Se l'imputato è detenuto per il procedimento nel quale viene proposta l'impugnazione non si applica la disciplina dell'art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen.; se l'imputato è detenuto per altra causa e tale condizione è nota al giudice che procede, ugualmente non si applica la disciplina dettata dall'art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen.; se l'imputato è detenuto per altra causa e tale condizione non è nota al giudice che procede trova invece applicazione la disciplina sull'inammissibilità dell'impugnazione per difetto di elezione di domicilio ex art. 581 comma 1 ter.
Corte di Cassazione
sez. II, ud. 17 maggio 2024 (dep. 24 giugno 2024), n. 24902
Presidente Beltrani – Relatore Pardo
Ritenuto in fatto
1. La Corte di Appello di L’Aquila, con ordinanza in data 8 febbraio 2024, dichiarava inammissibile l'appello proposto da P.F. avverso la sentenza del Tribunale di Teramo del 23 maggio 2023 che aveva condannato il predetto alla pena di anni 2, mesi 2 di reclusione ed € 500,00 di multa, in quanto ritenuto responsabile dei delitti di truffa e ricettazione. Riteneva la corte di appello che l'atto di impugnazione, in quanto mancante dell'elezione di domicilio dell'imputato ai fini della notificazione del decreto di citazione in appello, dovesse ritenersi inammissibile in applicazione della disciplina introdotta dall'art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen. dalla Riforma Cartabia.
2. Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, avv.to R, deducendo, con unico motivo, violazione degli artt. 156 e 581 comma 1 ter cod. proc. pen. posto che, nel caso in esame, non poteva farsi applicazione della disciplina in tema di obbligo di elezione di domicilio ai fini della proposizione dell'appello stante lo stato di detenzione dell'imputato presso la casa circondariale di Teramo che avrebbe imposto la notificazione nel luogo di arresto come espressamente previsto dall'art. 156 comma 1 cod. proc. pen.. Conseguentemente l'impugnata ordinanza doveva essere annullata poiché a carico dell'imputato detenuto non sussiste l'obbligo imposto dal già indicato art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen..
Considerato in diritto
1. Deve essere premesso che il tema avanzato con il ricorso involge questioni attinenti il campo applicativo della nuova disciplina dettata dall'art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen. a norma del quale "con l'atto d'impugnazione delle parti private e dei difensori, è depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio". In particolare il ricorso prospetta la non applicabilità della suddetta disposizione all'imputato detenuto in carcere, trattandosi di soggetto nei cui confronti, in ogni caso, la citazione deve essere effettuata osservando la disciplina dettata dall'art. 156 comma primo cod. proc. pen., a mente del quale le notificazioni sono sempre eseguite mediante consegna di copia alla persona nello stesso luogo di detenzione.
La soluzione della non applicabilità al detenuto in istituto penitenziario delle regole introdotte in tema di appello dalla Riforma Cartabia ha trovato conferma in quella pronuncia secondo cui in tema di impugnazioni, l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. (introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 ed applicabile alle impugnazioni proposte avverso le sentenze emesse in data successiva all'entrata in vigore del citato decreto), che, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, richiede, a pena d'inammissibilità, il deposito della dichiarazione o elezione di domicilio della parte privata unitamente all'atto d'impugnazione, non opera nel caso in cui l’imputato impugnante sia detenuto (Sez. 2, n. 33355 del 28/06/2023, Rv. 285021 - 01); in motivazione detta pronuncia precisa che:" Il novellato sistema delle notificazioni all'imputato detenuto risulta, nel suo complesso, del tutto coerente: la conclusione cui il collegio ritiene doversi pervenire consente, infatti, di valorizzare come non meramente descrittivi due interventi novellatori ulteriori che hanno interessato l'art. 156, comma 1, il quale ora stabilisce che «Le notificazioni all'imputato detenuto, anche successive alla prima, sono sempre eseguite nel luogo di detenzione mediante consegna di una copia alla persona». L'inserimento dell'avverbio «sempre» in riferimento a tutte le notificazioni all'imputato detenuto, anche successive alla prima, evidenzia, infatti, che la disposizione ha portata generale ed inderogabile; tale assunto trova conferma ulteriore nella salvezza di «quanto previsto dall'articolo 156, comma 1.», a sua volta espressamente inserita all'interno del testo novellato dell'art. 164. Il combinato disposto degli artt. 157-ter, comma 3, e 581, comma 1-ter evidenzia, altresì, che quest'ultima disposizione opera unicamente nei confronti degli imputati non detenuti".
Nello stesso senso si sono già espresse anche altre pronunce secondo cui in tema di impugnazioni, nel caso in cui l'imputato sia detenuto al momento della proposizione del gravame, non opera, nei suoi confronti, la previsione dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., novellato dall'art. 33, comma 1, lett. d), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che richiede, a pena di inammissibilità, il deposito, unitamente all'atto di impugnazione, della dichiarazione o elezione di domicilio della parte privata, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, posto che tale adempimento risulterebbe privo di effetto in ragione della vigenza dell'obbligo di procedere alla notificazione a mani proprie dell'imputato detenuto e comporterebbe la violazione del diritto all'accesso effettivo alla giustizia sancito dall'art. 6 CEDU (Sez. 2, n. 38442 del 13/09/2023, Rv. 285029 - 01); e si è anche statuito che in tema di impugnazioni, l'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che richiede, a pena d'inammissibilità, il deposito della dichiarazione o elezione di domicilio unitamente all'atto d'impugnazione, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, non opera nel caso in cui l'imputato impugnante sia detenuto (Sez. 2, n. 51273 del 10/11/2023, Rv. 285546 - 01).
Il sistema cosi delineato da tutte le predette pronunce sottolinea la non applicabilità dell'art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen. all'imputato detenuto in istituto penitenziario, posto che, allo stesso, le notificazioni del decreto di citazione in appello, vanno effettuate sempre mediante consegna di copia a mani nel luogo di detenzione. Può, pertanto, ribadirsi che, secondo il costante orientamento di questa corte di legittimità, all'imputato detenuto per il procedimento in cui viene proposto appello, non si applica la disciplina dettata dall'art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen.
2. Maggiormente problematica si prospetta la soluzione della questione in relazione allo stato di detenzione in carcere per altra causa dell'imputato appellante; orbene, deve ritenersi che anche all'imputato detenuto per altra causa la cui condizione sia stata resa nota al giudice che procede non si applica la disposizione dettata dall'art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen. e ciò per la fondamentale considerazione che a detto soggetto vanno applicate le regole dettate dall'art. 156 comma 4 cod. proc. pen. per le notificazioni al detenuto; a tale conclusione si giunge in osservanza di quanto disposto da quella pronuncia delle Sezioni Unite secondo cui le notificazioni all'imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio, precisando che tale disciplina deve trovare applicazione anche nei confronti dell'imputato detenuto in luogo diverso da un istituto penitenziario e, qualora lo stato di detenzione risulti dagli atti, anche nei confronti del detenuto "per altra causa" (Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, Rv. 278869 - 01).
Il principio della non applicabilità all'imputato detenuto per altra causa nota al giudice che procede, della disciplina dettata dall'art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen., ha trovato riscontro in altra recente pronuncia di questa corte di legittimità secondo cui in tema di impugnazioni, la previsione di cui all'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che richiede, a pena di inammissibilità, il deposito della dichiarazione o dell'elezione di domicilio unitamente all'atto d'impugnazione, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, non trova applicazione nel caso in cui l'imputato impugnante sia detenuto, pur se per altra causa (Sez. 4, n. 4342 del 09/01/2024, Rv. 285749 - 01); in motivazione tale pronuncia precisa che: "Deve quindi ritenersi che il sistema previsto dalle suddette disposizioni, in tema di notifiche all'imputato detenuto, sia coerente nel ritenere che le stesse non possano che essere effettuate presso il luogo di detenzione ... Proprio in considerazione dell'interpretazione complessiva del quadro normativo sopra riassunto e del predetto principio enunciato da parte delle Sezioni Unite, deve ritenersi che l'elezione di domicilio prevista dall'art. 581, comma 1 ter cod. proc. pen., non sia requisito necessario a pena di inammissibilità neanche nel caso in cui il soggetto risulti detenuto in relazione ad altro giudizio. Deve infatti ritenersi che anche in tale caso non sia previsto l'obbligo di elezione di domicilio all'atto della presentazione dell'impugnazione, atteso che - dal suddetto quadro normativo in tema di notifiche all'imputato detenuto - si evince come lo stesso si applichi in diretta conseguenza del suo stato di restrizione, a propria volta da considerare in relazione al momento di presentazione dell'impugnazione".
In conclusione, anche all'imputato detenuto per altra causa, il cui stato sia reso noto al giudice che procede, non si applica la disposizione di cui all'art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen. dovendosi in ogni caso effettuare le notificazioni nel luogo di detenzione.
3. Deve poi essere analizzata la terza e differente ipotesi, dell'imputato detenuto per altra causa la cui condizione non sia stata resa nota al giudice che procede, anticipandosi che in detti casi non vi è ragione per negare l'applicazione della disciplina dettata dall'art. 581 comma 1 ter cit. e ciò per la fondamentale considerazione che, ai sensi dell'art. 156 comma 4 cod. proc. pen., le disposizioni sulla notificazione all'imputato detenuto trovano applicazione solo quando la condizione di detenzione per altra causa risulta nota al giudice che procede. Al proposito va richiamata quella pronuncia secondo cui in tema di impugnazioni, le disposizioni di cui all'art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. sono applicabili all'atto di appello proposto dall’imputato detenuto per altra causa, stante la riferibilità dell'art. 161, comma 3, cod. proc. pen. al solo procedimento in relazione al quale è intervenuta la carcerazione (Sez. 5, n. 4606 del 28/11/2023, (dep. 01/02/2024) Rv. 285973 - 01). In motivazione detta pronuncia precisa che:" Passando quindi all'esame della questione principale, questo Collegio ritiene che la disposizione introdotta dal d.lgs. n. 150/2022 di cui all'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. (e quella speculare di cui al comma 1-quater che inerisce all'ipotesi dell'imputato assente in primo grado), che richiede che, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio unitamente all'atto di impugnazione delle parti private e dei difensori sia depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l'elezione di domicilio, trovi applicazione anche nel caso, come quello in esame, in cui l'appellante sia detenuto in carcere per altra causa. Quanto alla specifica funzione e allo specifico rilievo che il legislatore ha inteso attribuire ai suddetti atti, prevedendoli a pena di inammissibilità dell'impugnazione medesima, vanno senz'altro richiamate le plurime pronunce di questa Corte che si sono già condivisibilmente espresse in merito alla non irragionevolezza delle disposizioni in questione, in relazione alla loro ratio ispiratrice. Correttamente in proposito è stata richiamata «l'esigenza generale, che ha inspirato la riforma del processo in absentia (ossia la certezza della conoscenza del processo a suo carico da parte dell'imputato)», prevedendo a tal fine il legislatore «un onere collaborativo, riguardante sia il processo celebrato in assenza sia quello in cui l'imputato abbia avuto conoscenza del giudizio, onere finalizzato alla regolare celebrazione della fase del processo di secondo grado ... Ad avviso del Collegio, tuttavia, occorre operare un distinguo tra il caso in cui in cui l'imputato sia detenuto per il fatto-reato oggetto del decreto di citazione a giudizio da notificare per il giudizio di impugnazione, rispetto al caso in cui l'imputato sia detenuto per altra causa ... la lettura complessiva delle norme del codice di rito attinenti alla fattispecie in esame, come ridisegnate dalla cd. riforma legge Cartabia non consente di ritenere che, nel caso di imputato detenuto per altro, le previsioni di cui all'art. 581, commi 1-ter cod. proc. pen. trovino deroga o risultino comunque inapplicabili".
3.1 L'applicazione del suddetto principio deve pertanto portare ad affermare che nel terzo dei casi esaminati, imputato detenuto per altra causa non conosciuta dal giudice che procede, la disposizione dettata dall'art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen. trova invece applicazione e ciò per la fondamentale considerazione che la notificazione va effettuata sempre nelle forme ordinarie e non anche in quelle dettate dall'art. 156 cod. proc. pen.. E difatti, come già anticipato, è fondamentale al proposito di notificazione da effettuare al detenuto per altra causa il disposto dettato dall'art. 156 comma quarto cod. proc. pen. secondo cui le disposizioni in tema di notificazioni all'imputato detenuto "si applicano anche quando dagli atti risulta che l'imputato è detenuto per causa diversa dal procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione..."; interpretando tale regola della conoscenza dagli atti dello stato di detenzione per altro, le Sezioni Unite, hanno affermato che le notificazioni all'imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio, precisando che tale disciplina deve trovare applicazione anche nei confronti dell'imputato detenuto in luogo diverso da un istituto penitenziario e, qualora lo stato di detenzione risulti dagli atti, anche nei confronti del detenuto "per altra causa" (Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020 cit.). Proprio con particolare riferimento alla condizione della conoscenza dello stato di detenzione per altra causa, la pronuncia delle Sezioni Unite già citata, a pagina 14 della motivazione, precisa e specifica che presupposto per la applicazione delle disposizioni sulla notifica al detenuto è la condizione di notorietà dello stato di detenzione per altro, non potendo altrimenti imporsi all'autorità giudiziaria di effettuare prima delle notificazioni attività di ricerca così che la stessa sentenza del massimo consesso stabilisce che ove tale condizione per altra causa non sia nota si procede con le forme ordinarie.
Dalla lettura combinata delle suddette disposizioni con i principi stabiliti dalle Sezioni Unite, emerge, pertanto, che, all'imputato detenuto per altra causa, si applica la disciplina delle notificazioni di cui all'art. 156 cod. proc. pen. solo se detto stato sia reso noto al giudice che procede, viceversa dovendosi ammettere la notificazione al domicilio eletto o dichiarato; con la conseguenza che, ai fini della regolarità dell'appello proposto da imputato detenuto per altra causa il cui stato non sia noto al giudice che procede, dovranno applicarsi proprio le regole dettate dall'art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen. e ciò perché, dovendosi procedere in tale caso alla notificazione con le forme ordinarie e non con quelle stabilite dall'art. 156 cod. proc. pen., in mancanza della condizione prevista dal comma 4 della stessa norma, è indispensabile che all'atto dell'impugnazione venga dichiarato od eletto domicilio.
Ne consegue affermarsi che, ove l'imputato sia detenuto per altra causa e la condizione non sia nota al giudice che procede, legittimamente il giudice di appello dichiara l'inammissibilità dell'impugnazione della sentenza di primo grado ove non accompagnata dalla elezione di domicilio, ovvero dalla specifica indicazione dello stato di detenzione dell'imputato.
4. In conclusione può pertanto affermarsi che il combinato disposto degli artt. 156 e 581 comma 1 ter cod. proc. pen. va interpretato nel senso che:
- se l'imputato è detenuto per il procedimento nel quale viene proposta l'impugnazione non si applica la disciplina dell'art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen.; se l'imputato è detenuto per altra causa e tale condizione è nota al giudice che procede, ugualmente non si applica la disciplina dettata dall'art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen.; se l'imputato è detenuto per altra causa e tale condizione non è nota al giudice che procede trova invece applicazione la disciplina sull'inammissibilità dell'impugnazione per difetto di elezione di domicilio ex art. 581 comma 1 ter cit..
5. L'accoglimento di detti principi comporta dichiarare la manifesta non fondatezza del gravame posto che, nel caso in esame, l'imputato era detenuto alla data di proposizione dell'appello per altra causa e non anche per il procedimento in oggetto e che tale stato non era noto al giudice che procedeva; tale dato risulta inequivocabilmente dalla intestazione della pronuncia di primo grado del Tribunale di Teramo, ove si dà atto che il P.F. è giudicato in stato di libertà, e dalla stessa intestazione della pronuncia di appello, ove alcun cenno alla detenzione per altro viene fatto, così che, la condizione di detenzione per altro affermata in ricorso, non risultava nota al giudice che procedeva, né l'impugnazione prova altrimenti.
Pertanto, nel caso di specie l'imputato risultava libero per il procedimento in oggetto e lo stato di detenzione per altra causa non era mai stato comunicato al giudice procedente; e quantomeno nulla il ricorso al proposito espone così cadendo nel difetto di genericità; ne consegue che legittima è stata la declaratoria di inammissibilità per violazione dell'art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen..
In conclusione, l'impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell'art. 606 comma terzo cod. proc. pen.; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.