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Doppia incriminabilità al momento della decisione, non del fatto (Cass. 44156/23)

2 novembre 2023, Cassazione penale

In tema di attuazione di strumenti dell'Unione europea sul mutuo riconoscimento in materia penale, la verifica della cosiddetta "doppia incriminabilità" non va condotta secondo i criteri del diritto penale sostanziale, essendo il suddetto requisito finalizzato soltanto nello Stato di esecuzione al controllo della "riconoscibilità" della pretesa punitiva dello Stato di emissione, con la conseguenza che, per la sua sussistenza, è necessario che l'ordinamento italiano contempli come reato il fatto per il quale la domanda è richiesta  al momento della decisione sulla domanda dello Stato di emissione.

Cassazione penale

sez. VI Num. 44156 Anno 2023 Presidente: CRISCUOLO ANNA
Relatore: CALVANESE ERSILIA
Data Udienza: 30/10/2023 - 02/11/2023

SENTENZA

sul ricorso proposto da
SH, nato a Roma il **/1993

avverso la sentenza del 07/07/2023 della Corte di appello di Roma

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Raffaele Gargiulo, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Roma riconosceva, ai sensi del d.lgs. n. 37 del 2016, della decisione delle autorità dei Paesi Bassi con la quale era stata applicata a SH la sanzione pecuniaria di euro 95 per non aver indossato la mascherina facciale su un mezzo pubblico, in violazione della legge olandese sul trasporto di persone.
 2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di annullamento, come sintetizzati conformemente al disposto dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 9, 10 e 12 d.lgs. n. 37 del 2016.

La Corte di appello ha ritenuto di superare la condizione ostativa al riconoscimento della mancanza della doppia incriminazione - al momento del fatto (23 luglio 2020) la legge italiana puniva la condotta ascritta al ricorrente come illecito amministrativo (art. 4 d.l. n. 19 del 25 marzo 2020, conv. con mod. dalla legge n. 35 del 2020 - applicando erroneamente la deroga prevista dall'art. 10, lett. nn) del decreto legislativo n. 37 del 2016 (che si riferisce a violazioni di tipo differente ed in particolare al trasporto di "merci" pericolose, come si evince dalla decisione quadro 214/2005).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non può essere accolto.

2. Per quanto la sentenza impugnata abbia erroneamente fatto riferimento alla ipotesi prevista dall'art. 10, lett. nn) del decreto legislativo n. 37 del 2016, che riguarda infrazioni alle norme sul trasporto di merci pericolose, come si evince dal testo della decisione quadro 214/2005, deve ritenersi infondata la tesi difensiva sulla mancanza della doppia incriminabilità.

Secondo un consolidato principio espresso in tema di attuazione di strumenti dell'Unione europea sul mutuo riconoscimento in materia penale, la verifica della cosiddetta "doppia incriminabilità" non va condotta secondo i criteri del diritto penale sostanziale, essendo il suddetto requisito finalizzato soltanto nello Stato di esecuzione al controllo della "riconoscibilità" della pretesa punitiva dello Stato di emissione, con la conseguenza che, per la sua sussistenza, è necessario che l'ordinamento italiano contempli come reato, al momento della decisione sulla domanda dello Stato di emissione, il fatto per il quale la domanda è richiesta (cfr. in tema di mandato di arresto europeo, tra tante, Sez. 6, n. 3178 del 26/01/2022, Rv. 282748).

Nel caso in esame, si tratta pertanto di verificare se la condotta, oggetto di sanzione da parte dello Stato di emissione, costituisca reato secondo l'ordinamento italiano al momento della decisione adottata dall'autorità giudiziaria italiana per il riconoscimento della decisione olandese, ai sensi dell'art. 2 d.lgs. n. 37 del 2016.

L'imposizione in Italia dell'uso obbligatorio della mascherina di protezione sui mezzi di pubblico trasporto, ad opera dell'art. 10-quater dl. 22 aprile 2021, n. 52, convertito con modificazioni dalla L. 17 giugno 2021, n. 87, era presidiata, in base all'art. 13 dello stesso decreto convertito, dalla sola sanzione amministrativa stabilita dall'art. 4 d.l. 25 marzo 2020, n. 19, convertito con modificazioni dalla L. 22 maggio 2020, n. 35, nell'ambito delle misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19.

Tale imposizione, stabilita per atto normativo, è rimasta in vigore, peraltro, fino al 30 settembre 2022 (cfr. art. 11 d.l. n. 68 del 2022, convertito con modificazioni dalla L. 5 agosto 2022, n. 108)
Pertanto, il regime di maggior favore che il legislatore ha previsto per tale imposizione (con la previsione espressa della non applicazione dell'art. 650 cod. pen.) è oramai cessato, configurando, dopo tale data, la violazione di un ordine dell'autorità pubblica - quale è quello che il ricorrente non ha ottemperato - punibile alla stregua dell'art. 650 cod. pen.

3. Conclusivamente il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, I. n. 69 del 2005.

Così deciso il 30/10/2023.