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Condanna successiva e revoca della sospensione condizionale (Cass. 37345/15)

15 settembre 2015, Cassazione penale

Il giudice della esecuzione deve revocare la sospensione condizionale della esecuzione della pena concessa in violazione dell'art. 164 c.p., comma 4, in presenza di cause ostative, salvo che tali cause risultassero documentalmente al giudice della cognizione. A tal fine il giudice della esecuzione acquisisce, per la doverosa verifica al riguardo, il fascicolo del giudizio.

 

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE UNITE PENALE

(ud. 23/04/2015) 15-09-2015, n. 37345

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SANTACROCE Giorgio - Presidente -

Dott. MANNINO Felice Saveri - Consigliere -

Dott. MARASCA Gennaro - Consigliere -

Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere -

Dott. CONTI Giovanni - Consigliere -

Dott. VECCHIO Massimo - rel. Consigliere -

Dott. ROTUNDO Vincenzo - Consigliere -

Dott. CAMMINO Matilde - Consigliere -

Dott. DIOTALLEVI Giovanni - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto dal:

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze;

nel procedimento nei confronti di:

L.C., nato a (OMISSIS);

avverso la ordinanza del 18/07/2013 del Tribunale di Firenze;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

sentita la relazione svolta dal componente Dott. Massimo Vecchio;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CANEVELLI Paolo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
1. Con ordinanza, deliberata il 18 luglio 2013 e depositata il 19 luglio 2013, il Tribunale di Firenze, in composizione monocratica e in funzione di giudice della esecuzione, ha rigettato la richiesta, formulata il 24 maggio 2012 dal Pubblico Ministero, di revoca del beneficio della sospensione condizionale della esecuzione della pena, concesso a L.C. dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di quella stessa sede con sentenza del 21 settembre (rectius: gennaio) 2009, irrevocabile dal 12 gennaio 2012.

Il Giudice della esecuzione ha motivato che le condanne in precedenza riportate dal L. (alla pena della reclusione in mesi quattro e della multa in lire centomila, inflittagli il (OMISSIS) dalla Corte di appello di Firenze col beneficio della sospensione condizionale, e alla pena della reclusione in un anno, irrogatagli il (OMISSIS) dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze) erano divenute irrevocabili in date anteriori al 21 gennaio 2009, sicchè doveva ritenersi fossero note al giudice il quale, ciò non ostante, reiterò (illegittimamente) la elargizione del beneficio, colla conseguenza che, in difetto della proposizione di impugnazione da parte del Pubblico Ministero avverso la sentenza del 21 gennaio 2009 in parte de qua, restava preclusa nella fase della esecuzione la revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena, concessa nel giudizio.

2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze ha proposto ricorso per cassazione, mediante atto recante la data del 29 luglio 2013, denunziando, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), inosservanza dell'art. 168 c.p., comma 3.

Il ricorrente, peraltro esponendo che, al momento del passaggio in giudicato della sentenza del 21 gennaio 2009 (di concessione del beneficio) e, precisamente, alla data del 12 gennaio 2012, il L. risultava gravato da ben sei condanne (nelle more erano divenute irrevocabili altre quattro condanne oltre quelle considerate dal giudice della esecuzione), ha, quindi, argomentato che la ricorrenza della ipotesi contemplata dall'art. 168 c.p., comma 3, comportava la revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena, illegittimamente concessa al condannato.

A corredo del ricorso il Procuratore della Repubblica ha allegato il certificato penale del condannato.

3. La Prima Sezione penale, assegnatala del ricorso, con ordinanza in data 12 giugno 2014 l'ha rimesso alle Sezioni Unite a norma dell'art. 618 cod. proc. pen..

La Sezione rimettente ha rilevato - e illustrato nei termini che seguono - un contrasto giurisprudenziale in ordine alla revoca in executivis della sospensione condizionale della esecuzione della pena.

3.1. Secondo un primo orientamento, peraltro successivo alle modifiche normative introdotte dalla L. 26 marzo 2001, n. 128, il giudice della esecuzione ha il potere di revocare il beneficio in parola solo nel caso - e in virtù - di una sentenza di condanna che sopravvenga a quella che lo elargì.

Mentre è escluso che nella fase della esecuzione debba porsi rimedio alla applicazione "originariamente patologica" della sospensione condizionale della esecuzione della pena, concessa a cagione della inosservanza delle relative disposizioni, nella quale sia incorso il giudice della cognizione, senza che il Pubblico Ministero abbia fatto valere la violazione della legge attraverso lo strumento della impugnazione.

L'indirizzo in questione valorizza la ermeneutica, in senso estremamente restrittivo, del novellato art. 674 c.p.p., comma 1-bis, privilegiando la esigenza della eliminazione di ogni "conflitto col giudicato" e sostenendo la "funzione non impugnatoria del procedimento di esecuzione", siccome circoscritto al rilievo degli elementi sopravvenuti (Sez. 1, n. 42661 del 8/10/2009, Shera, Rv.

245575; Sez. 3, n. 42167 del 09/07/2013, Di Meo, Rv. 257055).

3.2. L'orientamento difforme tiene, per vero, fermo il principio di diritto secondo il quale l'errore di giudizio, occorso nella concessione del beneficio - là dove il giudice avrebbe dovuto avvedersi della ricorrenza delle condizioni ostative alla sospensione condizionale della esecuzione della pena - deve essere emendato esclusivamente attraverso il rimedio della impugnazione della sentenza, restando precluso ogni intervento al riguardo nella fase della esecuzione.

Si discosta, tuttavia, dal precedente indirizzo, in quanto ammette la revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena nella ipotesi in cui al momento della concessione del beneficio, le cause ostative, sebbene preesistenti, non erano note al giudice della cognizione, nè da costui erano conoscibili.

L'orientamento in questione valorizza le succitate modifiche normative, siccome "attributive al giudice dell'esecuzione della competenza a provvedere alla nuova ipotesi di revoca obbligatoria, costituita dal rilievo di cause originariamente ostative", e trae spunto da considerazioni espresse dalla Corte costituzionale nella ordinanza n. 363 del 2007, la quale ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 168 c.p., comma 3, e art. 674 c.p.p., comma 1-bis, (Sez. 3, n. 33345 del 06/06/2012, Indelicato, Rv. 253159; Sez. 1, n. 45292 del 24/10/2013, Russo, Rv. 257724).

3.3. Sulla base del rilevato contrasto, illustrato nei termini che precedono, la Sezione rimettente ha sottoposto la questione della revoca in executivis della sospensione condizionale della esecuzione della pena concessa in violazione dell'art. 164 c.p.p., comma 4, in presenza di cause ostative, delle condizioni e dei limiti relativi.

4. Nella requisitoria scritta, il Procuratore generale, dopo aver ricapitolato i termini del contrasto giurisprudenziale, ha esordito segnalando la presenza di "un terzo indirizzo interpretativo" che ha reputato di ravvisare nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale la revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena a opera del giudice della esecuzione "sarebbe sempre possibile (...) anche in ipotesi di conoscenza o conoscibilità di elementi ostativi alla sospensione da parte del giudice di cognizione", in quanto il provvedimento di revoca "per la sua natura dichiarativa si limiterebbe a recepire effetti già prodotti ope legis, rilevabili in ogni momento" (Sez. 1, n. 18360 del 19/03/2014, Catalani, n. m.).

Quindi, sulla premessa che, per effetto della novella del 26 marzo 2001, la disciplina della revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena è stata "profondamente" modificata - peraltro, nel quadro del notevole incremento dei poteri del giudice della esecuzione - il Requirente ha osservato che il primo dei due orientamenti, censiti dalla Sezione rimettente, si caratterizza per "la lettura estremamente riduttiva" del dato normativo, sicchè, dimostrando di non tenere in adeguata considerazione la modificazione dell'art. 674 cod. proc. pen., limita l'intervento del giudice della esecuzione nell'ambito dell'"adeguamento retroattivo in base a elementi sopravvenuti al giudicato"; laddove, alla stregua dei "nuovi approdi normativi e giurisprudenziali", non è condivisibile la obiezione del superamento dei limiti funzionali dell'istituto dell'incidente di esecuzione.

Neppure merita adesione - secondo il Procuratore generale - il (ritenuto) terzo orientamento, in quanto sacrifica in misura rilevante "le legittime esigenze di stabilità delle pronunce giurisdizionali" nella materia della esecuzione della pena, caratterizzata da importanti risvolti di valore costituzionale.

Mentre il secondo orientamento giurisprudenziale, richiamato nella ordinanza di rimessione, segna un condivisibile "punto di equilibrio" tra la intangibilità del giudicato (e le correlate esigenze di certezza delle statuizioni giurisdizionali) e la "progressiva espansione della (potestà giurisdizionale nella) fase esecutiva", conseguendo l'obiettivo di giustizia della rimozione dell'ingiusto vantaggio del beneficio applicato in violazione di legge, a cagione dell'errore "invincibile" del giudice là dove l'elemento ostativo non era noto, nè conoscibile nella fase della cognizione.

Quanto, poi, alla conoscibilità del precedente giudiziario che non consente la concessione (o la reiterazione) della sospensione condizionale della esecuzione della pena, il Requirente ha osservato che la iscrizione della condanna nel sistema informativo automatizzato del casellario giudiziale assicura la possibilità della conoscenza e che, ai fini dell'accertamento della data di iscrizione, può essere acquisita opportuna certificazione del competente Ufficio, istituito dal D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313,art. 15.

Quindi, in relazione al caso in esame, il Procuratore generale ha conclusivamente considerato che affatto correttamente il giudice della esecuzione ha rigettato la richiesta di revoca del beneficio sul presupposto che il giudice della cognizione lo aveva concesso non ostante fosse a conoscenza delle condizioni ostative, costituite dalle precedenti condanne riportate dal L. il (OMISSIS) e il (OMISSIS).

5. Con decreto del 29 gennaio 2015 il Primo Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite penali e ne ha fissato la trattazione per la odierna udienza in camera di consiglio.

Motivi della decisione
1. La questione di diritto sottoposta alle Sezioni Unite è stata compendiata dalla Sezione rimettente nel quesito che segue: "Se la revoca della sospensione condizionale della pena, illegittimamente concessa dal giudice di merito, possa essere rilevata nella fase esecutiva, e in quali limiti e con quali modalità, oneri probatori e poteri officiosi, siano individuabili ipotesi di conoscenza o di conoscibilità degli elementi ostativi da parte del giudice della cognizione o ipotesi di conoscibilità ex post degli stessi elementi ostativi da parte del giudice dell'esecuzione".

2. Giova premettere che, anteriormente all'entrata in vigore della novella n. 128 del 26 marzo 2001, che ha modificato il regime della revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena, l'intervento del giudice della esecuzione al riguardo, contemplato dall'art. 674 c.p.p., comma 1, era rigorosamente circoscritto nell'ambito delle ipotesi della "decadenza" del beneficio contemplate dall'art. 168 c.p., comma 1.

E la giurisprudenza di legittimità aveva avuto occasione di chiarire che "la procedura di revoca della sospensione condizionale della pena, prevista dall'art. 674 cod. proc. pen., si riferisce unicamente alle (suddette) ipotesi (...) tassativamente previste (...), e non anche ai casi di violazione dell'art. 164 c.p.p.", spiegando che le cause le quali comportano la revoca obbligatoria del provvedimento sono specificamente indicate dalla legge e che "non è possibile, per la preclusione nascente dal principio dell'intangibilità del giudicato, togliere in sede esecutiva il beneficio concesso con sentenza divenuta irrevocabile a colui al quale non lo si sarebbe potuto accordare per averlo già ottenuto due volte, nemmeno nel caso in cui dal certificato penale acquisito nel procedimento di cognizione non risulti ancora la pregressa doppia applicazione del beneficio" (Sez. 4, n. 2650 del 22/09/1999, De Ruzza, Rv. 215001).

3. Ora, per l'appunto, il frequente inconveniente delle ripetute e illegittime reiterazioni del beneficio con l'indebito vantaggio lucrato dai giudicabili, a cagione dell'intempestivo aggiornamento del casellario giudiziale per disfunzioni di servizi e strutture ausiliari, ha provocato la reazione del legislatore, il quale ha inteso porre rimedio colla citata novella del 2001 (Corte cost., ord. n. 363 del 2007).

L'intervento normativo si è organicamente sviluppato sia sul piano del diritto penale sostanziale, che sul piano del diritto processuale.

3.1. La L. 26 marzo 2001, n. 128, art. 1, comma 1, ha aggiunto all'art. 168 cod. pen. l'attuale comma 3 che recita: "La sospensione condizionale della esecuzione della pena è altresì revocata quando è stata concessa in violazione dell'art. 164, comma 4, in presenza di cause ostative. La revoca è disposta anche se la sospensione è stata concessa ai sensi dell'art. 444 c.p.p., comma 3".

Siffatta ulteriore ipotesi di revoca del beneficio si differenzia intrinsecamente dalle ipotesi contemplate nei commi precedenti dello stesso articolo di revoca obbligatoria (primo comma) e discrezionale (comma 2).

Sia i casi di revoca obbligatoria, di cui ai numeri 1 e 2 del primo comma, che quello di revoca discrezionale del comma successivo sono stati ricondotti dalla giurisprudenza, con felice espressione, nell'ambito della decadenza del beneficio.

Le ipotesi de quibus sono accomunate dal profilo caratterizzante che l'effetto giuridico della rimozione del beneficio si correla a fatti (commissivi o omissivi, materiali e/o giuridici), che sopravvengono alla pronuncia della sentenza di concessione della sospensione condizionale della esecuzione della pena, quali la perpetrazione, nei termini stabiliti dall'art. 163 cod. pen., di un delitto o di una contravvenzione della stessa indole, pei quali sia irrogata pena detentiva; il mancato adempimento degli obblighi imposti (art. 168 c.p., comma 1, n. 1); la pronuncia, entro gli stessi termini, di ulteriore condanna per delitto, anteriormente commesso, con irrogazione di sanzione che cumulata a quella precedentemente sospesa, ecceda i limiti stabiliti dall'art. 163 cod. pen. (art. 168 c.p., comma 1, n. 2); la nuova condanna per delitto che consente la revoca discrezionale in considerazione dell'indole e della gravità del reato (art. 168 c.p., comma 2).

Mentre la previsione di revoca, introdotta dalla novella, prescinde da qualsiasi condotta criminosa o evento giuridico sopravvenuti e trova, invece, fondamento nella inosservanza della legge penale che inficia la stessa concessione del beneficio.

La differenza rispetto ai casi di "revoca-decadenza" è rimarchevole.

Le ipotesi contemplate nei primi due commi dell'art. 168 cod. pen. si inquadrano a pieno titolo nella fisiologia dell'istituto della sospensione condizionale in quanto la temporanea sospensione della esecuzione della pena è per la sua stessa essenza giuridica sottoposta alle condiciones risolutive stabilite dalla legge, in carenza delle quali trova, al fine, attuazione la prospettiva premiale della estinzione del reato (art. 167 c.p., comma 1) che costituisce il fondamento dell'istituto stesso.

La revoca prevista nell'art. 168 c.p., comma 3 è, invece, affatto estranea a tale ambito: risulta, infatti, preordinata alla eliminazione della patologia occorsa nella concessione del beneficio, elargito in violazione della legge a colui al quale non doveva essere concesso.

La introduzione della norma, in parola, di diritto sostanziale (v., circa la irretroattività della disposizione in ordine alle sentenze di concessione della sospensione condizionale passate in giudicato prima l'entrata in vigore della novella, Sez. 1, n. 47706 del 08/10/2004, Rorato, Rv. 230231; Sez. 1, n. 29421 del 24/06/2003, Er Raja Moussa, Rv. 225952; Sez. 2, n. 10607 del 25/02/2003, Passanisi, Rv. 224500; Sez. 4, n. 4345 del 12/11/2002, dep. 2003, Zabeo, Rv.

223548) evoca implicitamente l'intervento del giudice della esecuzione e in tale prospettiva ha la propria ragion d'essere, posto che nel corso del giudizio di cognizione il giudice del gravame ovvero quello di legittimità - pur prescindendo dall'art. 168 c.p., comma 3, - ben potrebbero, rispettivamente, riformare o annullare, in accoglimento della impugnazione del pubblico ministero, il punto della sentenza di condanna concernente la sospensione condizionale della esecuzione della pena concessa in violazione dell'art. 164 c.p., comma 4, in presenza di cause ostative.

3.2. E puntualmente la L. 26 marzo 2001, art. 1, comma 2, ha aggiunto all'art. 674 cod. proc. pen. l'attuale comma 1-bis il quale recita:

"Il giudice della esecuzione provvede altresì alla revoca della sospensione condizionale della pena quando rileva la esistenza delle condizioni di cui all'art. 168 c.p., comma 3".

La disposizione espande indiscutibilmente la funzione del giudice della esecuzione, abilitandolo a rimuovere (sulla richiesta del pubblico ministero e colla osservanza del rito ordinario degli incidenti di esecuzione) la statuizione, contenuta nella sentenza irrevocabile, di concessione del beneficio sulla base del rilievo - non già di fatti o eventi sopravvenuti alla formazione del giudicato, bensì - del vizio genetico del provvedimento, costituito dalla inosservanza dell'art. 164 c.p., comma 4, e preesistente alla irrevocabilità.

L'intervento in executivis si caratterizza, pertanto, per la evidente finalità riparatoria, senza, per vero, integrare alcuna nuova ipotesi di impugnazione straordinaria (come, peraltro, ipotizzato in dottrina da qualche Autore), per la carenza dei requisiti strutturali relativi.

Simmetricamente risulta, per la ineluttabile correlazione, ridisegnato il perimetro della intangibilità delle situazioni giuridiche prodotte dai provvedimenti irrevocabili.

4. Il dato letterale del combinato disposto dell'art. 168 c.p., comma 3, e art. 674 c.p.p., comma 1-bis non reca la espressa indicazione di limiti, condizioni o clausole che circoscrivano l'intervento del giudice della esecuzione di revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena concessa in violazione dell'art. 164, comma 4, in presenza di cause ostative.

Il Procuratore generale ha preso in (critica) considerazione la possibilità della ermeneutica delle disposizioni nel senso estremo della incondizionata possibilità di revoca del beneficio in executivis anche nel caso che al giudice della cognizione constasse la ricorrenza della causa ostativa; ha peraltro attribuito siffatta lettura del dato normativo a un "terzo indirizzo" che ha ritenuto di censire nella giurisprudenza di legittimità.

4.1. Se non che la (unica) pronuncia cui il Requirente ha fatto riferimento non accredita il supposto approdo interpretativo.

A tal fine è sufficiente ricondurre i dieta della sentenza (altrimenti considerati in modo avulso dal contesto della motivazione) nel quadro della ratio decidendi del provvedimento, recante la declaratoria della inammissibilità del ricorso del condannato avverso l'ordinanza del giudice della esecuzione di revoca del beneficio: la Corte ha motivato, infatti, che "al momento della pronuncia della sentenza (...) che aveva applicato la sospensione condizionale per la terza volta" non era noto al giudice della cognizione il precedente ostativo; e ha osservato per incidens che, qualora, invece, il certificato penale avesse riportato la intervenuta doppia fruizione del beneficio, all'errore della ulteriore reiterazione "avrebbe dovuto essere posto rimedio in via esclusiva con l'esperimento degli ordinari strumenti di impugnazione e non mediante incidente di esecuzione" (Sez. 1, n. 18360 del 19/03/2014, Catalani, p. 2).

4.2. Per vero la tesi criticamente considerata dal Procuratore generale trova avallo in altro, non recente precedente di legittimità, di rigetto del ricorso del condannato avverso la ordinanza del giudice della esecuzione di revoca del beneficio concesso a dispetto di pregresse condanne ostative le quali, per la loro "remota collocazione temporale", rendevano "inconcepibile" il difetto di aggiornamento del casellario giudiziale (Sez. 1, n. 47706 del 08/10/2004, Rorato, n. m. sul punto specifico). La Corte ha disatteso la tesi del ricorrente, secondo il quale la revoca deve essere circoscritta "al caso in cui la concessione del beneficio in sede di cognizione dipenda da mancato aggiornamento del casellario (...) e non da errore riferibile al giudice", motivando che la limitazione postulata non era prevista dalla legge (v. pp. 4 e 5 della sentenza cit).

4.3. Nella giurisprudenza di legittimità più recente è, tuttavia, pacifica la opposta conclusione che all'errore di diritto, risultante ex actis, in cui incorra il giudice nella applicazione della sospensione condizionale della esecuzione della pena deve porsi riparo (solo e) mediante l'impugnazione, senza possibilità di recupero in executivis.

Assai fragile e non risolutivo si rivela l'argomento a silentio della mancata inserzione nel testo della legge di clausole, limitazioni o condizioni, in ordine all'intervento del giudice della esecuzione, riguardo la revoca della sospensione condizionale della pena.

Il principio, cardine dell'ordinamento, della preclusione processuale e il correlato divieto del ne bis in idem permeano e informano il procedimento in ogni grado, stato e fase, compresa quella della esecuzione, peraltro caratterizzata da particolare disposizione in tal senso (art. 666 c.p.p., comma 2).

E nell'osservanza di tale principio deve modularsi l'ambito della cognizione del giudice della esecuzione ai sensi dell'art. 674 c.p.p., comma 1-bis, colla conseguenza del divieto della rinnovazione dello scrutinio delle questioni esaminate e decise nella fase del giudizio.

5. Neppure è condivisibile la tesi (in radicale opposizione rispetto a quella esaminata), fatta propria dal primo orientamento giurisprudenziale scrutinato, secondo il quale la revoca del beneficio è esclusa dalla mera circostanza della preesistenza della causa ostativa rispetto al momento del passaggio in giudicato della sentenza di concessione della sospensione condizionale.

La piana esegesi del dato normativo contraddice - alla evidenza - l'assunto dell'indirizzo in questione.

L'art. 168 c.p., comma 3, ha riguardo proprio alle cause ostative preesistenti, posto che, in difetto delle medesime, non sarebbe configurabile la "violazione" dell'art. 164 c.p., comma 4, contemplata dalla norma.

Esattamente il Procuratore generale ha osservato che l'orientamento in parola misconosce la modifica normativa introdotta dalla novella del 2001.

E, per vero, la tesi in parola si risolve nella interpretatio abrogans delle disposizioni del terzo comma dell'articolo 168 cod. pen. e dell'art. 674 c.p.p., comma 1-bis.

Mentre, oltretutto, è priva di giuridico pregio l'obiezione della lesione del giudicato.

La teoria dei limiti del giudicato è questione di diritto positivo la cui definizione segue (e non precede) la ricognizione del dato normativo che contrassegna la linea frastagliata dei punti di arresto "in cui la dinamica processuale deve comunque (...) cedere il posto alla esigenza di certezza e di stabilità delle decisioni giurisdizionali quali fonti regolatrici di relazioni giuridiche e sociali" (cfr. Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile).

Sul piano metodologico, pertanto, sono gli interventi del giudice della esecuzione (al pari dello spettro delle impugnazioni straordinarie) che tracciano il perimetro della intangibilità del giudicato.

Sicchè non appare corretta l'evocazione della res iudicata per confutare il dato positivo che concorre a definirne l'ambito giuridico.

Deve, pertanto, darsi - innanzitutto - soluzione positiva alla preliminare questione se il rilievo di cause ostative, preesistenti alla formazione del giudicato ma non note al giudice della cognizione, abiliti quello della esecuzione alla revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena.

6. Residua la questione ulteriore della definizione dei limiti dell'intervento del giudice della esecuzione.

Ferma l'esclusione della revoca del beneficio nel caso che al giudice della cognizione fossero noti i precedenti penali che ostavano alla concessione (v. supra il p. 4.3.), il secondo orientamento giurisprudenziale esige che la causa ostativa sia non solo ignota, ma anche "non conoscibile" al momento della pronuncia della sentenza.

6.1. Tale requisito negativo della non conoscibilità - in difetto di approfondimento sul punto nella giurisprudenza censita - sembra debba essere inteso in senso (non letterale o assoluto, bensì) affatto relativo.

Le cause ostative sono costituite da provvedimenti giurisdizionali (sentenze di condanna o decreti penali) e, cioè, da atti pubblici i quali sono, in quanto tali, certamente suscettibili di conoscenza da parte di chiunque.

La "non conoscibilità", pertanto, è da supporsi sia assunta nella accezione empirica ovverosia sul piano della prassi giudiziaria, in rapporto al servizio di pubblicità dei precedenti penali, fornito dal sistema del casellario giudiziale, di cui dispone il giudice.

Sicchè la "non conoscibilità" equivale in buona sostanza al mancato inserimento nel sistema del casellario giudiziale del precedente ostativo.

Solo in tale negativa eventualità l'errore "invincibile" (sul piano pratico) del giudice della cognizione abiliterebbe quello della cognizione a porre riparo, revocando il beneficio; mentre la revoca - sempre secondo l'orientamento in esame - sarebbe preclusa qualora la causa ostativa, sebbene ignota al giudice della cognizione (non risultando documentata in atti), fosse stata, tuttavia, conoscibile mediante l'acquisizione del certificato penale aggiornato alla data della pronuncia della sentenza.

6.2. Sul punto l'indirizzo in parola non merita di essere condiviso.

Il Collegio reputa che la possibilità della conoscenza dei precedenti ostativi, non noti al giudice che concesse la sospensione condizionale della esecuzione della pena, non sia di ostacolo alla revoca del beneficio nella fase della esecuzione.

6.3. In proposito occorre por mente alla distinzione tra il giudicato in senso formale e la res iudicata sostanziale.

Sotto il primo profilo assume rilievo il dato processuale della inoppugnabilità, ai sensi dell'art. 648 cod. proc. pen., della sentenza che ha concesso il beneficio.

Il giudicato sostanziale concerne il regolamento impresso alle situazioni giuridiche definite colla decisione (di accertamento, di irrogazione delle sanzioni, ovvero di proscioglimento) e caratterizzato dalla stabilità assicurata dalla efficacia preclusiva del decisum, nei termini e nei limiti fissati dall'ordinamento giuridico, di "copertura del dedotto e del deducibile" (v., ex plurimis, Sez. U, n. 34535 del 27/06/2001, Petrantoni, Rv. 219615; e, da ultimo, Sez. 3, n. 4929 del 27/11/2014, dep. 2015, Antonelli, Rv.

262476).

Orbene, la statuizione di concessione della sospensione condizionale della esecuzione della pena, sebbene contenuta nella sentenza irrevocabile, non partecipa della natura intrinseca del giudicato sostanziale: sul piano della struttura del provvedimento, consiste essenzialmente in un giudizio (non di accertamento, bensì) prognostico; e quanto al profilo funzionale, l'effetto giuridico prodotto è essenzialmente temporaneo, provvisorio e sottoposto alle condiciones stabilite dalla legge e, nei casi consentiti, anche imposte dal giudice.

6.4. I rilievi e le considerazioni che precedono accreditano la conclusione che si rivela affatto incongruente la postulazione della estensione alla concessione della sospensione condizionale della preclusione "forte", tipica della res iudicata, scilicet nel senso della esclusione della revoca per cause ostative preesistenti, non conosciute dal giudice della cognizione, ma conoscibili e, dunque, "deducibili".

La concessione del beneficio resta, pertanto, assistita dalla preclusione "debole", in virtù del principio generale dell'ordinamento del divieto del ne bis in idem, la quale copre elusivamente il "dedotto" e non anche il "deducibile" (v. per tutte Sez. 1, n. 30496 del 03/06/2010, Nicolini, Rv. 248319, che ribadisce:

"la preclusione (...) non si estende a tutte le questioni deducibili ma esclusivamente a quelle che sono state dedotte ed effettivamente decise").

Orbene, rispetto alla deduzione delle cause ostative preesistenti, sebbene conoscibili, ma in concreto ignote al giudice della cognizione, la preclusione in parola risulta recessiva.

6.5. In proposito giova considerare che il requisito della sequenza cronologica del dato non caratterizza necessariamente la categoria dei nova che vincono la preclusione de qua.

L'ambito dei nova non è circoscritto alla classe degli elementi cronologicamente sopravvenuti alla decisione e influenti sulla medesima, ma comprende anche elementi pregressi o coevi che, tuttavia, non abbiano formato oggetto di veruna considerazione da parte del giudice.

La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, stabilito che la preclusione "debole", la quale opera rebus sic stantibus, può essere superata sulla base non solo di elementi "emersi successivamente all'adozione del provvedimento divenuto definitivo" ma anche sulla base di elementi storicamente "preesistenti" ma "non presi in considerazione" (Sez. U, n. 34091 del 28/04/2011, Servadei, Rv.

250350; cui adde Sez. 1, n. 42579 del 17/09/2013, Bevilacqua, Rv.

256701, circa "fatti antecedenti" non oggetto di valutazione; e Sez. 1, n. 40647 del 12/06/2014, Nicolaci, Rv. 260358, in tema di revoca in executivis dell'indulto applicato in fase di cognizione a dispetto della oggettiva preesistenza di causa ostativa, non nota al giudice concedente e, pertanto, non presa in esame).

6.6. Per integrare il requisito negativo del novum la carenza di considerazione espressa del dato da parte del giudice costituisce condizione necessaria, ma non sufficiente.

Occorre, altresì, che il dato non abbia costituito neppure oggetto di valutazione implicita.

Per vero, se - e con specifico riguardo alla materia in esame - la causa ostativa alla concessione del beneficio risulti documentata in atti e sia, quindi, oggettivamente compresa nel perimetro dell'oggetto dello scrutinio del giudice della cognizione, il dato (esistente ex actis) del quale sia stata indebitamente omessa la doverosa valutazione, non è suscettibile di essere ricondotto nell'ambito dei nova.

Gli è che la previsione di uno specifico mezzo di impugnazione (col rigoroso regime della perentorietà dei termini e delle forme relative) consente - in virtù del postulato della intrinseca coerenza e logicità dell'ordinamento - di stabilire con nettezza la linea di confine dei nova nel senso che, laddove si configura la acquiescenza, resta simmetricamente esclusa la possibilità di far valere, per vincere la preclusione, quanto doveva essere dedotto colla impugnazione la cui mancata proposizione ha comportato l'effetto della preclusione stessa (Sez. 1, n. 7877 del 21/01/2015, Conti, p. 5).

7. Al giudice della esecuzione, investito della richiesta del pubblico ministero di revoca, ai sensi dell'art. 674 c.p.p., comma 1- bis, e art. 168 c.p., comma 4, della sospensione condizionale della esecuzione della pena, compete, pertanto, preliminarmente accertare se i precedenti penali ostativi risultassero documentalmente al giudice della cognizione all'atto della concessione del benefico.

A tal fine il giudice della esecuzione, esercitando, anche di ufficio, i poteri istruttori previsti dall'art. 666 c.p.p., comma 5, provvede ad acquisire in originale o in copia, il fascicolo processuale del giudizio deciso colla sentenza di concessione del beneficio.

8. La conclusione raggiunta si colloca, peraltro, in linea di perfetta coerenza con gli approdi ermeneutici conseguiti in relazione al tema (affine) della revoca dell'indulto applicato, in violazione di legge, nel concorso di cause ostative preesistenti non note al giudice concedente.

La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, fissato i seguenti principi di diritto:

a) la preclusione, derivante dal divieto del ne bis in idem, non impedisce la proposizione di fatti in precedenza non dedotti nè valutati, pur se preesistenti alla pregressa decisione (Sez. 1, n. 32857 del 12/06/2014, Fenotti, Rv. 260542);

b) l'indulto erroneamente applicato deve essere revocato dal giudice della esecuzione, qualora la causa ostativa al riconoscimento del beneficio, pur se preesistente, non sia stata nota al giudice che lo abbia concesso e non sia stata presa, nemmeno implicitamente, in esame (Sez. 1, n. 40647 del 12/06/2014, Nicolaci, Rv. 260358).

9. Le considerazioni che precedono consentono di enunciare il seguente principio di diritto: "Il giudice della esecuzione deve revocare la sospensione condizionale della esecuzione della pena concessa in violazione dell'art. 164 c.p., comma 4, in presenza di cause ostative, salvo che tali cause risultassero documentalmente al giudice della cognizione. A tal fine il giudice della esecuzione acquisisce, per la doverosa verifica al riguardo, il fascicolo del giudizio".

10. In conclusione, alla stregua del principio di diritto enunciato, il ricorso merita accoglimento.

10.1. Il Giudice della esecuzione ha rigettato la richiesta di revoca della sospensione condizionale della esecuzione della pena, concessa al L. dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze con sentenza del 21 gennaio 2009, pacificamente in violazione dell'art. 164 c.p., comma 4, (in presenza delle cause ostative costituite dalle condanne riportate in precedenza dal giudicabile, giusta sentenze della Corte di appello di Firenze, (OMISSIS), e del medesimo Giudice per le indagini preliminari, (OMISSIS), v. certificato penale del condannato allegato al ricorso), sulla base della mera presunzione che i precedenti penali, per la risalenza nel tempo, dovessero essere noti al giudice della cognizione al momento della concessione del beneficio.

La ordinanza impugnata risulta, pertanto, inficiata dalla erronea applicazione della legge, nel senso indicato, in quanto il Giudice della esecuzione ha omesso di accertare effettivamente, mediante richiamo del fascicolo del giudizio (definito colla sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze del 21 gennaio 2009), se i precedenti ostativi risultassero documentalmente al giudice che concesse il beneficio.

10.2 Conseguono l'annullamento della ordinanza impugnata e il rinvio per nuovo esame al Tribunale di Firenze, che si uniformerà al principio di diritto in precedenza enunciato.

P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Firenze.

Così deciso in Roma, il 23 aprile 2015.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2015