La segnalazione alla banca dati Interpol costituisce una richiesta proveniente dallo Stato interessato alla consegna, configurandosi come domanda volta all'adozione di misure precautelari, da porre in essere, in via d'urgenza, a carico di un soggetto, preordinatamente all'inoltro di una domanda di estradizione: la segnalazione Interpol, dunque, non è soltanto uno strumento tecnico-operativo attraverso il quale viene dato impulso alle ricerche, in campo internazionale, di un soggetto ma è anche una manifestazione della volontà dello Stato interessato di promuovere la procedura estradizionale, previo assoggettamento del ricercato a misure di coercizione personale.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE PENALE
sent. 32492/16 dd. 14-6-2016 (deposito 26 luglio 2016)
SENTENZA
avverso l'ordinanza del 12/04/2016 della CORTE APPELLO di ROMA
sentita la relazione svolta dal Consigliere EMANUELE DI SALVO;
lette/sentite le conclusioni del PG PIETRO GAETA, il quale ha chiesto il rigetto del
ricorso
e del difensore, avv. MMM, il quale ne ha chiesto l'accoglimento.
Uditi difensor Avv.;
RITENUTO IN FATTO
1. TL ricorre per cassazione avverso l'ordinanza in epigrafe indicata,con la quale la Corte d'appello di Roma ha respinto l'istanza di scarcerazione per intervenuta decorrenza dei termini di custodia cautelare, a seguito di arresto provvisorio, in data 20 novembre 2015, convalidato il 23/11/2015, nell'ambito di procedura estradizionale incardinata per effetto di mandato d'arresto emesso il 16 gennaio 2015 dal Tribunale di Tangshan (Repubblica popolare cinese), per il reato di truffa, commesso dal febbraio all'agosto 2013, in Cina.
2. Il ricorrente deduce violazione di legge, in quanto il Trattato di Roma,stipulato, in materia estradizionale, tra Italia e Cina e ratificato con legge 24 settembre 2015, n. 161, prevede un termine di 30 giorni dall'arresto, per la presentazione della richiesta di estradizione. Quest'ultima è stata invece presentata il 29/12/2015, successivamente all'entrata in vigore del Trattato, che, all'art. 21, comma 4, prevede l'applicabilità della normativa da esso introdotta ad ogni richiesta presentata dopo l'entrata in vigore del Trattato stesso, in data 13/12/2015. Per "richiesta" deve infatti intendersi la richiesta di estradizione e non la segnalazione alla banca dati Interpol, che è soltanto l'indicazione che un determinato soggetto è ricercato. D'altronde, il termine previsto dal Trattato è applicabile anche in forza del principio generale tempus regit actum, poiché alla data di entrata in vigore del Trattato il ricorrente era ancora assoggettato alla misura. Nè la Repubblica popolare cinese ha chiesto una proroga, come pure avrebbe potuto, a norma dell'art. 9, comma 4, del Trattato. Erroneamente pertanto la Corte d'appello ha ritenuto applicabile, nel caso di specie, l'art. 715, comma 6, cod. proc. pen., essendo divenuta inefficace la misura.
Si chiede pertanto annullamento dell'ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.La doglianza formulata è infondata, anche se va rilevato come erroneamente la Corte d'appello abbia fondato la propria decisione sul criterio relativo al momento in cui è intervenuto l'arresto del ricorrente, ritenendo dirimente che quest'ultimo fosse stato effettuato prima dell'entrata in vigore del Trattato, senza tener conto del disposto dell'art. 21, comma 4, del Trattato di estradizione tra Italia e Cina, ratificato con legge 24 settembre 2015, n. 161. Quest'ultima norma prevede che il Trattato si applichi ad ogni richiesta presentata dopo la sua 1 entrata in vigore, anche se i relativi reati sono stati commessi in epoca antecedente. Come si vede, quindi, alla stregua di tale disposizione, il momento in cui è avvenuto l'arresto- prima o dopo l'entrata in vigore del Trattato- è del tutto irrilevante. Così come è estraneo alla problematica in disamina il principio dell'applicazione della norma processuale più favorevole, menzionato dalla Corte d'appello, nonché il principio tempus regit actum, richiamato dal ricorrente, non potendosi prescindere da quanto stabilito dalla specifica norma transitoria, appositamente dettata dal legislatore, al predetto art. 21, comma 4,del Trattato, specificamente richiamato dall'art. 2 legge n. 161 del 2015.
2. E' dunque necessario stabilire come debba essere interpretato il termine "richiesta", di cui alla citata norma. Al riguardo, occorre osservare come il tenore letterale della disposizione induca a propendere per un'accezione assai lata del predetto termine, facendo riferimento ad "ogni richiesta" presentata dopo l'entrata in vigore del Trattato.
Alla stregua di tale formulazione, sembra pertanto arbitrario circoscrivere il significato del termine "richiesta" alla sola richiesta di estradizione, escludendo la segnalazione alla banca dati Interpol. Non può infatti negarsi che anche quest'ultima sia una richiesta proveniente dallo Stato interessato alla consegna, configurandosi come domanda volta all'adozione di misure precautelari, da porre in essere, in via d'urgenza, a carico di un soggetto, preordinatamente all'inoltro di una domanda di estradizione. La predetta segnalazione, dunque, non è soltanto uno strumento tecnico-operativo attraverso il quale viene dato impulso alle ricerche, in campo internazionale, di un soggetto ma è anche una manifestazione della volontà dello Stato interessato di promuovere la procedura estradizionale, previo assoggettamento del ricercato a misure di coercizione personale. Non si vede pertanto per quale motivo la predetta segnalazione debba essere espunta dal novero delle richieste contemplate dall'art. 21, comma 4, del Trattato.
E' quindi da ritenere che la normativa dettata dal Trattato di estradizione si applichi laddove la segnalazione all'Interpol sia stata avanzata dallo Stato richiedente dopo l'entrata in vigore del Trattato.
3. Poiché, nel caso di specie, la segnalazione all'Interpol è stata inoltrata precedentemente all'entrata in vigore del Trattato, non è applicabile il regime previsto da quest'ultimo. Trova invece applicazione il disposto dell'art. 715,comma 6, cod. proc. pen., a norma del quale la domanda di estradizione, corredata dalla prevista documentazione, deve pervenire entro 40 giorni dalla comunicazione di cui all'art. 715, comma 5, cod. proc. pen. : termine che, nel caso di specie, risulta essere stato rispettato, onde la misura non ha perso efficacia.
3. Il ricorso va dunque rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Vanno inoltre espletati gli adempimenti di cui all'alt 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso in Roma, il 14-6-2016 (deposito 26 luglio 2016)