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Convenzione europea di estradizione e reato commesso in parte in Italia (Cass. 53179/18)

27 novembre 2018, Cassazione penale

Ai fini della verifica dei presupposti della estradabilità, secondo il regime di consegna disciplinato dalla Convenzione Europea del 13 dicembre 1957, l’autorità giudiziaria italiana è tenuta ad accertare, con una sommaria delibazione che non deve consistere in un controllo meramente formale, che la documentazione allegata alla domanda sia in concreto idonea ad evocare, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, l’esistenza di elementi a carico dell’estradando (Sez. 6, n. 9758 del 30/01/2014, Bulgaru, Rv. 258810) e non certo, come sostiene il ricorrente, la ricorrenza di gravi indizi di colpevolezza quali delineati nel sistema processuale italiano. Né è necessario che alla richiesta siano allegati tutti gli atti di indagine ma è sufficiente che, secondo quanto previsto dall’art. 700, comma secondo, lett. a), cod. proc. pen., la domanda contenga una relazione sui fatti addebitati alla persona interessata che consenta di verificare l’assenza di condizioni ostative per l’estradizione

La giurisdizione dello Stato italiano nella persecuzione di un delitto commesso in parte nel proprio territorio, in presenza di richiesta di estradizione, non esclude la concorrente giurisdizione dello Stato straniero e non è di ostacolo all’estradizione ma costituisce motivo di rifiuto che rientra nelle attribuzioni (discrezionali) del Ministro della giustizia.

La norma pattizia prevede un potere discrezionale, attribuito al Ministro della giustizia, in relazione agli obblighi internazionali e relativi limiti e non disciplina, invece le procedure e i poteri relativi all’estradizione nell’ordinamento interno che sono regolati dalla legge italiana a mente dell’art. 705 cod. proc. pen., destinata tuttavia ad un’applicazione recessiva a fronte di regole convenzionali che disciplinano diversamente la materia. 

La esistenza per lo stesso fatto, nei confronti della persona della quale è in corso l’estradizione, di un procedimento penale in Italia è condizione ostativa alla consegna, con esclusione di ogni potere discrezionale del Ministro della giustizia.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 20 – 27 novembre 2018, n. 53179
Presidente Paoloni – Relatore Giordano

Ritenuto in fatto

1. La Corte di appello di Bari, con la sentenza indicata in epigrafe, si è espressa favorevolmente alla estradizione di P.M. in esecuzione della domanda presentata dall’Ufficio Federale di Giustizia della Confederazione Svizzera. P.M. , sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, è indagato dall’Autorità giudiziaria Svizzera nel corso di un procedimento per concorso in tentato furto aggravato, danneggiamento aggravato, violazione di domicilio e infrazione alla legge federale sulle comunicazioni.
2. Con motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen. P.M. chiede l’annullamento della sentenza impugnata e deduce:
2.1. violazione di legge ed erronea applicazione dell’art. 18, lett. p), legge n. 69/2005, art. 6 cod. pen. e 7 della Convenzione Europea di Estradizione e contraddittorietà della motivazione. Dall’ordine di arresto si desume che la condotta del P. sarebbe stata commessa in Italia, per avere fornito agli autori materiali del furto una propria autovettura già sapendo che sarebbe stata impiegata nella commissione del reato, di talché, in presenza di una parte di azione commessa in Italia, ossia la ideazione e organizzazione del furto, a mente dell’art. 6 cod. pen., è radicata la giurisdizione del giudice italiano tanto più che, nei confronti dei correi del P. , sono già iniziati in Italia a carico dei correi, procedimenti penali pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria di Pavia. L’esistenza o la concreta possibilità che vi sia un procedimento per i medesimi fatti in Italia è ostativa, a mente dell’art. 20 cod. proc. pen., alla possibilità di estradizione, difetto rilevabile in ogni stato e grado del procedimento. La giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana va, inoltre, verificata con riferimento alla condotta in concreto ascritta all’estradando;
2.2. violazione dell’art. 705 cod. proc. pen., per la carenza degli elementi fondanti la ricostruzione indiziaria a carico del P. stante la genericità della indicazione delle fonti di prova e la mancata indicazione della data di commissione del fatto;
2.3. violazione di legge, in relazione all’art. 700 cod. proc. pen., poiché la Corte non ha effettuato una rigorosa valutazione e controllo dei documenti a sostegno della richiesta e non ha accolto la richiesta difensiva di integrazione degli atti, accontentandosi di una verifica meramente formale della documentazione trasmessa.
3. All’odierna udienza la Corte ha dichiarato inammissibile la richiesta di rinvio della trattazione del ricorso in materia quale quella della estradizione caratterizzata da assoluta urgenza definitoria, a mente del Codice di autoregolamentazione.

Considerato in diritto

1. Il ricorso deve essere rigettato.

2. La Corte distrettuale ha ritenuto sussistenti, sulla scorta della documentazione allegata al mandato di arresto, le condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione di P.M. in quanto riferibile a fattispecie delittuose previste anche dall’ordinamento italiano e, con riguardo al suo ruolo nelle condotte illecite, sorrette da gravità indiziaria. Ha escluso la fondatezza della dedotta eccezione di giurisdizione esclusiva, a favore dell’autorità giudiziaria italiana, sia perché dalla descrizione delle condotte poste in essere dall’estradando e dai correi non emerge il termine finale degli atti cd. iniziali e preparatori (penalmente irrilevanti) e l’inizio, invece, dell’attività diretta in modo non equivoco alla consumazione del furto - sì da non poter valutare fondatamente l’eventuale ricorrenza della previsione di cui al comma 2 dell’art. 6 cod. pen. - sia, e soprattutto, perché l’eccezione di difetto di giurisdizione andrebbe posta dinanzi all’autorità giudiziari svizzera e non dinanzi alla Corte territoriale competente solo alla verifica delle condizioni di garanzia giurisdizionale nel procedimento di estradizione.

3. Le argomentazioni in diritto svolte dalla Corte distrettuale a sostegno del rigetto delle deduzioni difensive sul punto della sussistenza della giurisdizione esclusiva italiana che, nella prospettiva del ricorrente, avrebbe giustificato il mancato accoglimento della richiesta di estradizione non sono corrette: cionondimeno la decisione di estradizione deve rimanere ferma trattandosi di argomentazioni che la Corte di legittimità, ai sensi dell’art. 619 cod. proc. pen., può correggere non implicando l’esercizio di alcuna verifica o accertamento in fatto.

4. In materia di estradizione per l’estero, i rapporti tra Italia e Svizzera sono regolati, come noto, secondo il regime di consegna disciplinato dalla Convenzione Europea del 13 dicembre 1957 che all’art. 7, in relazione a luogo di perpetrazione del reato, prevede che la parte richiesta potrà rifiutare di estradare la persona reclamata per un reato che, secondo la propria legislazione, è stato commesso in tutto o in parte sul proprio territorio. All’art. 8 della Convenzione è, inoltre, previsto che la parte richiesta potrà rifiutare l’estradizione di una persona reclamata se costei è oggetto da parte sua di procedimento penale per il fatto o i fatti per i quali l’estradizione è domandata.

Al di fuori della materia di interesse si pone, invece, la disciplina recata dalla legge n. 69 del 2005 (all’art. 18, lett. p), norma evocata dalla difesa nella rubrica di intestazione del motivo di ricorso.

Orbene, la giurisdizione dello Stato italiano nella persecuzione di un delitto commesso in parte nel proprio territorio, in presenza di richiesta di estradizione, non esclude la concorrente giurisdizione dello Stato straniero e non è di ostacolo all’estradizione ma costituisce motivo di rifiuto che rientra nelle attribuzioni del Ministro della giustizia. In tal senso, sulla scorta del contenuto della richiamata norma dell’art. 7 della Convenzione, si è espressa la giurisprudenza costante di questa Corte di legittimità (Sez. 6, n. 9119 del 25/01/2012 - dep. 07/03/2012, Topi, Rv. 252040; Sez. 6, n. 24474 del 02/04/2009 - dep. 12/06/2009, Gjoni, Rv. 244359).

Secondo la pacifica interpretazione di questa Corte, infatti, la norma pattizia prevede un potere discrezionale, attribuito al Ministro della giustizia, in relazione agli obblighi internazionali e relativi limiti e non disciplina, invece le procedure e i poteri relativi all’estradizione nell’ordinamento interno che sono regolati dalla legge italiana a mente dell’art. 705 cod. proc. pen. destinata tuttavia ad un’applicazione recessiva a fronte di regole convenzionali che disciplinano diversamente la materia.

L’art. 705 cod. proc. pen., che ripete la clausola generale contenuta nell’art. 696 dello stesso codice, secondo cui le estradizioni sono disciplinate dalle norme delle convenzioni internazionali in vigore per lo Stato, oltre che dalle norme di diritto internazionale generale (cui l’ordinamento interno si "adatta" automaticamente in forza dell’art. 10, primo comma, della Costituzione), regola, pertanto, i poteri di valutazione dell’autorità giudiziaria italiana ma solo se tali norme mancano o non dispongono diversamente, come, appunto, nel caso di concorrente giurisdizione in materia di reati commessi parte nello Stato italiano e parte all’estero oggetto della specifica previsione di cui all’art. 7 Convenzione cit..

Da tali premesse consegue che è irrilevante, ai fini della procedura di estradizione e delle verifiche rimesse all’autorità giudiziaria ai fini della sussistenza delle condizioni che legittimano la consegna, che parte della condotta preparatoria sia stata realizzata in Italia.

5. Diversamente, invece, si ritiene che deve essere obbligatoriamente apprezzata dalla Corte di appello competente, con esclusione di ogni potere discrezionale del Ministro della giustizia in questa fase, la verifica della condizione ostativa della esistenza, per lo stesso, fatto, nei confronti della persona della quale è in corso l’estradizione, di un procedimento penale (Sez. 6, n. 11552 del 24/02/2005, Dragutinovic, Rv. 230996), condizione di cui non è stata neppure dedotta l’esistenza nel caso in esame poiché nel ricorso, e negli atti già portati all’esame della Corte barese, si fa riferimento solo alla esistenza di un procedimento penale a carico di correi, diversi dal P. , con la conseguenza che la deduzione difensiva svolta a questo riguardo si appalesa del tutto generica e inconferente.
5. Sono manifestamente infondati gli ulteriori motivi di ricorso.

Ai fini della verifica dei presupposti della estradabilità, secondo il regime di consegna disciplinato dalla Convenzione Europea del 13 dicembre 1957, l’autorità giudiziaria italiana è tenuta ad accertare, con una sommaria delibazione che non deve consistere in un controllo meramente formale, che la documentazione allegata alla domanda sia in concreto idonea ad evocare, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, l’esistenza di elementi a carico dell’estradando (Sez. 6, n. 9758 del 30/01/2014, Bulgaru, Rv. 258810) e non certo, come sostiene il ricorrente, la ricorrenza di gravi indizi di colpevolezza quali delineati nel sistema processuale italiano. Né è necessario che alla richiesta siano allegati tutti gli atti di indagine ma è sufficiente che, secondo quanto previsto dall’art. 700, comma secondo, lett. a), cod. proc. pen., la domanda contenga una relazione sui fatti addebitati alla persona interessata che consenta di verificare l’assenza di condizioni ostative per l’estradizione (Sez.6, n. 28822 del 28/06/2016 Rv. 268108 Diuligher). E, nella specie, il contenuto dell’ordine di arresto allegato agli atti ha consentito le verifiche richieste in relazione alla specifica condotta concorsuale attribuita al ricorrente in relazione al tentativo di furto temporalmente collocato in data 25/26 febbraio 2018 in Chiasso, senza che rilevi la precisa data di commissione della specifica condotta ascrittagli.
6.Consegue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria procederà alle comunicazioni, come indicate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. cod. proc. pen..