In tema di mandato di arresto europeo, il riconoscimento del diritto di protezione sussidiaria da parte dello Stato italiano non costituisce causa ostativa alla consegna MAE ad altro paese dell'Unione europea, ai sensi dell'art. 2 della legge 22 aprile 2005, n. 69, sul rilievo che, ivi, il consegnando non potrebbe fruire delle stesse garanzie costituzionali in tema di asilo.
L'art. 33 della Convenzione di Ginevra sulla protezione dei rifugiati sancisce che il principio del "non refoulement" riguarda soltanto i territori in cui la vita o la libertà del soggetto sarebbero minacciate a motivo della razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un gruppo sociale, opinioni politiche; lo status di asilo o di protezione internazionale attribuito nell'ambito dell'Unione europea ha natura uniforme ed è valido in tutti gli Stati Membri.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
(data ud. 10/03/2021) 11/03/2021, n. 9821
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
G.K.G., nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 14/01/2021 della Corte di appello di Catanzaro.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Gaetano De Amicis;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Senatore Vincenzo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 14 gennaio 2021 la Corte di appello di Catanzaro ha disposto la consegna del cittadflo iracheno G.K.G. alias G.K.G. all'Autorità giudiziaria francese (Tribunale di Bobigny) in relazione ad un mandato di arresto Europeo processuale emesso il 9 novembre 2020 per i reati di associazione per delinquere e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina commessi in (OMISSIS).
2. Nell'interesse di G.K.G. è stato proposto ricorso per cassazione deducendo, con un primo motivo, violazioni di legge e vizi della motivazione in relazione alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 2 e art. 10 Cost., commi 2 e 3, in considerazione della mancata richiesta allo Stato emittente di idonee garanzie per la tutela della sicurezza personale del ricorrente, al quale è stato riconosciuto il diritto di asilo nell'ordinamento italiano.
Al riguardo, in particolare, si pone in evidenza il fatto: a) che dinanzi alla Corte distrettuale è stata prodotta copia del provvedimento emanato dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Crotone che in data 16 novembre 2020 riconosceva al ricorrente lo status di "protezione sussidiaria"; b) che il ricorrente, una volta consegnato in Francia, non potrebbe fruire, secondo la normativa colà vigente, delle stesse garanzie costituzionali (in tema di diritto di asilo) che viceversa gli sono state riconosciute in Italia, sicchè la sua consegna risulta essere avvenuta in violazione della causa ostativa prevista dalla richiamata disposizione di cui all'art. 2.
2.1. Con un secondo motivo, inoltre, la difesa deduce violazioni di legge e vizi della motivazione con riferimento all'art. 19, comma 1, lett. c), legge cit., per la mancata subordinazione della consegna alla condizione che il ricorrente sia rinviato allo Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena eventualmente pronunciata nei suoi confronti dallo Stato di emissione, avendo la Corte di appello omesso di valutare il fatto: a) che lo status di protezione internazionale ha determinato un rapporto di collegamento con il territorio nazionale che consente di prescindere dal requisito della residenza anagrafica, essendo tale status parificato a quello di cittadino italiano dalla giurisprudenza di legittimità; b) che il ricorrente risiede stabilmente nel territorio italiano, quale richiedente asilo, quantomeno a decorrere dal 2 ottobre 2018 - data del permesso di soggiorno rilasciato dalla Questura di Cosenza - e che in Italia ha stipulato un contratto di locazione, con attivazione di utenza elettrica ed idrica presso l'abituale dimora di Rende, ove convive stabilmente con la compagna. Circostanze, queste, sintomatiche della presenza legale, stabile e non estemporanea del ricorrente in Italia, con la conseguente operatività nei suoi confronti del richiamato disposi:o normativo.
2.2. Con un terzo morivo, infine, si lamenta la violazione dell'art. 17, comma 4, legge cit. per l'assenza del requisito dei gravi indizi di colpevolezza, atteso che dalla documentazione trasmessa dallo Stato di emissione non emergono specifiche fonti di prova idonee a ritenere il coinvolgimento del ricorrente nella realizzazione dell'attività criminosa contestatagli.
3. Con requisitoria trasmessa alla Cancelleria di questa Suprema Corte in data 14 febbraio 2021 il Procuratore generale ha rassegnato le sue conclusioni, chiedendo il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato e va rigettato per le ragioni di seguito indicate.
2. In ordine al primo motivo dal ricorrente dedotto deve rilevarsi come il principio del non refoulement riguardi soltanto i "territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche" (ex art. 33 della Convenzione di Ginevra sulla protezione dei rifugiati).
E non può affatto dirsi, nè è stato dal ricorrente allegato alcunchè a tal proposito, che la Francia sia un Paese che rappresenti una minaccia per la vita e la libertà del consegnando in ragione di tali motivi.
Deve piuttosto rammentarsi che nell'ambito dell'Unione Europea sussiste un sistema comune di asilo, che comprende uno status di asilo uniforme, valido in tutta l'Unione, così come uno status uniforme di protezione sussidiaria.
Tale sistema Europeo comune di asilo e protezione sussidiaria si basa su una procedura nella quale si tratta di accertare se la persona interessata abbia diritto o meno allo status di rifugiato ovvero a quello di protezione sussidiaria e, qualora non vi abbia diritto, di allontanarla dal territorio dell'Unione, mentre il mandato d'arresto Europeo è un meccanismo di consegna che esplica i suoi effetti unicamente all'interno dell'area territoriale propria dell'Unione (cfr. Sez. 6, n. 1270 del 12 gennaio 2021, Hoshyar).
Nel caso in esame, peraltro, deve rilevarsi, e la stessa Corte distrettuale ne ha dato puntualmente conto ai fini della valutazione sulla persistenza dei presupposti per il mantenimento dello status di protezione sussidiaria, che il relativo provvedimento di riconoscimento è stato deliberato dalla competente Commissione territoriale di Crotone in occasione della seduta svoltasi in data 7 ottobre 2020, dunque senza alcuna valutazione dei fatti di reato emergenti dal procedimento estero oggetto del mandato dai arresto Europeo, che è stato successivamente emesso in data 9 novembre 2020.
3. Parimenti infondato deve ritenersi il secondo motivo di ricorso, atteso che l'evocato collegamento con il territorio nazionale non si traduce affatto in un radicamento maturato secondo i criteri al riguardo stabiliti da questa Suprema Corte: nel medesimo arco temporale in cui si sarebbe radicato in Italia, ossia dal mese di ottobre 2018, il ricorrente risulta aver commesso i gravi reati che gli vengono contestati in Francia, sul cui territorio, alla stregua delle dettagliate informazioni contenute nel mandato di arresto Europeo, la sua presenza è stata continuativamente accertata quanto meno dal mese di febbraio 2020.
In ordine alla verifica dei presupposti per la applicabilità della condizione del rinvio in Italia prevista dalla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 19, comma 1, lett. c), nessun congruo elemento di prova è stato prodotto dal ricorrente se non quello di "dimorare" al momento dell'arresto presso un'abitazione ove egli vive assieme alla sua compagna, provvedendo al pagamento delle spese di somministrazione della luce del gas; nè dagli atti emergono elementi sintomatici concretamente apprezzabili al fine qui considerato, risultando piuttosto dati di segno contrario, come la circostanza di fatto che il ricorrente nel medesimo lasso temporale risulta esser stato presente sul territorio francese per commettervi i gravi reati che gli vengono contestati nei provvedimenti richiamati ed allegati a sostegno della richiesta di consegna formulata dalle Autorità giudiziarie dello Stato di emissione.
Giova richiamare, sotto tale profilo, la costante linea interpretativa di questa Suprema Corte, secondo cui la nozione di "residenza" rilevante ai fini della consegna presuppone un radicamento reale e non estemporaneo della persona nello Stato, desumibile da una serie di indici rivelatori, quali la legalità della presenza in Italia, l'apprezzabile continuità temporale e stabilità della stessa, la distanza temporale tra quest'ultima e la commissione del reato e la condanna conseguita all'estero, la fissazione in Italia della sede principale e consolidata degli interessi lavorativi, familiari ed affettivi, e il pagamento eventuale di oneri contributivi e fiscali (tra le tante, v. Sez. 6, nn 19389 del 25/06/2020, D., Rv. 279419).
Non emergono, in definitiva, i presupposti per condizionare la consegna, ai sensi dell'art. 19, lett. c), cit., al rinvio della persona nel territorio dello Stato per scontarvi la pena o la misura di sicurezza eventualmente irrogate.
4. Manifestamente infondata deve infine ritenersi la doglianza oggetto del terzo motivo, che omette di confrontarsi criticamente con le puntuali argomentazioni svolte nella sentenza impugnata in esito alla completa disamina delle numerose fonti di prova richiamate nel mandato di arresto Europeo e nella documentazione integrativa trasmessa dalle Autorità richiedenti (consistenti in pedinamenti, intercettazioni e filmati estratti dalle telecamere di videosorveglianza), in quanto coerentemente ritenute indicative di una circostanziata ricostruzione dell'attività illecita dal ricorrente posta in essere per favorire, nell'arco temporale indicato nell'imputazione, il traffico dell'immigrazione clandestina dalla Francia verso il Regno Unito, svolgendovi un ruolo di direzione e coordinamento di numerosi carichi di migranti eseguiti da squadre di autisti e trafficanti operanti sotto la sua supervisione.
Sulla base del compendio indiziario compiutamente delineato nel m.a.e. e nella ulteriore documentazione inviata dalle competenti Autorità dello Stato di emissione, deve pertanto rilevarsi come la sentenza impugnata abbia fatto buon governo dei principi stabiliti da questa Suprema Corte (da ultimo v. Sez. 6, n. 28281 del 06/06/2017, Mazza, Rv. 270415), secondo cui, ai fini della riconoscibilità del presupposl:o dei gravi indizi di colpevolezza, l'autorità giudiziaria italiana deve limitarsi a verificare che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l'autorità giudiziaria emittente abbia ritenuto seriamente riferibile ad un fatto di reato attribuibile alla persona di cui si chiede la consegna, e che di ciò abbia fornito - come in effetti è avvenuto nel caso in esame - ragioni nel provvedimento adottato.
5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art. 616 c.p.p..
La Cancelleria curerà l'espletamento degli incombenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 10 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2021