Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Difensore di ufficio e incompetenza territoriale (Cass. 45051/14)

30 ottobre 2014, Cassazione penale

Il nuovo codice di procedura penale ha realizzato la sostanziale equiparazione della difesa di ufficio a quella di fiducia, nel senso che anch'essa si caratterizza per l'immutabilità del difensore fino ad una eventuale sopravvenuta nomina fiduciaria o ad eventuale dispensa dall'incarico, che può essere consentita "solo per giustificato motivo", da intendersi nel senso della "impossibilità" per il predetto di "adempiere l'incarico".

Sicchè anche per il difensore d'ufficio vale la regola che il diritto di impugnazione compete a colui che è stato a suo tempo designato dal giudice o dal pubblico ministero, che va considerato titolare dell'ufficio di difesa anche al momento del deposito del provvedimento impugnabile, pur se egli sia stato momentaneamente sostituito.

Se successivamente alla nomina del difensore di ufficio, il processo viene trasferito ad altra autorità giudiziaria per competenza territoriale,  la precedente nomina non è caducata per effetto del solo trasferimento del processo a sede giudiziaria di altro distretto: è rimessa al difensore già nominato la facoltà di chiedere la dispensa dall'incarico e la sua sostituzione definitiva all'esito di valutazione bilanciata della esigenza di continuità della difesa tecnica, da un canto, e della eventuale soggettiva impossibilità di assicurare reale assistenza difensiva extra distretto, dall'altro.

Tale valutazione, proprio al fine di dare riconoscimento alla effettività della difesa, non può essere espropriata in via di principio dall'autorità giudiziaria sulla base di premesse astratte e di inesistenti regole di delimitazione territoriale dell'esercizio del munus difensivo.

Il trasferimento del processo per competenza territoriale non  giustifica la sostituzione del difensore di ufficio.

Non bastava a vincere la presunzione di non conoscenza la perquisizone effettuata se contestualmente non vi è avviso completo e comprensibile del fatto e della qualità di indagato , nonchè della pendenza di un procedimento penale per tale fatto; nè la presunzione di non consocenza è vinta dalla nomina un difensore di ufficio, se non risulta alcun elemento che consenta di ipotizzare contatti tra l'interessato.

(Cfr. approfondimento sulla difesa di ufficio).

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

 (ud. 03/10/2014) 30-10-2014, n. 45051

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIEFFI Severo - Presidente -

Dott. VECCHIO Massimo - Consigliere -

Dott. DI TOMASSI M.Stefan - rel. Consigliere -

Dott. TARDIO Angela - Consigliere -

Dott. CASSANO Margherita - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.L., nato in (OMISSIS), alias M. M., nato in (OMISSIS).

avverso l'ordinanza emessa in data 21/01/2014 dal Tribunale di Brescia.

Visti gli atti, il provvedimento denunziato, il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere M.Stefania Di Tomassi;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. VOLPE Giuseppe, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata con i provvedimenti conseguenti.

Svolgimento del processo

1. Con la decisione in epigrafe il Tribunale di Brescia rigettava le richieste formulate il 17 dicembre 2012 con le forme dell'incidente d'esecuzione da M.L., alias M.M., volte: in via principale alla declaratoria di non esecutività della sentenza di condanna a 7 anni di reclusione e 29.000,00 Euro di multa emessa dallo stesso Tribunale in data 7 maggio 2007, non appellata dal M.; in subordine alla restituzione nel termine per impugnare ai sensi dell'art. 175 c.p.p., comma 2, nella formulazione all'epoca vigente.

A ragione premetteva che:

- il (OMISSIS) era stata eseguita una perquisizione domiciliare presso l'abitazione di Brescia occupata da ricorrente, all'epoca gli arresti domiciliari in attesa di giudizio, in sua presenza; non avendo un difensore di fiducia gliene veniva nominato un ufficio;

- il (OMISSIS) veniva emessa nei suoi confronti, dal G.i.p. del Tribunale di Como, ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73; l'ordinanza non veniva eseguita e con decreto del 21 ottobre 2004 veniva dichiarata la latitanza del ricorrente;

- il 3 maggio 2005 la misura cautelare veniva rinnovata dal G.i.p. del Tribunale di Brescia; anche detta ordinanza restava ineseguita e il ricorrente veniva nuovamente dichiarato latitante con decreto del 9 maggio 2005;

- le successive notifiche venivano per conseguenza effettuate tutte al difensore di ufficio.

Osservava, quindi, che le dichiarazioni di latitanza del ricorrente risultavano essere del tutto corrette, risultando che lo stesso era stato ricercato nel luoghi conosciuti ed evidentemente si era reso irreperibile subito dopo la perquisizione del (OMISSIS), allontanandosi ("legittimamente o arbitrariamente") dal luogo ove era stato agli arresti domiciliari senza lasciare recapito nè premurandosi di dichiarare od eleggere domicilio. Ineccepibili, sotto il profilo formale, dovevano ritenersi per l'effetto anche le successive notifiche nonchè la celebrazione dei "giudizi di primo e secondo grado" nei confronti del latitante, "a nulla rilevando che egli fosse rientrato in Francia e lì avesse dimora, posto che in tale Stato il M. non era detenuto, con impossibilità dunque di essere reperito in mancanza di ogni suo interessamento relativo alle vicende processuali italiane".

Quanto alla richiesta di restituzione nel termine, affermava che il M. doveva ritenersi "certamente a conoscenza dell'esistenza di uno o più procedimenti penali a suo carico" e ciò nonostante "ben si guardava dall'eleggere domicilio in Italia prima di allontanarsi dal territorio dello Stato", sicchè non poteva invocare a propria giustificazione l'involontarietà della sottrazione alle "conseguenze giudiziarie derivanti dalle perquisizioni subite", ovvero al processo.

2. Ha proposto ricorso il condannato personalmente, chiedendo l'annullamento dell'ordinanza impugnata.

2.1. Con il primo motivo di ricorso lamenta mancanza o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla verifica in ordine alla correttezza delle notificazioni e, dunque, alla esecutività del titolo.

Denunzia, in particolare, che erroneamente il Tribunale aveva parlato di perdurante latitanza del ricorrente, di corretta notificazione degli atti relativi ai giudizi di primo e secondo grado, di indifferenza del fatto che egli fosse rientrato in Francia, non trovandosi colà detenuto, quando, al contrario, il M. si trovava per l'appunto detenuto, in Francia, perlomeno nel periodo compreso dal (OMISSIS), come emergeva dai provvedimenti del Tribunale di Grande istanza di Evry depositati assieme alla richiesta di incidente di esecuzione, e non aveva proposto appello, quindi nessun atto relativo al giudizio di secondo grado gli era stato mai notificato.

Inoltre il giudice dell'esecuzione aveva omesso di dire, e di considerare, che nel corso del procedimento penale conclusosi con la sentenza oggetto della richiesta, al M. erano stati nominati addirittura tre diversi difensori di ufficio: prima l'avv. SA del foro di Brescia (al momento della perquisizione del 6.5.2004); poi l'avv. CG del foro di Como (con il decreto di latitanza del 21.10.2004); infine l'avv. SF del foro di Brescia (con il decreto di latitanza del 9.5.2005), pur in mancanza di un qualsiasi valido motivo per procedere alla sostituzione dei precedenti nominati.

2.2. Con il secondo motivo denunzia violazione di legge, con riferimento all'art. 171 c.p.p., comma 1, lett. d), in relazione alla notificazione dell'estratto contumaciale, così come di tutti gli atti prodromici al giudizio, effettuati al terzo difensore di ufficio, senza che vi fosse ragione per sostituire quello nominato all'atto della perquisizione, che era per altro l'unico del quale l'imputato aveva avuto conoscenza. Non bastava difatti a giustificare la sostituzione di tale primo difensore il trasferimento del processo per competenza da Brescia a Como (si cita al riguardo Cass. sez. 3 n. 29317 del 2009, Sez. 1 n. 33724, sez. 6 n. 6089 del 2003, sez. 1 n. 40339 del 2008), ma anche a stare all'unico precedente di legittimità che considerava rituale detta sostituzione (Sez. In. 42442 del 2006), non v'era comunque ragione, una volta restituiti gli atti da Como a Brescia, di nominarne un terzo diverso anzichè mantenere la nomina del primo, già designato dall'autorità giudiziaria di Brescia.

2.3. Con il terzo motivo denunzia manifesta illogicità ovvero mancanza della motivazione in ordine alla ritenuta volontarietà della sottrazione al processo.

L'affermazione secondo cui l'imputato si sarebbe volontariamente reso irreperibile dopo la perquisizione del (OMISSIS), omettendo di lasciare un recapito o di eleggere domicilio, travisava dati pacifici quali: il fatto che l'imputato era rimasto agli arresti domiciliari, finendo di espiare così la pena inflittagli in altro procedimento, sino al 27 maggio successivo; il fatto che il 27 maggio, allorchè, a pena espiata, si era allontanato per fare rientro in Francia, a suo carico none esisteva alcun provvedimento cautelare; la circostanza che durante la perquisizione del (OMISSIS) non era stato in alcun modo invitato a dichiarare o ad eleggere un domicilio ai sensi dell'art. 161 c.p.p. e che nessun avviso del genere gli era stato fatto in seguito, al momento della liberazione, benchè la Procura di Como, che procedeva, sapesse del procedimento pendente, del quale dava atto il verbale di Polizia giudiziaria; la circostanza che neppure era stato mai formalmente informato della propria qualità di indagato nel procedimento da cui era scaturita la condanna in esame.

2.4. Con il quarto motivo denunzia violazione di legge, con riferimento agli artt. 295 e 296 c.p.p., in relazione alle ricerche effettuate ai fini delle dichiarazioni di latitanza. Nonostante fosse noto che il ricorrente era di nazionalità francese, e in Francia avesse la residenza, come risultava dalla patente di guida rilasciata il 12.2.2001, le ricerche erano state effettuate difatti solo nel Comune di Brescia, ove era solo domiciliato, e mediante consultazione degli archivi di Polizia e dell'anagrafe tributaria, oltre che di non meglio precisati frequentatori dei medesimi luoghi e della convivente del ricorrente. I decreti non contenevano inoltre alcun accertamento in ordine alla presunta volontarietà della latitanza, dal momento che - come detto - il ricorrente non era a conoscenza della sua qualità di indagato.

2.5. Con il quinto motivo denunzia violazione di legge, con riferimento all'art. 175 c.p.p., comma 2, in relazione al rigetto della richiesta subordinata di rimessione nel termine per proporre appello. Ripetute le osservazioni articolate nei precedenti motivi sulla mancata conoscenza del procedimento, sulla nomina di terzo difensore di ufficio che con l'imputato non aveva mai avuto alcun contatto, si rimarca che dai documenti prodotti, ed ignorati dal Tribunale, emergeva chiaramente che il ricorrente era detenuto nel carcere di Fleury Mergois almeno dal 17 aprile al 10 maggio 2007.

Sicchè alla data della pronunzia delle sentenza irritualmente dichiarata esecutiva, del 7 maggio 2007, era, anche ove avesse avuto conoscenza del procedimento, obiettivamente e legittimamente impossibilitato a comparire.

2.6. Con memoria ritualmente trasmessa, tramite il carcere, in vista dell'udienza odierna il ricorrente, richiamate le novità normative nel frattempo intervenute e la decisione a Sezioni unite sul nuovo art. 625-ter c.p.p., non applicabile al suo caso, ribadisce i motivi di censura, precisandoli e ulteriormente illustrandoli, sottolineando, da un lato, che le notifiche al difensore di ufficio, per di più il terzo, non erano idonee a vincere la presunzione di non conoscenza del procedimento e della sentenza istituite per il contumace dall'art. 175 c.p.p., comma 2, sulla scorta della giurisprudenza della Corte EDU, nè risultando in alcun modo che il difensore che aveva ricevuto le notifiche avesse instaurato un qualche rapporto con il suo assistito; dall'altro che in base ai principi affermati da Sez. U, n. 18822 del 2014, nel caso in esame, esistendo precisi elementi indicanti il luogo di residenza all'estero del ricorrente, non potevano non essere attivati gli idonei strumenti di cooperazione internazionale di polizia.

Motivi della decisione


1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato.

2. Con riferimento al diniego della domanda principale, relativa alla invalidità della notifica dell'estratto contumaciale, fondata, e allo stato assorbente, è difatti la censura relativa alla totale omessa considerazione, ad opera del Tribunale di Brescia, della deduzione relativa alla affatto irrituale nomina al ricorrente di tre diversi difensori di ufficio e alla notifica dell'estratto contumaciale solo all'ultimo di questi, nonostante non risultasse alcuna delle ragioni, tassativamente previste dall'art. 97 c.p.p., commi 4 e 5, per la sostituzione, provvisoria o definitiva, dei precedenti.

2.1. E' difatti principio oramai consolidato che il nuovo codice di procedura penale ha realizzato, in attuazione della direttiva n. 105 della legge-delega, la sostanziale equiparazione della difesa di ufficio a quella di fiducia, nel senso che anch'essa si caratterizza per l'immutabilità del difensore fino ad una eventuale sopravvenuta nomina fiduciaria o ad eventuale dispensa dall'incarico, che come chiaramente emerge dal disposto dell'art. 97 c.p.p., comma 5, può essere consentita "solo per giustificato motivo", da intendersi (secondo il disposto dell'art. 30 disp. att. c.p.p., che ne costituisce affidabile criterio interpretativo) nel senso della "impossibilità" per il predetto di "adempiere l'incarico". Sicchè anche per il difensore d'ufficio vale la regola che il diritto di impugnazione, riservato in via autonoma al difensore ai sensi dell'art. 571 c.p.p., comma 3, compete a colui che è stato a suo tempo designato dal giudice o dal pubblico ministero, che va considerato titolare dell'ufficio di difesa anche al momento del deposito del provvedimento impugnabile, pur se, in costanza di una delle situazioni contingenti previste dall'art. 97 c.p.p., comma 4 egli sia stato momentaneamente sostituito (Sez. U, n. 22 del 11/11/1994, Nicoletti; Sez. U, n. 35402 del 09/07/2003, Mainente).

2.2. E, secondo la giurisprudenza di questa Corte che il Collegio condivide, il principio vale anche nel caso in cui, successivamente alla nomina del difensore di ufficio, il processo sia stato trasferito ad altra autorità giudiziaria per competenza territoriale, non ostando a ciò la previsione dell'art. 29 disp. att. c.p.p., che, pur imponendo che la scelta del difensore di ufficio debba avvenire tra i professionisti inclusi nell'apposito elenco (ora) a base distrettuale, non implica anche che la precedente nomina che rispetta tale criterio debba considerarsi caducata per effetto del solo trasferimento del processo a sede giudiziaria di altro distretto (cfr. Sez. 6, n. 7337 del 26/05/1997, Castro, Rv.209744; Sez. 3, Sentenza n. 29317 del 16/07/2009): dovendo in tale caso, semmai, essere rimessa al difensore già nominato la facoltà di chiedere la dispensa dall'incarico e la sua sostituzione definitiva all'esito di valutazione bilanciata della esigenza di continuità della difesa tecnica, da un canto, e della eventuale soggettiva impossibilità di assicurare reale assistenza difensiva extra distretto, dall'altro. Valutazione in concreto, questa, che, proprio al fine di dare riconoscimento alla effettività della difesa, non può essere espropriata in via di principio dall'autorità giudiziaria sulla base di premesse astratte e di inesistenti regole di delimitazione territoriale dell'esercizio del munus difensivo.

2.3. In relazione a tale aspetto, e in applicazione dei principi richiamati, occorreva dunque che il giudice dell'esecuzione verificasse le ragioni della sostituzione del difensore di ufficio al fine di verificare se poteva considerarsi legittima la notifica dell'estratto contumaciale solo all'ultimo di essi.

3. Tanto basterebbe per l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.

Il Collegio non può tuttavia esimersi dal rilevare che fondate appaiono, allo stato, anche le censure relative al rigetto della richiesta subordinata, di restituzione nel termine per impugnare, con riferimento alla totale omessa considerazione dei documenti prodotti relativi allo stato di detenzione in Francia dell'imputato al momento della pronunzia della sentenza appellata e, soprattutto, al fatto che non bastava a vincere la presunzione di non conoscenza istituita dall'art. 175 c.p.p., comma 2, da un lato la circostanza che l'imputato aveva subito una perquisizione, se contestualmente non gli era stato avviso completo e comprensibile del fatto di cui era indagato e della pendenza di un procedimento penale per tale fatto, e, dall'altro, il fatto che gli era stato nominato un difensore di ufficio, se non risultava alcun elemento che consentisse di ipotizzare contatti tra l'interessato e il difensore che aveva pò (effettivamente) assicurato l'incarico per la fase del giudizio.

4 L'ordinanza impugnata deve per conseguenza essere annullata con rinvio al Tribunale di Brescia, perchè, attenendosi ai principi enunziati, proceda a nuovo esame.

P.Q.M.

annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Brescia.

Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2014.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2014