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Sanzione disciplinare annullata senza valutazione autonoma dei fatti (TAR Salerno, 964/20)

31 luglio 2020, TAR Salerno

Il procedimento penale e procedimento disciplinare sono fra loro autonomi e indipendenti: le autorità preposte al procedimento disciplinare devono effettuare una autonoma ricostruzione dei fatti ed è ad esse riservata l'autonoma valutazione circa l'attendibilità e l'esaustività delle prove acquisite nel corso della fase istruttoria.

Ai fini dell'adozione della misura disciplinare l'autorità procedente, pur potendo partire da una disamina del giudizio penale, è tenuta ad operare una autonoma e completa ricostruzione dei fatti, valutando autonomamente e discrezionalmente i fatti addebitati all'incolpato.

In assenza di una puntuale verifica sulla rispondenza al vero degli episodi così come contestati nel procedimento penale la sanzione disciplinare irrogata risulta ingiustificata in quanto recepisce acriticamente una sola versione dei fatti.

Le sanzioni disciplinari previste dall'art. 16 delle disp. att. c.p.p. - ricorribili per via amministrativa ex art. 18 disp. att.  o per via giurisidizionale al giudice amministrativo  - riguardano l'attività funzionale di polizia giudiziaria, con la sospensione dall'impiego (ovvero l'esonero dal servizio presso le sezioni nei confronti degli ufficiali e degli agenti indicati nell'articolo 56 comma 1 lettera b). 

 

T.A.R. Campania Salerno

Sez. I, Sent., (ud. 24/06/2020) 31-07-2020, n. 964

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1982 del 2019, proposto da

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanbattista Greco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale di Salerno, domiciliataria ex lege in Salerno, c.so Vittorio Emanuele, 58;

per l'annullamento

del provvedimento della Commissione Disciplinare della Corte di Appello di Salerno (ex art. 17 disp. att. c.p.p.) del -OMISSIS-recante l'applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall'impiego per mesi quattro, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 giugno 2020 la dott.ssa Anna Saporito e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell'art. 84, comma 5, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni con L. 24 aprile 2020, n. 27;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Con ricorso notificato il primo dicembre 2019 e depositato il successivo 26 dicembre il ricorrente, luogotenente appartenente all'Arma dei Carabinieri, ha impugnato, chiedendone l'annullamento previa sospensiva, il provvedimento della Commissione Disciplinare della Corte di Appello di Salerno del -OMISSIS-, con il quale è stata applicata, ex art. 17 disp. att. c.p.p., la sanzione disciplinare della sospensione dall'impiego per quattro mesi. Il provvedimento disciplinare è stato adottato in seguito alla sottoposizione del ricorrente, con ordinanza del-OMISSIS-, alla misura cautelare degli arresti domiciliari per l'ipotesi di -OMISSIS-.

2. Con il gravame in epigrafe il ricorrente articola quattro motivi di censura, con i quali deduce: 1) "violazione del principio del ne bis in idem", avendo egli subito l'applicazione di due distinte sanzioni disciplinari, l'una nell'ambito del corpo di appartenenza, l'altra ai sensi delle disp. att. c.p.p., per la medesima contestazione; 2) "violazione di legge", atteso che i fatti a lui addebitati non rientrerebbero tra quelli tassativamente previsti dall'art. 16 disp. att. c.p.p.; 3) "eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione. Incompletezza ed inadeguatezza dell'istruttoria e della motivazione. Travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti" non avendo l'istruttoria tenuto conto né delle argomentazioni contenute nella memoria difensiva prodotta dall'interessato, dalle quali emergeva una differente ricostruzione dei fatti, né degli eccellenti precedenti disciplinari e di servizio del militare; 4) "eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità nell'irrogazione della sanzione disciplinare" in quanto la grave sanzione disciplinare a lui inflitta non risulterebbe proporzionata alla condotta contestata.

3. Si è costituito il Ministero della Giustizia che ha eccepito il difetto assoluto di giurisdizione e insistito per la reiezione del ricorso siccome infondato.

4. Con ordinanza n. -OMISSIS-è stata rigettata la richiesta di misure cautelari per mancanza del periculum, essendo ormai decorso il termine di efficacia della sanzione a suo tempo comminata.

5. All'udienza pubblica del 24 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Va preliminarmente esaminata l'eccezione di difetto assoluto di giurisdizione sollevata dall'amministrazione resistente, secondo la quale, alla luce del tenore testuale dell'art. 18 disp. att. c.p.p., il provvedimento della Commissione di disciplina presso la Corte di Appello, oggetto del presente gravame, andava impugnato innanzi al Ministero di Grazia e Giustizia.

6.1. L'eccezione è infondata.

6.2. Gli artt. 16, 17 e 18 delle norme di attuazione al codice di procedura penale, approvate con D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271, disciplinano le sanzioni disciplinari irrogabili agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, il relativo procedimento ed i ricorsi contro le decisioni delle commissioni di disciplina. In particolare, l'art. 18, comma 1, prevede che: "Contro la decisione emessa a norma dell'articolo 17 l'incolpato e il procuratore generale presso la corte di appello possono proporre ricorso a una commissione che ha sede presso il ministero di grazia e giustizia". Nella sua formulazione originaria il quinto comma del citato articolo 18 sanciva poi che contro la decisione adottata dalla citata commissione "l'incolpato e il procuratore generale presso la corte di cassazione possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge. Il ricorso non sospende l'esecuzione della decisione. Si osservano le disposizioni dell'articolo 611 del codice, in quanto applicabili".

6.3. Con sentenza del 4 dicembre 1998, n. 394 la Corte Costituzionale, nel dichiarare l'illegittimità del richiamato quinto comma nella parte in cui prevede la possibilità di proporre ricorso per cassazione avverso la decisione della commissione disciplinare di secondo grado - in quanto in contrasto con il divieto di istituzione di nuovi giudici speciali posto dall'articolo 102, comma 2, della Costituzione - ha affermato la natura amministrativa del procedimento disciplinare nei confronti degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria "giacché le garanzie di contestazione dell'addebito e di difesa e gli atti del procedimento, per il quale si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell'art. 127 cod. proc. pen., non si discostano dai principi comuni ai diversi procedimenti disciplinari", con la conseguenza che "le commissioni assumono la configurazione di organi disciplinari amministrativi, nei confronti delle cui decisioni rimangono esperibili gli ordinari rimedi giurisdizionali".

6.4. In tale quadro, il ricorso (da parte dell'incolpato o del procuratore generale presso la corte di appello) alla commissione che ha sede presso il Ministero è qualificabile alla stregua di rimedio avente natura amministrativa; trova pertanto applicazione il consolidato principio della facoltatività del ricorso amministrativo in rapporto all'azionabilità della tutela, più efficace e sicura, in sede giurisdizionale.

7. Passando al merito del ricorso, con il primo motivo il ricorrente si duole della violazione del principio del ne bis in idem, atteso che le medesime vicende hanno dato luogo all'instaurazione di due differenti procedimenti disciplinari e alla conseguente applicazione di due distinte sanzioni, una nell'ambito del corpo di appartenenza (perdita del grado), l'altra da parte della commissione di disciplina presso la Corte d'appello, con il provvedimento per cui è causa.

7.1. Il motivo non è meritevole di accoglimento.

7.2. Il provvedimento sanzionatorio oggetto di gravame è stato adottato sulla base delle norme di attuazione del codice di procedura penale che regolano il procedimento disciplinare nei confronti degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria per le trasgressioni relative all'esercizio di tali loro funzioni. Come chiarito dalla Corte Costituzionale nella già richiamata sentenza n. 394 del 1998 "tali disposizioni vanno inquadrate nel contesto delle norme del codice di procedura penale le quali, in attuazione del precetto costituzionale che attribuisce all'autorità giudiziaria il potere di disporre direttamente della polizia giudiziaria (art. 109 Cost.), stabiliscono che le funzioni di polizia giudiziaria sono svolte alle dipendenze e sotto la direzione della stessa autorità dalle apposite sezioni di polizia giudiziaria istituite presso ogni Procura della Repubblica, dai servizi di polizia giudiziaria inquadrati presso le diverse amministrazioni cui tale compito sia rimesso, dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria appartenenti ad altri organi, che hanno l'obbligo di compiere indagini a seguito di una notizia di reato (art. 56 cod. proc. pen.). Mentre lo stato giuridico del personale che svolge funzioni di polizia giudiziaria rimane disciplinato dagli ordinamenti delle amministrazioni di appartenenza (art. 10 disp. att. cod. proc. pen.), anche quando esso è inquadrato nell'organico delle sezioni di polizia giudiziaria, vi è sempre, in tutte le distinte configurazioni organizzative, un diretto legame funzionale con l'autorita' giudiziaria, che si riflette in vario modo sulle condizioni sia di stato che di impiego degli addetti".

La sussistenza, accanto al rapporto di impiego o di servizio con la pubblica amministrazione di appartenenza, del richiamato legame funzionale con l'autorità giudiziaria giustifica la soggezione ad un duplice ordine di sanzioni disciplinari ("Questa duplice dipendenza (dall'amministrazione di appartenenza e, per l'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, dall'autorita' giudiziaria) determina la soggezione alle sanzioni disciplinari stabilite dall'ordinamento proprio di ciascun ufficiale o agente ed applicate dagli organi amministrativi competenti, e, ad un tempo, la soggezione distinta alle sanzioni disciplinari specificamente previste per le trasgressioni relative alle funzioni di polizia giudiziaria, comminate da organi appositi (art. 16 disp. att. cod. proc. pen.) (Corte Costituzionale, sentenza n. 394 del 1998)".

Trattasi peraltro di sanzioni che vanno ad incidere su piani distinti, riguardando le sanzioni disciplinari previste dall'art. 16 delle disp. att. c.p.p. l'attività funzionale di polizia giudiziaria, con la sospensione dall'impiego (ovvero l'esonero dal servizio presso le sezioni nei confronti degli ufficiali e degli agenti indicati nell'articolo 56 comma 1 lettera b).

8. Con il secondo motivo il ricorrente si duole della circostanza che i fatti a lui addebitati non rientrerebbero tra quelli tassativamente previsti dall'art. 16 delle disp. att. c.p.p., risultando pertanto l'impugnata sanzione della Commissione di disciplina della Corte di Appello di Salerno adottata in violazione di legge. In particolare, secondo la ricostruzione del ricorrente, ai sensi dell'art. 16 disp. att. ai fini dell'irrogazione della sanzione è necessario che la "la violazione di ogni altra disposizione di legge relativa all'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria" avvenga in occasione dello svolgimento delle funzioni di polizia giudiziaria. La mancanza di un nesso funzionale tra tali funzioni e il comportamento concretamente posto in essere (come per l'appunto nel caso di specie in cui il ricorrente era stato interpellato in via meramente amichevole dall'indagato, in ordine ad indagini per le quali, peraltro, la competenza apparteneva ad un altro ufficio giudiziario) farebbe venire meno la responsabilità disciplinare.

8.1. Anche tale doglianza non è meritevole di pregio.

8.2. Il più volte richiamato articolo 16, comma 1, prevede che "gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che senza giustificato motivo omettono di riferire nel termine previsto all'autorità giudiziaria la notizia del reato, che omettono o ritardano l'esecuzione di un ordine dell'autorità giudiziaria o lo eseguono soltanto in parte o negligentemente o comunque violano ogni altra disposizione di legge relativa all'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria (59 c.p.p.) sono soggetti alla sanzione disciplinare della censura e, nei casi più gravi, alla sospensione dall'impiego per un tempo non eccedente i sei mesi". La norma contempla dunque, per l'attivazione dello speciale procedimento disciplinare regolato dagli articoli successivi, accanto alla realizzazione di fattispecie tipiche, quali l'omesso riferimento della notitia criminis e la ritardata, parziale o negligente esecuzione dell'ordine dell'autorità giudiziaria, la fattispecie atipica della violazione di "ogni altra disposizione di legge relativa all'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria".

8.3. Orbene, avuto riguardo all'art. 55 del codice di procedura penale, che attribuisce agli ufficiali ed agli agenti di polizia giudiziaria le specifiche funzioni di acquisire la notizia dei reati, di impedire che gli stessi vengano portati a conseguenze ulteriori, di ricercarne gli autori e di compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere tutti gli elementi utili per l'applicazione della legge penale, ritiene il Collegio che i fatti oggetto del procedimento disciplinare (favoreggiamento personale) siano astrattamente riconducibili alla clausola generale contemplata nell'articolo 16 delle disp. att. c.p.p., in quanto gravemente violativi del corretto esercizio delle funzioni proprie degli appartenenti alla polizia giudiziaria ed in particolare di quelle relative alla ricerca degli autori dei reati e delle fonti di prova, essendo inclusa nella stessa portata offensiva di una condotta di favoreggiamento l'attitudine intrinseca ad eludere le indagini svolte dalla polizia giudiziaria.

9. Coglie invece nel segno il terzo e assorbente motivo di gravame, con il quale viene dedotta l'incompletezza e l'inadeguatezza dell'istruttoria e della motivazione che sorreggono l'impugnato provvedimento.

9.1. Dall'esame della parte motiva del provvedimento emerge infatti che la Commissione di disciplina si è limitata nella sostanza a recepire gli esiti delle indagini preliminari condotte in sede penale, ritenendo che "può pacificamente ritenersi l'-OMISSIS- responsabile di favoreggiamento personale di cui all'art. 378 c.p., avendo, di certo, aiutato l'indagato ad eludere le investigazioni dell'Autorità", sebbene l'ipotesi accusatoria risultasse non pienamente concludente e fosse suffragata dalla sola intercettazione ambientale.

In base alla regola generale secondo cui procedimento penale e procedimento disciplinare sono fra loro autonomi e indipendenti, alle autorità preposte al procedimento disciplinare è demandato il compito di effettuare una autonoma ricostruzione dei fatti ed è ad esse riservata l'autonoma valutazione circa l'attendibilità e l'esaustività delle prove acquisite nel corso della fase istruttoria. Ai fini dell'adozione della misura disciplinare l'autorità procedente, pur potendo partire da una disamina del giudizio penale, è tenuta ad operare una autonoma e completa ricostruzione dei fatti, valutando autonomamente e discrezionalmente i fatti addebitati all'incolpato; cosicchè, in assenza di una puntuale verifica sulla rispondenza al vero degli episodi così come ricostruiti dal ricorrente nella memoria difensiva (ricostruzione che peraltro ha trovato conferma nell'ambito dei successivi sviluppi processuali della vicenda, conclusasi con l'archiviazione non avendo le condotte contestate in via provvisoria al ricorrente avuto riscontro a seguito degli approfondimenti effettuati), la sanzione disciplinare irrogata risulta ingiustificata in quanto recepisce acriticamente una sola versione dei fatti.

10. Conclusivamente, il ricorso è fondato e merita accoglimento. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l'amministrazione resistente alla rifusione in favore del ricorrente delle spese di giudizio, che liquida in Euro 1.000,00 (mille/00), oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge, rimborso del contributo unificato ove dovuto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare parte ricorrente.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2020 con l'intervento dei magistrati (collegati da remoto tramite "Microsoft Teams", ai sensi dell'art. 84, comma 6, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla L. 24 aprile 2020, n. 27):

Leonardo Pasanisi, Presidente

Pierangelo Sorrentino, Referendario

Anna Saporito, Referendario, Estensore