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Illegittima revoca del porto d'armi per lite (Tar Emilia, 444/15)

7 maggio 2015, TAR Emilia Romagna

Arbitrio e discrezionalità amministrativa: non si può revocare il porto d'armi per una lite in famiglia solo per la paura che, laddove dovesse succedere un episodio magari salito agli onori della cronaca, di abuso di arma, qualcuno potrebbe obiettare come mai non si sia provveduto a revocarne il porto essendo accaduto in precedenza un altro fatto di natura simile a quello che in questo caso ha condotto alla revoca impugnata.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima, sentenza 444 del 7 maggio 2015)

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 204 del 2015, proposto da:

F.B., rappresentato e difeso dall'avv. Stefano Calzolari, con domicilio eletto presso l'avv. Francesco Bragagni in Bologna, Strada Maggiore 31;

contro

Questura di Modena, in persona del Questore p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche domiciliataria in Bologna, Via Guido Reni 4;

per l'annullamento

- del provvedimento della Questura della Provincia di Modena prot. n. Cat. 6-F Div. P.A.S./15 del 28/01/2015;

- del provvedimento della Questura della Provincia di Modena prot. n. Cat. 6-F Div. P.A.S./15 del 13/12/2014;

- della comunicazione fatta dal Comando Stazione della Forestale di Zocca in data 28/11/2014 alla Questura;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Questura di Modena;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2015 il dott. Ugo De Carlo e uditi per le parti i difensori Stefano Calzolari e Diana Cairo;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Motivi della decisione

Il ricorrente, titolare di un porto di fucile per uso di tiro a volo, ha impugnato il provvedimento del Questore di Modena del 28.1.2015 che gli ha revocato la licenza di porto di fucile, unitamente a due atti endoprocedimentali che, come tali, non sono suscettibili di autonoma impugnazione perché destinati a perdere efficacia in caso di accoglimento del ricorso

La ragione della revoca va individuata in una proposta in tal senso fatta dal Comando Stazione della Forestale di Zocca, con atto per il quale non è stato ottenuto l'accesso da parte del ricorrente, che presumibilmente segnalava un litigio avvenuto in famiglia, episodio cui non aveva fatto seguito alcuna querela e che risaliva al gennaio 2014.

Il primo dei tre motivi di ricorso denuncia l'eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità, irragionevolezza, travisamento dei fatti in quanto il litigio con la moglie faceva parte di un dissidio occasionale, come può avvenire in ogni famiglia dopo 25 anni di matrimonio, che si era concluso con la pronta riappacificazione tra familiari senza che vi fossero strascichi di querela, che in genere seguono il verificarsi di tali episodi quando la tensione permane.

Episodi analoghi non si erano mai verificati né prima né successivamente alla segnalazione della Forestale. Non può, quindi, dedursi da un r episodio isolato che sia venuta meno quell'affidabilità che sola può giustificare la revoca discrezionale del porto d'armi.

Il secondo motivo contesta la mancanza di una motivazione adeguata ed altro non è che una specificazione del primo, mentre il terzo eccepisce la violazione dell'art. 43 TULPS perché a fronte di un'occasionale lite in famiglia si era giunti ad un giudizio di inaffidabilità nonostante il ricorrente sia incensurato e non abbia procedimenti penali pendenti.

La Questura di Modena si costituiva in giudizio con comparsa dio stile chiedendo il rigetto del ricorso.

Il ricorso è fondato.

La revoca discrezionale del porto di armi, disciplinata dall'art. 43, comma 2, TULPS prevede che l'autorità amministrativa esprima un giudizio di inaffidabilità del soggetto in precedenza autorizzato tale da far temere che possa abusare delle armi.

Si tratta di un pericolo in concreto che deve essere desunto da fatti sintomatici del rischio che il possesso ed il porto d'armi possa essere utilizzato, non per le finalità che hanno condotto alla sua concessione, ma per scopi illeciti.

Il carattere della discrezionalità previsto dalla norma è piuttosto ampio per ragioni di sicurezza sociale, ma non così ampio da poter facilmente sfociare nell'arbitrio.

In questo caso il principio di ragionevolezza è stato abbondantemente violato poiché da una lite in famiglia, di cui non è stato sapere come sia venuta a conoscenza dell'autorità di pubblica sicurezza dal momento che non vi sono state denunce, si è dedotto che un onesto cittadino e padre di famiglia sia diventato un soggetto a rischio.

E' ben noto al Collegio il disfavore in via generale con cui l'ordinamento vede il possesso delle armi da parte dei cittadini; infatti vi è un regime molto severo per l'autorizzazione al possesso ed al porto di armi di qualsiasi tipo; ma, una volta ritenuto che vi siano ragioni adeguate ( nel caso di specie di carattere sportivo ) per autorizzare il porto d'armi, non si può revocare il provvedimento solo per la paura che, laddove dovesse succedere un episodio magari salito agli onori della cronaca, di abuso di arma, qualcuno potrebbe obiettare come mai non si sia provveduto a revocarne il porto essendo accaduto in precedenza un altro fatto di natura simile a quello che in questo caso ha condotto alla revoca impugnata.

Si tratterebbe di un uso difensivo della discrezionalità, apparentemente in ossequio a finalità di sicurezza pubblica, in realtà volto ad evitare che possano anche remotamente scaturire delle grane dal mancato esercizio della discrezionalità, preferendosi così' privare un cittadino della possibilità di soddisfare una passione sportiva, pur di non correre rischi in base al principio del "non si sa mai ".

Il ricorso va, quindi accolto con ogni conseguente provvedimento in ordine alle spese di giudizio.

PQM

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato

Condanna il Ministero dell'Interno alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.000,00 oltre C.P.A. ed I.V.A., oltre alla restituzione del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:

Michele Perrelli, Presidente

Italo Caso, Consigliere

Ugo De Carlo, Primo Referendario, Estensore