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Commenti oltraggiosi ad alta voce rivolte ai carabinieri (Cass. 52895/18)

23 novembre 2018, Cassazione penale

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L'art. 341-bis cod. pen. ha voluto disegnare una fattispecie di reato a contenuto plurimo alla cui definizione concorrono le circostanze del luogo pubblico o aperto al pubblico e della presenza di più persone.

Un commento lesivo dell'onore dei pubblici ufficiali sono reato se pronunciate in luogo pubblico ed affollato ad alta voce. 

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 23 ottobre – 23 novembre 2018, n. 52895
Presidente Di Stefano – Relatore Scalia

Ritenuto in fatto

1. La Corte di appello di Trento ha confermato la sentenza emessa dal locale tribunale che aveva condannato l'imputato, Di. Am. per il reato di cui all'art. 341-bis cod. pen. per avere egli, in luogo pubblico ed in presenza di più persone, offeso l'onore ed il prestigio dei carabinieri che nell'esercizio delle loro funzioni erano intervenuti per un servizio coordinato di polizia all'interno del perimetro cittadino di Trento.
2. Ricorre in cassazione avverso l'indicata sentenza il difensore di fiducia dell'imputato con tre motivi di annullamento.
2.1. Con il primo motivo si fa valere violazione di legge in relazione all'elemento costitutivo del ritenuto reato di oltraggio a pubblico ufficiale e segnatamente in ordine alla presenza di più persone, estremo alla cui integrazione erroneamente la Corte territoriale sarebbe giunta ricomprendendo anche i pubblici ufficiale destinatari di offesa.
2.2. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione per avere i giudici di appello ritenuto la percepibilità delle frasi offensive in quanto pronunciate «ad alta voce», indicazione insufficiente, per il rivestito carattere indeterminato, a giustificare la percepibilità delle frasi.
2.3. Con il terzo motivo si denuncia violazione di legge in punto di qualificazione del reato che dovendo correttamente ascriversi ad una ipotesi di ingiuria ex art. 594 cod. pen. avrebbe comportato l'assoluzione dell'imputato perché il fatto non è più previsto dalla legge per intervenuta sua abrogazione ex D.Lgs. n. 7 del 2016.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato come tale inammissibile.
2. Il reato di oltraggio a pubblico ufficiale previsto dall'art. 341-bis cod. pen. richiede per la sua integrazione che l'offesa all'onore e al prestigio del pubblico ufficiale mentre egli compie un atto d'ufficio ed a causa o nell'esercizio delle sue funzioni avvenga in luogo pubblico o aperto al pubblico ed in presenza di più persone, estremo quest'ultimo che deve essere provato non potendo essere affidato, quanto alla sua sussistenza, a valutazioni presuntive.
L'art. 341-bis cod. pen. ha voluto disegnare una fattispecie di reato a contenuto plurimo alla cui definizione concorrono le circostanze del luogo pubblico o aperto al pubblico e della presenza di più persone.
3. In applicazione dell'indicato principio la Corte di appello di Trento, nel confermare la sentenza di primo grado, ha ritenuto la sussistenza della presenza di più di due persone con il valorizzare le circostanze di luogo in cui ha trovato svolgimento l'attività di ufficio dei pubblici ufficiali: ovverosia nelle vicinanze di un attraversamento pedonale posto, in zona trafficata della città, «quando c'era tutta la gente che passava avanti ed indietro». E' rimasta in tal modo efficacemente tratteggiata la contestata fattispecie di reato per l'indicato estremo con assorbimento di ogni diversa qualificazione della condotta ascritta.
4. Nel resto il ricorso propone questioni non deducibili.
La valutazione operata dalla Corte di merito sul fatto che la pronuncia 'ad alta voce' ed in luogo affollato delle frasi offensive integri una loro percepibilità costituisce invero un giudizio di fatto che, nella sua ragionevolezza, non si lascia apprezzare in questa sede come manifestamente illogico.
5. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.
Cosi deciso il 23/10/2018