Condannato il Ministero della Giustizia a pagare ad un detenuto lavorante le differenze retributive fra la "mercede" corrisposta durante gli anni al detenuto per il lavoro svolto e il livello minimo delle corrispondenti categorie fissato dalla contrattazione collettiva.
Nel vigore dell'art. 22 legge Ordinamento penitenziario la retribuzione del detenuto deve dovuto essere determinata dalla apposita commissione ed adeguata ad ogni rinnovo contrattuale della categoria di riferimento; in mancanza di adeguamento, resta il principio di legge del limite inferiore dei due terzi del trattamento economico di riferimento dei CCNL applicabili e pertanto la difesa aveva chiesto che il Giudice, rilevata l'insufficienza e illegittimità della retribuzione corrisposta, determinasse la retribuzione cui il detenuto lavoratore ha diritto, per i periodi in cui ha lavorato alle dipendenze dell'Amministrazione Penitenziaria, in applicazione del vincolo di legge ed in sostituzione dell'Amministrazione inadempiente.
Basterebbe il richiamo all'art. 36 Cost., giacché “la norma censurata stabilisce solo una determinazione nel minimo del relativo trattamento economico, ma la disciplina vigente non esclude l'osservanza del criterio della relazione con la quantità e qualità del lavoro prestato, né dei bisogni della famiglia di chi lavora. Del resto, non può del tutto escludersi che, trattandosi di diritto soggettivo, il lavoratore possa adire il giudice del lavoro perché disapplichi l'atto determinativo della mercede, se questo importi violazione dei suddetti precetti costituzionali.” (C. Cost. 13.12.1988, n. 1087).
A sostegno della tesi che pare ragionevole e conforme ai principi della normativa nazionale la difesa richiamava gli art. 71 - 77 delle Regole minime Onu e l’art. 26, I c., delle Regole penitenziarie UE di cui alla Raccomandazione 2/2006 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa. Inoltre gli artt. 20 Ord. penit., 72 Regole minime Onu e 73 Reg. penit. europee chiedono che l’organizzazione del lavoro in carcere rifletta quelli della società libera per preparare i detenuti alle normali condizioni del lavoro libero e favorirne il reinserimento sociale.
In sentenza si conferma anche (dopo aver respinto una inconferente eccezione di prescrizione presuntiva, inammissibile giacché il ministero nega il diritto alle differenze e quindi nega l'adempimento) che la prescrizione ordinaria del diritto non corre sinchè dura il rapporto di lavoro il che consente di agire anche per periodi pregressi che, dopo la decisione della Commissione che ha fissato l'adeguamento nel 2018, potrebbero restringersi.
(nota dell'Avv. Paolo Solimeno)
Tribunale di Firenze
sezione lavoro
sentenza 470/20 dd. 17.9.2020
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