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Falsa dichiarazione sul reddito può esere colposa (Cass. 4623/18)

31 gennaio 2018, Cassazione penale

Il reato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95 si consuma con la presentazione o la omissione delle dichiarazioni o delle comunicazioni per l'attestazione di reddito necessarie per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato o per il mantenimento del beneficio.

L'inidoneità del dato alterato a fare da discrimine tra ammissione ed esclusione del beneficio, pur essendo irrilevante sul piano dell'oggettiva sussistenza della falsità, può invece assumere rilievo con riguardo al versante soggettivo dell'illecito.

Non può ritenersi l'assoluta irrilevanza della inidoneità della falsa dichiarazione a determinare effetti favorevoli al dichiarante, perché essa può rappresentare, in via astratta, segno di una condotta colposa, come tale estranea al dolo.

Costituisce errore sulla legge penale, come tale inescusabile, sia quello che cade sulla struttura del reato, sia quello che incide su norme, nozioni e termini propri di altre branche del diritto, introdotti nella norma penale ad integrazione della fattispecie criminosa, dovendosi intendere per "legge diversa dalla legge penale" ai sensi dell'art. 47 c.p. quella destinata in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non penale e non esplicitamente incorporata in una norma penale, o da questa neanche implicitamente richiamata.

Cassazione Penale

sez. IV

Sentenza 31/01/2018, n. 4623

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente -

Dott. TORNESI Daniela Rita - Consigliere -

Dott. SERRAO Eugenia - rel. Consigliere -

Dott. CENCI Daniele - Consigliere -

Dott. PICARDI Francesca - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.C., nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 16/03/2016 della CORTE APPELLO di L'AQUILA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. EUGENIA SERRAO;

udito il Sostituto Procuratore generale Dott.ssa MARIELLA DE MASELLIS, che ha concluso per l'annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di L'Aquila ha riformato limitatamente al trattamento sanzionatorio, escludendo la contestata aggravante, la pronuncia emessa dal Tribunale di Lanciano, che aveva condannato alla pena ritenuta equa A.C., giudicato responsabile del reato di falso nella dichiarazione rilasciata in uno all'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato (D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 95).

La Corte distrettuale, in particolare, ha ritenuto rilevante ai soli fini dell'esclusione dell'aggravante prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95, seconda parte il fatto che le somme non dichiarate costituenti reddito per l'anno 2010 fossero di ammontare complessivo inferiore al limite di legge per l'accesso al beneficio.

2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l'imputato, con atto sottoscritto personalmente, deducendo difetto di motivazione circa l'insussistenza del reato, avendo egli dichiarato conformemente al vero di non percepire reddito valutabile ai fini del combinato disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 76 e 92 ed avendo allegato all'istanza l'ultimo certificato ISEE. Con un secondo motivo deduce erronea applicazione della legge penale per difetto della volontà di ingannare in presenza di errore in buona fede sui redditi della moglie mentre egli si trovava ristretto presso la Casa Circondariale di Lanciano.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.

1.1. Giova rammentare che il reato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95 si consuma con la presentazione o la omissione delle dichiarazioni o delle comunicazioni per l'attestazione di reddito necessarie per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato o per il mantenimento del beneficio.

1.2. Va escluso che, nell'ipotesi in cui venga indicato un reddito non corrispondente a quello da determinare a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, l'inidoneità dei redditi non dichiarati a comportare il superamento della soglia prevista dalla norma trasformi la condotta in un "falso innocuo". Con tale locuzione la giurisprudenza di legittimità allude a quella infedele attestazione (nel falso ideologico) o compiuta alterazione (nel falso materiale) che risultano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell'atto e del suo valore probatorio e, pertanto, non esplicano effetti sulla sua funzione documentale (con la conseguenza, si aggiunge, che l'innocuità deve essere valutata non con riferimento all'uso che dell'atto falso venga fatto, ma avendo riguardo all'idoneità dello stesso ad ingannare comunque la fede pubblica) (Sez. 5, n. 47601 del 26/05/2014, Lamberti, Rv. 26181201; Sez. 5, n. 2809 del 17/10/2013, dep. 2014, Ventriglia, Rv. 25894601).

E nel caso di una falsa indicazione del reddito rilevante per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato la innocuità della stessa non può essere valutata in relazione all'entità del reddito non dichiarato: con pronuncia di questa Suprema Corte a Sezioni Unite, il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice è stato, infatti, identificato nell'attività del giudice preposto alla verifica del diritto al beneficio (Sez. U, n. 6591 del 27/11/2008, dep. 2009, Infanti, in motivazione).

1.3. Ma, prendendo le mosse dalla citata decisione con la quale le Sezioni Unite hanno statuito che integrano il delitto di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95 le false indicazioni o le omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio (Sez. U, n. 6591 del 27/11/2008, dep. 2009, Infanti, Rv. 24215201), è bene precisare che l'inidoneità del dato alterato a fare da discrimine tra ammissione ed esclusione del beneficio, pur essendo irrilevante sul piano dell'oggettiva sussistenza della falsità, può invece assumere rilievo con riguardo al versante soggettivo dell'illecito.

1.4. In linea di principio, per la sussistenza del reato di cui si tratta è sufficiente il dolo generico, e quindi la mera consapevolezza e volontà della falsità, senza che assuma rilievo la finalità di conseguire un beneficio che non compete; ma anche il dolo generico deve essere rigorosamente provato, dovendosi escludere il reato quando risulti che il falso derivi da una semplice leggerezza ovvero da una negligenza dell'agente, poichè il sistema vigente non incrimina il falso documentale colposo (Sez. 3, n. 30862 del 14/05/2015, Di Stasi, Rv. 26432801; Sez. 5, n. 29764 del 03/06/2010, Zago, Rv. 24826401). Da tale premessa non deriva che, nel caso in cui si erri in ordine alla nozione di reddito valevole ai fini dell'applicazione della disciplina del patrocinio a spese dello Stato (come quando non dovendosi tener conto del reddito percepito ai fini della tassazione lo si reputa non rilevante ai fini delle condizioni per l'ammissione al beneficio), si versi in ipotesi di errore scusabile; è, infatti, errore sulla legge penale, come tale inescusabile, sia quello che cade sulla struttura del reato, sia quello che incide su norme, nozioni e termini propri di altre branche del diritto, introdotti nella norma penale ad integrazione della fattispecie criminosa, dovendosi intendere per "legge diversa dalla legge penale" ai sensi dell'art. 47 c.p. quella destinata in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non penale e non esplicitamente incorporata in una norma penale, o da questa neanche implicitamente richiamata (Sez. 4, n. 14011 del 12/02/2015, Bucca, Rv. 26301301, proprio in tema di falso nella dichiarazione concernente istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato).

2. Tuttavia, come già affermato in precedenti pronunce di questa Sezione (Sez.4, n. 28555 del 14/04/2016, Rizzo, n.m.; Sez.4, n.20135 del 21/04/2016, Fiore, n.m.) non può ritenersi l'assoluta irrilevanza della inidoneità della falsa dichiarazione a determinare effetti favorevoli al dichiarante, perché essa può rappresentare, in via astratta, segno di una condotta colposa, come tale estranea al dolo. La necessità del dolo generico esclude che si possa rispondere per un difetto di controllo, che in termini giuridici assume necessariamente le fattezze della condotta colposa, salva l'emersione di un dolo eventuale. Dolo eventuale che tuttavia non può essere evocato alla stregua di una formula "di chiusura", per sottrarsi al puntuale accertamento giudiziario. Al contrario, esso deve essere compiutamente dimostrato, non ignorando le prescrizioni metodologiche impartite dalle Sezioni Unite, per le quali, per la configurabilità del dolo eventuale, anche ai fini della distinzione rispetto alla colpa cosciente, occorre la rigorosa dimostrazione che l'agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento (che in casi come quello in esame assume la connotazione di evento in senso giuridico) che si è verificata nella fattispecie concreta aderendo psicologicamente ad essa. Con gli ovvi adattamenti richiesti dalla specificità della vicenda all'esame, deve farsi applicazione delle indicazioni metodologiche provenienti dal S.C., per il quale l'indagine giudiziaria, volta a ricostruire l'iter e l'esito del processo decisionale, può fondarsi su una serie di indicatori, tra i quali si pongono anche il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 26110501).

3. Nel caso di specie l'indagine in ordine alla sussistenza del dolo generico è del tutto mancata, perchè la Corte di Appello si è limitata a constatare l'esistenza oggettiva della falsità, attribuendo rilievo al mancato superamento della soglia di legge ai fini dell'attenuazione del trattamento sanzionatorio. Ed allora, l'indagine sul dolo, in ipotesi in cui non è di immediata evidenza l'utilità che sostiene l'azione o l'omissione tipica, richiede una compiuta analisi delle circostanze di fatto. Analisi del tutto assente nella sentenza impugnata.

4. Deve pertanto essere disposto l'annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio alla Corte di Appello di Perugia per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte d'Appello di Perugia.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria, il 31 gennaio 2018.