Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Evadere dagli arresti per andare in carcere è reato? (Cass. 40278/21)

8 novembre 2021, Cassazione penale

E' reato lasciare il luogo degli arresti domiciliari per andare in carcere: ma se la condotta è di minima offensività per breve durata, non è punibile.

 

Corte di Cassazione 

Sezione VI

ud. 29 settembre 2021 (dep. 8 novembre 2021), n. 40278
Presidente Criscuolo – Relatore Raddusa

Ritenuto in fatto

1.Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Campobasso ha parzialmente riformato la sentenza con la quale C.U. è stato condannato a un anno di reclusione per il reato di evasione ex art. 385 o.p., commi 1 e 3, e art. 47 ter o.p., comma 8, per l'essersi allontanato senza giustificato motivo dal luogo ove si trovava in stato di detenzione domiciliare, presentandosi presso la portineria della casa di reclusione di (OMISSIS) .

La Corte territoriale, ferma la responsabilità ascritta al ricorrente per il fatto a giudizio, ha ritenuto applicabile alla specie il disposto di cui all'art. 385 c.p., comma 4, riducendo per l'effetto la pena irrogata, rideterminata in mesi otto di reclusione.

2. Interpone ricorso per cassazione il difensore dell'imputato e adduce tre diversi motivi. Lamenta in particolare:

- violazione dell'art. 385 c.p., perché il ricorrente non avrebbe violato l'interesse" oggetto della norma incriminatrice" per carenza dell'elemento psicologico del reato di evasione, il quale non può ravvisarsi, come statuito dalla Corte di appello, nella mera consapevolezza e volontà di allontanarsi dal domicilio";

- violazione dell'art. 131 bis c.p., la cui applicazione è stata esclusa per profili soggettivi riferibili alla personalità criminale dell'imputato e in ragione dei precedenti dello stesso, pur se relativi a reati non della stessa indole;

- violazione dell'art. 62 bis, in relazione all'art. 385 c.p., comma 4, per aver ritenuto che l'unico elemento da valorizzare era quello della spontanea costituzione in carcere dell'imputato quando, per contro, l'appello legava il riconoscimento delle generiche alla intera condotta inoffensiva del C. nonché ai motivi di allontanamento dello stesso dal luogo di detenzione.

Considerato in diritto

1. Ritiene la Corte, in linea con le conclusioni esposte in udienza dalla Procura Generale, che la sentenza debba essere annullata senza rinvio alla luce della fondatezza del secondo motivo di ricorso e potendosi fare diretta applicazione in questa sede del disposto di cui all'art. 131 bis c.p..

2. Il primo motivo di ricorso, oltre che manifestamente infondato, è peraltro esposto in termini di marcata confusione tra i profili della ritenuta inoffensività della condotta e della contrastata sussistenza del dolo del reato di evasione ascritto all'imputato, tanto da risultarne dubbia in radice la stessa ammissibilità.

3. A voler ritenere che entrambi i profili siano stati fatti oggetto di espressa contestazione, è comunque agevole osservare che non assumono alcun rilievo, nell'ottica della oggettiva configurabilità del reato contestato, la durata dell'allontanamento, la distanza dello spostamento, ovvero i motivi che ebbero a indurre il soggetto ad eludere la vigilanza sullo stato custodiale.

Sotto il versante soggettivo, poi, va ribadito che la condotta di volontario allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare, anche se motivata dall'intenzione di recarsi presso una struttura pubblica (qui direttamente la casa circondariale) per chiedere di essere ricondotto in carcere, non esclude il dolo reato di evasione, costituito dalla coscienza e volontà di allontanarsi dal domicilio, attesa l'irrilevanza sia delle motivazioni sia dello scopo ultimo dell'allontanamento, trattandosi di aspetti che si risolvono in mere valutazioni del soggetto che è sottoposto alla detenzione domiciliare, non potendosi rimettere al suo arbitrio la scelta di sottrarsi alla relativa ragione di restrizione (Sez. 6, n. 36518 del 27/10/2020 Rv. 280118).

4. Coglie nel segno il secondo motivo di ricorso, con conseguente assorbimento dello scrutinio inerente la terza doglianza.

La Corte territoriale, pur riconoscendo che nel caso l'imputato non può ritenersi delinquente abituale o professionale, ha negato l'applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis rivendicata dalla difesa facendo leva sui precedenti del ricorrente (definiti allarmanti) che, ad avviso della stessa, sarebbero tali da rendere la condotta a giudizio non occasionale, finendo per connotarne negativamente la personalità in termini tali da non consentire di ritenere tenue l'offesa arrecata al bene giuridico protetto.

5. La motivazione addotta è all'evidenza errata.

Certa la riconducibilità del reato contestato all'interno della cornice edittale utile al riconoscimento della causa di non punibilità denegata, va rimarcato che ai fini della valutazione della particolare tenuità del fatto, i paramenti normativi previsti dall'art. 131 bis c.p., all'infuori del riferimento alla intensità del dolo o della colpa, sono di natura oggettiva: non assumono rilievo, dunque, indici di valutazione di natura soggettiva, come quelli, evocati in sentenza, relativi alla capacità a delinquere dell'imputato, nel caso tratti dalla presenza dei precedenti riferiti all'imputato. I precedenti penali, piuttosto, assumono rilevanza, sotto il diverso versante della abitualità ostativa, ma solo ove ricorrano le altre condizioni previste dall'art. 131 bis c.p., comma 3, ovvero nel caso in cui l'imputato risulti essere stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, oppure abbia commesso più reati della stessa indole.

Aspetti questi ultimi esclusi in radice già dalla stessa sentenza impugnata.

6.Ciò premesso, va altresì rimarcato che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall'art. 131 bis c.p., può essere riconosciuta direttamente dal giudice di legittimità, sempre che i presupposti per la sua applicazione siano immediatamente rilevabili dagli atti e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali a tal fine; ciò del resto conformemente a quanto previsto dall'art. 620 c.p.p., lett. i), che consente alla Corte di Cassazione di decidere quando non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto ed appaia evidente la superfluità del rinvio al giudice di merito (Sez. 6, n. 36518 del 27/10/2020, Rv. 280118).

6. Nel caso, la lettura delle due sentenze di merito non lascia emergere circostanze fattuali diverse da quelle rivendicate dalla difesa, in forza delle quali l'allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare realizzato dal C. risultò nella specie esclusivamente funzionale a raggiungere la casa circondariale, rimanendo in coerenza circoscritto al mero frangente temporale strettamente essenziale alla realizzazione di siffatto obiettivo.

Da qui una coerente conclusione di segno opposto rispetto a quella assunta dalla Corte del merito, sfalsata da una erronea applicazione dei relativi parametri normativi di riferimento: risulta infatti, assodata la minima offensività della condotta di evasione riferita al ricorrente, per la breve durata in cui lo stesso si è allontanato dal luogo di detenzione al solo ed unico fine di sottoporsi al controllo diretto delle forze di polizia.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è punibile ex art. 131 bis c.p..