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Buca sul marciapiede: se ben visibile nessun risarcimento (Cass. 17903/19)

4 luglio 2019, Cassazione civile

L'ente proprietario d'una strada aperta al pubblico transito risponde ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., per difetto di manutenzione, dei sinistri riconducibili a situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, salvo che si accerti la concreta possibilità per l'utente danneggiato di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la situazione di pericolo.

Nel compiere tale ultima valutazione, si dovrà tener conto che, quanto più questo è suscettibile di essere previsto e superato attraverso l'adozione di normali cautele da parte del danneggiato, tanto più il comportamento della vittima incide nel dinamismo causale del danno, sino ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta attribuibile all'ente e l'evento dannoso.

Corte di Cassazione

sez. III Civile, ordinanza 12 febbraio – 4 luglio 2019, n. 17903

Presidente Travaglino – Relatore Moscarini

Fatti di causa

La signora Ol. Sa. convenne in giudizio davanti al Giudice di Pace di Caulonia, il Comune della stessa città per sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti a seguito di una caduta avvenuta in Caulonia alle ore 11 del 28/10/2002, allorquando non avvedendosi di una buca presente sul marciapiedi, cadde, riportando danni. Nel contraddittorio con il Comune fu acquisita una CTU ed escussa una prova testimoniale, all'esito delle quali il Giudice di Pace qualificò la fattispecie nel quadro dell'art. 2043 c.c., accertò la responsabilità dell'ente per aver omesso di svolgere la manutenzione della strada e per non aver segnalato la buca e condannò il Comune a risarcire la danneggiata dell'importo di Euro 3.891,97, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

Il Tribunale di Locri, adito in appello dal Comune di Caulonia, ha con sentenza n. 973 del 22/10/2016, accolto l'appello ritenendo che la buca fosse ben visibile e che il comportamento disattento della danneggiata costituisse scriminante la responsabilità della P.A. ai sensi dell'art. 2051 c.c..

Il Giudice ha dunque sussunto la fattispecie nel quadro dell'art. 2051 c.c., ritenendo possibile il concreto controllo e la vigilanza della P.A. sul bene, ed ha ritenuto, con riguardo al riparto dell'onere della prova, ed in linea con la consolidata giurisprudenza di questa Corte che, per vincere la presunzione di responsabilità dell'ente custode, la prova del fortuito fosse integrata dal fatto colposo della danneggiata.
Il Tribunale di Locri ha dunque, in accoglimento dell'appello, rigettato la domanda risarcitoria avanzata dalla Sa., e condannato la medesima alle spese di entrambi i gradi del giudizio.
Avverso la sentenza Ol. Sa. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste il Comune di Caulonia con controricorso.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2051 e dell'art. 2043 c.c. con riguardo all'art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. Ad avviso della ricorrente la sentenza, pur dando conto della diversità tra i presupposti dell'art 2043 c.c. e dell'art. 2051 c.c., avrebbe contraddittoriamente, da un lato, sussunto il caso sotto l'art. 2051 c.c., dall'altro affermato la carenza di prova per non avere la danneggiata dimostrato la non visibilità e la non prevedibilità dell'insidia, rappresentata dalla buca insistente sul marciapiedi. Ad avviso della ricorrente non sarebbe stata fornita la prova liberatoria si che la sentenza si porrebbe in contrasto con l'art. 2051 c.c.

2. Con il secondo motivo censura la sentenza per violazione dell'art. 2051 c.c., dell'art. 115 e 116 c.p.c. e 2697 c.c. per errata valutazione delle risultanze istruttorie, sempre in relazione all'art. 360, 1. co. n. 3 c.p.c.. Ad avviso della ricorrente il Tribunale, pur dichiarando di voler applicare i principi di cui all'art. 2051 c.c., non avrebbe tenuto conto delle prove raccolte in relazione allo stato dei luoghi in cui il sinistro si era verificato, ossia un marciapiedi aperto al pubblico transito, non adeguatamente transennato, privo di qualsivoglia segnaletica atta ad indicare all'utenza la presenza della buca, di forma circolare, profonda ma non particolarmente grande.

3. I motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono entrambi inammissibili per plurime e concorrenti ragioni.
Innanzitutto, nonostante la prospettazione dei pretesi vizi di legittimità ai sensi dell'art. 360, 1. co. n. 3 c.p.c. in realtà la ricorrente richiede a questa Corte un riesame del merito per ottenere una più appagante qualificazione giuridica della fattispecie.
La ricorrente non lamenta un vizio di sussunzione della fattispecie nell'art. 2051 c.c. ma ritiene che la sentenza abbia mal applicato tale disposizione sula base di elementi di fatto, che esulano dal vizio di sussunzione ed impingono nel merito.
Infatti, da un lato ritiene che il giudice si sia contraddetto nel ritenere non raggiunta la prova del fortuito; dall'altro che abbia erroneamente ritenuto la presunta distrazione della vittima.
Entrambe le censure fuoriescono dal vizio di sussunzione ed impingono nel merito essendo volte a sollecitare la Corte ad un riesame dei fatti e delle prove. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, infatti, è estranea al vizio di sussunzione, desumibile ai sensi dell'art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. quale vizio di riconduzione della fattispecie concreta ad una norma che non le si addice, ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al giudice del merito (Cass., 3, n. 6035 del 13/3/2018; Cass., 3, n. 10320 del 30/4/2018; Cass., 3, n. 13747 del 31/5/2018).

La sentenza impugnata è immune da tutte le pretese censure sollevate perché ha correttamente applicato l'art. 2051 c.c., nel solco della giurisprudenza consolidata di questa Corte.

I motivi si palesano dunque inammissibili anche ai sensi dell'art. 360 bis, n. 1 c.p.c. per assenza di argomenti che possano portare ad un ripensamento della suddetta consolidata giurisprudenza.

Il giudice, sussunta correttamente la fattispecie sotto l'art. 2051 c.c., ha ritenuto che il Comune custode della strada abbia fornito la prova del caso fortuito, integrato dal comportamento della danneggiata che, in presenza di una cosa potenzialmente pericolosa, non ha posto in essere tutte le cautele che sarebbero state esigibili in relazione alle condizioni di luogo, di tempo e di visibilità dei luoghi, con ciò interrompendo il nesso eziologico tra la condotta attribuibile all'ente e l'evento dannoso. La sentenza si pone in continuità con la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo la quale l'ente proprietario d'una strada aperta al pubblico transito risponde ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., per difetto di manutenzione, dei sinistri riconducibili a situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, salvo che si accerti la concreta possibilità per l'utente danneggiato di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la situazione di pericolo. Nel compiere tale ultima valutazione, si dovrà tener conto che, quanto più questo è suscettibile di essere previsto e superato attraverso l'adozione di normali cautele da parte del danneggiato, tanto più il comportamento della vittima incide nel dinamismo causale del danno, sino ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta attribuibile all'ente e l'evento dannoso (Cass., 3, n. 23919 del 22/10/2013; Cass., 3, n. 287 del 13/1/2015; Cass., 3, n. 9546 del 22/4/2010; Cass., 3, n. 15375 del 13/7/2011; Cass., 3, n. 16542 del 28/9/2012).

4. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese, in considerazione dell'alterno esito del giudizio di merito, possono essere compensate. Occorre disporre il cd. "raddoppio" del contributo unificato in quanto il ricorrente, pur dichiarando di aver inoltrato istanza per l'ammissione al gratuito patrocinio, non ha provveduto a depositare l'avvenuta ammissione al medesimo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e, in ragione del contrastante esito dei giudizi di merito, compensa le spese del giudizio di cassazione. Dà atto, ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.