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atti amministrativi accessibili (TAR Sicilian, 1943/17)

25 luglio 2017, Cassazione penale

L'esistenza di un'indagine penale non implica, di per sé, la non ostensibilità di tutti gli atti o provvedimenti che in qualsiasi modo possano risultare connessi con i fatti oggetto di indagine: solo gli atti per i quali è stato disposto il sequestro e quelli coperti da segreto possono risultare sottratti al diritto di accesso.

La circostanza dell'avvenuta trasmissione degli atti, oggetto della domanda di accesso, al vaglio della magistratura penale, peraltro senza un provvedimento di sequestro, non giustifica il rifiuto o il differimento dell'accesso, né comporta uno specifico obbligo di segretezza che escluda o limiti la facoltà per i soggetti interessati di prendere conoscenza degli atti, anche alla luce della previsione dell'art. 258 c.p.p.

Non rientrano negli atti coperti da segreto i documenti di origine extraprocessuale acquisiti al procedimento e non compiuti dal P.M. o dalla polizia giudiziaria.

Ne discende che, ai fini della valutazione dell’ammissibilità o meno dell’istanza di accesso agli atti, debbono distinguersi tre ipotesi:

a) quella in cui gli atti siano stati delegati dall’Autorità giudiziaria, nel qual caso l’ostensione non sarà possibile;

b) quella in cui gli atti coincidano con le notitiae criminis poste in essere dagli organi comunali nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria ad essi attribuite specificamente dall’ordinamento, nel qual caso, parimenti, l’ostensione non è possibile;

c) quella in cui, infine, ci si trovi dinanzi ad atti di indagine e di accertamento, se del caso tradottisi in denunce all’Autorità giudiziaria, non compiuti dagli organi comunali nell’esercizio di funzioni di P.G., bensì nell’esercizio delle proprie istituzionali funzioni amministrative, nel qual caso non sussistono, per la giurisprudenza in esame, impedimenti ad ammettere l’accesso su tali atti.

 

TAR Sicilia

sez. III – Catania, sentenza 7 giugno – 25 luglio 2017, n. 1943
Presidente Savasta – Relatore Leggio

Fatto e diritto

Il ricorrente, titolare dell’ “OC” che svolge attività di rifugio sanitario per il ricovero di cani randagi, ha impugnato il silenzio serbato dal comune in intestazione sull’istanza, avanzata il 09.11.2016, di accesso agli atti posti a base della esclusione dell’OC alla gara indetta nel 2016 dal Comune di Catania per l’affidamento del servizio di “… cattura, ricovero, adozione e mantenimento in vita di cani randagi anche traumatizzati catturati nel territorio comunale per un periodo di 32 giorni”.

Alla gara predetta ha partecipato soltanto la parte ricorrente, che dal verbale del 23.08.2016 risulta essere stata esclusa in quanto “ dalla documentazione esistente agli atti d’ufficio che riguardano l’affidamento degli stessi servizi alla stessa Società OC di RD & C. sas, negli anni 2014/2015, si rilevano gravi inadempienze della società nella gestione del servizio affidatogli…” .

L’esclusione della ricorrente dalla gara è stata poi formalizzata con determina dirigenziale n. 13/694 del 01.09.2016.

Il ricorrente, con istanza del 09.11.2016, ha chiesto di accedere a tutti gli atti richiamati nella predetta determinazione dirigenziale, ed in particolare alla nota del Direttore della Direzione Ecologia e Ambiente prot. N. 23202 del 22 gennaio 2015 indirizzata alla Procura della Repubblica di Catania e alla comunicazione fatta pervenire al Comune di Catania dall'ENPA in esito ai sopralluoghi effettuati presso la struttura del ricorrente.

Con il ricorso in esame, parte ricorrente chiede pertanto l’accertamento del proprio diritto di accedere alla documentazione richiesta, con la conseguente condanna dell’amministrazione comunale a consentire l’accesso, e l’ulteriore condanna del Comune al risarcimento dei danni conseguenti alla mancata aggiudicazione dell’appalto.

Si è costituito per resistere al ricorso il Comune di Catania, sostenendo che gli atti richiesti dal ricorrente non sarebbero accessibili perché oggetto di una procedura di indagine in corso, e opponendosi all’istanza risarcitoria.

La prospettazione del Comune resistente, quanto all’accesso agli atti, non può essere condivisa.

La giurisprudenza di questa Sezione ( cfr. TAR Catania, sez. III, 2 febbraio 2017, n. 229) ha chiarito che l'esistenza di un'indagine penale non implica, di per sé, la non ostensibilità di tutti gli atti o provvedimenti che in qualsiasi modo possano risultare connessi con i fatti oggetto di indagine: solo gli atti per i quali è stato disposto il sequestro e quelli coperti da segreto possono risultare sottratti al diritto di accesso (cfr. altresì T.A.R. Puglia, Lecce, n. 2331/2014).

Soltanto gli atti di indagine compiuti dal P.M. e dalla polizia giudiziaria sono coperti dall’obbligo di segreto nei procedimenti penali ai sensi dell'art. 329 c.p.p., di talché gli atti posti in essere da una pubblica amministrazione nell'ambito della sua attività istituzionale sono atti amministrativi, anche se riguardanti lo svolgimento di attività di vigilanza, controllo e di accertamento di illeciti e rimangono tali pur dopo l'inoltro di una denunzia all'autorità giudiziaria; tali atti, dunque, restano nella disponibilità dell'amministrazione fintanto che non intervenga uno specifico provvedimento di sequestro da parte dell'A.G., cosicché non può legittimamente impedirsi, nei loro confronti, l'accesso garantito all'interessato dall'art. 22, 1. 7 agosto 1990 n. 241, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di cui all'art. 24, 1. n. 241 del 1990.

In effetti l’art. 24 della legge n. 241 del 1990 al comma 6, lettera d) nell’elencare i casi di possibile esclusione del diritto di accesso fa riferimento ai documenti che riguardano “l’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini”, ipotesi che sicuramente non ricorre nella fattispecie trattandosi di attività amministrativa, e non di attività di polizia giudiziaria, per la quale allo stato non risultano essere stati adottati specifici provvedimenti da parte della magistratura penale.

In termini analoghi si era già espresso in precedenza T.A.R. Campania Napoli, Sez. I, 23 febbraio 1995, n. 38: "La circostanza dell'avvenuta trasmissione degli atti, oggetto della domanda di accesso, al vaglio della magistratura penale, peraltro senza un provvedimento di sequestro, non giustifica il rifiuto o il differimento dell'accesso, né comporta uno specifico obbligo di segretezza che escluda o limiti la facoltà per i soggetti interessati di prendere conoscenza degli atti, anche alla luce della previsione dell'art. 258 c.p.p." (conformi anche Cons. Stato, Sez. IV, 28 ottobre 1996, n. 1170 , TAR Bari, sentenza n. 287/2011).

Anche la Corte di Cassazione, V Sezione Penale, sentenza 9 marzo 2011, n. 13494, nell’individuare gli atti e i documenti coperti dal segreto ex art. 329 c.p.p., per i quali vige il divieto di pubblicazione di cui all’art.114 c.p.p., ha puntualizzato che non rientrano nel divieto in oggetto i documenti di origine extraprocessuale acquisiti al procedimento e non compiuti dal P.M. o dalla polizia giudiziaria (“Se per gli atti di indagine in senso stretto formati dal P.M. o dalla p.g. (esami di persone informate, interrogatori di indagati, confronti, ricognizioni, ecc.) nessun problema - a questi fini - si pone, atteso che si tratta di necessità, sempre e comunque, di atti ricadenti nel primo comma dell'art. 329 c.p.p., diverso - e differenziato - non può non essere il discorso per la categoria dei documenti che pur siano entrati nel contenitore processuale.

Essi, invero, ai fini del segreto, rientrano nella previsione di legge ove abbiano origine nell'azione diretta o nell'iniziativa del P.M. o della p.g., e dunque quando il loro momento genetico, e la strutturale ragion d'essere, sia in tali organi. Ma tale conclusione di certo non può valere ove si tratti di documenti aventi origine autonoma, privata o pubblica che essa sia, non processuale, generati non da iniziativa degli organi delle indagini, ma da diversa fonte soggettiva e secondo linee giustificative a sè stanti. Non possono, dunque, rientrare nella categoria del segreto, ai fini in esame, i documenti che non siano stati compiuti dal P.M. o dalla p.g., come recita l'art. 329 c. p.p., comma 1, ma siano entrati nel procedimento per disposta acquisizione”).

Invero, se il segreto istruttorio fosse riferibile anche agli atti amministrativi semplicemente connessi a denunce effettuate all’A.G., sarebbe sufficiente per l’amministrazione presentare una denuncia agli organi giudiziari per sottrarre in modo del tutto arbitrario intere categorie di documenti dal diritto di accesso agli atti; ma un’interpretazione del genere sarebbe in completa distonia con le norme di rango primario dettate in materia.

Va, quindi, pienamente condivisa la Giurisprudenza secondo la quale (cfr. T.A.R. Lazio Latina, Sez. I, 16 gennaio 2014, n. 17) < Ne discende che, ai fini della valutazione dell’ammissibilità o meno dell’istanza ostensiva, debbono distinguersi tre ipotesi: a) quella in cui gli atti siano stati delegati dall’Autorità giudiziaria, nel qual caso l’ostensione non sarà possibile; b) quella in cui gli atti coincidano con le notitiae criminis poste in essere dagli organi comunali nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria ad essi attribuite specificamente dall’ordinamento, nel qual caso, parimenti, l’ostensione non è possibile; c) quella in cui, infine, ci si trovi dinanzi ad atti di indagine e di accertamento, se del caso tradottisi in denunce all’Autorità giudiziaria, non compiuti dagli organi comunali nell’esercizio di funzioni di P.G., bensì nell’esercizio delle proprie istituzionali funzioni amministrative, nel qual caso non sussistono, per la giurisprudenza in esame, impedimenti ad ammettere l’accesso su tali atti>>.
Nel caso di specie l’accesso è stato richiesto in relazione ad atti di origine extraprocessuale che non risultano coperti da segreto o dal vincolo del sequestro, sicchè in definitiva, non ricorrendo alcuna ipotesi di esclusione normativamente prevista, deve essere riconosciuto al ricorrente il diritto all’ostensione, per effetto del quale il Comune resistente dovrà consentire l’accesso.
Non può invece trovare accoglimento la domanda di risarcimento del danno, in quanto non risulta che il ricorrente abbia impugnato la propria esclusione ovvero la mancata aggiudicazione della gara.
La reciproca soccombenza delle parti giustifica la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto, ordina al Comune di Catania di consentire alla parte ricorrente di prendere visione ed estrarre copia, previo rimborso del costo di riproduzione e dei diritti di ricerca e visura, della documentazione richiesta con l’ istanza di accesso di cui trattasi nel termine di giorni trenta decorrente dalla comunicazione della presente decisione.
Respinge la domanda risarcitoria.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.