Nel rito abbreviato condizionato, la valutazione in ordine alla impossibilità di assumere la prova, all'ammissione della quale la richiesta di rito abbreviato accolta dal giudice era stata condizionata, deve essere particolarmente rigorosa.
La richiesta scritta ordine di indagine europeo, ai sensi dell'art. 31 del decreto legislativo 21 giugno 2017, n. 108, va riscontrata ai sensi dell'articolo 31/4 del suddetto decreto, che prevede che il giudice debba provvedere sulla richiesta con ordinanza, dopo aver sentito le parti.
Va revocata l'ordinanza ammissiva del giudizio abbreviato condizionato per sopravvenuta impossibilità di assunzione della prova quando l'assunzione della prova risulti effettivamente impossibile non determina alcuna lesione del diritto di difesa.
La mera condivisione di una precedente sentenza non è sufficiente per concludere che sia avvenuta la doverosa autonoma valutazione dei motivi di gravame.
Corte di Cassazione
Sez. 2 penale
sentenza n. 49506 Anno 2019
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: MESSINI D'AGOSTINI PIERO
Data Udienza: 29/10/2019
sul ricorso proposto da:
RA nato il **/1966 a MILANO
avverso la sentenza del 15/01/2019 della CORTE DI APPELLO DI MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Piero MESSINI D'AGOSTINI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Franca ZACCO, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano per nuovo giudizio; udito il difensore avv. AA, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 25/10/2017 la Corte di appello di Milano confermava la sentenza in data 5/2/2015 con la quale il Tribunale di Busto Arsizio, ad esito del giudizio abbreviato, aveva riconosciuto AR colpevole dei reati di induzione indebita ex art. 319-quater cod. pen. (previa riqualificazione della originaria ipotesi di concussione), e di abbandono di posto (art. 72 legge 10 aprile 1981, n. 172).
Con sentenza n. 25256 del 29/5/2018 la Sesta Sezione della Suprema Corte annullava con rinvio detta decisione, ritenuta la fondatezza del motivo di ricorso con il quale si era denunciato il mancato esame della persona offesa RSDLC (al quale era stata condizionata la richiesta di giudizio abbreviato, accolta dal Tribunale) e l'omessa rinnovazione dell'istruzione dibattimentale in appello per procedere all'assunzione di detta prova.
Con sentenza del 15/1/2019, giudicando in sede di rinvio, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Busto Arsizio, affermando di condividere le argomentazioni svolte nella decisione annullata e dando atto della impossibilità di assumere la prova richiesta dall'imputato, che avrebbe avuto l'onere di accertare ove la persona offesa avesse il domicilio.
Secondo l'ipotesi accusatoria, recepita dai giudici di merito, l'imputato, tratto in arresto in flagranza, abusando della propria qualità di sovrintendente della Polizia di frontiera, aveva indotto la cittadina paraguaiana RSDLC, giunta all'aeroporto di Malpensa prveniente dal Brasile e diretta in Spagna, a consegnargli la somma di 500 euro per poter superare i varchi di frontiera internazionale ed entrare nel territorio Schengen, accompagnandola oltre la barriera del controllo passaporti, così abbandonando il posto e allontanandosi dal servizio per le restanti ore della giornata.
2. Ha proposto ricorso AR, a mezzo del proprio difensore di fiducia, chiedendo l'annullamento della sentenza di appello per i seguenti motivi.
2.1. Mancata assunzione di una prova decisiva, costituita dall'esame della persona offesa, al quale era stata condizionata la richiesta di giudizio abbreviato, e vizio motivazionale in ordine alla omessa rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, sull'erroneo presupposto che l'assunzione della testimonianza di RSDLC fosse divenuta impossibile.
Dagli atti prodotti nei giudizi di merito, allegati al ricorso, risulta che la persona offesa, la quale aveva manifestato la propria disponibilità ad essere esaminata, era stata individuata presso un domicilio in Spagna ed aveva ricevuto la notifica della citazione da parte della difesa.
2.2. Mancata assunzione di una prova decisiva e mancanza della motivazione in ordine alla richiesta di ordine europeo di indagine penale ex art. 31 del decreto legislativo 21 giugno 2017, n. 108.
All'udienza del 15/1/2019 la difesa aveva depositato una istanza finalizzata all'esame della persona offesa, residente in Bilbao, da parte dell'autorità giudiziaria spagnola competente per territorio, istanza sulla quale la Corte di appello ha omesso di provvedere.
2.3. Mancanza della motivazione in ordine alle questioni poste con sette motivi di gravame inerenti al reato di induzione indebita.
Sul merito, la sentenza di appello si è limitata a richiamare la motivazione della sentenza annullata, violando i principi statuiti dalla giurisprudenza di legittimità in tema di motivazione per relationem.
2.4. Vizio motivazionale e violazione della legge penale in ordine alla qualificazione giuridica del fatto contestato.
Dalla ricostruzione della vicenda, per come descritta dalla persona offesa e recepita in sentenza, è emerso come la stessa si trovasse su un piano di assoluta parità con l'imputato, cosicché nella fattispecie sarebbe configurabile il reato di corruzione impropria, in quanto il funzionario, anche in assenza della retribuzione illecita, avrebbe adottato il medesimo atto, con lo stesso contenuto.
2.5. Erronea applicazione della legge penale laddove è stata ritenuta l'ipotesi consumata in luogo di quella tentata, in quanto la polizia giudiziaria predispose un'attività di osservazione finalizzata alla individuazione del funzionario infedele.
2.6. Quanto al reato ex art. 72 della legge n. 172 del 1981, vizio motivazionale e violazione di legge in ordine alla mancata acquisizione di documentazione sopravvenuta nel processo, richiesta dalla difesa, ed alla ritenuta sussistenza del reato, che peraltro, alla data della sentenza di appello, era già estinto per prescrizione.
2.7. Vizio motivazionale e violazione della legge penale in ordine al mancato riconoscimento dell'attenuante ex art. 62, primo comma n. 4, codpen., pur in presenza di un danno di soli 500 euro.
2.8. Erronea applicazione della pena accessoria prevista dall'art. 32quinquies cod. pen., a fronte di una pena inferiore ai tre anni di reclusione, inflitta per il più grave reato di induzione indebita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
2. La sentenza di annullamento ha ricordato che, con una nota decisione, le Sezioni unite, nell'escludere la revocabilità dell'ordinanza ammissiva del giudizio abbreviato condizionato per sopravvenuta impossibilità di assunzione della prova, statuirono che «o l'assunzione della prova risulta effettivamente impossibile e, come tale, non determina alcuna lesione del diritto di difesa, poiché [...] l'impossibilità connoterebbe anche il giudizio celebrato nelle forme ordinarie, oppure la decisione del giudice di soprassedere all'assunzione della prova risulta illegittima e, in quanto tale, sindacabile in sede di gravame ed emendabile con l'assunzione della relativa prova in grado d'appello» (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte, Rv. 253211).
La sentenza rescindente, poi, ha osservato atto che il giudice d'appello aveva dato atto della disponibilità manifestata dalla persona offesa ad essere sottoposta all'esame.
Si tratta, dunque, di valutare se effettivamente l'esame della teste sia successivamente divenuto impossibile, come ritenuto dalla Corte territoriale, secondo la quale la difesa dell'imputato, "che aveva interesse alla escussione del teste e che aveva assunto l'onere della citazione", aveva anche quello di "accertarne - al di là di reiterate spedizioni di missive rimaste [senza] esito - perlomeno l'esistenza in vita, e il domicilio legale, anche al fine di organizzarne la venuta nel nostro paese".
Il giudice di appello ha ritenuto "impossibile la prova richiesta", in considerazione della "assoluta aleatorietà circa la presenza in Spagna della donna, e nella totale mancanza di qualunque elemento concreto sul punto".
Invero, dagli atti allegati al ricorso risulta che la persona offesa, in data 21 gennaio 2015, ricevette regolarmente, presso la propria residenza in Spagna, la citazione per l'udienza dibattimentale del 29 gennaio 2015 davanti al Tribunale e che nel giudizio di appello il difensore, all'udienza del 15 gennaio 2019, produsse documentazione con la "tracciatura del percorso di notifica" della citazione per la stessa udienza, in base alla quale la notificazione alla teste risultava effettuata, in località BaVa, in data 11 dicembre 2018.
Nel contempo, stante l'assenza della teste, la difesa depositò richiesta di scritta ordine di indagine europeo, ai sensi dell'art. 31 del decreto legislativo 21 giugno 2017, n. 108.
La Corte di appello solo in sentenza ha motivato nei termini sopra indicati, senza pronunziarsi su detta istanza, nonostante il comma 4 del suddetto articolo preveda che il giudice debba provvedere sulla richiesta con ordinanza, dopo aver sentito le parti.
La Corte territoriale non si è neppure confrontata con la deduzione contenuta nella stessa richiesta, secondo la quale, in base ai documenti prodotti, la teste risultava essere stata ritualmente citata.
Condivide il Collegio il principio secondo il quale l'ordinanza di ammissione al giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria non è revocabile nel caso in cui la condizione alla quale il rito è stato subordinato si riveli non realizzabile per circostanze imprevedibili e sopraggiunte, fra le quali deve essere ricompreso anche il comportamento della parte che volontariamente ometta la citazione del teste a cui aveva condizionato il rito. In tale ipotesi, infatti, si deve ritenere che per fatti concludenti, l'imputato abbia rinunciato alla condizione dell'integrazione probatoria, per cui necessariamente il processo si deve svolgere con il rito abbreviato ordinario (Sez. 2, n. 43876 del 07/10/2014, Seck, Rv. 260860).
Nel caso in esame, tuttavia, non vi è stata alcuna rinuncia ed il difensore ha dimostrato di essersi attivato per ottenere la presenza della teste, richiedendo comunque alla Corte di appello di esperire la procedura prevista dal decreto legislativo n. 108 del 2017.
Il rilievo della Corte di appello, che ha ritenuto indimostrata la reperibilità della persona offesa in Spagna (e neppure "l'esistenza in vita"), risulta apodittico e svincolato dagli atti prodotti dalla difesa: è stata nella sostanza disattesa la precisa indicazione contenuta nella sentenza rescindente.
E' opportuno ribadire che la valutazione in ordine alla impossibilità di assumere la prova, all'ammissione della quale la richiesta di rito abbreviato accolta dal giudice era stata condizionata, deve essere particolarmente rigorosa: come evidenziato dalle Sezioni unite, il valore probatorio dell'elemento da acquisire, cui fa riferimento l'art. 438, comma 5, cod. proc. pen., va sussunto nell'oggettiva e sicura utilità/idoneità del probabile risultato probatorio ad assicurare il completo accertamento dei fatti rilevanti nel giudizio, nell'ambito dell'intero perimetro disegnato per l'oggetto della prova dalla disposizione generale di cui all'art. 187 cod. proc. pen. La doverosità dell'ammissione della richiesta integrazione probatoria ne riflette il connotato di indispensabilità ai fini della decisione ed è giustificata dalla circostanza che un qualsiasi aspetto di rilievo della regiudicanda non rimanga privo di solido e decisivo supporto logico- valutativo (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte, Rv. 253211; Sez. U, n. 44711 del 27/10/2004, Wajib, Rv. 229173).
La sentenza, impugnata, dunque, va annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano, che adotterà ogni provvedimento necessario per l'assunzione della prova testimoniale ovvero darà atto, con congrua motivazione, che la stessa è divenuta effettivamente impossibile.
Gli altri motivi restano assorbiti.
Tuttavia, pare opportuno esprimere sin d'ora una valutazione in ordine alla motivazione della sentenza, in punto di responsabilità, censurata con il terzo motivo di ricorso.
La decisione impugnata, infatti, nelle pagine (non numerate) dalla quinta all'ottava, ha riportato testualmente la motivazione della sentenza annullata; dopo essersi espressa nei termini sopra indicati sulla impossibilità di assumere la testimonianza della persona offesa, ha confermato la decisione di primo grado sulla base di questa sola "argomentazione": "[p]er il resto si richiama condividendola integralmente la motivazione della Corte d'Appello di Milano".
Trattasi di una motivazione del tutto carente.
Secondo il diritto vivente, infatti, la motivazione per relationem è legittima quando faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, ad un atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all'esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione, e fornisca altresì la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione (Sez. U, n. 21/06/2000, Primavera, Rv. 216664; Sez. 2, n. 55199 del 29/05/2018, Salcini, Rv. 274252; Sez. 6, n. 27784 del 05/04/2017, Abbinante, in motivazione, Rv. 270398; Sez. 6, n. 53420 del 04/11/2014, Mairajane, Rv. 261839; Sez. 6, n. 48428 del 08/10/2014, Barone, Rv. 261248).
Nel caso di specie, risulta evidente che la manifestata mera condivisione della precedente sentenza di appello non consente di apprezzare che la Corte territoriale, nel pervenire alla decisione impugnata, abbia operato un'autonoma valutazione dei motivi di gravame proposti.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Milano.
Così deciso il 29/10/2019.