente non giustificano la prosecuzione del trattenimento.
2. Il trattenimento del richiedente è disposto per iscritto dalle autorità giudiziarie o amministrative. Il provvedimento di trattenimento deve indicare i motivi di fatto e di diritto su cui si basa.
3. Quando il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative, gli Stati membri prevedono un rapido riesame giudiziario della legittimità del trattenimento da effettuarsi d'ufficio e/o su richiesta del richiedente. Se condotto d'ufficio, il riesame deve essere deciso il più rapidamente possibile dall'inizio del trattenimento. Se condotto su richiesta del richiedente, deve essere deciso il più rapidamente possibile dopo l'avvio del relativo procedimento. A tal fine, gli Stati membri definiscono nel diritto nazionale il periodo entro il quale deve essere condotto il ricorso giudiziario d'ufficio e/o il ricorso giudiziario su richiesta del richiedente.
Se, a seguito del controllo giudiziario, il trattenimento è ritenuto illegittimo, il richiedente interessato è rilasciato immediatamente.
4. Il richiedente trattenuto è immediatamente informato per iscritto, in una lingua che comprende o che si suppone ragionevolmente possa comprendere, dei motivi del trattenimento e delle procedure previste dal diritto nazionale per impugnare il provvedimento di trattenimento, nonché della possibilità di richiedere assistenza e rappresentanza legale gratuita.
5. Il trattenimento è riesaminato da un'autorità giudiziaria a intervalli di tempo ragionevoli, d'ufficio e/o su richiesta del richiedente interessato, in particolare ogniqualvolta sia di durata prolungata, si verifichino circostanze rilevanti o si rendano disponibili nuove informazioni che possano incidere sulla legittimità del trattenimento.
6. Nei casi di revisione giudiziaria del provvedimento di trattenimento di cui al paragrafo 3, gli Stati membri garantiscono che i richiedenti abbiano accesso all'assistenza e alla rappresentanza legale gratuita. Ciò comprende almeno la preparazione dei documenti procedurali richiesti e la partecipazione all'udienza davanti alle autorità giudiziarie per conto del richiedente. L'assistenza e la rappresentanza legali gratuite sono fornite da persone adeguatamente qualificate, ammesse o consentite dalla legislazione nazionale, i cui interessi non sono in conflitto o potenzialmente in conflitto con quelli del richiedente.
7. Gli Stati membri possono anche prevedere che l'assistenza e la rappresentanza legali gratuite siano concesse: (a) solo a coloro che non dispongono di risorse sufficienti; e/o (b) solo attraverso i servizi forniti da consulenti legali o altri consulenti specificamente designati dalla legislazione nazionale per assistere e rappresentare i richiedenti.
8. Gli Stati membri possono inoltre: (a) imporre limiti monetari e/o temporali alla fornitura di assistenza e rappresentanza legale gratuita, a condizione che tali limiti non limitino arbitrariamente l'accesso all'assistenza e alla rappresentanza legale; (b) prevedere che, per quanto riguarda gli onorari e le altre spese, il trattamento dei richiedenti non sia più favorevole di quello generalmente accordato ai loro cittadini in materia di assistenza legale.
9. Gli Stati membri possono chiedere il rimborso totale o parziale delle spese sostenute se e quando la situazione finanziaria del richiedente è notevolmente migliorata o se la decisione di concedere tali spese è stata presa sulla base di informazioni false fornite dal richiedente.
10. Le procedure per l'accesso all'assistenza e alla rappresentanza legale sono stabilite dalla legislazione nazionale."
Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (rifusione)
31. L'articolo pertinente di questo regolamento recita come segue:
Articolo 28 - Trattenimento
"1. Gli Stati membri non trattengono una persona per il solo motivo che essa è soggetta alla procedura stabilita dal presente regolamento.
2. Quando esiste un rischio significativo di fuga, gli Stati membri possono trattenere la persona interessata al fine di garantire le procedure di trasferimento conformemente al presente regolamento, sulla base di una valutazione individuale e solo nella misura in cui il trattenimento è proporzionale e non possono essere applicate efficacemente altre misure alternative meno coercitive".
3. Il trattenimento deve essere il più breve possibile e non deve superare il tempo ragionevolmente necessario per espletare con la dovuta diligenza le procedure amministrative richieste fino all'esecuzione del trasferimento ai sensi del presente regolamento.
Quando una persona è trattenuta ai sensi del presente articolo, il periodo per presentare una richiesta di presa in carico o di ripresa in carico non supera un mese dalla presentazione della domanda. Lo Stato membro che esegue la procedura ai sensi del presente regolamento chiede una risposta urgente in tali casi. Tale risposta deve essere fornita entro due settimane dal ricevimento della richiesta. La mancata risposta entro il termine di due settimane equivale all'accettazione della richiesta e comporta l'obbligo di prendere o riprendere in carico la persona, compreso l'obbligo di prevedere disposizioni adeguate per l'arrivo.
Quando una persona è trattenuta ai sensi del presente articolo, il trasferimento di tale persona dallo Stato membro richiedente allo Stato membro competente è effettuato non appena possibile, e al più tardi entro sei settimane dall'accettazione implicita o esplicita della richiesta di presa in carico o di ripresa in carico della persona in questione da parte di un altro Stato membro o dal momento in cui il ricorso o la revisione non hanno più effetto sospensivo ai sensi dell'articolo 27, paragrafo 3.
Se lo Stato membro richiedente non rispetta i termini per la presentazione della richiesta di presa in carico o di ripresa in carico o se il trasferimento non avviene entro il termine di sei settimane di cui al terzo comma, la persona non è più detenuta. Gli articoli 21, 23, 24 e 29 continuano ad applicarsi di conseguenza.
4. Per quanto riguarda le condizioni di trattenimento e le garanzie applicabili alle persone trattenute, al fine di assicurare le procedure di trasferimento verso lo Stato membro competente, si applicano gli articoli 9, 10 e 11 della direttiva 2013/33/UE."
Agenda europea sulla migrazione
32. La parte pertinente di questa "Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 13 maggio 2015" COM(2015)240 recita come segue:
"Utilizzare gli strumenti dell'UE per aiutare gli Stati membri in prima linea".
Verrà fatto di più per aiutare ad affrontare la sfida immediata che gli Stati membri in prima linea devono affrontare con gli arrivi di migranti.
In primo luogo, la Commissione istituirà un nuovo approccio "Hotspot", in cui l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, Frontex ed Europol lavoreranno sul campo con gli Stati membri in prima linea per identificare, registrare e rilevare rapidamente le impronte digitali dei migranti in arrivo. Il lavoro delle agenzie sarà complementare. Coloro che richiedono asilo saranno immediatamente incanalati in una procedura di asilo, dove le squadre di supporto dell'EASO aiuteranno a trattare i casi di asilo il più rapidamente possibile. Per coloro che non necessitano di protezione, Frontex aiuterà gli Stati membri coordinando il rimpatrio degli immigrati irregolari. Europol ed Eurojust assisteranno lo Stato membro ospitante nelle indagini per smantellare le reti di contrabbando e di traffico.
..."
Comunicazione del 23 settembre 2015 della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio: Gestione della crisi dei rifugiati: misure operative, di bilancio e giuridiche immediate nell'ambito dell'Agenda europea sulla migrazione COM(2015)490
33. La parte pertinente di questa comunicazione recita come segue:
"... Per queste situazioni di crisi, la Commissione ha sviluppato l'approccio delle squadre di sostegno per la gestione della migrazione negli "hotspot" ... Un 'hotspot' è un'area alla frontiera esterna che si trova ad affrontare una pressione migratoria sproporzionata. Esempi sono la Sicilia e Lampedusa in Italia o Lesbo e Kos in Grecia. È in questi "punti caldi" che la maggior parte dei migranti entra nell'Unione. È qui che l'UE deve fornire un sostegno operativo per garantire che i migranti in arrivo siano registrati e per evitare che si spostino verso altri Stati membri in modo incontrollato... L'approccio è un concetto operativo per massimizzare il valore aggiunto di questo supporto attraverso le squadre di sostegno alla gestione della migrazione. ... [Le squadre di esperti... supportano il debriefing dei migranti per comprendere i loro percorsi verso l'Europa e per raccogliere informazioni sul modus operandi dei trafficanti di migranti. Se necessario, gli esperti di Frontex forniscono anche assistenza prima del rimpatrio e coordinano i voli di ritorno. Gli esperti dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo assistono gli Stati membri ospitanti nella registrazione dei richiedenti asilo e nella preparazione del fascicolo. Europol ed Eurojust inviano squadre di investigatori a sostegno della raccolta di informazioni per smantellare le reti di trafficanti di migranti.
...
L'approccio faciliterà anche l'attuazione delle decisioni di ricollocare le persone in evidente bisogno di protezione internazionale dall'Italia e dalla Grecia. L'identificazione, la registrazione e il rilevamento delle impronte digitali dei migranti all'arrivo è una condizione preliminare per la ricollocazione al lavoro, e l'approccio fornisce il supporto necessario a tal fine. Tuttavia, l'approccio funziona indipendentemente dalla ricollocazione e la Commissione è pronta ad applicarlo in altri Stati membri che si trovano ad affrontare una pressione migratoria sproporzionata alle loro frontiere.
Il gruppo di sostegno non gestisce centri di accoglienza. Affinché l'approccio abbia successo, lo Stato membro ospitante deve fornire strutture di accoglienza ben funzionanti in cui possano operare le squadre di esperti dispiegate dalle agenzie dell'UE. Ciò include i centri di prima accoglienza e di pre-allontanamento. L'esistenza di strutture di accoglienza sufficienti è anche un prerequisito necessario per la ricollocazione, e l'UE fornisce un notevole sostegno finanziario agli Stati membri per la costruzione di queste infrastrutture."
Regolamento (UE) 2016/1624 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2016, relativo alla guardia di frontiera e costiera europea.
34. La parte pertinente di questo Regolamento, che è stata sostituita dal 1° gennaio 2021 dal Regolamento (UE) n. 2019/1896 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 novembre 2019, recita come segue:
"... "zona hotspot": una zona in cui lo Stato membro ospitante, la Commissione, le pertinenti agenzie dell'Unione e gli Stati membri partecipanti cooperano, con l'obiettivo di gestire una sfida migratoria esistente o potenziale sproporzionata, caratterizzata da un aumento significativo del numero di migranti che arrivano alle frontiere esterne;".
Regolamento (UE) n. 2019/1896 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2019, relativo alla guardia di frontiera e costiera europea e che abroga i regolamenti UE n. 1052/2013 e 2016/1624.
35. Le parti pertinenti di questo regolamento sono le seguenti:
Articolo 2, paragrafo 23
"area hotspot": un'area creata su richiesta dello Stato membro ospitante in cui lo Stato membro ospitante, la Commissione, le pertinenti agenzie dell'Unione e gli Stati membri partecipanti cooperano, con l'obiettivo di gestire una sfida migratoria esistente o potenziale sproporzionata caratterizzata da un aumento significativo del numero di migranti che arrivano alle frontiere esterne;"
Articolo 40 - Squadre di sostegno per la gestione della migrazione
"1. Se uno Stato membro si trova ad affrontare sfide migratorie sproporzionate in particolari aree calde delle sue frontiere esterne caratterizzate da grandi flussi migratori misti in entrata, tale Stato membro può chiedere un rafforzamento tecnico e operativo da parte di squadre di sostegno per la gestione della migrazione composte da esperti di organi, uffici e agenzie dell'Unione pertinenti che operano conformemente ai loro mandati.
Lo Stato membro presenta alla Commissione una richiesta di rafforzamento e una valutazione delle sue esigenze. Sulla base di tale valutazione delle esigenze, la Commissione trasmette la richiesta, se del caso, all'Agenzia, all'EASO, a Europol e ad altri organi, uffici e agenzie dell'Unione competenti.
...
3. La Commissione, in cooperazione con lo Stato membro ospitante e con i pertinenti organi, uffici e agenzie dell'Unione secondo i rispettivi mandati, stabilisce i termini della cooperazione nell'area dell'hotspot ed è responsabile del coordinamento delle attività delle squadre di sostegno per la gestione della migrazione.
4. Il rafforzamento tecnico e operativo fornito, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali, dai corpi permanenti nell'ambito delle squadre di sostegno per la gestione della migrazione può comprendere la fornitura di:
(a) assistenza, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali, nello screening dei cittadini di paesi terzi in arrivo alle frontiere esterne, comprese l'identificazione, la registrazione e l'interrogatorio di tali cittadini e, se richiesto dallo Stato membro, il rilevamento delle impronte digitali dei cittadini di paesi terzi e la fornitura di informazioni sullo scopo di tali procedure;
(b) informazioni iniziali alle persone che desiderano chiedere protezione internazionale e rinvio di tali persone alle autorità nazionali competenti dello Stato membro interessato o agli esperti inviati dall'EASO;
(c) assistenza tecnica e operativa nel campo del rimpatrio in conformità all'articolo 48, compresa la preparazione e l'organizzazione delle operazioni di rimpatrio;
..."
Articolo 42 - Situazione alle frontiere esterne che richiede un intervento urgente
"1. Quando il controllo alle frontiere esterne è reso inefficace a tal punto da rischiare di compromettere il funzionamento dello spazio Schengen perché:
...
(b) uno Stato membro che si trova ad affrontare sfide specifiche e sproporzionate alle frontiere esterne non ha richiesto un sostegno sufficiente all'Agenzia ai sensi degli articoli 37, 39 o 40 o non sta adottando le misure necessarie per attuare le azioni previste da tali articoli o dall'articolo 41;
il Consiglio, sulla base di una proposta della Commissione, può adottare senza indugio una decisione mediante un atto di esecuzione per individuare le misure di attenuazione di tali rischi che l'Agenzia deve attuare e per chiedere allo Stato membro interessato di cooperare con l'Agenzia nell'attuazione di tali misure. La Commissione consulta l'Agenzia prima di presentare la sua proposta.
...
3. Per attenuare il rischio di mettere in pericolo lo spazio Schengen, la decisione del Consiglio di cui al paragrafo 1 prevede che l'Agenzia adotti una o più delle seguenti misure:
(a) organizzare e coordinare interventi rapidi alle frontiere e schierare il corpo permanente, comprese le squadre della riserva per la reazione rapida;
(b) schierare i corpi permanenti nel quadro delle squadre di sostegno alla gestione della migrazione, in particolare nelle aree di crisi;
(c) coordinare le attività di uno o più Stati membri e paesi terzi alle frontiere esterne, comprese le operazioni congiunte con paesi terzi;
(d) dispiegare attrezzature tecniche
(e) organizzare interventi di rimpatrio.
..."
Parlamento europeo Direzione generale delle Politiche interne dell'Unione: "In prima linea: l'approccio hotspot alla gestione della migrazione".
36. Le parti rilevanti di questo rapporto del 2016 recitano come segue (note a piè di pagina omesse):
"5.2. Gli hotspot in Italia
A causa dei modelli migratori descritti nell'introduzione e anche a causa del modello italiano esistente di gestione dei migranti che arrivano sul territorio italiano, l'Italia è stata davvero il punto di partenza per l'approccio hotspot. ...
...
5.2.2. Il quadro giuridico e normativo
A differenza della Grecia, in Italia non è stata adottata alcuna legge o emendamento legislativo specifico per regolamentare il funzionamento degli hotspot. Il Ministero dell'Interno italiano, insieme alla Commissione europea, ha invece adottato delle Procedure operative standard per gli hotspot, che non sono ancora disponibili al pubblico, ma dovrebbero esserlo - sia in inglese che in italiano - nelle prossime settimane. Nel settembre 2015 le autorità italiane hanno elaborato una tabella di marcia che illustrava, tra l'altro, i piani per gli hotspot. Il 31 marzo 2016 l'Italia ha inviato alla Commissione una tabella di marcia riveduta, che però non è disponibile al pubblico.
Sebbene non sia stata adottata alcuna legislazione specifica sugli hotspot, l'Italia sembra aver ascoltato la richiesta della Commissione europea di "un quadro giuridico più solido per svolgere le attività degli hotspot e in particolare per consentire l'uso della forza per il rilevamento delle impronte digitali", elaborando una proposta legislativa sull'uso della forza per garantire il rilevamento delle impronte digitali. È forse degno di nota, a questo proposito, che tra i molti critici di questo approccio ci sia anche il sindacato italiano dei poliziotti - Unione Generale Lavoratori di Polizia - che ha inviato una lettera al Capo della Polizia italiana deplorando la mossa".
Servizio di Ricerca Parlamentare Europeo (EPRS)
37. I passaggi rilevanti del rapporto EPRS "Hotspots at EU external borders" del giugno 2018 recitano come segue (note a piè di pagina omesse):
"La capacità totale dell'hotspot di Lampedusa è stata colpita da diversi incidenti, tra cui un incendio doloso, e le ispezioni di diverse organizzazioni e ONG hanno sottolineato le condizioni di detenzione. ... I livelli di occupazione negli hotspot di Pozzallo, Trapani e Lampedusa superano la capacità effettiva degli stabilimenti, con conseguente sovraffollamento. Sono state sollevate preoccupazioni anche per quanto riguarda le capacità materiali degli hotspot italiani, come la disponibilità di un numero sufficiente di letti.
A differenza di quanto accade in Grecia, in Italia non è stata adottata alcuna legislazione o emendamento specifico per monitorare il funzionamento degli hotspot. In alternativa, il Ministero dell'Interno italiano, in collaborazione con la Commissione europea, ha adottato procedure operative standard per gli hotspot. Diverse ONG hanno chiesto al governo italiano di porre fine agli abusi, come la detenzione amministrativa, l'uso della forza e l'emissione di ordini di espulsione, negli hotspot.
...
Il Parlamento europeo ha sottolineato la necessità di garantire che l'approccio degli hotspot non comprometta i diritti fondamentali dei richiedenti asilo e dei rifugiati che attraversano i confini europei. Il Parlamento ha cercato di individuare e migliorare le condizioni di detenzione e accoglienza dei cittadini di Paesi terzi in Europa".
Consiglio d'Europa
Rapporto della missione d'inchiesta in Italia del Rappresentante speciale del Segretario Generale per le migrazioni e i rifugiati
38. Il Rappresentante speciale del Segretario generale per le migrazioni e i rifugiati ha svolto una missione in Italia dal 16 al 21 ottobre 2016, visitando strutture per migranti, tra cui l'hotspot di Lampedusa. Le parti rilevanti di questo rapporto recitano come segue (note a piè di pagina omesse):
"In linea di principio, nessuno dovrebbe trascorrere più di 72 ore in un hotspot. Tuttavia, mentre la procedura di colloquio iniziale viene svolta rapidamente, in pratica la mancanza di capacità del sistema di accoglienza fa sì che molti richiedenti asilo rimangano bloccati negli hotspot in attesa di essere trasferiti in strutture di prima accoglienza. ...
Sebbene entrambi gli hotspot [Pozzallo e Lampedusa] operassero formalmente entro i limiti della capacità, alcuni dei dormitori maschili che ho visitato a Lampedusa sembravano essere sovraffollati, con il conseguente impatto sull'igiene. A Lampedusa ho visto anche bagni intasati, con infiltrazioni d'acqua nella camera da letto vicina che ospitava giovani ragazze, e le docce femminili erano in cattive condizioni. ...
In linea di principio, entrambi gli hotspot sono strutture chiuse. A Lampedusa, anche dopo aver preso le impronte digitali, i residenti non sono formalmente autorizzati a lasciare il complesso. In pratica, sono in grado di uscire di nascosto durante il giorno e le autorità sembrano esserne consapevoli e tollerare questa situazione. ...
Nel complesso, le condizioni negli hotspot che ho visitato possono essere considerate accettabili, a condizione che vengano affrontati i problemi che ho identificato sopra. ...
L'approccio degli hotspot è stato sviluppato a livello di Unione europea, ma non esiste un quadro giuridico nazionale che stabilisca cosa sia un hotspot e come siano regolate le procedure che vi si svolgono. Gli standard variano quindi da un hotspot all'altro. Le autorità mi hanno informato che l'Italia adotta un'interpretazione minimale del concetto di hotspot: si tratta esclusivamente di procedure di identificazione. Tuttavia, se le persone rifiutano di fornire le impronte digitali, possono trascorrere un po' di tempo nell'hotspot in attesa del completamento del processo di identificazione.
Visti i limiti degli hotspot in termini di condizioni e servizi, l'"approccio minimo" che prevede una breve permanenza sembra l'unica opzione logica. I motivi per cui la prassi non riflette questa intenzione sono stati illustrati in precedenza. Indipendentemente dalla possibilità di risolvere il problema della capacità, è necessario un quadro giuridico adeguato che definisca gli standard minimi. Ciò contribuirebbe in modo significativo alla protezione di coloro che si trovano negli hotspot. In particolare, la detenzione di fatto delle persone negli hotspot, in attesa della disponibilità di una sistemazione di prima accoglienza adeguata o perché si sono rifiutate di fornire le impronte digitali, è attualmente priva di base giuridica nazionale e per questo motivo solleva problemi ai sensi dell'articolo 5 della CEDU".
Relazione al Governo italiano sulla visita in Italia effettuata dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT).
39. Dal 7 al 13 giugno 2017 una delegazione del CPT ha visitato l'Italia per esaminare la situazione dei cittadini stranieri privati della libertà negli hotspot e nei centri di detenzione per immigrati nel contesto degli arrivi su larga scala dal Nord Africa. I passaggi rilevanti del rapporto recitano come segue:
"[Nell'hotspot di Lampedusa] durante il periodo di 120 giorni tra il 1° febbraio e il 1° giugno 2017, il centro ha funzionato a più del doppio della sua capacità di 250 persone (basata sul numero di posti letto) per quasi la metà del tempo (cioè 56 giorni), con un picco in aprile e all'inizio di giugno, quando oltre 1.000 nuovi arrivi hanno soggiornato per diversi giorni nell'"hotspot". In caso di arrivi su larga scala, i materassi supplementari verrebbero collocati sui pavimenti di tutta la struttura. Questi dati suggeriscono che l'attuale capacità di posti letto è strutturalmente troppo bassa e dovrebbe essere aumentata. ... Alla luce della sua valutazione delle condizioni di vita, il CPT raccomanda di compiere ulteriori sforzi, in particolare per quanto riguarda l'hotspot di Lampedusa, per garantire che i cittadini stranieri rimangano negli hotspot solo per il minor tempo possibile.
Il CPT nota positivamente che l'offerta di servizi sanitari nei tre "hotspot" è stata molto buona. Il personale sanitario era in numero sufficiente, con personale medico aggiuntivo in attesa, e la presenza di medici e/o infermieri era garantita 24 ore su 24, sette giorni su sette. Inoltre, le strutture sanitarie erano ben attrezzate.
Notando che a diverse categorie di cittadini stranieri può essere impedito di lasciare gli hotspot, il CPT solleva la questione della base legale per la privazione della libertà in questi centri e i relativi problemi riguardanti l'esistenza e il funzionamento delle garanzie legali. A questo proposito, formula diverse raccomandazioni, anche per quanto riguarda il controllo giudiziario sulla privazione della libertà, la fornitura di informazioni sui diritti e sulle procedure e l'accesso effettivo a un avvocato, nonché misure pratiche per ridurre il rischio di respingimento.
...
Come parte della risposta per assistere gli Stati membri in prima linea che stanno affrontando pressioni migratorie sproporzionate alle frontiere esterne dell'Unione europea, nel 2015 gli Stati membri e le istituzioni dell'Unione europea hanno concordato di attuare il cosiddetto approccio "Hotspot" alla gestione della migrazione. L'approccio "Hotspot" mira a identificare rapidamente, registrare e trattare adeguatamente i nuovi arrivati in centri designati nei punti di arrivo chiave e, se possibile, a rimpatriare rapidamente i migranti irregolari che non sono autorizzati a rimanere nel Paese interessato. Attualmente è in fase di attuazione in Italia e in Grecia. Al momento della visita, erano in funzione quattro "hotspot" (Lampedusa, Pozzallo, Taranto e Trapani), con una capacità ufficiale totale di circa 1.600 posti. Le autorità italiane hanno in programma la creazione di altri cinque "hotspot", che dovrebbero diventare operativi nel prossimo futuro.
...
In primo luogo, il CPT osserva che gli "hotspot", per legge, non sono concepiti come luoghi di privazione della libertà. L'articolo 17 del decreto legge n. 13/2017, convertito in legge dalla legge n. 46/2017, introduce un nuovo articolo 10-ter nel decreto legislativo n. 286/1998 (Testo unico dell'immigrazione, TUI), che prevede l'istituzione di "centri di crisi" designati all'interno delle strutture di prima accoglienza per scopi di soccorso e prima assistenza, dove i nuovi arrivati vengono sottoposti a procedure di pre-identificazione e dove viene fornita loro assistenza e informazioni. Tuttavia, la nuova legislazione non fornisce una base legale per la privazione della libertà negli "hotspot". Ciononostante, il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà, nel suo rapporto tematico del giugno 2017, ha osservato che i cittadini stranieri sono privati della libertà negli "hotspot"; per questo motivo, ha raccomandato di sviluppare un quadro giuridico per la detenzione delle persone in questi luoghi.
...
Detto questo, l'occupazione di tutti e tre gli "hotspot" visitati superava regolarmente la capacità ufficiale. Di conseguenza, gli "hotspot" potevano diventare gravemente congestionati. Questo è stato in particolare il caso dell'hotspot di Lampedusa. Durante il periodo di 120 giorni tra il 1° febbraio e il 1° giugno 2017, il centro ha operato oltre la sua capacità di 250 persone, basata sul numero di letti disponibili, per oltre il 75% del tempo (cioè 93 giorni); per quasi la metà del tempo (cioè 56 giorni), l'occupazione è stata addirittura più del doppio della capacità dei letti, con un picco in aprile e all'inizio di giugno, quando oltre 1.000 nuovi arrivi hanno soggiornato per diversi giorni nell'"hotspot". In caso di arrivi su larga scala, i materassi aggiuntivi venivano collocati sui pavimenti di tutta la struttura. Anche se si accetta che il sovraffollamento è difficile da evitare nei giorni immediatamente successivi agli arrivi di grandi dimensioni, queste cifre suggeriscono che la capacità attuale è strutturalmente troppo bassa e dovrebbe essere aumentata. ...
[A molte categorie di cittadini stranieri può essere impedito di lasciare gli "hotspot", senza una chiara base giuridica. Questa situazione solleva diversi problemi in termini di tutele legali. Secondo l'NPM italiano, i cittadini stranieri possono essere privati della libertà negli "hotspot" senza controllo giudiziario e senza possibilità di appello, il che crea un limbo giuridico.
Il CPT osserva che il soggiorno negli "hotspot" non è stato formalmente considerato dalle autorità italiane come una privazione della libertà e, pertanto, non è stato emesso alcun provvedimento di detenzione. ...
In particolare, i migranti originari della Tunisia... che hanno dichiarato di non aver bisogno di protezione internazionale, potevano essere rapidamente rimpatriati nei loro Paesi d'origine o trasferiti in un CPR [Centro di permanenza per i rimpatri] chiuso... Sembra quindi che gli 'hotspot' spesso trattengano i migranti irregolari in attesa del loro allontanamento".
Comunicazione delle autorità italiane al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa - 1331a riunione (dicembre 2018).
40. La parte rilevante di questa comunicazione delle autorità italiane al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa relativa al caso di Khlaifia e altri c. Italia ([GC], n. 16483/12, 15 dicembre 2016) afferma quanto segue (traduzione a cura del Registro):
"Dal settembre 2015 il sistema di accoglienza in Italia si è evoluto per presentare strutture riprogettate basate su un nuovo modello organizzativo chiamato approccio hotspot. Gli hotspot sono aree di arrivo, situate in prossimità dei porti, verso le quali i migranti che arrivano via mare vengono indirizzati per garantire che ricevano una prima assistenza medica e materiale e informazioni sul proprio status giuridico e sulle norme che regolano l'immigrazione e l'asilo, e per garantire che vengano sottoposti all'identificazione e al rilevamento di fotografie d'identità e impronte digitali da parte della polizia in collaborazione con Frontex ed Europol. ...
Il tempo trascorso in un hotspot può variare a seconda delle attività svolte: primo soccorso e assistenza (visite mediche, fornitura di informazioni sulle norme in materia di asilo e così via) e/o identificazione dei migranti. Queste fasi sono generalmente completate molto rapidamente, al massimo 48 ore dopo l'arrivo, a condizione che il migrante non si opponga all'identificazione; il loro scopo non è quello di conferire uno status giuridico definitivo e non impediscono ai migranti di presentare una successiva domanda di protezione internazionale. ..."
Nazioni Unite
Osservazioni del Comitato istituito ai sensi della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti
41. Il Comitato contro la tortura, l'organismo di esperti indipendenti che monitora l'attuazione della suddetta Convenzione, nelle sue osservazioni conclusive del 18 dicembre 2017 sul quinto e sesto rapporto periodico combinato dell'Italia ha affermato quanto segue:
"Le accuse di maltrattamenti nei "centri di crisi" e in altre strutture di accoglienza
...
Pur prendendo atto delle informazioni fornite dallo Stato parte sull'attuazione dell'"approccio hotspot" concordato dall'Unione europea nel 2015 per giungere a una rapida identificazione e a uno screening dei migranti e dei richiedenti asilo nei punti di arrivo, il Comitato rimane preoccupato per le segnalazioni di maltrattamenti e di un uso eccessivo della forza da parte della polizia nel rilevare le impronte digitali dei richiedenti asilo e dei migranti appena arrivati. ... Preoccupano anche le condizioni di vita al di sotto degli standard in diversi centri di accoglienza per richiedenti asilo e migranti irregolari, compresi i "centri di crisi" e i centri per bambini non accompagnati...
Lo Stato parte dovrebbe
(a) chiarire la base legale per la privazione della libertà e l'uso della forza per ottenere le impronte digitali da richiedenti asilo e migranti non collaborativi;
..."
LA LEGGE
OBIEZIONI PRELIMINARI
42. Il Governo ha sostenuto che i ricorrenti non potevano dichiararsi vittime in quanto nel caso di specie non si era verificata alcuna violazione delle disposizioni della Convenzione. In particolare, hanno osservato che i ricorrenti non erano stati detenuti ai sensi dell'articolo 5 della Convenzione, in quanto le misure di accoglienza cui erano stati sottoposti nell'hotspot di Lampedusa erano disciplinate dalla legge, ossia dagli articoli 8, 9, 10 e 12 del decreto legislativo n. 142 del 2015. Inoltre, secondo il Governo, i ricorrenti non erano stati sottoposti ad alcun trattamento contrario all'articolo 3 della Convenzione.
43. Il Governo ha inoltre rilevato che i ricorrenti non avevano esaurito le vie di ricorso interne disponibili. A loro avviso, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, del decreto legislativo n. 142 del 2015, i ricorrenti avrebbero potuto presentare una richiesta al Prefetto per ottenere un permesso temporaneo di lasciare il centro. In caso di diniego, avrebbero potuto impugnare la relativa decisione davanti al giudice civile. Inoltre, i ricorrenti avrebbero potuto presentare un ricorso d'urgenza ai sensi dell'articolo 700 del Codice di procedura civile. Inoltre, avrebbero potuto presentare un reclamo davanti ai tribunali amministrativi, nel caso in cui la loro richiesta al Prefetto fosse rimasta senza risposta.
44. Infine, il Governo ha ritenuto che il presente ricorso sia stato presentato fuori termine, ossia il 9 maggio 2018.
45. I ricorrenti non hanno condiviso le obiezioni relative alla loro mancanza di status di vittima e al presunto ritardo nella presentazione del ricorso. Per quanto riguarda il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, hanno risposto che le vie interne menzionate dal Governo erano aperte solo ai richiedenti asilo, il che non era il caso dei ricorrenti nel presente caso.
46. La Corte ritiene che l'obiezione del Governo sulla mancanza dello status di vittima riguardi la sostanza delle denunce dei ricorrenti. Decide quindi di unire tale obiezione al merito del caso (si vedano i paragrafi 66 e 99 qui di seguito).
47. Per quanto riguarda il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, la Corte riconosce che, ai sensi dell'articolo 1 del Decreto Legislativo n. 142 del 2015 e dei pertinenti strumenti dell'Unione europea, le garanzie e i rimedi di cui a tale decreto (compreso l'articolo 10) sono applicabili ai richiedenti asilo. Nel caso di specie, i ricorrenti non hanno chiesto protezione internazionale, pertanto sono esonerati dalla necessità di esaurire i suddetti rimedi interni. Pertanto, l'obiezione del Governo deve essere respinta.
48. Per quanto riguarda l'asserito ritardo nella presentazione del ricorso, la Corte osserva che, contrariamente a quanto affermato dal Governo, il presente ricorso è stato presentato il 26 aprile 2018, quindi entro il termine di sei mesi che decorre dall'uscita dei ricorrenti dall'hotspot e dal loro allontanamento in Tunisia. Pertanto, anche questa obiezione deve essere respinta.
II. PRESUNTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
49. I ricorrenti si sono lamentati delle condizioni materiali del loro soggiorno nell'hotspot di Lampedusa. Hanno invocato l'articolo 3 della Convenzione, che recita come segue:
"Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti".
A. Ammissibilità
50. La Corte osserva che il ricorso non è manifestamente infondato né irricevibile per altri motivi elencati nell'articolo 35 della Convenzione. Deve pertanto essere dichiarato ricevibile.
B. Merito
Le argomentazioni dei ricorrenti
51. I ricorrenti hanno ribadito il loro reclamo e si sono basati sulla relazione annuale 2017 del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale - "il Garante").
52. I ricorrenti hanno anche presentato una video-intervista rilasciata dal presidente del Garante nel gennaio 2018, che aveva attestato la mancanza di azione da parte delle autorità italiane per migliorare le pessime condizioni di permanenza nell'hotspot di Lampedusa dall'anno precedente e fornito fotografie che mostravano le critiche condizioni igieniche del centro, nonché la mancanza di spazio.
53. I ricorrenti hanno anche fatto riferimento al rapporto 2020 del Garante che attestava che nel 2019 nell'hotspot di Lampedusa c'erano solo due bagni da condividere con quaranta persone, alcuni migranti avevano dovuto dormire su materassi all'esterno del centro e le stanze erano o troppo fredde o troppo calde. Nella sua relazione, il Garante aveva espresso rammarico per il fatto che, sebbene le persone ospitate nell'hotspot di Lampedusa avrebbero dovuto rimanervi solo per il tempo necessario alla loro identificazione, di solito avevano trascorso diversi giorni o settimane nel centro. Erano stati privati della libertà, in quanto era stato loro impossibile lasciare il centro e non avevano avuto la possibilità di presentare ricorso presso un'autorità giudiziaria.
Le argomentazioni del Governo
54. Il Governo ha osservato che il rapporto 2016-17 del Garante mostrava piuttosto che le condizioni di soggiorno dei ricorrenti non erano state né inumane né degradanti. I pasti erano stati preparati e confezionati nella cucina del centro, che secondo quanto riferito era pulita e ordinata, e vi era una stanza separata per i colloqui dei migranti. Ai migranti sono stati sistematicamente distribuiti volantini contenenti informazioni legali, kit per il nuovo arrivo e una piccola somma di denaro, e il sistema sanitario è stato generalmente ben organizzato ed efficiente.
Osservazioni di terzi intervenuti
55. L'Organizzazione mondiale contro la tortura ha osservato che gli hotspot sono strutture in cui i migranti e i richiedenti asilo appena arrivati vengono temporaneamente ospitati prima di essere trasferiti in altre strutture alla prima occasione. Sebbene nel dicembre 2017 il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura avesse raccomandato all'Italia di adottare le misure necessarie per garantire condizioni di accoglienza adeguate per i richiedenti asilo e i migranti irregolari, la situazione rimaneva critica per quanto riguarda i centri di detenzione per immigrati e gli hotspot.
56. L'hotspot di Lampedusa era stato chiuso per lavori di ristrutturazione nel marzo 2018 a seguito di denunce di condizioni di vita disumane. Nonostante la riapertura, l'hotspot presentava gravi carenze strutturali. Inoltre, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura aveva raccomandato di aumentarne la capacità.
57. Il Forum tunisino per i diritti economici e sociali (FTDES) ha evidenziato le sfide politiche ed economiche affrontate dalla Tunisia, le conseguenti proteste sociali e le difficili condizioni economiche e sociali dei cittadini tunisini che hanno cercato di lasciare il Paese e sono stati successivamente rimandati in Tunisia.
La valutazione della Corte
58. I principi generali applicabili al trattamento delle persone detenute per motivi di immigrazione sono esposti in dettaglio in M.S.S. c. Belgio e Grecia ([GC], n. 30696/09, §§ 216-22, CEDU 2011), Tarakhel c. Svizzera ([GC], n. 30696/09, §§ 216-22, CEDU 2011). Svizzera ([GC], n. 29217/12, §§ 93-99, CEDU 2014 (estratti)) e Khlaifia e altri c. Italia ([GC], n. 16483/12, §§ 158-69, 15 dicembre 2016; si veda anche E.K. c. Grecia, n. 73700/13, §§ 72-84, 14 gennaio 2021).
59. La Corte osserva innanzitutto che i ricorrenti hanno fornito diversi elementi di prova a sostegno delle loro richieste.
60. Pur evidenziando alcuni aspetti positivi dell'organizzazione presso la struttura, nell'ambito di un "approccio hotspot" che è stato sviluppato a partire dal 2015 (si vedano i paragrafi 32 e seguenti), il Governo, da parte sua, non ha contestato le abbondanti informazioni presentate dai ricorrenti in merito alle carenze delle condizioni materiali di soggiorno nell'hotspot di Lampedusa (vale a dire, le condizioni igieniche, la mancanza di spazio e le caratteristiche degli alloggi - si vedano i paragrafi 52 e 53 supra).
61. La Corte osserva inoltre che molteplici fonti nazionali e internazionali hanno attestato le critiche condizioni materiali dell'hotspot di Lampedusa nel periodo dei fatti materiali del presente caso.
62. La relazione 2016-17 del Garante e la relazione 2017 del Senato della Repubblica (si vedano i paragrafi 17 e 19 supra) hanno affermato che le condizioni generali dell'hotspot di Lampedusa erano fatiscenti e sporche e hanno evidenziato la mancanza di servizi e di spazi, con particolare riguardo ai posti letto, nonché la generale scarsa igiene e inadeguatezza del centro.
63. Il sovraffollamento del centro è stato citato tra l'altro anche dal CPT nel suo rapporto al governo italiano sulla visita in Italia effettuata nel 2017. In termini generali, le condizioni di vita negli hotspot sono state criticate anche dal Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura nei suoi rapporti del 2017 sull'Italia (si vedano i paragrafi 37-39 e 41 sopra).
64. Alla luce di tutto ciò, la Corte ritiene che il Governo non abbia prodotto elementi sufficienti a sostegno della propria tesi secondo cui le condizioni individuali di soggiorno dei ricorrenti potevano essere considerate accettabili. Infatti, visti gli elementi sopra elencati, presentati dai ricorrenti, e supportati da fotografie e da diversi rapporti, la Corte è convinta che, al momento in cui i ricorrenti vi sono stati collocati, l'hotspot di Lampedusa offriva condizioni materiali scadenti.
65. In questo contesto, la Corte ribadisce anche la sua consolidata giurisprudenza secondo cui, visto il carattere assoluto dell'articolo 3, le difficoltà derivanti dall'aumento dell'afflusso di migranti e richiedenti asilo, in particolare per gli Stati che costituiscono le frontiere esterne dell'Unione Europea, non esonera gli Stati membri del Consiglio d'Europa dagli obblighi che loro incombono in virtù di tale disposizione (cfr. M. S.S. c. Belgio e altri Stati membri). S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata, § 223; Hirsi Jamaa e altri c. Italia [GC], n. 27765/09, § 122, CEDU 2012; Khlaifia e altri, sopra citata, § 184; e J.R. e altri c. Grecia, n. 22696/16, § 137, 25 gennaio 2018).
66. La Corte osserva che, nel caso di specie, i ricorrenti sono rimasti nell'hotspot di Lampedusa per dieci giorni.
67. Alla luce di quanto sopra, la Corte respinge l'obiezione del Governo in merito alla presunta mancanza dello status di vittima dei ricorrenti e conclude che questi ultimi sono stati sottoposti a trattamenti inumani e degradanti durante il loro soggiorno nell'hotspot di Lampedusa in violazione dell'articolo 3 della Convenzione.
PRESUNTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 5 §§ 1, 2 E 4 DELLA CONVENZIONE
68. I ricorrenti lamentavano di essere stati privati della libertà durante il loro soggiorno nell'hotspot di Lampedusa in assenza di una base giuridica chiara e accessibile e che quindi era stato impossibile contestare la legittimità della loro privazione della libertà. Hanno invocato l'articolo 5 §§ 1, 2 e 4 della Convenzione, le cui parti rilevanti recitano come segue:
"1. Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza della propria persona. Nessuno può essere privato della propria libertà se non nei casi seguenti e secondo una procedura prevista dalla legge:
...
(f) l'arresto o la detenzione legittima di una persona per impedirle di fare un ingresso non autorizzato nel Paese o di una persona contro la quale si sta agendo in vista dell'espulsione o dell'estradizione.
2. Ogni persona arrestata deve essere informata tempestivamente, in una lingua a lei comprensibile, dei motivi dell'arresto e di ogni accusa a suo carico. ...
4. Ogni persona privata della libertà mediante arresto o detenzione ha il diritto di intraprendere un'azione legale che consenta di decidere rapidamente la legittimità della sua detenzione da parte di un tribunale e di ordinare il suo rilascio se la detenzione non è legittima. ..."
Ammissibilità
Le argomentazioni dei ricorrenti
69. I ricorrenti hanno osservato che nella sua "Relazione sull'attività di monitoraggio in materia di rimpatrio forzato degli stranieri" (dicembre 2017-giugno 2018), il Garante aveva evidenziato che la prassi generalizzata negli hotspot di non consentire alle persone di lasciare le strutture era in contrasto con il Testo unico sull'immigrazione (si veda il precedente paragrafo 14), con il principio sancito dall'articolo 13 della Costituzione ("La libertà personale è inviolabile") e con l'articolo 5 della Convenzione. Inoltre, dalla relazione del Garante del 2017 (cfr. paragrafo 49 supra) è emerso che, rispondendo alla domanda sul perché i migranti a Lampedusa non fossero autorizzati a lasciare i locali del centro, il Prefetto aveva risposto che Lampedusa era un'isola che dipendeva dai proventi del turismo e che la presenza di migranti avrebbe potuto creare problemi. Aveva poi aggiunto che i migranti avevano comunque la possibilità di lasciare il centro attraverso un'apertura nella recinzione. Il Garante ha concluso che l'hotspot di Lampedusa è effettivamente una struttura chiusa.
Le osservazioni del Governo
70. Il Governo ha affermato che i ricorrenti non erano stati privati della libertà, ma erano stati semplicemente sottoposti a una restrizione della libertà a causa di esigenze di interesse pubblico, legate alle procedure di identificazione e al trasferimento dei migranti.
La valutazione della Corte
71. Per quanto riguarda l'applicabilità dell'articolo 5 della Convenzione nel caso di specie, la Corte ribadisce che per determinare se una persona sia stata privata della libertà, il punto di partenza deve essere la sua situazione concreta e si deve tenere conto di tutta una serie di criteri quali il tipo, la durata, gli effetti e le modalità di attuazione della misura in questione (si veda Ilias e Ahmed c. Ungheria [GC], no. 47287/15, § 217, 21 novembre 2019, con ulteriori riferimenti; Khlaifia e altri, sopra citata, § 64; e J.R. e altri c. Grecia, sopra citata, §§ 83-84).
72. La Corte ritiene che nel caso di specie la questione dell'applicabilità dell'articolo 5 della Convenzione sia strettamente legata al merito del reclamo dei ricorrenti ai sensi della stessa disposizione. Di conseguenza, la Corte ne terrà conto nel determinare se vi sia stata una violazione di tale articolo (si veda il paragrafo 99 infra).
Il merito
Le argomentazioni dei ricorrenti
73. I ricorrenti hanno ribadito le loro doglianze.
Osservazioni del Governo
74. Il Governo ha sottolineato che le misure di accoglienza a cui i ricorrenti erano stati sottoposti nell'hotspot di Lampedusa erano disciplinate dalla legge, ossia dagli articoli 8, 9, 10 e 12 del decreto legislativo n. 142 del 2015.
75. Il Governo ha inoltre osservato che la presente causa si differenziava da quella di Khlaifia e altri (sopra citata), dato che l'ordinamento giuridico italiano era radicalmente cambiato dalla sentenza della Corte in quella causa (si veda l'articolo 10 ter del decreto legislativo n. 286 del 25 luglio 1998, paragrafo 14 supra). In particolare, il Governo ha osservato che l'hotspot di Lampedusa è stato classificato come Centro di identificazione ed espulsione e, in base alla legislazione applicabile, le persone che vi soggiornavano erano legittimamente detenute.
76. Hanno inoltre affermato che, in ogni caso, i ricorrenti erano stati liberi di lasciare il centro, durante il giorno, previa autorizzazione del Prefetto (si veda il paragrafo 43 supra).
Osservazioni dei terzi intervenuti
77. L'Organizzazione mondiale contro la tortura ha preso atto delle osservazioni presentate dalle organizzazioni non governative italiane per i diritti umani al Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura (gruppo di lavoro pre-sessione 9 novembre-4 dicembre 2020) in cui avevano affermato che le persone che soggiornano nell'hotspot di Lampedusa vivono di fatto in stato di detenzione.
78. L'altro diritto ha affermato che i centri di accoglienza per migranti italiani, in particolare gli hotspot, spesso agiscono come strutture di detenzione prive di qualsiasi base giuridica.
La valutazione della Corte
79. La Corte osserva che, mentre la regola generale stabilita dall'articolo 5 § 1 è che ogni persona ha diritto alla libertà, l'articolo 5 § 1 (f) prevede un'eccezione a tale regola generale, consentendo agli Stati di controllare la libertà degli stranieri in un contesto di immigrazione (si veda Saadi c. Regno Unito [GC], n. 13229/03, § 64, CEDU 2008).
80. Ai sensi delle lettere da a) a f) dell'articolo 5 § 1, qualsiasi privazione della libertà deve essere "legittima", oltre a rientrare in una delle eccezioni ivi previste. Quando è in discussione la "legittimità" della detenzione, compresa la questione se sia stata seguita "una procedura prescritta dalla legge", la Convenzione fa riferimento essenzialmente al diritto nazionale e stabilisce l'obbligo di conformarsi alle norme sostanziali e procedurali del diritto nazionale. Il rispetto del diritto nazionale non è tuttavia sufficiente: L'articolo 5 § 1 richiede inoltre che qualsiasi privazione della libertà sia conforme allo scopo di proteggere l'individuo dall'arbitrio. È un principio fondamentale che nessuna detenzione arbitraria possa essere compatibile con l'articolo 5 § 1 e la nozione di "arbitrarietà" di cui all'articolo 5 § 1 va oltre la mancanza di conformità con il diritto nazionale, cosicché una privazione della libertà può essere legittima in termini di diritto interno ma comunque arbitraria e quindi contraria alla Convenzione (ibid., § 67).
81. Mentre il principio generale secondo cui la detenzione non deve essere arbitraria si applica alla detenzione ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, lettera f), primo comma, allo stesso modo in cui si applica alla detenzione ai sensi del secondo comma (ibid., § 73), il secondo comma si applica alla detenzione ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, lettera f), secondo comma, § 73), la seconda parte ("si sta agendo in vista dell'espulsione o dell'estradizione"), a differenza dell'articolo 5 § 1 (c), non richiede inoltre che la detenzione sia ragionevolmente considerata necessaria, ad esempio, per impedire all'individuo di commettere un reato o di fuggire (si veda Čonka c. Belgio, n. 51564/99, § 38, CEDU 2002-I).
82. La prima parte ("l'arresto o la detenzione legittima di una persona per impedirle di effettuare un ingresso non autorizzato nel paese"), che consente la detenzione di un richiedente asilo o di un altro immigrato prima che lo Stato conceda l'autorizzazione all'ingresso, implica che la "libertà dall'arbitrio" significa che tale detenzione deve essere effettuata in buona fede, che deve essere strettamente connessa allo scopo di prevenire l'ingresso non autorizzato della persona nel paese e che il luogo e le condizioni di detenzione devono essere adeguati. Va ricordato che la misura in questione si applica non a coloro che hanno commesso reati, ma agli stranieri che, spesso temendo per la propria vita, sono fuggiti dal proprio paese, e che la durata del trattenimento non deve superare quella ragionevolmente necessaria per lo scopo perseguito (si veda Saadi, sopra citato, § 74).
83. La questione del momento in cui la prima parte dell'articolo 5 § 1 (f) cessa di applicarsi, in quanto all'individuo è stata concessa un'autorizzazione formale all'ingresso o al soggiorno, dipende in larga misura dal diritto nazionale (si veda Suso Musa c. Malta, n. 42337/12, § 97, 23 luglio 2013); se l'ingresso è stato rifiutato, qualsiasi privazione della libertà ai sensi della seconda parte dell'articolo 5 § 1 (f) sarà giustificata solo finché è in corso un procedimento di espulsione o di estradizione. Se tali procedimenti non vengono portati avanti con la dovuta diligenza, la detenzione cesserà di essere ammissibile ai sensi dell'articolo 5 § 1 (f) (si veda Khlaifia e altri, sopra citato, § 90).
84. Nel caso di specie, le autorità nazionali non hanno sostenuto, né è stato altrimenti dimostrato, che l'ingresso fosse stato rifiutato, che fosse stato emesso un ordine di rimpatrio o che fosse stata avviata un'azione relativa all'espulsione prima del 26 ottobre 2017. Pertanto, essendo il secondo comma dell'articolo 5 § 1 (f) applicabile al massimo solo per le poche ore precedenti l'allontanamento dei ricorrenti, la Corte è tenuta a considerare che, in sostanza, e come risulta dal ricorso dei ricorrenti, solo il primo capo dell'articolo 5 § 1 (f) della Convenzione ("l'arresto o la detenzione legittima di una persona per impedirle di effettuare un ingresso non autorizzato nel paese") si applichi ai fatti di causa, che si sono svolti dal 16 ottobre 2017, ossia il giorno dell'arrivo dei ricorrenti nell'hotspot di Lampedusa, fino alla prima mattina del 26 ottobre 2017, quando i ricorrenti sono stati trasferiti dall'hotspot all'aeroporto.
85. Spetta ora alla Corte stabilire se la restrizione della libertà dei ricorrenti ai sensi dell'articolo 5 § 1 (f), primo comma, abbia rispettato il requisito della "legittimità", e in particolare se si sia basata sulle "norme sostanziali e procedurali del diritto nazionale" (si veda il paragrafo 80 supra).
86. A questo proposito, la Corte richiama innanzitutto l'attenzione sulla definizione di "hotspot", in quanto legata in particolare alla loro funzione.
87. L'Agenda europea sulla migrazione della Commissione europea del 13 maggio 2015 ha stabilito alcune linee guida da applicare nei Paesi dell'UE in relazione a diversi aspetti della migrazione e ha messo in atto l'"approccio hotspot". Nella sua Roadmap del 28 settembre 2015, il Ministero dell'Interno italiano ha quindi individuato quattro aree portuali in cui istituire gli hotspot, tra cui Lampedusa (Contrada Imbriacola).
88. La Roadmap ha chiarito che lo scopo di questi hotspot era quello di effettuare la registrazione e l'identificazione dei migranti come passo preliminare per il successivo smistamento e invio degli stessi, incanalando i richiedenti asilo e coloro che dovevano essere ricollocati verso gli hub nazionali e regionali competenti, o trasferendo i migranti irregolari che non avevano fatto richiesta di protezione internazionale ai Centri di identificazione ed espulsione affinché venissero espulsi. Pertanto, gli hotspot, ossia le strutture di accoglienza esistenti utilizzate per attuare l'"approccio hotspot", non erano destinati, almeno nel momento rilevante per il caso in questione, a servire come centri di detenzione, ma piuttosto come strutture di identificazione ed espulsione.
89. La normativa nazionale in materia di "hotspot" risulta essere l'articolo 10-ter del Decreto Legislativo n. 286 del 25 luglio 1998, come modificato dall'articolo 17 del Decreto Legge n. 13 del 17 febbraio 2017. In base a tale disposizione, i "centri di crisi" o "hotspot" sono stati istituiti all'interno di due strutture: quelle istituite ai sensi del decreto legge n. 451 del 1995, convertito con modificazioni dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563 (come il Centro di Soccorso e Prima Accoglienza di Lampedusa) e quelle istituite ai sensi dell'art. 9 del D.Lgs. n. 142 del 2015.
90. La Corte non può non rilevare che, mentre il Decreto Legge n. 13 ha individuato le due tipologie di strutture esistenti idonee a fungere da hotspot, il Governo non ha dimostrato che il quadro normativo italiano, comprese le norme dell'Unione Europea eventualmente applicabili, fornisca chiare istruzioni in merito al trattenimento dei migranti in tali strutture.
91. A questo proposito, la Corte non ha trovato alcun riferimento nel diritto interno citato dal Governo (si veda il paragrafo 74 supra) agli aspetti sostanziali e procedurali della detenzione o di altre misure che comportano la privazione della libertà che potrebbero essere attuate nei confronti dei migranti interessati negli hotspot. Il Governo non ha neppure presentato alcuna fonte giuridica che affermi che l'hotspot di Lampedusa debba essere classificato come un CIE (dove i migranti, a determinate condizioni, potrebbero essere legittimamente detenuti ai sensi della legislazione nazionale - si veda il paragrafo 75 sopra).
92. Inoltre, i rapporti di osservatori indipendenti, la maggior parte dei quali basati su visite in loco, nonché di organizzazioni nazionali e internazionali, descrivono unanimemente l'hotspot di Lampedusa come un'area chiusa con sbarre, cancelli e recinzioni metalliche da cui i migranti non possono uscire, nemmeno una volta identificati, sottoponendoli così a una privazione della libertà che non è regolata dalla legge o sottoposta a controllo giudiziario. La Corte fa riferimento in particolare alla relazione 2016-17 del Garante sulle sue visite ai Centri di identificazione ed espulsione e agli hotspot e alla sua relazione 2018 al Parlamento italiano (cfr. paragrafi 17-18). Fa inoltre riferimento alla relazione del Senato sui Centri di identificazione ed espulsione in Italia (si veda il paragrafo 19 supra) e ai rapporti del Servizio europeo di ricerca parlamentare, del Rappresentante speciale del Segretario generale sulle migrazioni e i rifugiati del Consiglio d'Europa, del CPT e del Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura (si vedano i paragrafi 37-41 supra).
93. Ai sensi della Convenzione, la Corte può accettare che, al momento del tentativo dei migranti di essere ammessi nel territorio di una Parte contraente, una limitazione della loro libertà di movimento in un hotspot possa essere giustificata - per un periodo di tempo strettamente necessario e limitato - ai fini dell'identificazione, della registrazione e del colloquio in vista, una volta chiarito il loro status, del loro eventuale trasferimento in altre strutture. In tali circostanze, il trattenimento, ad esempio, dei richiedenti asilo in attesa dell'esame della loro richiesta (ai sensi del primo comma dell'articolo 5 § 1 (f)) o il trattenimento dei migranti irregolari in vista del loro allontanamento (ai sensi del secondo comma della stessa disposizione) è disciplinato dalla legge (si vedano i paragrafi 27, 30, 31 e le relative misure di attuazione di cui sopra).
94. Tuttavia, nelle circostanze del caso di specie, l'impossibilità per i migranti di lasciare legalmente l'area chiusa dell'hotspot di Lampedusa non rientrava in nessuna delle situazioni sopra descritte. La limitazione della libertà di movimento dei ricorrenti equivaleva chiaramente a una privazione della loro libertà personale ai sensi dell'articolo 5 della Convenzione, a maggior ragione se si considera che la durata massima della loro permanenza nel centro di crisi non era definita da alcuna legge o regolamento e che, inoltre, le condizioni materiali del loro soggiorno sono state ritenute inumane e degradanti (si veda il paragrafo 67 supra).
95. La Corte ritiene che la natura e la funzione degli hotspot ai sensi del diritto interno e del quadro normativo dell'UE possano essere cambiate considerevolmente nel corso del tempo (si vedano, ad esempio, i paragrafi 33-35, in cui sembra che l'obiettivo degli hotspot sia diventato quello di gestire una sfida migratoria esistente o potenzialmente sproporzionata, non escludendo quindi la privazione della libertà, piuttosto che l'obiettivo originario di identificare, registrare e rilevare rapidamente le impronte digitali dei migranti in arrivo - si veda, in particolare, il paragrafo 32). Comunque sia, la Corte osserva che all'epoca dei fatti, ossia nel 2017, il quadro normativo italiano non consentiva l'utilizzo dell'hotspot di Lampedusa come centro di detenzione per stranieri.
96. L'organizzazione degli hotspot avrebbe quindi beneficiato dell'intervento del legislatore italiano per chiarire la loro natura nonché i diritti sostanziali e procedurali delle persone che vi soggiornano.
97. Alla luce delle considerazioni che precedono e tenendo conto del fatto che i ricorrenti sono stati collocati nell'hotspot di Lampedusa dalle autorità italiane e vi sono rimasti per dieci giorni senza una base giuridica chiara e accessibile e in assenza di un provvedimento motivato che ne disponesse il trattenimento, prima di essere rimandati nel loro paese d'origine, la Corte ritiene che i ricorrenti siano stati arbitrariamente privati della libertà, in violazione del primo comma dell'articolo 5 § 1 (f) della Convenzione.
98. Alla luce della constatazione di cui sopra in merito alla mancanza di una base giuridica chiara e accessibile per la detenzione, non si vede come le autorità avrebbero potuto informare i ricorrenti delle ragioni giuridiche della loro privazione della libertà o aver fornito loro informazioni sufficienti o averli messi in grado di contestare i motivi della loro detenzione di fatto davanti a un tribunale (si veda Khlaifia e altri, sopra citata, §§ 117 e 132 e seguenti).
99. Pertanto, la Corte respinge l'obiezione del Governo in merito alla presunta mancanza di status di vittima dei ricorrenti, conclude che l'articolo 5 della Convenzione è applicabile e che vi è stata una violazione dell'articolo 5 §§ 1, 2 e 4 della Convenzione.
PRESUNTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 4 DEL PROTOCOLLO N. 4 ALLA CONVENZIONE
100. I ricorrenti hanno sostenuto di essere stati sottoposti a un rifiuto d'ingresso differito (respingimento differito) che equivaleva a un'espulsione collettiva, senza alcuna possibilità di impugnare il provvedimento di espulsione o di riceverne copia. Essi si sono basati sull'articolo 4 del Protocollo n. 4 della Convenzione, che recita come segue:
"L'espulsione collettiva di stranieri è vietata".
Ammissibilità
101. La Corte osserva che il ricorso non è manifestamente infondato né irricevibile per altri motivi elencati nell'articolo 35 della Convenzione. Deve pertanto essere dichiarato ricevibile.
Il merito
Le argomentazioni dei ricorrenti
102. I ricorrenti hanno osservato che i provvedimenti di rifiuto di ingresso e di allontanamento erano stati loro mostrati molto rapidamente al solo scopo di ottenere le loro firme, poco prima del loro allontanamento forzato. Non vi era stato alcun colloquio con le autorità né era stata rilasciata ai ricorrenti una copia dei provvedimenti o dei fogli informativi (fogli notizie).
103. A causa del breve lasso di tempo intercorso tra la firma degli ordini e la loro rimozione, i ricorrenti non avevano beneficiato di alcuna possibilità concreta di ricorrere contro le misure. In effetti, i telefoni erano stati loro sottratti e restituiti solo una volta in Tunisia, rendendo così impossibile contattare un avvocato.
Le argomentazioni del Governo
104. Il Governo ha ribadito che i provvedimenti di respingimento e di espulsione dei ricorrenti erano stati regolarmente notificati loro e che i ricorrenti avevano firmato una ricevuta e ne avevano ricevuto una copia.
105. I ricorrenti erano stati informati della possibilità di ricorrere contro le decisioni e i provvedimenti erano stati adottati dopo un'attenta valutazione della situazione individuale degli interessati.
La valutazione della Corte
106. La Corte ribadisce che l'espulsione collettiva, ai sensi dell'articolo 4 del Protocollo n. 4, deve essere intesa come qualsiasi misura che costringa gli stranieri, in quanto gruppo, a lasciare un paese, a meno che tale misura non sia adottata a seguito di, e sulla base di, un esame ragionevole e obiettivo del caso particolare di ogni singolo straniero del gruppo (si veda N.D. e N.T. c. Spagna [GC], nn. 8675/15 e 8697/15, §§ 193-201, 13 febbraio 2020, e i casi ivi citati). Inoltre, l'articolo 4 del Protocollo n. 4 non garantisce il diritto a un colloquio individuale in tutte le circostanze e i requisiti di questa disposizione possono essere soddisfatti quando ogni straniero ha una possibilità reale ed effettiva di presentare argomenti contro la sua espulsione e quando tali argomenti sono esaminati in modo adeguato dalle autorità dello Stato convenuto (si veda Khlaifia e altri, sopra citata, § 248).
107. Nel caso di specie, i ricorrenti hanno dichiarato che non si è tenuto alcun colloquio con le autorità prima di firmare i provvedimenti di respingimento, di cui non hanno ricevuto copia. La Corte osserva che il Governo non ha contestato le informazioni presentate dai ricorrenti a questo proposito.
108. La Corte riconosce inoltre che il testo dei provvedimenti riguardanti i primi due ricorrenti è standardizzato e non rivela alcun esame della situazione personale dei ricorrenti. Per quanto riguarda il terzo e il quarto ricorrente, nessuna copia delle decisioni è stata presentata alla Corte, essendo rimaste senza risposta le relative richieste dei ricorrenti alla Questura di Agrigento. La Corte osserva inoltre che il Governo non ha presentato alla Corte una copia dei documenti relativi alla procedura di identificazione nei confronti dei ricorrenti.
109. I ricorrenti sono stati prelevati con la forza il giorno in cui sono stati notificati i provvedimenti di respingimento. I loro polsi sono stati legati con cinghie di velcro durante i trasferimenti verso gli aeroporti e sono stati loro sottratti i telefoni cellulari fino al loro arrivo in Tunisia.
110. In questo contesto la Corte fa riferimento alla relazione 2016-17 del Garante (si veda il paragrafo 17 supra) in cui, a seguito di una visita all'hotspot di Lampedusa, il Garante invitava le autorità italiane a sospendere la pratica di far firmare ai migranti il foglio informativo durante le procedure di identificazione.
111. Nella sua relazione del 2018 al Parlamento italiano (si veda il paragrafo 18 sopra), il Garante ha anche osservato che i migranti venivano trattenuti illegalmente negli hotspot durante le procedure di identificazione, al termine delle quali venivano eseguiti forzatamente i respingimenti differiti sulla base di una decisione dell'autorità di pubblica sicurezza.
112. Inoltre, nel 2017 la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica (si veda il precedente paragrafo 19) ha riferito che la scheda informativa utilizzata nell'hotspot di Lampedusa non poteva essere qualificata come una vera e propria intervista, ma come un semplice questionario formulato in modo estremamente sintetico e comunque di difficile comprensione per gli stranieri interessati.
113. Va inoltre rilevato che, tenuto conto del breve lasso di tempo intercorso tra la firma dei provvedimenti di respingimento da parte dei ricorrenti e il loro allontanamento, nonché del fatto che essi non avrebbero compreso il contenuto dei provvedimenti e che a due dei ricorrenti non è stata fornita una copia degli stessi, il Governo non ha sufficientemente dimostrato che, nelle circostanze del caso, i ricorrenti hanno beneficiato della possibilità di ricorrere contro tali decisioni.
114. La Corte osserva inoltre che, nella sentenza n. 275 dell'8 novembre 2017, la Corte Costituzionale ha osservato che i respingimenti differiti effettuati mediante l'uso della forza richiedevano un intervento legislativo poiché tale misura incideva sulla libertà personale dell'individuo ai sensi dell'articolo 13 della Costituzione e doveva essere disciplinata ai sensi del paragrafo 3 di tale disposizione.
115. In queste circostanze, la Corte ritiene che i provvedimenti di respingimento e di espulsione emessi nel caso dei ricorrenti non abbiano tenuto adeguatamente conto delle loro situazioni individuali (si veda Shahzad c. Ungheria, n. 12625/17, §§ 60-68, 8 luglio 2021; D.A. e altri c. Polonia, no. 51246/17, §§ 81-84, 8 luglio 2021; e A.I. e altri c. Polonia, no. 39028/17, §§ 52-58, 30 giugno 2022).
116. Tali decisioni hanno quindi costituito un'espulsione collettiva di stranieri ai sensi dell'articolo 4 del Protocollo n. 4 alla Convenzione e vi è stata pertanto una violazione di tale disposizione anche nel caso di specie.
ALTRE PRESUNTE VIOLAZIONI DELLA CONVENZIONE
117. I ricorrenti hanno sostenuto di essere stati sottoposti a una restrizione della loro libertà di circolazione ai sensi dell'articolo 2 del Protocollo n. 4 alla Convenzione. Infine, hanno lamentato una violazione dell'articolo 13 della Convenzione in combinato disposto con l'articolo 3 della Convenzione e con gli articoli 2 e 4 del Protocollo n. 4 alla Convenzione.
118. Tenuto conto dei fatti della causa, delle osservazioni delle parti e delle sue conclusioni di cui sopra, la Corte ritiene di aver esaminato le principali questioni giuridiche sollevate nel presente ricorso. Essa ritiene pertanto che non sia necessario proseguire l'esame delle restanti doglianze dei ricorrenti (cfr. Centre for Legal Resources per conto di Valentin Câmpeanu c. Romania [GC], no. 47848/08, § 156, CEDU 2014; si veda anche Khlaifia e altri, sopra citata, §§ 248-54).
APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
119. L'articolo 41 della Convenzione prevede:
"Se la Corte constata una violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente interessata consente una riparazione solo parziale, la Corte accorda, se necessario, una giusta soddisfazione alla parte lesa."
Danno
120. I ricorrenti hanno chiesto 20.000 euro (EUR) ciascuno a titolo di danno non patrimoniale.
121. Il Governo ha ritenuto che la richiesta dei ricorrenti dovesse essere respinta. Tuttavia, se la Corte dovesse accordare un risarcimento per il danno non patrimoniale, esso dovrebbe corrispondere alla somma accordata nella causa Khlaifia e altri (citata in precedenza) a ciascun migrante (circa 2.500 euro per ricorrente).
122. La Corte riconosce a ciascun ricorrente 8.500 euro a titolo di danno non patrimoniale, più le imposte eventualmente dovute.
Costi e spese
123. I ricorrenti hanno chiesto anche 6.432 euro per le spese e i costi sostenuti davanti alla Corte.
124. Il Governo ha sostenuto che la richiesta dei ricorrenti deve essere respinta.
125. Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente ha diritto al rimborso dei costi e delle spese solo nella misura in cui è stato dimostrato che questi sono stati effettivamente e necessariamente sostenuti e sono ragionevoli nel loro ammontare. Nel caso di specie, tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei criteri di cui sopra, la Corte ritiene ragionevole concedere congiuntamente la somma di 4.000 euro a copertura delle spese per il procedimento dinanzi alla Corte, oltre alle imposte eventualmente a carico dei ricorrenti.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
Riunisce al merito le obiezioni preliminari del Governo relative alla mancanza di status di vittima dei ricorrenti per quanto riguarda le loro denunce ai sensi degli articoli 3 e 5 §§ 1, 2 e 4 della Convenzione e l'applicabilità dell'articolo 5 della Convenzione e le respinge;
Dichiara ricevibili i reclami relativi all'articolo 3 e all'articolo 5, paragrafi 1, 2 e 4 della Convenzione e all'articolo 4 del Protocollo n. 4 alla Convenzione;
Dichiara che vi è stata una violazione dell'articolo 3 della Convenzione;
Ritiene che vi sia stata una violazione dell'articolo 5, paragrafi 1, 2 e 4, della Convenzione;
Ritiene che vi sia stata una violazione dell'articolo 4 del Protocollo n. 4 alla Convenzione;
Ritiene che non sia necessario esaminare i reclami ai sensi dell'articolo 13 della Convenzione e dell'articolo 2 del Protocollo n. 4 alla Convenzione;
Ritiene
(a) che lo Stato convenuto deve pagare, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diventa definitiva ai sensi dell'articolo 44 § 2 della Convenzione, i seguenti importi:
(i) 8.500 euro (ottomilacinquecento euro) a ciascun ricorrente, più le imposte eventualmente dovute, a titolo di danno non patrimoniale;
(ii) 4.000 euro (quattromila euro) congiuntamente, più eventuali imposte a carico dei ricorrenti, a titolo di costi e spese;
(iii) che, a partire dalla scadenza dei suddetti tre mesi e fino al saldo, sugli importi di cui sopra saranno dovuti interessi semplici a un tasso pari al tasso di prestito marginale della Banca centrale europea durante il periodo di mora, maggiorato di tre punti percentuali;
respinge il resto della domanda di equa soddisfazione dei ricorrenti.
Fatto in inglese e notificato per iscritto il 30 marzo 2023, ai sensi dell'articolo 77, paragrafi 2 e 3, del Regolamento della Corte.
Liv Tigerstedt Marko Bošnjak
Cancelliere aggiunto Presidente