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Furto di cose custodite in auto per comodità: aggravante esclusa (Cass. 21070/22)

6 giugno 2022, Cassazione penale

In tema di furti di oggetti che si trovino all'interno di un'autovettura parcheggiata sulla pubblica via si deve distinguere tra oggetti costituenti parte integrante del veicolo, ovvero oggetti solo temporaneamente od occasionalmente lasciati nell'auto.

Nel primo caso, sussiste l'aggravante dell'art. 625, comma 1, n. 7 c.p., nel secondo invece - ai fini della configurabilità dell'aggravante - va accertata la ricorrenza di una situazione di contingente necessità, tale da indurre il possessore a confidare nella buona fede dei consociati e nel rispetto delle cose altrui che dagli stessi è lecito pretendere, necessità, si ripete, da intendersi in senso relativo e non assoluto, che comprende ogni apprezzabile esigenza di condotta imposta da particolari situazioni, in contrapposizione appunto agli opposti concetti di comodità e di trascuratezza nella vigilanza.

In tale caso il giudice deve dare conto delle speciali ragioni che, in base alle circostanze concrete, hanno reso necessitata la custodia della cosa all'interno dell'autoveicolo.

La consuetudine riguarda invece l'uso generale e costante di lasciare le cose incustodite, e dunque un comportamento imprudente che però è conforme ad una pratica di fatto generale e costante.

Il furto di un'autovettura lasciata in sosta sulla pubblica via, con le portiere aperte e la chiave inserita nel quadro di accensione, deve considerarsi aggravato per la esposizione alla pubblica fede, ai sensi dell'art. 625 c.p., comma 1, n. 7, solo quando si accerti che il conducente si è determinato a lasciare il mezzo nelle condizioni predette a causa di una contingente necessità e non per mera comodità o trascuratezza

 

Corte di Cassazione

sez. IV penale , ud. 10 maggio 2022 / 31 maggio 2022, n. 21070

Motivi della decisione

1. E.H.S. impugna la sentenza di cui in epigrafe che l'ha riconosciuto colpevole del reato di cui agli artt. 624, 625 n. 7) per essersi impossessato, al fine di trarne profitto, di un'autovettura, parcheggiata sulla pubblica via e lasciata aperta e di due telefoni cellulari, sottraendoli al legittimo proprietario.

2. Formula due motivi di impugnazione.

3. Con il primo si duole del vizio di motivazione. Osserva che la Corte fonda la penale responsabilità dell'imputato, travisando le prove, ed in particolare le dichiarazioni di E.M., presunto teste oculare che non ha mai fatto un formale riconoscimento di E.H.S., limitandosi a dire che il ragazzo ritratto dalle telecamere di sorveglianza si chiamava E.H.S., senza specificare nome, cognome ed età, ed indicando un indirizzo di (omissis) -vicino alla caserma della Finanza- benché l'imputato sia senza fissa dimora. Fra l'altro, il veicolo sottratto è stato ritrovato a diversi chilometri di distanza, mentre il teste E.M., in realtà, non conosceva affatto l'autore del furto, e forniva elementi non determinanti alla sua identificazione, quali altezza ed età.

4. Con il secondo motivo si duole dell'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 625, n. 7) c.p., osservando che il furto aggravato deve essere derubricato in furto semplice, per avere il proprietario lasciato l'auto aperta, consentendo così il facile accesso, con la conseguenza che, essendo stata rimessa la querela, deve dichiararsi non procedibile il reato. Conclude per l'annullamento della sentenza impugnata.

5. Con requisitoria scritta, ai sensi del D.L.n.137 del 2020, art. 23, comma 7, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione chiede dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

6. Con memoria del 23 aprile 2022 il ricorrente ribadisce le conclusioni formulate.

7. Il primo motivo è inammissibile/ in quanto si risolve nella richiesta di rivalutazione del quadro probatorio, il cui vaglio è sottratto al giudice di legittimità. Va osservato, d'altro canto, che i giudici di merito di entrambi i gradi di giudizio escludono la sussistenza di una plausibile versione alternativa dei fatti, compiutamente motivando sulla loro ricostruzione. La Corte di appello, invero, lungi dal travisare le dichiarazioni del teste E.M. rileva che il medesimo, visionando i filmati, ha riconosciuto con sicurezza l'imputato, indicandone il nome, e chiarendo che egli lavorava con lui presso un'azienda agricola. Sicché l'identificazione di E.H.S. deve ritenersi, secondo il giudice, assolutamente certa.

8. Il secondo motivo è fondato.

9. Deve, infatti, darsi continuità all'orientamento espresso da questa Sezione, secondo cui "Il furto di un'autovettura lasciata in sosta sulla pubblica via, con le portiere aperte e la chiave inserita nel quadro di accensione, deve considerarsi aggravato per la esposizione alla pubblica fede, ai sensi dell'art. 625 c.p., comma 1, n. 7, solo quando si accerti che il conducente si è determinato a lasciare il mezzo nelle condizioni predette a causa di una contingente necessità e non per mera comodità o trascuratezza. (Sez. 4 n. 12196 del 11/01/2017, Rv. 269393), discostandosi dal contrario indirizzo secondo cui nel caso di furto di autoveicolo lasciato incustodito sulla pubblica via, la circostanza aggravante della esposizione alla pubblica fede, non presupponendo la predisposizione di un qualsiasi mezzo di difesa avverso eventuali azioni criminose, deve ritenersi sussistente anche nell'ipotesi in cui il detentore, per qualsiasi motivo, non abbia chiuso a chiave la serratura degli sportelli e abbia lasciato la chiave di accensione inserita nel cruscotto (Sez. 5, Sentenza n. 22194 del 06/12/2016 Ud. (dep. 08/05/2017) Rv. 270122 Sez.4, sent.n. 41561 del 26 ottobre 2010, Rv.248455).

Come già osservato, infatti "La ratio della maggior tutela alle cose esposte alla pubblica fede per necessità o per consuetudine o per destinazione, è stata ricercata e vista nel fatto che esse sono prive della custodia da parte del proprietario, sicché la proprietà o anche il mero possesso di esse ha come presidio soltanto il senso del rispetto da parte di terzi.

Dunque, per "pubblica fede" deve intendersi il senso di affidamento verso la proprietà altrui, sul quale ripone la propria fiducia colui in quale deve lasciare la cosa, anche solo temporaneamente, incustodita" (Sez.4, sent.n. 5113 del.'1 febbraio 2008, Rv.238742).

È stato ancora affermato che la necessità della esposizione deve essere intesa non in senso assoluto, come impossibilità della custodia da parte del titolare bene, bensì relativo, cioè in rapporto alle particolari circostanze che possono indurre il soggetto a lasciare le proprie cose incustodite (Sez.4, sent.n. 45488 dell'8 luglio 2008, Rv.241988), in contrapposizione agli opposti concetti di comodità e di trascuratezza nella vigilanza.

Essendo allora, quello della necessità dell'esposizione delle cose alla pubblica fede un concetto astratto ed essenzialmente relativo, occorre un atto logico, da parte del giudice di merito, di valutazione del comportamento concreto del soggetto passivo in rapporto al detto concetto di necessità, secondo la comune accezione, distinguendolo da quelli di comodità o di trascuratezza nella custodia delle proprie cose.

La necessità è dunque antinomica rispetto alla trascuratezza nella vigilanza.

E che si tratti di due concetti contrapposti si trae da alcune pronunce in tema di furti di oggetti che si trovino all'interno di un'autovettura parcheggiata sulla pubblica via.

In tale evenienza si è infatti distinto tra oggetti costituenti parte integrante del veicolo, ovvero oggetti solo temporaneamente od occasionalmente lasciati nell'auto: nel primo caso, sussiste l'aggravante dell'art. 625, comma 1, n. 7 c.p., nel secondo invece - ai fini della configurabilità dell'aggravante - va accertata la ricorrenza di una situazione di contingente necessità, tale da indurre il possessore a confidare nella buona fede dei consociati e nel rispetto delle cose altrui che dagli stessi è lecito pretendere, necessità, si ripete, da intendersi in senso relativo e non assoluto, che comprende ogni apprezzabile esigenza di condotta imposta da particolari situazioni, in contrapposizione appunto agli opposti concetti di comodità e di trascuratezza nella vigilanza. Ne consegue che il giudice deve, in tale caso, dare conto delle speciali ragioni che, in base alle circostanze concrete, hanno reso necessitata la custodia della cosa all'interno dell'autoveicolo (Sez.5, sent.n. 15386 del 6 marzo 2014, Rv.260216). La consuetudine riguarda invece l'uso generale e costante di lasciare le cose incustodite, e dunque un comportamento imprudente che però è conforme ad una pratica di fatto generale e costante" (Sez. 4 n. 12196 del 11/01/2017, Rv. 269393, in motivazione).

10. Esclusa l'aggravante, dunque, ed in presenza della remissione di querela, il reato deve essere dichiarato estinto, con annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, previa esclusione dell'aggravante di cui all'art. 625 n. 7) c.p., perché il reato è estinto per remissione di querela. Condanna l'imputato al pagamento delle spese processuali.

Motivazione Semplificata.