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Affidamento in prova UE, ancora necessaria elezione di domicilio in Italia (Cass. 9039/24)

1 marzo 2024, Cassazione penale

Anche a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 38 che consente l'ammissione alla misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale la cui esecuzione debba svolgersi in uno Stato estero membro dell'Unione Europea non esonera l'istante dall'obbligo, a pena di inammissibilità della istanza, per il condannato libero di elezione di domicilio sul territorio nazionale (art. 677, comma 2-bis, cod. proc. pen.).

 

 CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE I PENALE

(data ud. 01/12/2023) 01/03/2024, n. 9039 

Composta da:

Dott. DI NICOLA Vito - Presidente –

Dott. DI GIURO Gaetano - Consigliere –

Dott. CURAMI Micaela Serena - Relatore -

Dott. TOSCANI Eva – Consigliere –

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere -

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A. nato il Omissis

avverso l'ordinanza del 25/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA

udita la relazione svolta dal Consigliere MICAELA SERENA CURAMI;

lette le conclusioni del PG, GIUSEPPE RICCARDI, che ha chiesto l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.

Svolgimento del processo

1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto le istanze di affidamento in prova, di detenzione domiciliare o di semilibertà avanzate da A.A., in relazione alla condanna alla pena di anni uno li reclusione inflitta con sentenza del Tribunale di Velletri del 08/03/2022.

A fondamento del provvedimento reiettivo il Tribunale ha osservato come il richiedente, libero in sospensione, avesse espressamente eletto domicilio per 'esecuzione delle misure in Bulgaria, ove abita, non ottemperando in tal modo all'obbligo imposto dall'art. 677 comma 2-bis cod. proc. pen. di eleggere domicilio sul territorio nazionale; ha poi argomentato come, stante l'irreperibilità in Italia del condannato, non era stato possibile effettuare gli indispensabili accertamenti da parte dell'UEPE, necessari per vagliare la concreta applicabilità delle misure richieste.

2. A.A. propone, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione, lamentando, quale unico, articolato, motivo di ricorso, la violazione od erronea applicazione della legge penale, segnatamente della decisione quadro n. '008/947/GAI e dell'art. 4 D.Lgs. 38 del 2016 in relazione all'art. 47 ter ord. pen.

Il ricorrente ha richiamato, riportandone ampi stralci, la pronuncia adi questa Corte, Sez. 1, n. 20977 del 15/06/2020, Arrighi, Rv. 279338, che ha affermato che a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 38, è consentita l'ammissione all'affidamento in prova al servizio sociale la cui esecuzione debba svolgersi in uno Stato estero membro dell'Unione Europea dove il condannato abbia residenza legale ed abituale, in conformità a quanto disposto dal menzionato decreto legislativo. Nel merito, osservava come nei confronti del condannato potesse formularsi un giudizio prognostico di idoneità della misura alternativa dell'affidamento in prova a contribuire alla rieducazione ed a prevenire il pericolo di ulteriori reati, atteso il residuo pena da espiarsi (un anno), la disponibilità in capo all'istante- privo di ulteriori pregiudizi ed estraneo a contesti criminali - di un'attività lavorativa.

3. Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. Giuseppe Riccardi, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto l'annullamento lei provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. Certamente corretta è la premessa da cui muove il ricorrente per articolare la critica mossa avverso l'impugnata ordinanza.

Non vi è infatti dubbio che, a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 38, recante disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/947/GAI, è consentita l'ammissione alla misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale la cui esecuzione debba svolgersi in uno Stato estero membro dell'Unione Europea, che abbia dato attuazione alla decisione quadro (come effettivamente avvenuto nel caso di specie), e dove il condannato abbia residenza legale ed abituale, in conformità a quanto disposto dal menzionato D.Lgs. (così Sez. 1 n. 20977 del 15/06/2020, Arrighi, Rv. 279338 - 01). Ciò in quanto l'affidamento in prova, quale misura alternativa alla detenzione, deve ritenersi assimilabile, al di là del dato letterale, a una "sanzione sostitutiva" come descritta dall'art. 2, lett. e), D.Lgs. n. 38 del 2016, ovvero a una sanzione (misura) che impone obblighi e impartisce prescrizioni compatibili con quelli elencati nel successivo art. 4 e che costituiscono di norma il contenuto del "trattamento alternativo al carcere".

La medesima sentenza Sez. 1 n. 20977 del 15/06/2020, Arrighi, Rv. 279338 - 01, ampiamente citata dal ricorrente, ha tuttavia chiarito in motivazione che "la necessità che, nella fase istruttoria, l'Ufficio esecuzione penale esterna possa compiere in maniera adeguata gli accertamenti funzionali alla decisione del Tribunale di sorveglianza non è condizionata dalla prospettiva che, in caso di ammissione, la misura venga eseguita all'estero.

Permane l'obbligo, a pena di inammissibilità della istanza, per il condannato libero di elezione di domicilio sul territorio nazionale (art. 677, comma 2-bis, cod. proc. pen.), ed è evidente che l'eventuale mancata collaborazione, anche conseguente alla assenza dal territorio nazionale, da parte del condannato istante all'indagine dell'Ufficio esecuzione penale esterna potrà concorrere a giustificare il rigetto, nel merito, della richiesta.

Dall'altra, il controllo sull'osservanza del contenuto prescrittivo della misura attiene all'esecuzione della stessa e costituisce, dunque, l'oggetto della attribuzione allo Stato di esecuzione".

Se quindi non vi è dubbio che, nella sua fase esecutiva, la misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale possa svolgersi in altro stato membro dell'Unione, cionondimeno permangono i requisiti previsti a pena di inammissibilità per accedere alla misura alternativa, sanciti dall'ordinamento interno e tra questi l'obbligo per il condannato libero di eleggere domicilio sul territorio nazionale, ex art. 677, comma 2-bis, cod. proc. pen., nonché di prestare la doverosa collaborazione con gli uffici dì esecuzione penale esterna investiti degli accertamenti istruttori.

3. Nel caso che ci occupa, il Tribunale di sorveglianza, pur pervenendo ad una pronuncia di rigetto, aveva in realtà rilevato espressamente una causa di inammissibilità dell'istanza, ovvero l'omessa elezione di domicilio in Italia ai sensi dell'art. 677 comma 2-bis cod., proc. pen.; del pari aveva evidenziato come l'irreperibilità in Italia del condannato non avesse consentito di effettuare gli indispensabili accertamenti, "pur richiesti dal Magistrato di sorveglianza, con riferimento alle verifiche di Polizia, oltre che con riguardo alla indagine socio-famigliare, necessaria in relazione ad un non esigua pena da espiare, quale è quella di cui al titolo".

4. Deve quindi ritenersi corretta la decisione assunta dal Tribunale romano nella decisione impugnata: se infatti il controllo sull'osservanza del contenuto prescrittivo della misura attiene all'esecuzione della stessa e costituisce, dunque, l'oggetto della attribuzione allo Stato di esecuzione, la predisposizione invece dei contenuti prescrittivi della misura spettano allo Stato italiano, e implicano necessariamente l'instaurarsi - con modalità che potranno variare di caso in caso - di un rapporto diretto tra il condannato e gli uffici di esecuzione penale esterna di riferimento; rapporto che, nel caso che ci occupa, è mancato.

5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Conclusione

Così deciso il 01 dicembre 2023

Depositata in Cancelleria il 01 marzo 2024.