Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Indagato può chiedere copia atti in procedimento cautelare reale? (Cass. 31196/20)

9 novembre 2020, Cassazione penale

Per dedurre violazione del diritto di difesa va indicato in che misura e per quale motivo l'impossibilità per l'indagato di estrarre personalmente copia degli atti del procedimento abbia concretamente nuociuto all'esercizio dei diritti di difesa, cioè il il concreto pregiudizio che è derivato dal diniego, da parte del Presidente del Tribunale ai sensi dell'art. 116 cod. proc. pen., di estrarre copia degli atti di indagine, ma anche non di esaminare detti atti ovvero di estrarre copia informale. 

Nelle procedure ex artt. 309 e 310 cod. proc. pen. non sussiste un diritto della parte interessata ad ottenere de plano copia degli atti di indagine.

I diritti della difesa risultano comunque tutelati adeguatamente dalla possibilità di esaminare gli atti depositati in cancelleria e, quindi, di estrarne copia informale, mentre il riconoscimento di un diritto in senso tecnico ad ottenere copia degli atti del procedimento, oltre ad essere escluso dalla lettera della legge, urterebbe contro lo stesso interesse dell'indagato a una rapida decisione in ordine al suo status libertatis.

Suprema Corte di Cassazione

Sez. 3 sentenza  31196 Anno 2020

Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: CORBETTA STEFANO
Data Udienza: 16/09/2020 - 9/11/2020

sul ricorso proposto da
SENTENZA
CG, nato a ** il **

avverso l'ordinanza del 19/11/2019 del Tribunale della libertà di Bologna

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Corbetta;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luigi Cuomo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'impugnata ordinanza, il Tribunale cautelare di Bologna rigettava l'istanza di riesame ex art. 324 cod. proc. pen. presentata nell'interesse di Gianluca Coccarielli avverso il decreto con il quale il pubblico ministero presso il Tribunale di Bologna aveva disposto il sequestro probatorio di taluni documenti, nell'ambito di un procedimento in cui il Coccarielli è indagato per i reati di cui agli artt. 452-quaterdecies cod. pen. e 81 cpv. cod. pen., 259 d.lgs. n.152 del 2006.

2. Avverso l'indicata ordinanza, l'indagato, per il tramite del difensore di fiducia, propone ricorso per Cassazione, affidato un unico motivo, con cui deduce i vizi di violazione di legge, in riferimento agli artt. 324 e 127 cod. proc. pen. in relazione all'art. 178, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., e di manifesta illogicità della motivazione. Il ricorrente si duole del fatto che, sia personalmente, sia quale delegato del difensore, gli sia stata negata la possibilità di estrarre copia degli atti del procedimento, e ciò in contrasto con il disposto dell'art. 116 cod. proc. pen., secondo cui chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio, a proprie spese, di copie degli atti, con conseguente violazione dei diritti di difesa ex art. 178, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.

Si aggiunge che la preclusione alla copia degli atti verso l'indagato, ravvisata dal Tribunale sulla scorta di un precedente giurisprudenziale, si riferiva a una vicenda relativa a una misura cautelare personale, regolata dall'art. 309 cod. proc. pen., mentre la disciplina del riesame avverso misure cautelari reali è rinvenibile negli artt. 324 e 127 cod. proc. pen.; in ogni caso, all'indagato è riconosciuto il diritto a prendere visione degli atti e, nella vicenda indicata dal Tribunale, la richiesta afferiva a uno specifico atto di indagine, e non a tutto l'incarto processuale.

In via subordinata, si eccepisce la legittimità costituzionale dell'art. 324 cod. proc. pen., in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui la norma fa riferimento al solo difensore come soggetto legittimato a chiedere e a ricevere copia degli atti, risolvendosi in una ingiustificata disparità di trattamento tra i diritti dell'indagato e del difensore, e provocando una lesione del diritto di difesa, gravemente compromesso dall'impossibilità anche per l'indagato di conoscere il materiale probatorio raccolto a suo carico nel corso delle indagini.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Secondo quanto accertato dal Tribunale cautelare, in data 11 novembre 2019 l'indagato, delegato dal difensore di fiducia, si presentò alla cancelleria del Tribunale medesimo per estrarre copia degli atti del procedimento; il Presidente della Sezione impugnazioni cautelari penali, con provvedimento in pari data, rigettò la richiesta di rilascio di copia degli atti.

3. Ciò premesso, la doglianza difensiva è manifestamente infondata.

4. E' dirimente osservare che il ricorrente avrebbe dovuto puntualmente indicare in che misura e per quale motivo l'impossibilità per l'indagato di estrarre personalmente copia degli atti del procedimento abbia concretamente nuociuto all'esercizio dei diritti di difesa.

Il ricorrente, in altri termini, avrebbe dovuto specificatamente indicare il concreto pregiudizio che ne è derivato dal diniego, da parte del Presidente del Tribunale ai sensi dell'art. 116 cod. proc. pen., di estrarre copia degli atti di indagine, ma anche non di esaminare detti atti ovvero di estrarre copia informale. E tanto basta per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

5. Si osserva, in ogni caso, che, sin dal 1995, le Sezioni Unite di questa Corte di legittimità, mai sconfessate sul punto (cfr. Sez. 3, n. 342 del 07/11/2006 - dep. 11/01/2007, Berardi, Rv. 235673; Sez. 2, n. 36191 del 07/07/2017 - dep. 21/07/2017, Stuppino, Rv. 270693), hanno affermato che nelle procedure ex artt. 309 e 310 cod. proc. pen. non sussiste un diritto della parte interessata ad ottenere de plano copia degli atti di indagine (Sez. U, n. 4 del 03/02/1995 - dep. 14/04/1995, Sciancalepore ed altri, Rv. 200711).

In motivazione, la S.C. ha chiarito che i diritti della difesa risultano comunque tutelati adeguatamente dalla possibilità di esaminare gli atti depositati in cancelleria e, quindi, di estrarne copia informale, mentre il riconoscimento di un diritto in senso tecnico ad ottenere copia degli atti del procedimento, oltre ad essere escluso dalla lettera della legge, urterebbe contro lo stesso interesse dell'indagato a una rapida decisione in ordine al suo status libertatis.

Va peraltro evidenziato come, nell'indicata decisione, la parte interessata è indicata nel difensore, e non dall'indagato.

7. E' ben vero che tale principio è stato affermato in relazione alle procedura di riesame avverso una misura cautelare personale, ma esso può estendersi, per identità di ratio, anche alle misure cautelari reali, pure caratterizzate dalla rapidità di decisione, come emerge dal rinvio, operato dall'art. 324, comma 7, cod. proc. pen. ai commi 9, 9-bis e 10 dell'art. 309 cod. proc. pen., e non contenendo l'art. 127 cod. proc. pen. alcuna disposizione che autorizzi il rilascio di copie degli atti, essendo unicamente prevista la possibilità per le parti di depositare memorie in cancelleria fino a cinque giorni prima dell'udienza.

8. Né vale osservare che l'indagato fosse stato delegato ex art. 102 cod. proc. pen. dal difensore di fiducia, non solo perché detta delega si riferisce ad altro difensore, come emerge dal chiaro dato testuale della disposizione, ma anche perché il difensore stesso, che può consultare gli atti, non ne può comunque estrarre copia formale per i motivi dinanzi indicati.

9. Inammissibile è la dedotta questione legittimità costituzionale.

Non solo il ricorrente censura genericamente l'art. 324 cod. proc. pen. (che nulla dispone in ordine al rilascio di copie di atti), ma la questione è priva di rilevanza per i motivi sopra indicati al par. 4.

10. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente, al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 16/09/2020.