Identificazione e elezione di domicilio per un fatto procedibile a querela (successivamente rimessa), con successiva riqualifica del fatto in reato procedibile di ufficio: va garantita la effettiva conoscenza del (nuovo) procedimento.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 11 giugno – 11 ottobre 2019, n. 41911
Presidente Cervadoro – Relatore Mantovano
Ritenuto in fatto
La Corte di Appello di Lecce con sentenza in data 8/11/2017 confermava la sentenza con la quale in data 19/10/2012 il Tribunale di Lecce aveva condannato S.C. a pena di giustizia per i reati, riuniti per continuazione, di rapina ed estorsione aggravate in danno di L.A. , a (omissis) fino all’(omissis) , e aveva altresì disposto il risarcimento dei danni in favore della parte offesa.
La condotta della quale S. è stato ritenuto responsabile riguarda l’avere egli, in concorso con SC.Li. , giudicata in altro procedimento penale, e D.S. , non ricorrente, costretto L. a non chiedere la restituzione della somma di Euro 700, che aveva prestato a SC. , procurandole delle lesioni, e per essersi anzi impossessati della somma di Euro 370, sottraendola sempre con la violenza alla stessa L. .
S. propone ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi:
- come primo motivo, violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) con riferimento agli artt. 349, 157 e 161 c.p.p., e art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), e all’art. 6 della Convenzione EDU, perché non avrebbe avuto conoscenza del procedimento penale a suo carico. Egli infatti aveva eletto domicilio in una via di (omissis) , nel verbale di identificazione del 12/07/2008, dopo che veniva informato che era stata presentata querela a suo carico per i reati di cui agli artt. 624, 582 e 612 c.p.. In data 2/08/2008 la parte offesa aveva rimesso la querela, con accettazione intervenuta da parte di S. l’8/09/2008, mentre costui non era neanche iscritto nel registro degli indagati, sì che non vi era alcun procedimento a suo carico. Sarebbe inesatto quanto scritto dalla Corte di appello, a proposito dell’essere stato il ricorrente reso edotto in un verbale del 12/07/2010 del procedimento penale a suo carico, poiché il solo verbale di identificazione è quello del 2008. Conclude sul punto che vi sarebbe una nullità del procedimento, con regressione dello stesso alla conclusione delle indagini preliminari, poiché l’elezione di domicilio sarebbe avvenuta in una fase pre-procedimentale;
- come secondo motivo, violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), con riferimento all’art. 159 c.p.p. e art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) e all’art. 6 della Convenzione EDU, perché a seguito si quanto illustrato a proposito del primo motivo, si sarebbe determinata la nullità dell’ordinanza dichiarativa della contumacia il 7/10/2010 in sede di udienza preliminare, del decreto di irreperibilità del GIP di Lecce, del decreto di irreperibilità del Presidente della Corte di Appello di Lecce del 9/01/2015, della sentenza di tale Corte con cui si dichiara l’infondatezza della eccezione di nullità dei predetti decreti di irreperibilità. La polizia giudiziaria avrebbe omesso ogni ricerca nel luogo di nascita del ricorrente, in Romania, benché fosse in possesso dei suoi recapiti telefonici;
- come terzo motivo, violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), con riferimento agli artt. 603 e 604 c.p.p., e art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), e all’art. 6 della Convenzione EDU, perché la Corte di Appello ha rigettato la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in quanto tardiva e non necessaria;
- come quarto motivo, violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) con riferimento all’art. 192 c.p.p., poiché la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto delle contraddizioni e delle lacune delle dichiarazioni rese dalla parte offesa a proposito delle differenti versioni offerte, nonché dello strumento che sarebbe stato utilizzato quale corpo contundente.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato, con conseguente annullamento sia della sentenza impugnata, sia della sentenza del Tribunale di Lecce in data 19.10.2012, e trasmissione degli atti al GUP di Lecce per l’ulteriore corso.
Giova ripercorrere, per come emerge dagli atti, la scansione temporale tesa a ricostruire per un verso la consapevolezza da parte dell’imputato del procedimento penale celebrato a suo carico, per altro verso l’imputabilità al suo comportamento della non conoscenza del giudizio:
- S. apprende il 12/07/2008 della querela proposta nei suoi confronti da L. allorché viene convocato dai Carabinieri di (omissis) e, nella sede del Comando di stazione, oltre a essere reso edotto della querela, riceve l’informazione che essa riguarda come ipotesi di reato la violazione degli artt. 624, 582 e 612 c.p.. In tale circostanza la polizia giudiziaria procede alla sua identificazione, ed egli elegge il domicilio in quella che all’epoca era la sua abitazione, a (omissis) ;
- L. rimette la querela il 2/08/2008 e S. accetta la remissione l’8/09/2008;
- il 17/02/2010 i Carabinieri di Tricase, su incarico del P.M., si recano al domicilio eletto nel verbale di identificazione, e da informazioni assunte riferiscono che S. è rientrato in Romania da circa un anno;
- l’11/10/2010 il GUP del Tribunale di Lecce dispone svolgersi ricerche nei confronti del ricorrente, e incarica di ciò gli stessi Carabinieri di Tricase, precisando che esse devono riguardare il luogo di nascita (in (…)), il luogo di ultima residenza (omissis) ), il luogo di ultima dimora o domicilio ((omissis) ), il luogo di esercizio dell’attività lavorativa, il luogo di residenza o dimora all’estero;
- dopo un ulteriore accertamento effettuato dai Carabinieri, il cui esito consiste nell’acquisizione del numero di telefono mobile di S. e nella conferma del suo rientro in Romania, il GUP ne decreta l’irreperibilità, dando atto dell’avvenuto svolgimento delle ricerche da parte della polizia giudiziaria, fra le quali tuttavia non menziona la residenza o dimora all’estero.
Da quanto fin qui riassunto non si comprende da quale documento - comunque non presente agli atti - la Corte territoriale desuma che in un verbale del 12/07/2010 il ricorrente sia stato reso edotto del procedimento penale a suo carico per le imputazioni che hanno poi condotto alla sentenza di condanna: il solo verbale di identificazione presente è quello del 12/07/2008; è verosimile che l’identità del giorno e del mese abbiamo indotto la Corte in equivoco. Nè si comprende la ragione per la quale, ad avviso della medesima CORTE, i Carabinieri di Tricase non avrebbero potuto contattare col telefono cellulare S. per il giudizio di appello, posto che hanno documentato di essere in possesso del suo numero di telefono mobile.
Ciò che emerge con certezza è che S. abbia avuto conoscenza di una querela nei suoi confronti, e della successiva (di pochi giorni) remissione della medesima querela, mentre non vi è alcuna prova della sua consapevolezza che, a seguito di quell’atto i fatti denunciati siano stati ritenuti perseguibili di ufficio, e si sia avviato un procedimento penale a suo carico: per lo meno non fino al giudizio di appello, nel quale invece egli compare come "libero presente".
È ben noto che questa S.C. (Sez. 2, Sentenza n. 36103 del 21/05/2014 dep. 25/08/2014 Rv. 260811-01 imputato Biagini) ha sancito come "l’elezione di domicilio effettuata all’inizio del (...) procedimento dispiega i suoi effetti anche per il reato di ricettazione contestato successivamente all’elezione di domicilio (e, ovviamente, per qualsiasi altro reato che in ipotesi fosse stato contestato). In proposito questa Corte Suprema ha più volte affermato il principio che in tema di notificazioni all’imputato, l’elezione o dichiarazione di domicilio sono valide ed efficaci unicamente nell’ambito del procedimento nel quale sono state effettuate, mentre non spiegano alcun effetto nell’ambito di altri procedimenti, sia pure geneticamente collegati a quello originario (Sez. 6, Sentenza n. 49498 del 15/10/2009 Ud. - dep. 23/12/2009 - Rv. 245650; Sez. 5, Sentenza n. 28691 del 13/06/2013 Ud. - dep. 03/07/2013 - Rv. 256533)".
Tale pronuncia ha aggiunto che "il verbale di elezione di domicilio è preordinato a consentire il sicuro recapito degli atti diretti all’indagato o all’imputato, con la conseguenza che deve contenere l’avviso che un procedimento penale, in relazione ad un determinato fatto, è o può essere instaurato nonché l’avvertimento che l’indagato o imputato ha l’obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che, in assenza di detta comunicazione, le notificazioni saranno eseguite, ex art. 161 c.p.p., comma 4, mediante consegna al difensore (...) permane l’obbligo dell’interessato di comunicare le variazioni di domicilio anche in assenza di dette indicazioni la cui mancanza non impedisce, comunque, all’indagato diligente di accertare, anche attraverso l’autorità di polizia presso cui abbia dichiarato o eletto domicilio, l’Autorità giudiziaria competente cui indirizzare la comunicazione di variazione (Sez. 5, Sentenza n. 671 del 21111/2013 Ud. - dep. 10/01/2014-Rv. 257961)".
Non è sostenibile, in coerenza con tali principi, che la vicenda in esame si inserisca in un procedimento "altro" rispetto a quello avviato dalla presentazione della querela, perché in realtà esso è il medesimo procedimento, se pure con una differente qualificazione dei fatti rispetto alla prima, contenuta nel verbale di identificazione del 12/07/2008.
E tuttavia, ribadendo che questo è il solo verbale in atti nel quale il ricorrente abbia eletto il proprio domicilio, non può negarsi che:
- nel giro di pochi giorni nel luglio-agosto 2008 alla querela sia seguita la remissione di querela, accettata da S. ,
- prima che venissero disposte le sue ricerche da parte dell’autorità giudiziaria, e quindi prima che egli avesse la possibilità di apprendere che pendeva nei suoi confronti un procedimento penale per estorsione, egli si era allontanato dall’Italia per rientrare in Romania, come ai Carabinieri hanno attestato persone interpellate e di ciò informate;
- non è stato tentato alcun contatto nei suoi confronti, pur essendovi la disponibilità di una utenza di telefonia mobile a lui riferibile.
Se ne deduce che S. abbia avuto l’incolpevole convinzione che, a proposito degli illeciti dei quali egli era stato accusato da L. , tutto fosse stato definito e concluso con la remissione di querela, pur se a essa non sia seguito un decreto di non doversi procedere. In virtù di tale incolpevole convinzione, rappresenta una condotta inesigibile la dichiarazione del nuovo domicilio una volta lasciato quello eletto all’atto della identificazione: la presumibile soggettiva certezza da parte dell’interessato è che non vi fosse motivo, per quanto riassunto. È altresì certo che non sia stata condotta alcuna ricerca nel luogo di nuova dimora di S. , nè che sia stato in qualche modo attivato il tentativo di contattarlo, pur essendo noto il suo numero di telefono mobile, al fine di renderlo edotto del giudizio nei suoi confronti. Egli non appare quindi rimproverabile di alcunché in ordine all’assenza nel giudizio, che si è celebrato senza che potesse interloquire, per lo meno per l’intero primo grado.
È vero infine che questo motivo non è riportato fra i motivi di appello - la sentenza di secondo grado attesta che è stato sollevato solo nel momento in cui è intervenuto il nuovo difensore -, ma è altrettanto vero che, trattandosi di questione che attiene alla citazione in giudizio, si tratta di una nullità assoluta, insanabile e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento. Ne consegue la regressione del procedimento al momento in cui si è determinata la nullità, e cioè all’udienza preliminare, con trasmissione degli atti al GUP.
Gli altri motivi sono assorbiti in quello testè trattato, ovvero attengono a questioni di merito, e saranno definiti nella relativa sede.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, e quella del Tribunale di Lecce in data 19.10.2012, e trasmette gli atti al GIUDICE per L’UDIENZA PRELIMINARE del Tribunale di Lecce per l’ulteriore corso.