Le videoregistrazioni effettuate dai privati con telecamere di sicurezza sono prove documentali, acquisibili ex art. 234 c.p.p., sicchè i fotogrammi estrapolati da detti filmati ed inseriti in annotazioni di servizio non possono essere considerati prove illegittimamente acquisite e non ricadono nella sanzione processuale di inutilizzabilità; non è dunque applicabile l' art. 254 bis c.p.p., in quanto l'estrazione di dati archiviati in un supporto informatico (nella specie: floppy disk) non costituisce accertamento tecnico irripetibile.
La legge 18 marzo 2008, n. 48 ha introdotto unicamente l'obbligo per la polizia giudiziaria di rispettare determinati protocolli di comportamento, senza prevedere alcuna sanzione processuale in caso di mancata loro adozione, potendone derivare, invece, eventualmente, effetti sull'attendibilità della prova rappresentata dall'accertamento eseguito.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
(ud. 29/01/2020) 06-05-2020, n. 13779
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PALLA Stefano - Presidente -
Dott. SCARLINI Enrico V.S. - Consigliere -
Dott. PISTORELLI Luca - Consigliere -
Dott. BORRELLI Paola - Consigliere -
Dott. RICCARDI Giuseppe - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
T.C.L., nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 24/10/2018 della Corte di Appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE RICCARDI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. EPIDENDIO Tomaso, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza emessa il 24/10/2018 la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza del Gup del Tribunale di Monza che, all'esito del giudizio abbreviato, aveva dichiarato T.C.L. responsabile del reato di furto pluriaggravato di una bicicletta, sottratta a D.M.V. forzando la catena.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di T.C.L., Avv. AS, deducendo due motivi di ricorso, qui enunciati, ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale in riferimento agli artt. 191 e 254 bis c.p.p.: lamenta l'inutilizzabilità dell'acquisizione dei filmati dell'impianto di videosorveglianza del centro commerciale, estratti senza le garanzie previste dall'art. 254 bis c.p.p..
2.2. Vizio di motivazione in relazione all'individuazione dell'imputato quale autore del furto: la discordanza tra l'orario del furto indicato dalla persona offesa (11/11,30) e quella indicata dal sistema di videosorveglianza è stata motivata in maniera alternativa e contraddittoria, sul rilievo o di un difetto di taratura dell'apparecchio, o di una imprecisione della persona offesa; inoltre l'accertamento della corrispondenza del soggetto ripreso dalle immagini sarebbe insufficiente in quanto fondato su un mero giudizio di somiglianza.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Giova premettere che, secondo la ricostruzione dei fatti accertata dai giudici di merito, l'imputato è stato riconosciuto autore del furto di una bicicletta marca Atala assicurata alla griglia adibita a deposito, in quanto ripreso a bordo dell'autovettura Fiat Punto di colore grigio, recante segni particolari (portapacchi, specchietto retrovisore sinistro mancante e paraurti di tinta differente dal resto della carrozzeria), ripresa dalle telecamere di videosorveglianza del Centro commerciale (OMISSIS) ove è stato consumato il furto, ed a bordo della quale, inoltre, il T. era stato fermato un paio di mesi prima in possesso di un ciclomotore rubato.
3. Tanto premesso, il primo motivo, con cui si deduce l'inutilizzabilità dei filmati, è manifestamente infondato.
Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, le videoregistrazioni effettuate dai privati con telecamere di sicurezza sono prove documentali, acquisibili ex art. 234 c.p.p., sicchè i fotogrammi estrapolati da detti filmati ed inseriti in annotazioni di servizio non possono essere considerati prove illegittimamente acquisite e non ricadono nella sanzione processuale di inutilizzabilità (Sez. 2, n. 6515 del 04/02/2015, Hida, Rv. 263432).
Non è dunque applicabile l'invocato art. 254 bis c.p.p., in quanto l'estrazione di dati archiviati in un supporto informatico (nella specie: floppy disk) non costituisce accertamento tecnico irripetibile anche dopo l'entrata in vigore della L. 18 marzo 2008, n. 48, che ha introdotto unicamente l'obbligo per la polizia giudiziaria di rispettare determinati protocolli di comportamento, senza prevedere alcuna sanzione processuale in caso di mancata loro adozione, potendone derivare, invece, eventualmente, effetti sull'attendibilità della prova rappresentata dall'accertamento eseguito (Sez. 5, n. 11905 del 16/11/2015, dep. 2016, Branchi, Rv. 266477; in termini, altresì, Sez. 5, n. 33560 del 28/05/2015, Leto, Rv. 264355)
4. Il secondo motivo è inammissibile, perchè, oltre ad essere generico, in quanto meramente reiterativo delle identiche censure proposte con l'atto di appello, senza un concreto confronto argomentativo con la sentenza impugnata, propone doglianze eminentemente di fatto, che sollecitano, in realtà, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità, sulla base di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944); infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione e della violazione di legge, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., sono in realtà dirette a richiedere a questa Corte un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina,Rv. 214794).
In particolare, con le censure proposte il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica - unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata in merito alla compatibilità dell'orario impresso sulle videoriprese con quello del furto ed al giudizio di somiglianza formulato dal teste M.C..
Il controllo di legittimità, tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione; sicchè il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione.
Pertanto, nel rammentare che la Corte di Cassazione è giudice della motivazione, non già della decisione, ed esclusa l'ammissibilità di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicità (tantomeno manifeste) e di contraddittorietà.
Le doglianze sono altresì manifestamente infondate, in quanto la sentenza impugnata ha evidenziato che la discordanza tra l'orario impresso sulle immagini (ore 12.00) e quello riferito dalla persona offesa (tra le ore 11.00 e le 11.30) come momento di consumazione del furto, ragionevolmente ascrivibile o ad un ricordo approssimativo della denunciante o a un difetto di taratura dell'apparecchiatura di videoregistrazione, resta comunque assorbito dal riconoscimento dell'imputato quale conducente dell'autovettura a bordo della quale la bicicletta è stata caricata; autovettura già controllata due mesi prima, allorquando il T. era in possesso di un ciclomotore rubato, e notata, nei giorni successivi al fatto in esame, da M.C., allorquando il medesimo odierno ricorrente veniva visto aggirarsi nei parcheggi del Centro Commerciale e nei pressi della rastrelliera delle biciclette con fare sospetto.
5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 3.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2020