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Cittadino extra UE deve attivarsi tempestivamente per redditi esteri (Cass. 5008/25)

7 febbraio 2025, Cassazione penale

E' consentito al cittadino extracomunitario presentare un'autocertificazione attestante l'importo dei redditi percepiti nell'anno di competenza, ma solo qualora sia impossibile produrre, insieme con l'istanza, la certificazione consolare richiesta: deve ritenersi che per "impossibilità" debba intendersi ogni eventualità che impedisca di corredare l'istanza con la certificazione consolare, sia perché la domanda formulata all'autorità statuale prima dell'istanza di ammissione al patrocinio non abbia trovato risposta, sia perché il tempo necessario per ottenerla si profili comunque incompatibile con l'urgenza di assicurare tempestivamente la difesa di fiducia nel procedimento in cui l'interessato è coinvolto.

Il legislatore, che sceglie di rimettere al richiedente la dichiarazione circa la consistenza del reddito conseguito nell'annualità di riferimento, indipendentemente dalla disponibilità di documentazione attestante l'importo, introduce, tuttavia, una distinzione fra il cittadino dell'Unione europea e quello extra comunitario.

Per il primo, infatti, è prevista unicamente l'autocertificazione del reddito, per il secondo, invece, è richiesta la produzione di una certificazione dell'autorità consolare competente, attestante la veridicità della comunicazione sui redditi prodotti all'estero. La diversità della disciplina si giustifica in ragione della possibilità di verifica delle condizioni reddituali da parte dell'Ufficio finanziario che, ai sensi dell'art. 98, deve, successivamente all'ammissione al beneficio, provvedere all'accertamento, attraverso l'anagrafe tributaria -e, ove necessario, attraverso l'indagine della Guardia di Finanza- dell'esattezza del reddito dichiarato dall'interessato.

Cassazione penale

sez. IV, ud. 19 novembre 2024 (dep. 7 febbraio 2025), n. 5008
Presidente Di Salvo - Relatore Branda

Ritenuto in fatto

1. M.K., mediante il proprio difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso il provvedimento del 21 maggio 2024, con il quale il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ha respinto il ricorso, proposto ex art. 99 del d.p.r. n. 115/2002, avverso il decreto con il quale il giudice procedente dichiarava inammissibile l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato perché non corredata dalla certificazione dell'autorità consolare, richiesta dall'art. 79, comma 2, del predetto D. P. R. per i cittadini extracomunitari.

Il Tribunale, premesso che per i cittadini non appartenenti all'Unione Europea è prevista, per i redditi prodotti all'estero, la presentazione, a pena d'inammissibilità, di certificazione della competente autorità consolare che attesti la veridicità delle dichiarazioni contenute nell'istanza di ammissione al beneficio -art.79, comma 2, del richiamato d.p.r.-, ha rilevato che tale certificazione non risultava allegata dal richiedente all'atto della proposizione della domanda e che non era stata dimostrata l'impossibilità di produrla, atteso che il richiedente non si era attivato "utilmente e tempestivamente". Infatti, risultava documentata una richiesta all'autorità consolare, inoltrata mediante e-mail non certificata il 18 marzo 2023, e perciò pochi giorni prima del deposito dell'istanza di ammissione al gratuito patrocinio, avvenuto il 23 marzo 2023.

2. Con l'unico motivo di ricorso, si censura la decisione impugnata per violazione di legge, in relazione agli articoli 79 e 94 del DPR 115/2002, lamentando che nessuna di tali disposizioni prevede l'inammissibilità dell'istanza come conseguenza della mancata produzione della predetta certificazione.

E' altresì dedotto che la richiesta al consolato nigeriano per ottenere la necessaria certificazione veniva avanzata in coincidenza della nomina del difensore di fiducia, intervenuta pochi giorni prima dell'unica udienza a cui lo stesso difensore avrebbe partecipato, e che il giudice decideva l'istanza a distanza di tre mesi, senza peraltro richiedere alcuna integrazione.

2. Il Procuratore Generale ha chiesto che il provvedimento venga annullato senza rinvio.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato

1.1 Si rammenta che il disposto di cui all'art. 79, comma 2, d.P.R. 115/2002 stabilisce che "Per i redditi prodotti all'estero, il cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea correda l'istanza con una certificazione dell'autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato".

L'art. 94, comma 2, d.P.R. cit. dispone che "In caso di impossibilità a produrre la documentazione richiesta ai sensi dell'articolo 79, comma 2, il cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea, la sostituisce, a pena di inammissibilità, con una dichiarazione sostitutiva di certificazione".

E', dunque, consentito al cittadino extracomunitario presentare un'autocertificazione attestante l'importo dei redditi percepiti nell'anno di competenza, qualora sia impossibile produrre, insieme con l'istanza, la certificazione consolare richiesta.

Occorre allora comprendere quale significato il legislatore abbia inteso assegnare al termine "impossibile", di cui all'art. 94, per giustificare la sostituzione della documentazione proveniente dalla Stato estero con l'autocertificazione, sia con riferimento all'effettività dell'adempimento da parte dell'autorità dello Stato estero, ma anche in relazione al tempo dell'adempimento da parte del medesimo.

Per dare soluzione al quesito è necessario partire dallo spirito che informa la normativa sul patrocinio a spese dello Stato, improntata alla volontà di dare rapida risposta ad un'istanza rivolta ad ottenere la realizzazione di un diritto fondamentale della persona, qual è quello alla difesa nel processo, connotato da un rapporto fiduciario con il patrocinante.

Lo schema legislativo come delineato dagli artt. 79, 95, 96, 98 e 112 d.P.R. 115/2002, infatti, configura un procedimento che implica una decisione sostanzialmente fondata sulle dichiarazioni dell'istante, tanto è vero che l'istruttoria procedimentale è limitata alla verifica demandata alla Guardia di finanza (art. 96), disposta dal giudice prima di provvedere sull'istanza solo allorquando vi siano fondati motivi per ritenere che il reddito dichiarato superi la soglia prevista dall'art. 76.

Successivamente all'ammissione al beneficio, invece, è prevista una fase di accertamento ad opera degli Uffici finanziari (art. 98) che può condurre alla revoca del benefico (art. 112) ed eventualmente la sanzione penale (art. 95), per le falsità o le omissioni contenute nella dichiarazione sostitutiva di certificazione.

Il legislatore, che sceglie di rimettere al richiedente la dichiarazione circa la consistenza del reddito conseguito nell'annualità di riferimento, indipendentemente dalla disponibilità di documentazione attestante l'importo, introduce, tuttavia, una distinzione fra il cittadino dell'Unione europea e quello extra comunitario.

Per il primo, infatti, è prevista unicamente l'autocertificazione del reddito, per il secondo, invece, è richiesta la produzione di una certificazione dell'autorità consolare competente, attestante la veridicità della comunicazione sui redditi prodotti all'estero. La diversità della disciplina si giustifica in ragione della possibilità di verifica delle condizioni reddituali da parte dell'Ufficio finanziario che, ai sensi dell'art. 98, deve, successivamente all'ammissione al beneficio, provvedere all'accertamento, attraverso l'anagrafe tributaria -e, ove necessario, attraverso l'indagine della Guardia di Finanza- dell'esattezza del reddito dichiarato dall'interessato.

E' chiaro che un simile controllo posteriore all'ammissione non è facilmente realizzabile per i redditi prodotti all'estero dal cittadino non comunitario, sicché è previsto che egli si attivi per dimostrarne documentalmente la consistenza, a mezzo della produzione della certificazione consolare unitamente alla proposizione dell'istanza.

Siffatto modello procedimentale, che richiede allo straniero non comunitario di farsi carico della previa attestazione di veridicità della dichiarazione dei redditi prodotti all'estero, nondimeno, non esclude l'ammissione al beneficio nel caso di 'impossibilità' di presentare detta documentazione, stabilendo che essa possa essere sostituita da una 'dichiarazione sostitutiva di certificazione' (art. 94, comma 2).

Ora, deve ritenersi che per "impossibilità" debba intendersi ogni eventualità che impedisca di corredare l'istanza con la certificazione consolare, sia perché la domanda formulata all'autorità statuale prima dell'istanza di ammissione al patrocinio non abbia trovato risposta, sia perché il tempo necessario per ottenerla si profili comunque incompatibile con l'urgenza di assicurare tempestivamente la difesa di fiducia nel procedimento in cui l'interessato è coinvolto.

Una simile lettura, infatti, è coerente al principio di cui all'art. 6 CEDU per il quale l'accusato non solo ha diritto ad avere un difensore di sua fiducia e, se non ha i mezzi per retribuirlo, di poter essere assistito gratuitamente da un avvocato [par. 3 lett. c)] ma anche quello di disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie per preparare la sua difesa [par. 3, lett. b)], condizione quest'ultima intrinsecamente connessa con la tempestiva ammissione del non abbiente al patrocinio a spese dello Stato.

Dunque, l'impossibilità -intesa nel senso appena precisato- di provvedere alla produzione della certificazione consolare a corredo dell'istanza di ammissione, parifica gli adempimenti imposti per la formulazione della domanda al cittadino extra comunitario a quelli imposti al cittadino comunitario, rimettendo per entrambi alla fase successiva all'ammissione la verifica della veridicità delle dichiarazioni sostitutive di certificazione in ordine alla consistenza reddituale, fatto salvo, nella fase decisoria, il ricorso all'esercizio dei poteri istruttori conferiti al giudice (art. 96) in ordine all'approfondimento sulla compatibilità del tenore di vita del richiedente con i redditi dal medesimo dichiarati.

1.2 Nel caso di specie, la richiesta di certificazione consolare è stata trasmessa soltanto cinque giorni prima del deposito dell'istanza di ammissione al gratuito patrocinio; e in effetti, come logicamente ritenuto nel provvedimento impugnato, risulta intempestiva, atteso che l'Autorità investita della richiesta non avrebbe comunque potuto esitarla in tempo utile, stante l'intervallo di tempo pari a soli cinque giorni, evidentemente inidoneo a qualsivoglia verifica sulla consistenza reddituale.

Né, d'altro canto, sono stati prospettati elementi utili a dimostrare che il ricorrente non abbia potuto anticiparne la trasmissione, essendo stato dedotto solo il collegamento con la data di nomina del difensore di fiducia a ridosso dell'udienza, che di per sé non spiega l'impossibilità di premunirsi della certificazione, o quantomeno di attivarsi per tempo al fine di poterla ottenere.

Per tali ragioni il ricorso deve essere rigettato.

2. Al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.