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Contraffazione è reato solo se crea confusione nel consumatore (Cass. 35166/10)

31 luglio 2019, Cassazione penale

Perché sia riconoscibile la contraffazione è tuttavia necessario che il prodotto che siassume falsificato sia confondibile con gli originali e sia idoneo a creare confusione nel consumatore: il marchioha infatti una precisa funzione distintiva funzionale a garantire l'affidamento dei consumatori sulla originalitàdel prodotto commerciato.

Cassazione penale

sez. II, 31/07/2019, n. 35166

SENTENZA

Presidente: dott. Mirella Cervadoro - Relatore: dott.sssa Sandra Recchione)

sui ricorsi proposti da:... avverso

l'ordinanza del 30/11/2018 del TRIB. LIBERTA' di RAVENNA

udita la relazione svolta dal Consigliere SANDRARECCHIONE;

lette/sentite le conclusioni del PG STEFANO TOCCI che conclude per l'inammissibilità;

udito il difensore ... in difesa di ... che insiste neimotivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale per il riesame delle misure cautelari reali di Ravenna respingeva la richiesta di riesame propostanei confronti del decreto di sequestro probatorio avente ad oggetti capi di abbigliamento posti in vendita innegozi che esponevano l'insegna "Fake lab" in ordine ai reati previsti dagli artt. 474 c.p. e 648 c.p.

2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:

2.1. violazione di legge: mancherebbe la identificazione delle finalità probatorie del sequestro; la motivazione offerta, di stile ed apodittica, sarebbe infatti apparente;

2.2. violazione di legge: sarebbe stato illegittimamente qualificato come probatorio un vincolo con finalitàcautelari, con elusione delle garanzie riservate al sequestro di tipo preventivo;

2.3. violazione di legge: non sarebbe esistente il fumus commissi delicti; i capi sequestrati non sarebbero oggetto di contraffazione in quanto i marchi che erano stati ritenuti falsificati erano stati utilizzati per crearedelle immagini originali progettate con finalità parodistiche; si deduceva, inoltre, che non si rinviene
nell'ordinamento nazionale e sovranazionale alcuna tutela per l'utilizzo del marchio a fini "descrittivi" e non"distintivi". Si deduceva inoltre che i beni sequestrati non erano stati "introdotti nello Stato", come ritenuto dal Tribunale, ma, piuttosto, erano stati prodotti direttamente dagli indagati.

2.4. Si deduceva, infine, la inidoneità dimostrativa degli elaborati provenienti da tecnici delle aziende detentricidel marchio protetto, la cui attendibilità era inquinata dal fatto che provenivano da esperti dipendenti dalleaziende cui si riferivano i marchi in contestazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il terzo motivo di ricorso è fondato ed assorbe gli altri.

1.1. Il collegio rileva che il presupposto per la legittimità del sequestro contestato è l'emersione del fumus commissi delicti in ordine alla contraffazione di prodotti con marchio registrato, reato presupposto dellacontestata ricettazione (Fila, Gucci, Adidas, Versace, Hermes Givenchy, Balenciaga, Lacoste, Warner Bros perBatman e Superman).

Perché sia riconoscibile la contraffazione è tuttavia necessario che il prodotto che siassume falsificato sia confondibile con gli originali e sia idoneo a creare confusione nel consumatore: il marchioha infatti una precisa funzione distintiva funzionale a garantire l'affidamento dei consumatori sulla originalitàdel prodotto commerciato.

In materia la giurisprudenza civile ha infatti chiarito che il titolare del marchiopreviamente registrato non può vietare di per sé l'uso del segno distintivo in qualsiasi forma ove non sussista laconfondibilità o l'affinità dei prodotti o servizi; ciò anche nel caso in cui ricorra l'inclusione nella stessa classe,che non è idonea in quanto tale a provarne l'affinità (Sez. 1 , Sentenza n. 20189 del 18/08/2017, Rv. 645394).

Inlinea con tali indicazioni anche giurisprudenza penale ha ribadito la necessità che i beni contraffatti sianoprodotti la fine di confondere il consumatore sull'originalità della provenienza sulla base dell'incontestatopresupposto che il marchio abbia la funzione di "distinguere" il prodotto certificato dagli altri: si è infattiaffermato che ai fini dell'integrazione del delitto di cui all'art. 474 cod. pen., l'alterazione di marchi previstadall'art. 473 comprende anche la riproduzione solo parziale del marchio, idonea a far sì che esso si confondacon l'originale e da verificarsi mediante un esame sintetico - e non analitico - dei marchi in comparazione, chetenga conto dell'impressione di insieme e della specifica categoria di utenti o consumatori cui il prodotto èdestinato, soprattutto se si tratta di un marchio celebre (Sez. 5, n. 33900 del 08/05/2018 - dep. 19/07/2018,P.M. in proc. Cortese, Rv. 273893; Sez. 2, n. 9362 del 13/02/2015 - dep. 04/03/2015, Iervolino, Rv. 262841; Sez.5, n. 25147 del 31/01/2005 - dep. 11/07/2005, Bellomo, Rv. 231894).

A ciò si aggiunge che la Direttiva UE2015/2436 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa nelconsiderando n. 27 ha chiarito che «l'uso di un marchio d'impresa da parte di terzi per fini di espressioneartistica dovrebbe essere considerato corretto a condizione di essere al tempo stesso conforme alleconsuetudini di lealtà in campo industriale e commerciale». Si ritiene cioè che la confondibilità con l'originaledel prodotto che si assume falsificato costituisce un attributo indispensabile per il riconoscimento dellacontraffazione, che non può rinvenirsi nei casi in cui il marchio sia utilizzato con palesi finalità ironiche eparodistiche, per la creazione di prodotti nuovi ed originali, caratterizzati da immagini che, pur facendo uso delmarchio registrato, sono sicuramente inidonee a creare confusione con i beni tutelati, dato che èimmediatamente evidente il messaggio parodistico che esclude ictu acuii ogni possibilità di confusione.

1.2. Nel caso di specie, i prodotti in sequestro presentano appunto una indiscussa originalità dato che risultanocaratterizzati da immagini create attraverso l' "uso" di marchi noti, non a fini "distintivi", e dunque "imitativi",ma piuttosto a fini "parodistici", ovvero "artistici e descrittivi", essendo le immagini censurate funzionali adeffettuare una riproduzione ironica di marchi celebri, inidonea a creare confusione con i prodotti protetti daimarchi tutelati e dunque incompatibile con la contestata contraffazione che, si ripete, deve essere invececonnotata dalla idoneità del prodotto che si assume falsificato a confondersi con l'originale. 

1.3. L'ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio ed i beni in sequestro devono essererestituiti all'avente diritto. La Cancelleria effettuerà gli adempimenti previsti dall'art. 626 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata, e dispone la restituzione dei beni in sequestro all'avente diritto.Manda alla cancelleria per gli adempimenti previsti dall'art.626 c.p.p.

Così deciso in Roma, il giorno 21 maggio 2019 Depositato in cancelleria il 31 luglio 2019